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Autore: Shannara_810    06/08/2009    7 recensioni
"Questa è la storia di un grande piccolo mago, di una bellissima veggente – e qui si levò un certo suono strozzato – e di un incredibile e stupido asino".
Genere: Romantico, Commedia, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Merlino, Morgana, Principe Artù
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Little Brats in Love
Rating: G
Pairing: Arthur/Merlin
Genere: AU
AN: ok, vi siete mai trovati nel bel mezzo di un blocco dello scrittore senza precedenti?
Avete in testa tante idee, sapete di dover finire innumerevoli storie, ma vi sedete al computer e non riuscite a scrivere niente? Ecco, io in questo periodo mi sento così. Fra i mille impegni, riesco a ritagliarmi un angoletto per rilassarmi e scrivere ma nada de nada. Il foglio bianco mi blocca. Così, cosa faccio? Mentre tento di aggiustare opere già pubblicate in precedenza, ho deciso di provare a scribacchiare questa cosetta. Non lasciatevi ingannare dal prologo, mi raccomando - che continua a non convincermi molto, ma la mia Delicious là fuori mi ha letteralmente costretto a postare, quindi prendetevela con lei -.
Tornando alla storia, s’ispira molto al cartone animato Rugrats, se qualcuno lo ricorda.
Troverete i protagonisti di Merlin nelle vesti di poveri e innocenti – si fa per dire – pargoli dai cinque anni in giù.
Spero che la storia sia di vostro gusto. La canzone di sottofondo è Animals dei Nickelback, suggeritami dalla mia cara collega di sclero Suicidal_love. Tesoro, questa storia è per te!
 
P.S.: sono alla disperata ricerca di un beta… qualcuno può aiutarmi?
 
Prologo: Nella tana dei Conigli
 
TUM TUM TUM
TUM TUM TUM
 
“I, I'm driving black on black
Just got my license back
I got this feeling in my veins this train is coming off the track
I'll ask polite if the devil needs a ride
Because the angel on my right ain't hanging out with me tonight
I'm driving past your house while you were sneaking out
I got the car door opened up so you can jump in on the run
Your mom don't know that you were missing
She'd be pissed if she could see the parts of you that I've been kissing
Screamin'”

 
Assolo di chitarra.
Cigolio di letto.
Poteva percepire le vibrazioni spandersi attraverso il soffitto, giù sempre più giù, colando tra mattoni e travi di legno come se queste fossero di burro fuso.
 
TUM TUM TUM
TUM TUM TUM
 
“No, we're never gonna quit
Ain't nothing wrong with it
Just acting like we're animals
No, no matter where we go
'Cause everybody knows
We're just a couple of animals”

 
Era la sua immaginazione, doveva esserlo.
Nemmeno loro due potevano arrivare a tanto. Eppure… no, impossibile. Totalmente fuori ogni logica.
Radere al suolo una mega-villa come la loro, richiedeva più di una coppia di adolescenti in piena tempesta ormonale… vero? VERO?!
Per quanto provasse a ripeterselo, questo non le dava alcun conforto. Nemmeno la sua incredibile razionalità poteva funzionare a dovere a quell’ora assurda.

Erano le 3 del mattino… soltanto le 3 del mattino!
Tuttavia, se c’era una cosa che Morgana Le Fay aveva imparato nei suoi diciassette anni di vita in quel manicomio, era l’aspettarsi di tutto quando si trattava di quei due.
Provò a tapparsi le orecchie con le dita, a seppellire la testa sotto il cuscino, ma niente.

I suoi lunghi boccoli d’ebano giacevano spettinati sulle calde lenzuola di seta ricamata. La rabbia li stava percorrendo elettrica, tramutandoli in una massa arruffata.
Le veniva da piangere.
Lei, bellissima come un’antica bambola di porcellana, osannata dalle sue coetanee come la ragazza più bella e aggraziata degli ultimi secoli, ora aveva l’aspetto di uno spaventapasseri.
Lo sapeva, lo sapeva. Quei due pazzi sarebbero stati la sua morte un giorno!
E Gwen aveva anche il coraggio di definirli carini, puah!
Continuava a fissare con insistenza il soffitto, aspettandosi che da un momento all’altro questo venisse giù. Terremoto? Quale terremoto! Erano un cataclisma vivente!
Alzò il volume ancora un po’. Forse, un po’ di musica sarebbe servita a distrarla.
 
“So come on baby, get in
Get in, just get in
Check out the trouble we're in”

 
Congiura!!! Era una congiura!

Adesso anche la radio si accaniva contro di lei. Afferrò uno dei costosissimi cuscini del suo letto a baldacchino e si coprì il viso. Nada, Nain, Ciccia.
Neppure così riusciva a scacciare quelle immagini. Avrebbe dovuto trapanarsi il cervello per allontanarle.
 
TUM TUM TUM
TUM TUM TUM
 
Stupido Uther!

Aveva speso una fortuna per costruire quella villa. Sauna ad ogni piano, piscina olimpionica, stanze da letto grandi quanto una suite di hotel. Non aveva badato al prezzo, il caro paparino… ma avere delle pareti insonorizzate sarebbe stato chiedere troppo?
 
TUM TUM TUM
 
“You're beside me on the seat
Got your hand between my knees
And you control how fast we go by just how hard you wanna squeeze
It's hard to steer when you're breathing in my ear
But I got both hands on the wheel while you got both hands on my gears
By now, no doubt that we were heading south
I guess nobody ever taught her not to speak with a full mouth
'Cause this was it, like flicking on a switch
It felt so good I almost drove into the ditch
I'm screamin'”

 
Terapia a vita!
Anzi no, una bianca camicia di forza!
Cielo, se chiudeva gli occhi, quelle immagini oscene parevano intensificarsi, divertendosi con il loro sadismo a privarla del tanto agognato riposo.
Ecco, ora anche quelle benedette visioni si ritorcevano contro la sua anima candida. Corpi sudati che si cercavano, voci arrochite dalla passione… il sedere nudo di Arthur!!! Bleah!
 
“So come on baby, get in
Get in, just get in
Check out the trouble we're in”

 
Un lieve bussare la riscosse da quelle orrende immagini, impedendo che la gustosissima pizza al formaggio di quella sera tornasse a farle visita. Non c’era limite al peggio in quella casa di pazzi.
Il picchiettio si ripeté ancora.

Era un rumore troppo flebile per il trattarsi di un adulto. Escludendo i due conigli, poteva essere solo una persona.
“Entra pure, Mordred”.
Un bimbo di appena sei anni fece capolino dalla pesante porta di legno, stropicciando i suoi grandi occhi azzurri ancora assonnati. Il caldo pigiama adornato di orsetti scuri gli cadeva ampio sul corpicino ancora minuto. Era sempre stato un tipetto molto esile, suo fratello. Esile, vero, ma con più risorse di un gatto selvatico.

Morgana non poté trattenere un piccolo sorriso a quella vista. Gli arruffati capelli color cioccolato gli conferivano un aspetto tenerissimo, a dir poco irreale. Mordred poteva benissimo fare concorrenza ad uno di quei bambolotti visti in TV.
La voglia strapazzarlo di baci era fortissima. Faceva questo effetto lui alle donne, donne di ogni età.
A quell’invito, il bimbo corse fra le braccia della sorella, sedendosi sulle sue gambe. Quasi intimidito, nascose il viso contro Sir Theodor, l’orsetto che Merlin gli aveva regalato per il suo quarto compleanno.
Era tutto intirizzito. Per quanto fossero ancora agli inizi di maggio, la primavera tardava ad arrivare.
“Morghy, io non riesco a dormire”. Mormorò, con un’espressione talmente angelica da spezzarti il cuore.
Era il cucciolo di casa, Mordred, l’ultimo nato. Coccolato e viziato da tutti… salvo un’unica eccezione.

Era il tesoro di Hunith, il piccolo ometto di Uther, l’adorato fratellino di Merlin e Morgana.
Satana sceso sulla Terra, se chiedevi ad Arthur.
Scaltro, manipolatore e sociopatico, il cui unico scopo era rovinargli l’esistenza… che assurdità! Come si poteva accusare quel candido angioletto di tali infamie!
Anche se, ancora oggi, Morgana non riusciva a spiegarsi come l’adorata decappottabile di Arthur fosse finita nella piscina.

Chissà, doveva trattarsi di uno dei misteri della vita. Una di quelle cose che andava accettata semplicemente per fede, senza una spiegazione logica. Come il perché il cielo fosse blu o Keira Knightely venisse definita una delle donne più belle del pianeta nonostante fosse piatta come una tavola.
Pontificare su tali pensieri poteva rivelarsi una buona distrazione, ma quella serie di tonfi sinistri che avevano accompagnato l’ingresso del suo povero angioletto la riportarono ben presto alla realtà. Rumori minacciosi ed inquietanti.
Si, la casa non avrebbe retto a lungo.
 
“So come on baby, get in
We're just a couple of animals
Get in, just get in
Ain't nothing wrong with it
Check out the trouble we're in
Get in, just get in”

 
Che razza di famiglia… ninfomani!
Tutti conigli ninfomani!
Ninfomani, egocentrici e possessivi al punto da rasentare l’ossessione. Meno male che non ne condivideva i geni da roditore!
Era in momenti come questi che Morgana ringraziava il cielo per l’essere nata da due genitori relativamente normali, anche se le erano stati sottratti troppo presto.

A dirla tutta, per quanto la facessero impazzire, le era impossibile pensare alla sua famiglia come a qualcuno che non fosse uno di quei matti maniaci con cui condivideva le sue giornate.
Se glielo avessero chiesto avrebbe negato ad oltranza, sia chiaro, ma dopo tanti anni aveva imparato a sopportarli, e sì, anche a voler loro bene… asino compreso.
Erano tutto il suo mondo.
Non poteva dire di avere un ricordo nitido della sua vita prima dell’adozione, questo no.

Erano solo immagini sfocate, sensazioni vaghe legate a profumi impressi nei meandri più reconditi della sua mente. Gli stessi luoghi che serbavano il segreto del suo dono.
Per quanto si sforzasse, non ricordava nulla dei Le Fay.

Certo aveva delle foto, vecchi scatti di una donna dai lunghi boccoli d’ebano che sedeva innanzi ad un camino col ventre gonfio di vita. Morgause era colei che l’aveva generata eppure non riusciva a chiamarla mamma.
Una madre è una persona dal sorriso caldo che ti prepara i biscotti, che ti sveglia al mattino per andare a scuola, che ti sgrida quando hai sbagliato e ti abbraccia quando sei triste.
Morgause non aveva mai fatto nulla di tutto questo per lei. Non ne aveva avuto il tempo.
Un banale incidente d’auto e la sua vita era stata recisa come una di quelle rose con cui amava così tanto circondarsi. Era bastato un solo istante, uno solo.
Non ne sentiva la mancanza.
Sì, il suo cognome poteva anche essere Le Fay ma erano i Pendragon la sua famiglia. Lo erano sempre stati.
Uther – CEO della Camelot INC. – aveva fatto carte false per prenderla con sé, addossandosi quella grave responsabilità senza esitazione alcuna.
L’uomo aveva sguinzagliato tutti i migliori avvocati del Paese per terminare l’adozione in tempi da record, come se il peso di dover crescere già un figlio da solo non fosse abbastanza, figuriamoci due.
Sapeva essere un uomo severo alle volte, questo nessuno lo metteva in dubbio. Niente avrebbe mai potuto scalfire l’ammirazione che Morgana sentiva verso il suo padre adottivo.
Uther, in meno di sei mesi, si era ritrovato senza la sua adorata Igraine a far da padre a due neonati piagnucolosi. Eppure non si era tirato indietro.
Debito d’onore o no verso suo padre biologico, l’aveva accettata in famiglia come qualcuno del suo stesso sangue.
Così la piccola Morghy era passata dalla condizione di figlia unica all’essere la sorellastra dell’impossibile Arthorius, o più semplicemente Arthur. Un nome che era tutto un programma.

Loro due avevano riscritto senza problemi la definizione di “odio a prima vista”.
Se uno diceva bianco, allora l’altro per forza avrebbe risposto “nero”. Veniva loro naturale come respirare. Erano nati per farsi la guerra, per forza.
Nonostante tutto e tutti però, lei Uther ed Arthur se l’erano cavata abbastanza bene da soli. La loro vita non era stata affatto male. Bei vestiti, ogni sorta di giochi e leccornia. Uther ce l’aveva messa tutta per essere un buon genitore. Anche se non era molto presente e ferrato in tema di disciplina.

Poi tutto era cambiato… in meglio. In molto meglio.
Circa cinque anni dopo la sua adozione - durante una rocambolesca estate piena di avventure e situazioni al limite dell’assurdo - Uther aveva perso la testa per Hunith, una lontana parente del vecchio Gaius, il loro medico di famiglia.
Da cosa nasce cosa, Hunith era diventata presto la loro nuova e dolce matrigna aggiungendo a quel trio incredibilmente depresso, suo figlio Merlin… e sul serio, prima dell’arrivo della donna, ne avevano di musi lunghi.

Merlin, oh Merlin.
Dolce e meraviglioso bambino senza un briciolo di spirito di sopravvivenza, se la sua relazione con Arthur poteva svelarne qualcosa sul carattere.
Insomma, ma come faceva Merlin a guardare quell’asino come un dio sceso sulla terra?
Merlin avrebbe volentieri baciato la terra dove aveva poggiato i piedi… quando non era impegnato ad ucciderlo, sia chiaro. In fin dei conti, il ragazzo era pur sempre umano. Nemmeno un santo sarebbe mai stato capace di sopportare Arthur 24 ore su 24.
Eppure, quei due funzionavano divinamente insieme, nonostante fossero agli antipodi su tutto.
Uno biondo e l’altro moro, uno sportivo e l’altro artista, uno imbecille da farti venir voglia di prenderlo a schiaffi e l’altro così tenero da risvegliarti dentro un iperprotettivo istinto materno.
Tanto diversi eppure legati peggio che con la supercolla.
Ce ne erano di cose da raccontare su di loro. Un giorno vi avrebbe dedicato un libro, guadagnando miliardi e trasferendosi finalmente su di un’isola lontanissima. Oh, si! Sarebbe stato fantastico.
Sorvolando sui due conigli, come Morgana li aveva affettuosamente ribattezzati, a chiudere il loro allegro quadretto familiare alcuni anni dopo era nato a sorpresa Mordred.
I loro genitori dovevano essere sicuramente folli per avere un altro figlio, insomma con già tre birbanti così cui badare! Ciononostante, la gravidanza di Hunith fu accolta con gioia, soprattutto da Uther che finalmente si era visto arrivare un figlio “normale” dopo il disastro che si era rivelato il suo primogenito.
Normale… tzé. Non esisteva quella parola nel vocabolario della famiglia Pendragon. Loro potevano essere tutto fuorché normali.
Se delle forti personalità non fossero bastate a far rizzare i capelli a ognuna di quelle povere anime che aveva dovuto far loro da balia, tutti i ragazzi Pendragon avevano sviluppato naturalmente un innato talento magico, un dono non visto di buon occhio in molti circoli.
Secondo il vecchio Gaius, avrebbero potuto sovvertire il mondo se avessero voluto.
Morgana era una veggente, Merlin e Mordred due maghi piuttosto potenti e Arthur… come amava definirlo il suo fratellino, Arthur era semplicemente un piromane.

Se non ci credete, avreste dovuto vedere la palestra della loro scuola l’anno prima, quando un povero idiota aveva osato fare degli apprezzamenti poco puliti su di un certo musicista.
Arthur aveva letteralmente perso la testa, scatenando tutta la sua furia… sete di vendetta… istinto omicida come solo un asino del suo calibro poteva fare.
La loro magia era potente, oh sì se era potente.
Un altro colpo basso per il vecchio Pendragon.
Per Uther non era stato facile accettare la cosa. Aveva perso una moglie per colpa della magia.

Eppure Hunith ci era riuscita. Li aveva guidati e protetti, insegnando loro che con quei doni che avevano dentro di sé potevano realizzare cose meravigliose.
La magia non era solo qualcosa da temere bensì qualcosa che avrebbe potuto sul serio rendere felici le persone. Ed Uther, alla fine, lo aveva capito.
Il fatto che i due conigli avessero poi adottato un cucciolo di drago, aveva contribuito alla nuova filosofia di vita del paparino. Se non puoi combatterlo, accettalo e ridici su!
Una manina fredda attirò piano la sua attenzione. L’espressione disperata di quel povero bambino le stringeva il cuore. Doveva pensare a Mordred adesso.
“Morghy, io ho paura! L’asino non starà facendo del male a Merlin, vero?”. Due grossi lacrimoni minacciavano di solcare il suo visetto pallido.
Fare del male a Merlin, ora questa era una domanda soggettiva.
Morgana era sicura che, per quanto urlasse e si lamentasse e protestasse, Merlin non fosse del tutto contrario a quello che Arthur al momento gli stesse facendo.
“Ma no, Mordred. Sono sicura che Merlin stia benissimo”. Gli sorrise, rassicurante. Magari non domattina, aggiunse tra sé.
“Davvero?”. Per un istante, le parve di vedere un ghigno diabolico fare capolino su quel visetto angelico.

No, doveva essersi sbagliata. Arthur la stava condizionando. “Io ho visto l’asino prendere il tuo bel vestito rosso e portarlo di sopra! Con le scarpe della mamma e il tuo frustino da polo!”.
ALT! Vestito rosso?
“Quale vestito rosso?”. Ti prego! Fa che non sia quello, fa che non sia quello.
“Quello della tua serata di gala, Morghy. L’asino – cascasse il mondo che Mordred chiamasse suo fratello maggiore per nome – ha detto che se te lo avessi raccontato, mi avrebbe dato in pasto a Sparky!”.
No, il labbretto tremolante, no!
Come osava quell’idiota decerebrato appropriarsi del suo Versace originale. Aveva davvero così voglia di morire?
Morgana poteva sentire la collera montarle dentro come il mare in tempesta e l’espressione addolorata di Mordred non faceva che aumentarla.
“Morghy, dove vai?”.
Gliel’avrebbe fatta vedere lei a quei due animali in calore!
Era furiosa, furibonda, fuori di sé! Un conto era privare lei del suo sacrosanto sonno ristoratore, ma prendersela con degli innocenti – sì, perché anche il vestito rientrava in quella categoria. Lo aveva indossato solo una volta, era ancora praticamente vergine – fu la famosa ultima goccia.
Quell’idiota aveva anche il coraggio di definire Mordred l’Anticristo incarnato. Ma si era mai visto allo specchio?
Incurante dell’essere a piedi nudi e soltanto in una setosa camicia da notte, Morgana balzò fuori dal letto ed uscì dalla sua stanza a passo rapido, marciando con l’impeto di una mandria impazzita verso l’attico della sua lussuosissima dimora.
Mordred restò un po’ indietro, diviso tra il desiderio di assistere alla Finale Disfatta del Guastafeste ma altrettanto legato alla sua incolumità. No, questa non doveva perdersela per nulla al mondo.
Oh, si! Ghignò a quel pensiero. Finalmente il suo adorato fratellone Merlin sarebbe stato al sicuro dalle grinfie di quell’… asino depravato.
 
TUM TUM TUM
 
Il cigolio si fece sempre più insistente mentre si avvicinavano alla tana degli animali in calore.
Arthur, Arthur!!! Più forte, Arthur!!!
 
TUM TUM TUM
 
Gesù, Merlin!
Mi fai impazzire!!!
Come il rullo di tamburi di una tribù indigena uno stridio insistente e fastidioso, accompagnato da grida e gemiti degni dei migliori film porno, segnalava l’approssimarsi della tana del nemico. Quei suoni lasciavano ben poco alla fantasia ed ancora una volta Morgana maledì i suoi genitori per averli lasciati in balia della Bella e del Bestione.
Senza perdere tempo, si avventò sulla porta di legno intarsiata che li divideva dal covo dei due depravati ed iniziò a bussare con forza, tentando di superare quel baccano.
 
BUM BUM BUM
 
“Merlin! Liberati di quell’impiastro e vieni subito ad aprire!!!”. Urlò con tutto il fiato che aveva nei polmoni.
Un gemito più lungo degli altri si levò come risposta alle sue preghiere… ordini. La tensione si fece di colpo palpabile, sottile e tagliente come la lama di un coltello.

Le urla cessarono, il cigolio del letto s’ammutolì di colpo.
Fu come se d’improvviso la casa fosse sprofondata nel silenzio più assoluto, quello che di solito precede la comparsa di chissà quale mostro degno di una Casa dell’Orrore. Morgana accostò l’orecchio all’uscio, nel tentativo di decifrare le azioni di quei debosciati.
 
TUM TUM TUM
 
Non appena il suo orecchio incontrò la liscia superficie di legno, il cigolio del letto iniziò più forte di prima. Una voce arrochita dalla passione se la rideva della grossa in sottofondo.
Maledetto Arthur!!!
“MERLIN!!! ESCI SUBITO DA QUESTA STANZA, OPPURE TELEFONO A MAMMA HUNITH! STAVOLTA NESSUNO VI SALVERA’ DAL CLUB DELLA PUREZZA DI PADRE RALPH!”.
Silenzio tombale, stavolta causato da tutt’altra ragione.
La risata di trionfo si spense subito, soffocata da un terrore ben noto.
Morgana ghignò, estasiata.
Ecco, quella era una minaccia che poteva sortire qualche effetto con quei due: l’astinenza totale. Il misero cervellino di Arthur non era preparato ad un trauma del genere.
L’astinenza e l’accademia militare dall’altra parte del paese in cui Uther aveva deciso di spedire Arthur se avessero ricevuto un’ennesima visita della polizia per rumori molesti.
In un anno, erano arrivati a ricevere visite della polizia praticamente tutte le settimane.
Erano diventati la barzelletta della città: i due conigli malati di sesso e le loro maratone. Erano giunti addirittura ad essere studiati da un’equipe specializzata per scoprire la causa di prestazioni di tali proporzioni.
Ormoni… baggianate!

Secondo Gaius, era solo una fase la loro… una fase che andava avanti da già tre anni, maledizione! Ci voleva la castrazione!
Andava bene l’essere giovani, andava bene l’avere delle necessità. Andava pure bene che i loro genitori avessero accettato la loro relazione – più che altro Uther, dopo la nascita di Mordred, si era messo l’animo in pace sull’ossessione/possessione compulsiva che Arthur nutriva verso il suo figliastro adottivo - ma adesso si stava davvero toccando il fondo.
Perché i loro cari genitori… i loro cari… irresponsabili… vigliacchi genitori, anziché affrontare la situazione, avevano deciso di concedersi un bel week-end alle terme, lasciandole il comando della casa. Erano fuggiti come due topi inseguiti da uno tsunami, che razza di esempio!
E naturalmente, come da programma, cinque secondi esatti la loro brillante uscita di scena i due conigli in calore avevano dato il via ad un’estenuante maratona del sesso. 36 ore e ci davano ancora dentro.
Per recuperare, aveva detto l’asino reale, il quale era tornato dal ritiro della squadra liceale di football con un severo caso di Merlin - astinenza. La lontananza dalla sua dolce metà e da quella particolare ginnastica che richiedeva un moretto eccitato sotto di lui, aveva scatenato nel biondo Pendragon addirittura sintomi fisici.
Arthur aveva fatto il suo trionfale ritorno pallido come un cencio, gli occhi segnati da profondi cerchi neri ed il viso scavato. Li aveva a malapena salutati, prima di caricarsi il suo preoccupatissimo ragazzo in spalla e barricarsi nella loro tana.

Perché, naturalmente, loro due condividevano una stanza… ed un principesco letto matrimoniale.
Dopo averli beccati in tutti e dieci bagni della villa, nella piscina olimpionica, sull’altalena della serra, in ogni sgabuzzino della casa e addirittura sul tetto, il caro paparino aveva dovuto arrendersi. Se avessero avuto una stanza solo per loro, forse ci sarebbe stata ancora speranza per lui di arrivare alla vecchiaia.

Speranza vana.
Era bastato vedere come il suo primogenito poteva ridursi senza la sua dolce metà per due misere settimane, per far scattare in Uther il campanello d’allarme che lo aveva portato a trascinare la sua dolce mogliettina in un’elegante e sperduta SPA tra le montagne del Tibet, nella speranza di mettere quanti più chilometri possibili tra la sua povera mente disturbata e l’infame erede che aveva generato.
CODARDO!
Sussurri. Parole mormorate con voce gentile e snervanti piagnistei di cui conosceva bene l’origine.
Attimi di suspance.

Si portò le mani sui fianchi, picchiettando il piede con stizza al suolo.
Stupidi, maniaci, totalmente decerebrati. L’avrebbero sentita adesso.
Mentre mille e più cruente soluzioni di tortura le scorrevano innanzi agli occhi, la chiave ruotò con lentezza nella serratura rivelando un ragazzo dai sottili capelli scuri e l’espressione più idiota che Morgana avesse mai visto.

Merlin sembrava vittima di una sbronza colossale, con un sorriso ebete a trentadue denti che gli illuminava tutto il viso.
“Ciao, Morghy”. Mormorò flebilmente, arrossendo come un pomodoro a quello sguardo di smeraldo che lo scrutava furioso.
“Merlin”. Avrebbe voluto urlare, sbraitare, afferrarli per le orecchie e appenderli nudi alla gigantesca quercia del giardino. Tutto, pur di vendicare il suo sacrosanto diritto ad una notte di sonno ristoratore ma non ne ebbe il coraggio. La vista di Merlin la fece desistere da ogni intento bellico.
Il poveretto non si reggeva nemmeno in piedi. Indossando un paio di boxer notevolmente troppo grandi per le sue gambe ossute, Merlin si poggiava allo stipite della porta tentando di non crollare al suolo esausto.
Era distrutto. Innumerevoli lividi violacei gli segnavano il collo e il petto e l’addome, giù fino a… beh, avete capito.
E le sue povere orecchie!!! Oh, le sue povere orecchie! Rosse, quasi in fiamme, gonfie e marchiate almeno quanto le sue labbra martoriate.
Mordred, che si era nascosto dietro sua sorella, lo fissava di sasso. Che cosa gli avevano mai fatto! Sentiva una morsa stringergli il petto alla vista dello stato pietoso in cui quello aveva ridotto il suo adorato ed unico fratello maggiore.
“Dovrei parlarti, Merlin”. Tutta la rabbia che Morgana aveva provato fino a quel momento era scemata di colpo alla vista del suo fratellastro. La vittima di una tempesta tropicale avrebbe avuto un aspetto migliore.
No, non poteva prendersi col misero mago moro. Non era colpa di Merlin se non riusciva ad opporsi a quel bestione incivile. Lui era fragile e delicato!
“Merlin non ha niente da dirti, Morgana”. Una voce roca e autorevole si erse alle spalle del povero malcapitato, pronta a sfidarla a contraddire il suo comando. Ecco di chi era la colpa!
Merlin sentì due braccia calde circondargli la vita con fare possessivo mentre della pelle un po’ ruvida, per un lieve accenno di barba, aveva preso a strusciarsi contro il suo collo, richiamando immediatamente Merlin jr all’attenti. Non poté trattenere un gemito d’assenso.
“Avete cinque minuti per lavarvi e scendere di sotto. Muoviti, Arthur!”.
Il biondo ghignò alle assurde e vane minacce della sua sorellastra, indifferente all’avere indosso solo un lenzuolo mal legato in vita.
I vestiti erano del tutto superflui in quella situazione. Tutto ciò di cui aveva davvero bisogno, era Merlin ed una superficie piana per amministrare la sua autorità sul suo dolce patatino.
Fino al ritorno di Uther e Hunith, niente e nessuno avrebbero potuto interrompere il suo preziosissimo tempo con Merlin!
“Io non credo proprio. Sì da il caso, che io e il mio piccolo idiota abbiamo ben altri programmi”. A queste parole le mani di Arthur divennero più audaci, iniziando a massaggiare il ventre del suddetto idiota il cui cervello oramai non rispondeva più. Avevano già sprecato troppo tempo: tre preziosissimi minuti in cui avrebbe potuto condurre il suo idiota verso le vette più alte del piacere.
“ARTHUR!!!”. Tuonarono in coro due voci, sebbene solo quella di Morgana segnata dalla collera. Se non poteva arrabbiarsi con Merlin, niente e nessuno le avrebbero impedito di spazzare quel sorrisetto idiota dal volto dell’asino a suon di ceffoni.
“Ma non ti vergogni? Non pensi a Mordred? Alla sua anima pura ed innocente?”.
Due sguardi azzurri carichi di malcelata ostilità cozzarono in una burrasca di fulmini e saette.
“Quello non ha mai avuto niente d’innocente!”. Borbottò il primo.
“Dopo aver visto un mio presunto fratello sbattersi l’altro mio fratello, non credo che niente mi shocki più. Stupido asino”. Biascicò il secondo.
Zero assoluto!

Ecco la percentuale esatta dell’amore e della dedizione che i due fratelli Pendragon nutrivano l’uno per l’altro. Dire che si odiavano era dire poco. Arthur e Mordred si respingevano come il diavolo e l’acqua santa. La loro epica lotta per il monopolio di Merlin non aveva avuto eguali nella storia.
Se per Mordred, Merlin era un essere puro, fonte intoccabile di dolcezza e magia da proteggere e salvaguardare dagli asini pervertiti fino alla fine dei tempi; per Arthur, Merlin era un cucciolotto un po’ idiota ma dall’incredibile stamina. Da difendere, controllare e rinchiudere in una torre remota per suo esclusivo beneficio.
“Ti disprezzo con tutte le mie forze, asino”.
“Felice di saperlo, pulce”.
“Smettetela!”. Ruggirono i poveri spettatori di quell’assurda gara di machismo. Ma anche a quell’ora assurda avevano la forza di litigare?

Stupidi, insopportabili, asini cocciuti!
La veggente ed il mago si scambiarono uno sguardo d’intesa. Come si dice: a mali estremi…
In un attacco perfettamente sincronizzato, dei ceffoni degni del buon vecchio Bruce si abbatterono con impeto sulle nuche di quel testardo ed impossibile duo.
“Ma è stato lui!”. Piagnucolarono i due fratelli che, per quanto osassero negarlo, erano spudoratamente simili.
“Certo che non hai alcun ritegno, Arthur. Mettersi allo stesso livello di uno di sei anni…”. La ragazza rincarò la dose. Non poteva di certo perdeva una così succulenta occasione di sbattere in faccia al fratello quanto fosse infantile.
“Non conta l’età se sei il demonio”. Voleva solo trascorrere le restanti dodici ore al ritorno dei loro genitori insieme al suo ragazzo, niente di più niente di meno. Che c’era di così difficile da capire?
Peccato solo che suddetto ragazzo, non condividesse il suo odio verso quella pulce. No! Merlin era stato soggiogato da quei falsi occhioni innocenti come tutto il resto della sua famiglia. Solo lui, solo lui aveva capito quanto quel marmocchio fosse pericoloso! Perché non volevano ascoltarlo!
“In salotto, muoviti!”
“Non ci penso nemmeno!”.
“Tzé”. Sempre nascosto dietro la rassicurante presenza di Morgana, Mordred si lasciò sfuggire a un sorrisetto malevolo. “Aspetta che racconti tutto a papà, asino. La scuola militare non te la leva nessuno”.
La reazione di Arthur fu istantanea. Scansato il suo idiota di lato, si chinò all’altezza dell’odiato e demoniaco fratello minore, facendo apparire a pochi centimetri della testa del bimbo una bella palla di fuoco. “Ora stammi a sentire, moccioso: 1. Solo a Merlin è concesso chiamarmi asino; 2. Tu azzardati a ricattarmi e potrai dire addio alla tua adorata collezione di fumetti; 3. Prova di nuovo ad interrompere il mio Merlin-time e non dovrai preoccuparti dell’acne giovanile, perché scordati di arrivare alla pubertà. SONO STATO CHIARO?”.
Se l’asino pensava di spaventarlo, cascava male. Paura? Ma quale paura?
Mordred aveva più di un asso nella sua manica: occhioni lucidi, labbro tremante, naso colante... le possibilità erano infinite, una per ogni situazione.

Light Yagami gli faceva un baffo.
Afferrò la mano di suo fratello, puntando su di lui quegli occhi languidi che avrebbero fatto invidia anche a Bambi.
“Merlin, l’asino mi tratta male!”.  Piagnucolò, una lieve goccia salata che gli inumidiva la guancia destra.

Colpito e affondato. Vediamo come reagisci ora, asino!
“Io… ti… odio!”. Perché, ti pareva che Merlin non lo guardasse storto per aver difeso il loro futuro da quel lucifero alto tre mele o poco più? Nessuno pensava alle sue lacrime!!! Ai suoi bisogni di povero adolescente innamorato.
Come a leggere quei pensieri – insomma cosa pensasse Arthur era semplice da comprendere - la piccola vena sulla tempia di Morgana iniziò a pulsare ritmicamente.
La vedevano chiudere ed aprire il pugno, persa com’era in quel suo atroce dubbio amletico.  Era meglio sferrare all’impossibile disturbatore della sua pace notturna un’unghiata o un bel calcio dove il sole non batte?

Sangue, sangue, sangue! Voleva versare del sangue!
Un lieve mugolio affranto gli salì involontariamente dal petto. Se avessero potuto, si sarebbero uccisi all’istante, tanto l’aria era satura della loro magia.
E, naturalmente, chi era chiamato a fare da paciere in mezzo a quel branco di pazzi?
Merlin si accasciò distrutto contro il muro, mordendosi il labbro alle fitte provenienti dal suo fondoschiena. Non ne poteva più. Doveva andarci lui in Tibet!
Spesso quando persino sbattere la testa contro il muro non gli impediva di sottrarsi alle loro continue idiozie, si chiedeva che aveva fatto di male per ritrovarsi in quella situazione.
Tra due genitori da sit-com, una sorella maniaca della moda, un fratellino che avrebbe fatto volentieri concorrenza a quel topolino bianco assetato di potere visto in Tv ed un altro… cielo, un altro fratello/fidanzato bello come dio… sexy… tanto perfetto che ti veniva voglia di morderlo – non che non lo avesse fatto - ma asino come nessuno mai, la sua vita era una pazzia dopo l’altra.
In mezzo alla furia di Morgana, ai continui assalti di Arthur ed i piani di conquista del mondo di Mordred, c’era da stupirsi che non fossero stati rinchiusi a vita al manicomio.
Non aveva di che preoccuparsi per il futuro. Con le doti di mediatore che dimostrava con quei pazzi, una carriera all’Onu non gliela avrebbe negata nessuno.
Mentre una nuova sfera di fuoco andava formandosi nella mano della sua dolce metà, Merlin capì che era giunto il momento di affrontare la situazione prima che questa degenerasse. Cinse il collo di Arthur con le braccia, spalmando il suo corpicino ossuto su quello del proprio uomo.
“Morgana, tu e Mordred aspettateci in salotto per favore. Io ed Arthur vi raggiungeremo tra cinque minuti”.
Prima che il biondo potesse ribattere, lo coinvolse in un bacio mozzafiato che fece scemare qualsiasi intento guerresco da parte del giovane Pendragon.
Gli occhi di Arthur si chiusero estasiati. Si! Finalmente il suo idiota aveva capito bisognava occupare il loro preziosissimo tempo.
Senza neanche aspettare che gli altri due eseguissero i suoi ordini, Merlin chiuse la porta della loro stanza col piede. Uno a zero per lui.
BLEAH
Lo stomaco del piccolo Mordred iniziò a gorgogliare in pena. Quella scena era stata rivoltante. Ma come poteva Merlin abbassarsi a baciare quel… quel tizio! Lui meritava di meglio, di molto meglio.
Doveva salvarlo! Sbarazzarsi dell’asino definitivamente. Bastava una telefonata alla polizia e tutto sarebbe stato risolto.

Iniziò ad arretrare di soppiatto, volendosi catapultare verso il cordless più vicino. Quello doveva essere il turno del papà di Gwen. Il signor Tom era sempre felice di sentirlo. Cielo, i pettegolezzi di casa Pendragon lo avevano reso molto famoso alla centrale.
Mancava solo qualche passo…
“Non ci pensare nemmeno, signorino!”.
Uff, perché nessuno lo capiva?

 
4, 30 secondi
 
Tic tac
Tic tac
 
La lancetta del vecchio orologio a pendolo di Uther non aveva mai perso un colpo in tutti quegli anni. Avevano trenta secondi, trenta secondi esatti. Se avessero provato a filarsela, stavolta non l’avrebbero passata liscia.
C’era un limite a tutto: specie alla sua salute mentale.
Il fuoco scoppiettava lento nell’antico camino di pietra, diffondendo nell’aria un dolce tepore.
Mordred se ne stava rannicchiato sulla sua poltrona preferita, seppellito sotto una pesante coperta a sorseggiare una cioccolata calda con lo sguardo perso nel vuoto. Doveva giocare d’astuzia e vincere!
Bisognava sbarazzarsi di Arthur definitivamente, ne andava della salute di Merlin.
Pensa, pensa Mordred! Concentra tutte le tue capacità mentali per una soluzione finale!
Perché se c’era una cosa che lo accumunava a quell’idiota dell’asino, oltre alla bellezza sconvolgente, era la follia genetica dei Pendragon. Letale, inarrestabile e incontrollabile.
 
 4, 45 secondi
 
Morgana faceva avanti e indietro sul costoso tappeto persiano di Uther. Se Arthur si fosse azzardato a ricominciare, stavolta nessuno lo avrebbe salvato dall’astinenza a vita! Al diavolo l’affetto fraterno: qui era della sua salute mentale che si stava parlando!
 
4,59 secondi
 
A-R-T-H-U-R!!!
“Eccoci, eccoci!!!”.
Il povero Merlin, la cui andatura ricordava parecchio quella di un’anatra, si precipitò senza fiato in salotto, trascinandosi dietro un biondino piuttosto seccato che tentava di aggrapparsi allo spigolo della porta quasi fosse un moccioso.
“E dai, Merlin! Torniamocene a letto! Le manette non le abbiamo ancora provate!!!”. Piagnucolava senza ritegno… e aveva anche il coraggio di definirsi un uomo? Gesù, lo avrebbe preso volentieri a schiaffi.
Merlin si fermò di colpo, gli occhi azzurri infiammati da una luce dorata a dir poco omicida mentre sua sorella si accomodava accanto al bambino, pronta per una bella ramanzina. “Siediti, asino! Questa è l’ultima volta che mi lascio convincere a seguire una delle tue maratone assurde. Non voglio finire un’altra volta in cella! Stavolta tuo padre ha minacciato di lasciarci là e non voglio ripetere l’esperienza di Big Jim che voleva proporti uno scambio di coppia!!”.
“Ma…”. Cattivo!!! Era troppo avere un po’ d’affetto? Mica pretendeva la luna, lui.
“Fiata un’altra volta e ti pianto seduta stante. Sono stato chiaro?”. Lo minacciò il bel moretto, con una vocettina disgustosamente smielata.
Arthur si zittì in un lampo crollando sul divano, imbronciato. Senza aggiungere altro, afferrò delicatamente Merlin per un braccio, facendolo sedere sulle sue ginocchia.
Il mago lo fissò per un po’ di sbieco ma a quel visetto contrito non sapeva proprio come dir di no. Tuttavia, se si aspettava la resa, Arthur aveva fatto male i suoi conti. Era un uke, mica un cretino!
“Asino”.
“Lo so, non fai che ripetermelo”.
Merlin poggiò il capo nell’incavo del collo dell’altro, inalando il suo buon odore di vaniglia e muschio che la recente doccia gli aveva lasciato sulla pelle. Docce rigorosamente separate perché – hey – anche lui era umano dopotutto e ad un corpo così nemmeno la volontà di un bonzo poteva resistere.
“Merlin…”
“Zitto e massaggiami la schiena. Non ho detto che sei stato perdonato”.
Ancora una volta, Morgana non poté fare a meno di fissare ammirata Merlin che esercitava il suo pieno controllo su Arthur. Anche se non sembrava in apparenza, era lui il vero dominatore della coppia.
Per quanto l’ego di quell’asino di suo fratello avesse oramai raggiunto livelli smisurati, Merlin lo teneva in pugno. Arthur era solo un burattino. Una sola parola lasciata sfuggire dalle belle labbra rosse del moretto e l’idiota si sarebbe gettato da un ponte senza esitare.
Era un vero peccato che Merlin mancasse di qualsiasi pensiero maligno. Un vero peccato.

Ma soprattutto che mancasse di abbastanza spina dorsale da portare avanti i suoi propositi di vendetta.
Meno di due secondi dopo quell’assurdo tentativo di litigio, i due piccioncini erano già persi nel loro piccolo mondo di smancerie mentre i livelli di testosterone della stanza stavano balzando alle stelle.

Ma cos’erano? Ibridi uomo-bestia? Come facevano a saltarsi addosso ogni dannato secondo?
La loro stamina sovvertiva qualsiasi legge della fisica.
“Dannato”. Puntuale come un orologio, Mordred aveva preso a borbottare di poveri geni incompresi. Asino… stupido asino assatanato, manipolatore di innocenti fratelli maggiori.

Morgana cinse il suo fratellino in un abbraccio consolatorio, tentando di rassicurarlo come meglio poteva. Povero piccolo, chissà come doveva soffrire! Voleva così bene a Merlin che era un peccato distruggere le sue candide speranze giovanili con la cruda realtà: dopo tanti anni gomito a gomito con la depravazione dell’asino, il moretto era ormai un caso perso.
Alla vista dei suoi fratelli intenti a sussurrarsi dolci paroline senza senso, Morgana ritrovò in quella scena i due bambini che erano stati tanti e tanti anni prima.
Quei bambini dai grandi occhi sinceri alla scoperta del mondo e, nel caso di Arthur, sulla sua precoce omosessualità. Insomma, progettare a quattro anni di sposare un bimbetto appena conosciuto non era da tutti.
Suo fratello, invece, aveva fatto questo e altro. Un punto a suo favore, infondo.
Anche se le seccava ammetterlo - e cielo se Morgana avrebbe voluto rimangiarsi tutto - Arthur aveva i suoi pregi.
Per prima cosa, era oggettivamente bellissimo. Per quanto detestasse infiammare il suo ego già sproporzionato, i suoi capelli dorati e gli occhi chiari lo aveva reso il monarca incontrastato dell’Avalon Elite High School. Era il capitano della squadra di football e di quella di scherma. In pratica il miglior partito del paese.
Peccato che non vi fosse una regina al suo fianco. Nel corso degli anni ci avevano provato in tante - anche donne più grandi - ma nessuna era mai riuscita a far breccia nel suo cuore.

Arthur flirtava con loro, faceva il galante come il migliore dei cavalieri, però metteva ben presto in chiaro di essere un uomo impegnato e anche dannatamente fedele. Fedele al suo – come adorava definirlo, quando Merlin gli aveva mollato una sberla coi fiocchi per l’essere stato chiamato regina davanti all’intera assemblea studentesca– principe consorte.
Principe consorte Merlin Emrys-Pendragon. Scuri capelli ribelli, occhi chiari e sinceri, due orecchi un tantino più grandi della norma. Quel ragazzo era la gentilezza fatta persona, un pezzo di pane.
Oh, senza contare un diavolo di musicista. Merlin riusciva ad ottenere con la sua chitarra quello che Eric Clapton non aveva fatto in una vita intera.
La relazione di Arthur e Merlin era di dominio pubblico a scuola, ma nessuno si azzardava a fare commenti sarcastici al riguardo. Arthur sapeva essere un tantino protettivo nei riguardi di Merlin e non avrebbe augurato di trovarsi di fronte un pazzo incendiario malato di gelosia nemmeno al suo peggior nemico.
“Su, Mordred. Non fare quella faccia”. Merlin aveva notato l’espressione indispettita sul viso del suo fratellino e dannazione se non somigliava a quella di Arthur.
“Ma Merlin! Puoi avere di meglio di quell’asino!!!”. Broncio Pendragon patentato dal 1515. Inimitabile.
Il bimbo pronunciò la parola “asino” storcendo comicamente il naso. Quella piccola peste aveva attentato alla sua vita dal momento in cui era venuto al mondo. Arthur sospettava si trattasse di una sorta di vendetta cosmica per il suo corpo da dio.
“Mordred!”.
“Io non capisco come tu possa stare con lui. Sei sprecato!”. Certo che era sprecato con… quello! Stupido buono a nulla, utile solo per il barbecue della domenica.
“Magari ha ragione…”.  Finse di considerare. Tenere Arthur sulle spine era un toccasana per la loro relazione.
“Merlin!!!”. Uguali, uguali. Erano proprio uguali, uguali.
Morgana si concesse una sonora risata, tutti i suoi propositi di vendetta dimenticati.
“Aspetta un istante, Mordred”. Si alzò con grazia dal divano, andando a recuperare un vecchio album di foto.
Si sedette di fianco al suo fratellino, sfogliandolo lesta fino ad arrivare all’immagine di un bimbetto di quattro anni o poco più dai corti capelli biondi che ne teneva un altro moro a braccetto e una strana lucertola alata sulla spalla.
“Oh, certo che ero un gran bel pezzo di bambino anche allora!”.
“Zitto, asino!”. Tuonarono tre voci. Per una volta che riuscivano a fare qualcosa di costruttivo tutti insieme, qualcosa che non richiedesse l’intervento della polizia, l’idiota non aveva alcun diritto di rovinare tutto.
“Vuoi sapere come ci siamo conosciuti noi tre?”. Continuò amorevole la ragazza, ignorando lo sguardo omicida del biondo giocatore. “Bene, allora, preparati per la favola della tua vita. Questa è la storia di un grande piccolo mago, di una bellissima veggente – e qui si levò un certo suono strozzato – e di un incredibile e stupido asino”.
“Hey!!!”. Ora stavano esagerando con questa storia dell’asino!
Merlin gli assestò una bella gomitata, facendo cenno a Morgana di continuare. Anche lui era desideroso di sentire ancora una volta quella storia.
“Dicevo - la veggente sfidò Arthur ad interromperla nuovamente - C’era una volta…”

  
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