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Autore: Yuphie_96    13/03/2020    1 recensioni
Tratto dal primo capitolo:
Gli occhi azzurri scrutavano, analizzavano, fissavano senza il benché minimo pudore ogni singolo giocatore avversario davanti a loro senza trovare – nuovamente, perché quella era già la quinta volta che controllava – chi desideravano incontrare.
Karl Heinz Schneider sbuffò per l’ennesima volta, non smettendo di sbattere il piede per terra irritato come un picchio, incrociando le braccia al petto –contrariato -.
Non andava bene.
Non andava bene per niente.
Genere: Comico, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, Genzo Wakabayashi/Benji, Karl Heinz Schneider, Tsubasa Ozora/Holly
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Angolino della Robh: Buonasera mie dolci fan di calciatori! ♥
Sono tornata anche questo mese a rompervi i palloni da calcio, lo so che speravate di no eppure eccomi qui, addirittura con una mini-long, eh sì, perchè se io devo rompere le noci di cocco, lo devo fare bene! U.U
Scherzi a parte xD, in questo periodo mi 'vedrete' spesso, il motivo è semplice, la storia è già conclusa e quindi i due aggiornamenti previsti saranno del tutto regolari, con appuntamento il venerdì sera, perchè di venerdì? Perchè... mi è venuto a random u.u''' (*Serè si spalma una manata in faccia sconsolata*).
Ma parliamo della storia! Dunque, anche qui devo fare un grosso e sentito ringraziamento a CSK, questo lei non lo sa, ma quando abbiamo parlato di Karl la prima volta, mi ha fatto venire l'illuminazione per questa storia, soprattutto quando le ho chiesto qualcosa di più sul caro Kaiserino, mi ha descritto un suo lato a cui io mi sono aggrappata fortemente quando ho scritto di lui... finendo, però, per cadere miseramente nell'OOC, che volete farci, capita u.u''', comunque grazie ancora CSK! ♥ Sei stata mia complice anche senza volerlo xD.
Come avrete potuto capire, Karl è uno dei personaggi principali della storia insieme a TsuTsu amore di mamma (*Serè la guarda rassegnata*) e Genzo, perchè proprio Karl, perchè sarà innamorato di Genzo e quindi cercherà di farlo allontanare da Tsubasa? Perchè si innamorerà di Tsubasa sconvolgendo tutti? Nessuna della due (mi dispiace per voi fan della Genzo x Karl ma questa non è una storia su di loro, quindi chiudete la storia che siete ancora in tempo >.<), il Kaiserino sarà importante per un altro motivo, un indizio fondamentale è il titolo, chi conosce il giapponese può già farsi una mezza ideuccia u.u non dico altro, se volete scoprire di più, leggete e mi farete felice u.u ♥.
Se durante la storia troverete delle incoerenze (soprattutto una sarà abbastanza importante) con il manga, state tranquille, sono state fatte di proposito al fine della trama.
Durante questo capitolo ci saranno dei flashback, spero si capisca quando ci sono e quando sono nel presente, casomai se vi confondete avvisatemi e cercherò di modificare il capitolo in modo che si capisca più facilmente, non fatevi problemi! ^^ ♥
Per finire, come sempre, spero di non essere caduta troppo nell'OOC, anche se con Karl mi sono rassegnata all'idea che lo sia e anche tanto, ma soprattutto spero che questa bizzarra idea possa piacere, a me sembrava carina, spero lo sia anche per voi ^^.
Buona lettura! ♥

Ps: Di solito in questo ps metto un pezzetto comico per poter far ridere prima dell'inizio delle mie storie, ma visto il periodo non mi sembra il caso, per una volta voglio fare la seria e augurare il meglio a voi che in questo momento siete chiusi in casa come me, forza e coraggio, passeremo il tempo leggendo e tutto finirà per il meglio! ♥
Chi, invece, di voi ha qualche parente o amico malato, spero che questo possa guarire e che lo possiate riabbracciare forte quando tutto sarà finito. ♥


 


Gli occhi azzurri scrutavano, analizzavano, fissavano senza il benché minimo pudore ogni singolo giocatore avversario davanti a loro senza trovare – nuovamente, perché quella era già la quinta volta che controllava – chi desideravano incontrare.
Karl Heinz Schneider sbuffò per l’ennesima volta, non smettendo di sbattere il piede per terra irritato come un picchio, incrociando le braccia al petto –contrariato -.
Non andava bene.
Non andava bene per niente. 
Si voltò di scatto verso il portiere posizionato poco lontano da lui, che in quel momento si stava sistemando con calma i guanti alle mani mentre parlava con Kaltz dell’imminente partita che stava per iniziare da lì a qualche minuto.
“Wakabayashi!”
Urlò facendo sobbalzare i due.
Il giapponese alzò gli occhi al cielo mentre il kaiser si avvicinava - con passo di marcia - a loro, per niente supportato dall’altro amico vicino a lui che cominciò a ridacchiare, cercando di nasconderlo con la mano.
Entrambi immaginavano il motivo della furia del biondo.
“Dov’è Tsubasa?!”
Urlò Schneider, piazzandosi davanti a Genzo e per niente intenzionato a spostarsi da lì senza un’adeguata risposta che lo soddisfacesse.
Quello sospirò contando mentalmente fino a 10 per non rispondergli male, attingendo alla sua infinita scorta di pazienza – che aveva usato parecchio, in quei 3 anni – e gli disse che non sapeva nemmeno lui perché Ozora non fosse in campo con gli altri della nazionale.
“Allora scoprilo!”
Urlò nuovamente Karl, dandogli poi le spalle per tornare alla sua posizione di scrutamento dell’altra squadra.
Genzo cercò d’ignorare il pericoloso tick che gli venne all’occhio destro – contando questa volta fino a 50 – mentre Hermann scoppiava definitivamente a ridere.
Non era la prima volta che succedeva una cosa del genere.
Karl Heinz Schneider era il suo più grande amico e il giocatore che stimava di più in Germania… ma era anche la sua piaga, ricordava perfettamente – Genzo – il loro primo incontro quando il mister lo presentò ai giocatori dell’Amburgo, ricordava anche quella sottile sensazione di nostalgia quando lo vide per la prima volta e che non lo abbandonava tuttora nonostante fossero passati anni – gli ricordava qualcuno, il biondo, ma davvero non sapeva chi, non riusciva a collegarci un volto amico -, e come dimenticare il tiro che era riuscito a parare solo con la faccia? Al solo ripensarci si massaggiò il naso, ovviamente Karl non gli aveva chiesto scusa, anzi, a fine allenamento si era allontanato con uno strano ghigno in volto che gli aveva fatto pensare solo che sarebbero stati anni bui per il suo povero viso.

Fortunatamente, non era stato così… o meglio, non sempre.

“Come va il naso?”
Genzo smise di allacciarsi gli scarpini, alzando lo sguardo stupito verso il biondo – Karl, se non sbagliava - in piedi davanti a lui che lo guardava a sua volta con fare abbastanza annoiato, come se non fosse stato lui a fare il tiro che il giapponese era riuscito a parare solo con la faccia.
“Abbastanza bene… grazie”
Mormorò Wakabayashi, cercando di farsi capire nonostante il suo tedesco non fosse ancora così buono.
“Uhm…”
Annuì piano il tedesco, facendo poi scendere un silenzio imbarazzante dove i due si fissarono per bene, ad interromperlo fu nuovamente il biondo – Genzo era troppo intento a chiedersi a chi diavolo somigliasse per fargli provare quella strana nostalgia che gli stringeva un poco il cuore - .
“Senti… parlavi di un giocatore ieri…”
Al portiere nacque spontaneo un sorriso sul volto, il giorno prima non aveva potuto fare a meno di parlare di lui quando i ragazzi dell’Amburgo giovanile gli avevano chiesto se in Giappone ci fosse qualche calciatore degno di nota.
“Tsubasa Ozora!”
Gli occhi di Karl s’illuminarono di una luce calda mentre anche sul suo viso nasceva un sorriso.
“Lui!”
Urlò il tedesco avvicinandosi di più al giapponese, facendolo sussultare per l’improvvisa vicinanza… gli era parso di essergli antipatico il giorno prima…
“Parlami di lui per favore!”
Gli chiese ancora.
“V-Va bene…”
Mormorò Genzo, sorpreso e stupito di quella richiesta.

“Davvero un giocatore straniero ha chiesto di me?”
Gli domandò Tsubasa quella sera, dopo che gli ebbe raccontato tutto.
“Già e io ti ho fatto pubblicità, che bravo amico eh?”
Il cuore del portiere batté un po’ più forte nel sentire Ozora ridere dall’altra parte del telefono, avrebbe tanto voluto vederlo… si riscosse dai suoi pensieri da neo scoperto innamorato alla domanda dell’altro.
“Lui com’è?”
Wakabayashi sussultò, portandosi istantaneamente la mano al naso per massaggiarlo.
“Non l’ho inquadrato del tutto ma… tira bene, dannatamente bene e forte”

Era stato contento, Genzo, di essersi ‘vantato’ di Tsubasa con tutti, in special modo con Schneider visto quanto era bravo il biondo, ma non si era aspettato che il giorno dopo Karl si avvicinasse ancora – a fine allenamento – per chiedergli nuovamente di lui, come non si aspettava che Tsubasa facesse altrettanto la sera, i due calciatori invece lo sorpreso e continuarono a chiedergli uno dell’altro per giorni interi – “Tsubasa quanti goal riesce a fare in una partita?” “Karl quanti goal ha fatto oggi?”, “Quali allenamenti specifici fa Tsubasa?” “Karl si allena anche da solo?”, “Tsubasa quali tiri preferisce?” “Sono davvero così difficili da prendere i tiri di Karl?” -.
Wakabayashi all’inizio non aveva avuto problemi a rispondere ad entrambi, era contento di poter parlare con qualcuno della bravura del ragazzo che gli piaceva – omettendo, ovviamente, quest’ultima insignificante parte – e non gli dispiaceva confrontarsi con Ozora riguardo alla bravura del suo nuovo rivale.
All’inizio.
Cominciò a vedere male il suo ruolo da gufo informatore quando le domande iniziarono a farsi più personali da parte del biondo – “E’ già iniziato il torneo di Tsubasa?”, “Tsubasa ha chiesto di me?”, “A quante ragazze piace Tsubasa?” – che lo tallonava per tutto il campo, qualunque cosa stesse facendo, fino a quando non gli dava la sua agognata risposta, a Genzo non era dispiaciuto rispondergli fino a quel momento perché parlava del Tsubasa calciatore… parlare del Tsubasa ragazzo gli dava fastidio, lo irritava parlare dei fatti privati che Ozora gli raccontava ogni sera perché era un po’ come condividerlo con terzi e Wakabayashi non voleva questo, si era scoperto possessivo nei confronti del capitano della Nankatsu, soprattutto di ogni loro conversazione serale visto che non potevano vedersi di persona, nonostante – effettivamente – non ne avesse alcun diritto e preferiva farsi rincorrere per tutto il campo, scatenando le risa di tutti gli altri, piuttosto che rispondere a Karl che lo inseguiva tallonandolo.
Questo, almeno, finché non perse la pazienza.
“No, non ho sentito Tsubasa ieri sera e comunque non sono affari tuoi di cosa parliamo e di cosa sta facendo adesso in Giappone!”
Gli urlò contro un giorno dopo aver appena compiuto il quinto giro di campo.
Non l’avesse mai fatto…
Il giorno seguente Karl iniziò la sua opera di vendetta che consisteva – per la maggior parte delle volte – nel tirargli delle potenti pallonate in faccia o in pancia, uscendosene poi fuori con “Ops, non avevo visto che eri sulla traiettoria” detto con una faccia da schiaffi che non convinceva assolutamente nessuno, mister in primis.
Genzo avrebbe voluto vendicarsi, eccome se avrebbe voluto farlo… ma non lo aveva mai fatto, stupendo tutti quanti – Kaltz gli aveva addirittura chiesto se non fosse masochista -, non lo aveva mai fatto semplicemente perché ogni volta che si avvicinava al Kaiser per prenderlo a pugni e incrociava i suoi occhi si bloccava, lo faceva automaticamente dopo una solo occhiata e non perché lo sguardo di Schneider fosse dolce, pentito o altro, ma sempre per via di quella strana sensazione di nostalgia che lo assaliva e a cui non riusciva dare un significato o una risposta, non riusciva a picchiarlo quindi… lo perdonava, sfogandosi poi con Tsubasa – aveva provato a farlo una volta con il suo quartetto preferito della Shutetsu, ma Taki e Kisugi avevano iniziato a fare complotti contro Karl… quanto gli volevano bene i suoi ragazzi - la sera che cercava di consolarlo.
Così era nata la sua profonda (?) amicizia con Karl Heinz Schneider e così aveva scoperto – Genzo – di avere una scorta di pazienza che si avvicinava, senza scherzare, quasi all’infinito.

Così erano passati tre anni, tra alti e bassi.

Adesso Genzo si trovava nuovamente al fianco del Kaiser biondo a giocare contro la sua nazionale, gli faceva male da una parte ma dall’altra sapeva che era necessario farlo, per questo fece un nuovo commento duro a Wakashimazu quando Karl gli fece il terzo goal.
Hyuga – il capitano – era già pronto ad andargli contro per difendere il suo portiere ma tutti furono distratti da un improvviso quanto atteso arrivo.
Il cuore del portiere iniziò a battere velocemente, un sorriso si allargò sul volto senza che potesse fare niente per fermarlo, gli occhi iniziarono subito ad osservare quella figura che era così cresciuta in quei tre anni di lontananza ma lo sguardo, oh quello sguardo nero lo riconosceva senza alcuna difficoltà: Tsubasa Ozora era appena arrivato a bordo campo e non vedeva l’ora di gettarsi nella partita per ribaltare il risultato.
“Tsuba-“
Iniziò a chiamarlo per salutarlo ma fu fermato da una voce che si sovrappose alla sua.
“Fratellino!”

Karl si era svegliato – quel giorno – con delle aspettative, aspettative alte tra l’altro, ma si erano infrante tutte una dopo l’altra lasciandolo confuso all’inizio e arrabbiato poi, si portò quella rabbia sul campo verde e la usò tutta per segnare contro gli avversari, non provò pena per il portiere del Giappone, se perfino Genzo faticava ancora a stare dietro ai suoi tiri, figurarsi come poteva pararli quel ragazzo – Wakaqualcosa… possibile che i portiere del Giappone avessero tutti il cognome simile?! Un po’ d’inventiva! – ma non provò nemmeno sollievo come sperava… strinse tra i pugni la stoffa dei pantaloncini e si morse forte il labbro inferiore, nascondendo gli occhi con la frangia bionda.
Dove sei?
Gli domandò ancora una volta nella sua testa - girandosi per tornare alla sua posizione - gli rispose un brivido caldo su per la schiena che lo portò ad alzare di scatto lo sguardo.
I limpidi occhi azzurri ne incrociarono un paio nero profondo.
La rabbia nel suo corpo si sciolse come neve al sole, lasciando posto solo alla felicità più pura, all’amore più intenso, alla gioia più genuina.
“Sei qui”
Mormorò iniziando a tremare mentre il ragazzo gli sorrideva.
“Sei qui!”
Urlò cominciando a corrergli incontro.
Superò i suoi compagni che guardavano curiosi la scena, superò gli avversari che si erano avvicinati per salutare il nuovo arrivato, e quando fu abbastanza vicino, quello spalancò le braccia pronto ad accoglierlo, gli occhi sempre fissi nei suoi.
“Fratellino!”
Urlò buttandosi addosso a Tsubasa – che lo strinse con forza quasi soffocante, proprio come voleva Karl – e facendo finire entrambi a terra, ridendo.
“Finalmente sei qui!”
“Sì, sono qui!”
Avvicinarono i volti e fecero strusciare delicatamente i loro nasi uno contro l’altro, imitando il bacio eschimese.

“Sono… l’unico che si è… perso qualcosa?”
Bisbigliò Ishizaki girandosi lentamente verso Takasugi vicino a lui, indicando i due ancora per terra.
“Lo ha chiamato fratellino!”
“Sì, è vero, l’ho sentito anch’io!”
“Lo abbiamo sentito tutti”
Aggiunse Matsuyama, mettendosi in mezzo a Kazuo e Masao.
Di comune accordo entrambe le squadre – perché anche l’Amburgo era rimasto scioccato davanti all’atteggiamento del loro giocatore migliore – si girarono verso l’unico che poteva avere le risposte, doveva averle (!) visto che aveva passato del tempo sia con uno sia con l’altro, ma anche Wakabayashi aveva un’espressione stranita sul volto.
“Non credo siano solo fratelli”
Esclamò Jun – attirando l’attenzione di tutti su di sé - arrivando in campo dopo aver osservato attentamente i due che, nel frattempo, si erano messi a sedere sul prato e guardavano tutti con un sorriso in volto, tranquilli nonostante avessero appena scatenato il caos.
“Che vuoi dire?”
Gli chiese Hyuga, incrociando le braccia al petto.
“Non avete visto la grande somiglianza? Certo, non sono come i Tachibana ma…”
“Misugi ha ragione”
Lo interruppe Tsubasa, guardando Karl e ridendo con lui.
“Noi due siamo gemelli”
Esclamarono poi in coro, uno in giapponese e uno in tedesco.
Di nuovo entrambe le squadre si girarono verso l’ SGGK, di nuovo con una domanda in mente… possibile che lui non si fosse accorto di niente?! Dall’espressione da pera cotta appena caduta dall’albero che aveva Wakabayashi intuirono che no, non se n’era accorto neanche lui…
“Io un controllino alla vista lo farei eh, tanto per sicurezza”
Gli suggerì Ryo mentre i ragazzi dello Shutetsu andavano a pattargli la schiena.

Kodai aveva incontrato Agathe in un periodo di pausa tra un viaggio per mare e l’altro, era appena arrivato ad Amburgo e una tremenda pioggia lo aveva colto giusto quando era uscito dalla stazione dei treni, era corso a cercare riparo ma fece comunque in tempo a bagnarsi dalla testa ai piedi prima di entrare in un caldo bar dove gli si avvicinò immediatamente una cameriera preoccupata, Agathe gli aveva porto un fazzoletto e quando la mano di Kodai toccò la sua nel prenderlo scoccò la scintilla.
Scintilla che si spense a malapena un mese dopo, quando il giapponese dovette ripartire per mare, ma quella scintilla ne aveva accese altre due e nove mesi dopo si ritrovarono ad essere genitori di due adorabili gemelli che chiamarono – rispettivamente – Karl e Tsubasa.
L’amore per quei piccolini era grande sia da parte di Agathe che da parte di Kodai, ma l’amore tra di loro si era spento, forse addirittura non c’era mai stato, per non far torto a nessuno i genitori decisero di separarsi tenendo ognuno un bambino con sé: Karl restò in Germania con la madre, prendendo poi il cognome di Rudi quando questi si sposò con Agathe e lo adottò, Tsubasa invece andò in Giappone con il padre – che fece ottenere al piccolo la cittadinanza giapponese -, dove Kodai s’innamorò di Natsuko e la sposò.
I quattro adulti rimasero sempre in buoni rapporti nel corso degli anni, i genitori facevano in modo che i gemelli s’incontrassero spesso ma la Germania e il Giappone rimanevano comunque troppo lontani.
Almeno, questo era il pensiero di Karl fino a quando non si ritrovò un pezzo di Giappone nella sua squadra.
Non gli era piaciuto subito Genzo ma aveva i suoi motivi – il biondo – per pensarla così, insomma si era appena presentato alla squadra e già non smetteva di fissarlo con parecchia insistenza, non sapeva che era maleducazione farlo? Eppure quando andava a trovare il suo fratellino trovava solo giapponesi educati anche oltre il limite, pensò Karl iniziando a guardarlo a sua volta, ma male.
Non si era avvicinato – dopo le presentazioni - insieme agli altri per fare conoscenza, non gli interessava particolarmente, preferiva allenarsi con i palleggi.
“… si chiama Tsubasa Ozora…”
La palla rimbalzò per terra mentre lui si girava di scatto nel sentire il nome del suo gemello, davvero quel tizio lo conosceva? Aveva giocato con lui?
Se ne stette in disparte, continuando ad ascoltare le lodi che quel portiere tesseva su Tsubasa e gongolando nel sentire qualcuno che parlava in quel modo del suo fratellino e delle sue doti calcistiche, ma arrivati a un certo punto del discorso quasi si strozzò con la saliva: sul serio era riuscito a pararlo? Lui? Il suo piccolo Tsubasa? Non ci credeva, quel ragazzo stava mentendo, nessuno riusciva a parare il suo fratellino, pensò il biondo iniziando ad arrabbiarsi.
Adesso si sarebbe visto, se era davvero così bravo quel Genzo, come diceva di essere.

Bravo era bravo, parare lo aveva parato… che lo avesse fatto con la faccia era un dettaglio non tanto trascurabile quanto esilarante.
Karl lasciò in fretta il campo una volta finiti gli allenamenti – ignorando le continue proteste di Kaltz che gli borbottò dietro quanto fosse asociale -, e una volta abbastanza lontano da esso tirò fuori il cellulare dal borsone.
“Karl che succede?”
Gli chiese Tsubasa con la voce assonnata, in Giappone era notte fonda, ma il fusorario non gli aveva mai impedito di rispondere alle chiamate improvvise da parte del gemello.
“Non indovinerai mai chi mi ha appena parato con la faccia!”
“Con la faccia…?”
Il biondo scoppiò a ridere e gli rivelò il nome – storpiando malamente il cognome perché non se lo ricordava ancora -.
“Ma sta bene adesso?!”
Si agitò Tsubasa ormai completamente sveglio.
“Credo di sì, il mister lo ha portato subito in infermeria a medicarlo, è la prima volta che mi parano in questo modo”
“Vedrai che presto riuscirà a pararti anche in modo normale, conosco bene Wakabayashi ormai”
Rise il moro dopo aver tirato un sospiro di sollievo.
“Sarà…”
Borbottò il biondo, guardando il cielo che andava man mano oscurandosi e ghignando quando un’idea gli passò per la testa.
“Senti Tsu… ti va di fare un gioco?”
“Uhm?”

Avevano deciso di comune accordo di non rivelare a nessuno il fatto che fossero gemelli, non volevano che il loro gioco – quella piccola cosa che li univa come un sottile filo resistente nonostante fossero lontani km e km – venisse costantemente messo a paragone e infine rovinato, volevano giocare a calcio tranquilli, andando ognuno per la sua strada fino a quando non si sarebbero incontrati e sfidati al mondiale, a quello puntavano entrambi e solo durante quello avrebbero detto la verità alle rispettive squadre, così si erano promessi.
Una piccola eccezione, però, potevano sempre farla.
Il gioco proposto da Karl consisteva nel fare continue domande uno sull’altro a Wakabayashi così da portarlo o all’esasperazione o alla soluzione finale, Tsubasa non era molto convinto di metterlo in pratica ma il maggiore riuscì a convincerlo alla sua maniera – il suo fratellino non resisteva mai quando lo pregava con la sua vocina dolce -, così il giorno dopo iniziarono… con scarsi, scarsissimi risultati… il portiere rispondeva a tutte le loro domande con entusiasmo, ma non si era mai lontanamente chiesto perché ne facessero così tante, non aveva mai provato a sovrapporre i loro volti nella sua testa, Tsubasa ammise di essere contento di questo, significava che per lui erano due giocatori ben distinti ed erano quello che avevano sempre voluto da parte di tutti.
“Sì ma… sicuro che ci vede bene?”
“Karl…”
“Insomma, è un mese che gli stiamo addosso!”
“E’ impegnato in tante e varie cose, non puoi pretendere che pensi a noi tutto il giorno”
“E non lo voglio nemmeno, ma andiamo, a me vede tutti i giorni, a te parla tutte le sere, uno prima o poi deve arrivarci per forza al fatto che ci assomigliamo, anche solo per caso lo deve aver pensato almeno una volta”
“Ma non volevi farlo esasperare, tu?”
Rise Tsubasa, scommettendo che il gemello fosse arrossito.
“… Ho cambiato idea, okay?”
Borbottò Karl al telefono, sentendo improvvisamente caldo al viso.
Aveva iniziato a fare amicizia con Genzo, non gli sarebbe dispiaciuto se fosse stato lui a mantenere il segreto suo e del suo fratellino, era certo che poteva fidarsi.
“A questo punto non è meglio dirglielo direttamente?”
Chiese il moro.
“Non sarebbe divertente! Dobbiamo solo aumentare la pressione, lascia fare a me!”

“No, non ho sentito Tsubasa ieri sera e comunque non sono affari tuoi di cosa parliamo e di cosa sta facendo adesso in Giappone!”
Karl aveva sgranato gli occhi davanti a queste parole dure, non s’immaginava che Genzo potesse rispondergli in quel modo e non poteva nascondere di esserci rimasto male.
Ci si era arrovellato sopra tutta la sera su quelle parole - chiedendosi se davvero non avesse esagerato - ed era andato a ripercorrere con la mente tutte le giornate indietro per avere una risposta, facendo questo aveva notato una cosa: l’argomento preferito di Wakabayashi era il suo fratellino.
Aveva parlato anche della Shutetsu, di Taro e del campionato, ma ogni volta finiva per ricadere su Tsubasa e ogni volta che parlava di lui il suo tono si addolciva automaticamente, così come gli occhi che si accendevano quando ricordava le poche partite che erano riusciti a giocare insieme, non si faceva complimenti nel lodarlo, non saltava mai il loro appuntamento serale...
“Vuoi vedere che…?!”
Urlò Karl mettendosi seduto di scatto sul letto – dove si era perso a ragione -.
La frase che gli aveva urlato quel giorno… Genzo non aveva voluto rispondergli perché era geloso di Tsubasa!
Genzo era innamorato di Tsubasa!
Del SUO Tsubasa! Il suo gemello, il suo fratellino, la sua metà!
“Questa è guerra!”

“Adesso basta, ieri gli hai nascosto il capellino su un albero, oggi gli hai tirato nuovamente il pallone in faccia, smettila di comportarti come un bambino e chiedigli scusa!”
Gli urlò Tsubasa al telefono.
“Ha iniziato lui!”
Urlò Karl di rimando con il broncio.
“Karl!”
Il biondo non avrebbe smesso – non subito perlomeno -, era diventata una questione di principio, Genzo aveva messo gli occhi sopra il suo piccolo Tsu e lui voleva fargli capire d’anticipo cosa gli sarebbe aspettato, se avesse anche solo osato pensare di provare a metterci sopra anche le mani.

Dichiarò tregua dopo che Tsubasa minacciò di non parlargli per un anno intero.

“Capitano?”
Chiamò Wakashimazu, avvicinandosi un momento a Hyuga.
“Sì?”
“Dobbiamo fare qualcosa per Wakabayashi?”
Domandò osservando preoccupato – come tutti gli altri del resto – il collega portiere che aveva un’inquietante tick all’occhio destro mentre osservava il biondo dei gemelli che gli faceva la linguaccia abbracciato al fratello, i due avevano appena finito di raccontare del loro tentativo – alquanto bizzarro e fantasioso, lo aveva apostrofato così Jun – di far notare a Genzo della loro somiglianza e dell’ ‘offesa’ che questo aveva fatto al maggiore, rifiutandosi di parlare con lui del gemello.
“Tu cosa dici?”
Rise ghignando, Kojiro, intenzionato a godersi quel momento fino alla fine.
“Scusa se non te l’ho detto, ma non resisto quando Karl mi fa la vocina dolce…”
Si scusò, ancora, Tsubasa, sorridendo tirato mentre si lasciava stringere dal Kaiser.
Genzo gli annuì – mentre Kaltz chiedeva ai compagni se davvero Schneider avesse una vocina dolce – e prese un grosso respiro, non era arrabbiato con lui, no.
Si tolse il cappellino e lo lasciò in mano a Izawa.
Si avvicinò ai gemelli.
Prese un altro grosso respiro.
Portò la testa all’indietro e… diede a Karl tutti gli arretrati di tre anni.

“Congratulazioni per la vittoria”
Mormorò Ozora ai due davanti a lui, indeciso se mettersi a ridere o meno.
Sulle fronti di Karl e Genzo spiccavano ormai ben visibili i due bernoccoli dovuti alla testata del portiere contro il Kaiser.
“Sapete? Sembrate gemelli”
Cercò di sdrammatizzare ma, dalle due occhiate assassine che ricevette, capì che era meglio starsi zitto fino a nuovo ordine.

In seguito a quel giorno, quando iniziò il mondiale, le due nazionali giovanili del Giappone e della Germania si ritrovarono ad essere molto più vicine di quanto volessero.
I mister delle due squadre avevano provato a tenere i gemelli lontani, ricordando loro che in quanto capitani avevano parecchie responsabilità nei confronti degli altri ragazzi, ma i fratelli avevano giurato che non sarebbero mai stati un peso né per le loro squadre né per quella del rispettivo gemello, davanti a quella promessa e alle prove che Tsubasa e Karl portarono in seguito ad essa… i due uomini capitolarono, specialmente davanti ai sorrisi che facevano i due ogni volta che uno vinceva una partita e trovava il gemello pronto a festeggiare con lui.
I loro compagni non ebbero molto da ridire.
Kaltz e Taro – che i gemelli avevano trovato davanti alla Torre Eiffel mentre si allenavano insieme – si erano ritrovati ad avere, una sera sì e una no, un ospite in camera: una sera Tsubasa andava a dormire da Karl, la sera dopo era Karl ad andare a dormire da Tsubasa, e se il moro si era fatto qualche scrupolo chiedendo ad Hermann se gli desse fastidio la sua presenza, il biondo al contrario si era accampato senza chiedere niente, iniziando perfino a giocare a carte con Taro e stracciando con il lui il suo fratellino che ogni volta finiva per mettere su un adorabile broncio – tradito dalla sua metà in campo e dalla sua metà nella vita, che grama vita… -, i due gemelli era abituati a dormire insieme ogni volta che si riunivano, poco importava se il letto era singolo e striminzito e ogni tanto uno dei due finisse per terra durante la notte, volevano approfittare di ogni momento possibile per stare vicini prima di doversi separare di nuovo, gli amici lo avevano capito e avevano accettato il tutto con un sorriso… scambiandosi di nascosto le foto imbarazzanti che facevano ai due quando dormivano – Genzo e Kaltz si erano promessi di ricattare il Kaiser a vita con quelle -.
I gemelli Tachibana approfittarono dell’occasione per creare il rinomato ed esclusivo ‘club dei gemelli’ dove Karl era stato praticamente costretto ad entrare, ma borbottò per poco il biondo, presto iniziò a fare comunella con Kazuo e Masao, propose anche a Tsubasa di provare a riproporre una delle tecniche dei due ma Ozora si rifiutò categoricamente, non ci teneva ad avere altri infortuni, portando i Tachibana a lamentarsi – “Fai rovesciate che non stanno né in cielo né in terra e ti lamenti seriamente delle nostre tecniche?!” -.
Con Ishizaki, Karl, trovò un’inesauribile fonte di risate – “Non ride spesso ma quando lo fa, lo fa con tutto il cuore” spiegò Tsubasa a un Hyuga perplesso che aveva catalogato il biondo come ‘ghiacciolo’ -, si ritrovò a parlare di argomenti interessanti con Jun e Hikaru e subì in silenzio – o meglio, costretto al silenzio dal gemello  – le pallonate che ogni tanto gli lanciavano contro Taki, Kisugi, Izawa e Takasugi per vendicare l’ ‘orgoglio ferito’ del loro vecchio capitano.
Tsubasa riuscì a legare allo stesso modo con i compagni del gemello, evitandosi ovviamente le pallonate, soprattutto strinse una forte amicizia con Kaltz che ringraziò molte – tantissime – volte per sopportare e supportare ogni giorno il fratello, facendo sbottare quest’ultimo che giurò di legarsela al dito mentre i due si stringevano la mano ignorandolo bellatamente.

Così passarono i giorni e le partite e così si arrivò alla finale.
Giappone vs Germania.
I gemelli si sarebbero affrontati sul campo.
“Io e te, fratellino, nessuno ostacolerà la nostra sfida!”
Esclamò Karl battendo il cinque a Tsubasa.
“Sì! Ma non credere, sarà il Giappone a vincere!”
“Questo è tutto da vedere, solo perché sei il più piccolo non vuol dire che ci andrò leggero”
“Sarà proprio il più piccolo a dare la batosta al più grande”
I due si guardarono negli occhi e scoppiarono a ridere, appoggiandosi al muro per essere uno di fianco all’altro, quella sera non avrebbero dormito insieme, dovevano essere il più riposati possibile per la partita del giorno dopo, e finire a passare la nottata per terra a causa di una gomitata o un calcio non sarebbe stato d’aiuto alla loro causa, questo però non impediva loro di passare del tempo insieme prima di ritararsi a letto.
“Domani arriveranno anche i nostri genitori”
Mormorò Tsubasa poggiando la testa sulla spalla del fratello.
“Già”
Bisbigliò Karl appoggiandosi a lui di rimando, chiudendo gli occhi e inspirando forte il profumo dei capelli del gemello, era ormai un adolescente fatto e finito eppure continuava ad usare lo shampoo alla fragola che usavano da bambini pensò il biondo sorridendo.
“Potremmo passare qui le vacanze estive dopo il mondiale, che ne dici?”
Gli chiese passandogli un braccio intorno alle spalle, sentendolo sussultare aggrottò la fronte.
“Non ti piace come idea?”
Non ricevette risposta.
“Tsu?”
Chiamò riaprendo gli occhi.
Vide Tsubasa fissare con intensità un punto davanti a loro, portò anche lui lo sguardo nella stessa direzione e perse il sorriso trovando Genzo che parlava insieme a Jun, tornò a guardare il gemello e vide le sue gote iniziare lentamente ad arrossarsi mentre la sua testolina iniziava a fare pensieri sul portiere.
Non era stato difficile accorgersi che Ozora ricambiava i sentimenti che Wakabayashi provava per lui, almeno non lo era stato per Karl, aveva notato praticamente subito che Tsubasa cambiava quando il portiere si avvicinava a lui, gli occhi gli diventavano più liquidi, la voce tentennava e si addolciva, il corpo sussultava, le guance si coloravano, per non parlare poi delle lunghe occhiate che gli lanciava da lontano e i sospiri che tirava ogni tanto… per questo il biondo aveva tentato di tenerli lontani il più possibile durante quei giorni – fallendo miseramente -, era infantile e lo sapeva bene, ma non era pronto a condividere quei già pochi momenti che aveva con il suo fratellino anche con qualcun altro, anche se questo era il suo migliore amico, era geloso e forse lo sarebbe stato per sempre.
Pensando questo lo strinse contro di sé – come a non farlo andare via –, e il gesto riportò Tsubasa da lui.
“Scusa… dicevi?”
Gli chiese mormorando piano.
Karl gli sorrise, avvicinò il viso al suo e strofinò i nasi tra di loro.
“Niente di speciale, andiamo a dormire dai”

“Vado da Karl”
Esclamò Tsubasa andando da loro con un piattino con sopra una grossa e abbondante fetta di torta al cioccolato.
Genzo sorrise teneramente a quella vista, sapeva per esperienza che il cioccolato era il metodo migliore per far passare il broncio al Kaiser.
E che broncio che aveva questa volta, tutto grazie (?) al fatto che il Giappone aveva battuto la Germania 3 a 2.
“Te ne vai senza fare neanche un ultimo giro?”
Gli chiese ridendo Taro, indicando il trenino urlante – capeggiato da Ryo, Kazuo e Masao - formato dai loro compagni euforici, e forse anche un poco ubriachi, per la vittoria.
Misugi – colui che era stato incaricato di sorvegliare tutti gli altri dal mister - accanto a lui gli lanciò un’occhiataccia prima di rivolgersi a Tsubasa.
“Cerca di non addormentarti tardi e svegliati in tempo per il volo di ritorno di domani mattina”
“Farò il possibile mister!”
Gli promise Ozora, facendo sia l’occhiolino che il saluto militare, facendo ridere Misaki e Wakabayashi e sorridere Jun che gli diede un leggero calcio nel didietro quando si voltò per allontanarsi.
“Ricorda a Karl che non mi va di tornare in Germania con un musone di fianco!”
Gli urlò Genzo prima che la porta si chiudesse dietro di lui.
“Dici che ci è rimasto così male?”
Chiese Taro.
“A nessuno piace perdere, Karl soprattutto spicca per questo, ma non credo che gli bruci troppo visto che ha perso contro Tsubasa”
Sorrise il portiere.
“Quei due hanno un legame forte e resistente vista la lontananza”
Si mise in mezzo Misugi mentre portava il cellulare davanti a loro.
“Che stai facendo?”
S’incuriosì Misaki.
“Se non puoi fermarli, almeno ricattali con prove imbarazzanti”
Sorrise angelicamente Jun mentre iniziava a riprendere le figure barbine che stavano facendo gli altri.
Taro e Genzo si guardarono scioccati mentre un pensiero comune passò loro per la testa.
Mai – MAI! – far arrabbiare Misugi Jun.

“Spero sia al doppio cioccolato”
Esordì Karl, appena notò la torta che aveva in mano il gemello, subito dopo aver aperto la porta della camera.
“Questo non lo so, ma se vuoi possiamo sbriciolarci sopra una delle tue barrette nascoste”
Propose Tsubasa entrando.
Al biondo s’illuminarono gli occhi ma ritornarono ad oscurarsi praticamente subito, visto che il fratello gli disse che stava scherzando.
“Distruggi sogni, letteralmente”
Borbottò il maggiore sedendosi a gambe incrociate sul suo letto – quello di fianco a lui era vuoto siccome Hermann era andato a festeggiare con gli altri, non erano i primi ma un secondo posto era comunque un secondo posto -, il minore si mise davanti a lui e poggiò il piattino in mezzo a loro.
“Non sei uno che si ferma per così poco”
Ghignò Tsubasa prendendo la forchetta, che il gemello gli passò dopo aver preso il primo pezzetto di torta, per poter mangiare insieme.
“Puoi scommetterci, tra quattro anni ti farò il sedere”
“Oh, è tutto da vedere questo fratellone”
Risero e continuarono a mangiare la torta fino a quando non ne rimase che un pezzetto che Karl decise di lasciare a Tsubasa.
“Tsu?”
Lo chiamò quando mentre quello era impegnato a ‘infilzare’ il pezzetto che continuava a sgretolarsi.
“Sì?”
“Vieni con me a Monaco”
Ozora si bloccò, alzò lo sguardo per potarlo in quello azzurro del gemello e, vedendolo così serio, decise di lasciar perdere il dolce per potergli rispondere altrettanto seriamente.
“Lascerai l’Amburgo?”
“Sì, i ragazzi lo sanno già… vieni con me, potremmo giocare insieme tutti i giorni, saremmo imbattibili!”
Esclamò il biondo spostando il piatto sul comodino per potersi avvicinare di più al gemello, quello lo guardò triste e portò una mano ad accarezzargli la guancia.
“Karl… dopo aver preso la licenza media in Giappone, ho intenzione di andare in Brasile”
Schneider sgranò leggermente gli occhi ma alla fine sospirò, sfiorò un attimo quella mano calda prima di buttarsi addosso all’altro per stringerlo.
“Sei sempre stato tu il più forte tra noi due fratellino”
Mormorò nascondendo il viso nel suo petto.
Tsubasa sorrise teneramente e gli accarezzò con dolcezza i morbidi capelli biondi, Karl era il maggiore ma era anche il più fragile per quanto riguardava lo stare lontani l’uno dall’altro, in quei momenti aveva solo bisogno di essere rassicurato con qualche coccola.
“E’ il nostro sogno dopotutto”
“… Solo nostro?”
Chiese Karl alzando il volto.
Quella domanda sorprese il minore che non capì subito che cosa gli volesse dire il gemello, ma ci arrivò poco dopo, d’altronde lui era un libro aperto per il biondo, non si aspettava di tenergli nascosti troppo a lungo anche i sentimenti che aveva scoperto di provare in Giappone per Wakabayashi, quando questi era andato via.
“Karl-“
Quello non lo fece finire di parlare, si avvicinò e strusciò il naso sul suo imitando il bacio eschimese, era il loro gesto, lo era diventato quando da piccoli avevano visto un documentario insieme e avevano deciso che si sarebbero detti così ‘ti voglio bene’, dopo tornò a stringerlo con forza, imitato subito dopo dal moro che lo strinse con altrettanta forza.
Kaltz li trovò addormentati così, stretti uno tra le braccia dell’altro.

“Lo rivedrai presto”
Genzo sorrise in modo consolatorio a Karl, battendogli una pacca sulla spalla.
Il biondo Kaiser aveva in viso un muso che andava man mano ingrandendosi mentre guardava il suo adorato fratellino allontanarsi con i compagni di squadra, dritti verso il loro imbarco che li avrebbe riportati in Giappone, si sarebbero dovuti separare per due lunghe settimane prima di potersi rivedere per le vacanze estive che avrebbero passato insieme – come ogni anno -.
Era stato difficile salutarsi, una volta in aeroporto, dopo essere stati sempre insieme per giorni, si erano stretti così forte che le dita delle mani – che stringevano i vestiti dell’altro – erano sbiancate ad entrambi, ma erano abituati a farlo, così lo avevano fatto sorridendosi e strusciando delicatamente tra loro i nasi.
Il sorriso, però, si era spento automaticamente sul viso di Karl non appena Tsubasa gli ebbe dato la schiena.
Il portiere aveva assistito al tutto – dopo aver salutato a sua volta, con qualche difficoltà, Ozora – e cercava in qualche modo di tirarlo su di morale, il biondo sapeva che era quello il suo intento, ma guardò comunque con mal celato odio quella mano sulla sua spalla, non riusciva a reprimere quella gelosia che gli saliva nel petto non appena posava lo sguardo limpido su Wakabayashi, dopo la sera passata forse era addirittura aumentata.
Si tolse bruscamente la mano di dosso e andò contro l’amico, dandogli una spallata che fece vacillare il portiere e che lo sconvolse.
“Schneider…?”
Chiamò incredulo.
Karl si allontanò per un po’, poi si voltò di scatto e lo guardò minaccioso.
“Anche se siamo amici, non hai alcun diritto sul mio fratellino, sappilo! Non me ne frega nemmeno che hai vinto i mondiali con lui, per averlo dovrai passare sul mio cadavere!”
Gli urlò prima di girarsi nuovamente per andare verso il loro imbarco.
Genzo lo guardò stordito mentre Kaltz – che gli si era avvicinato solo dopo aver assistito a tutta la scena – scoppiò in una fragorosa risata.
“Amico mio”
Iniziò battendogli parecchie pacche sulla schiena.
“A me sembra una vera e propria dichiarazione di guerra”

   
 
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