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Autore: D a k o t a    15/03/2020    15 recensioni
[wee!chester - Sam ha sette anni e Dean undici - flungst!]
In cui è l'anniversario di morte di Mary e Dean, esasperato, fa qualcosa che ferisce Sam.
"Non c’è nessun motivo per cui le lacrime di un bambino di sette anni e mezzo gli pungolino il cuore in quel modo là, ma dannazione, anche se l’aveva proprio esasperato, il suo compito è quello di proteggere Sam e invece oggi forse avrebbe avuto bisogno di qualcuno che lo proteggesse da lui. "
Genere: Angst, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dean Winchester, Sam Winchester
Note: Kidfic | Avvertimenti: nessuno
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Di giocattoli rotti e cuori spezzati
 

"What about the night we cried,
Because there was no reasons left to keep it all inside?
Didn't understood a word,
But you were always there - with a smile."
[Here today - Paul McCartney]

 

Hanno solo avuto un brutto litigio e non c’è nessun motivo per cui Dean Winchester – figlio modello e fratello maggiore a tempo pieno – dovrebbe sentirsi in colpa, nessuno. Sta guardando la televisione e suo fratello è scappato in camera e Dean si dice che ha solo mal di stomaco, che non è senso di colpa quello che sente, che Sam non avrebbe dovuto essere così maledettamente insopportabile e insistere così tanto perché lui giocasse assieme a lui con quelle stupidissime macchinine: erano le nove di sera e Dean doveva ancora mettere a posto, aiutarlo a vestirsi per andare a letto ed era così stanco e non aveva voglia di giocare ed era persino il due di novembre, anche lui aveva diritto a stare male e -

Dean non si aspettava che la macchinina si rompesse quando l’ha lanciata per aria, non aveva nemmeno capito che si fosse rotta fino a quando Sam non era scoppiato a piangere in un pianto a dirotto e a singhiozzi - “Sei cattivo, Dean! Me l’aveva regalata papà! Quando torna, glie lo dico!”.

Non c’è nessun motivo per cui le lacrime di un bambino di sette anni e mezzo gli pungolino il cuore in quel modo là, ma dannazione, anche se l’aveva proprio esasperato, il suo compito è quello di proteggere Sam e invece oggi forse avrebbe avuto bisogno di qualcuno che lo proteggesse da lui.

Si alza in piedi e prende la colla liquida dallo scaffale e spera che basti non tanto per la macchinina, ma per rimettere a posto entrambi, per rimettere a posto suo fratello, prima di avviarsi verso la camera da letto che condividono. Quando la apre, suo fratello è nascosto in una palla di coperte tremanti e non può fare a meno di sussultare, quando si siede a lato del suo letto.

“Lasciami in pace, Dean!” borbotta fra le lacrime, da sotto le coperte.

Sul comodino ci sono i resti della sua macchinina, ma non è quello a fargli male, quanto il fatto che questa volta potrebbe essere esclusivamente colpa sua. E’ abituato a vedere Sam piangere: Sam piange quando è stanco, piange quando gli manca papà, piange quando i bambini a scuola gli chiedono della sua mamma, ma non piange mai per colpa sua. Non è così che dovrebbe essere.

“Va bene, tu continua a piagnucolare come una bambinetta, Sammy” dice, allontanandosi e allungando una mano verso il comodino a prendere la macchinina. “Io nel frattempo metto a posto la tua macchina”

Sam finalmente emerge da sotto le sue coperte. Quando la sua testolina fa capolino da là sotto, i suoi occhi verdi sono diffidenti, le guance arrossate e rigate da lacrime che asciuga con la manica del pigiama.

“Tu non sei capace di metterla a posto, Dean” dice, incrociando le braccia sul petto e facendo una smorfia che lo fa sembrare ancora più piccolo e indifeso.

Dean adesso sì che lo riconosce, con quell’aria di scetticismo e di saccenza che non può fare a meno di dipingersi sul suo volto, certe volte. Alza gli occhi al cielo e abbozza un sorriso timido, sperando che quel senso di colpa mostruoso che ha nello stomaco gli dia un po’ di tregua.

“Certo che sono capace” risponde, mentre apre il tappo della colla liquida e il suo odore caratteristico invade tutta la stanza. “Quando Bobby ha messo a posto la macchina di papà, io ho guardato come faceva”

Sam storce il naso perché non è poi molto convinto e Dean l’ha spaventato davvero, davvero tanto quel giorno: non è ancora pronto a perdonargliela e a dargliela vinta così. E’ decisamente troppo presto per ciò.

“Una volta ho visto un medico che operava un paziente in TV, Dean, ma non significa che so operare qualcuno!”

Dean scrolla le spalle perché si sente un po’ ridicolo, in effetti, anche rispetto a quelli che sono i suoi canoni – ha undici anni e sta giocando a fare il meccanico? Sul serio?

Però Sam, sotto quella posa di supponenza, sta trattenendo un sorriso, ed è sicuro che se Sam sta sorridendo, deve per forza aver trovato la cosa giusta da fare.

“Sta’ zitto, scemo” dice semplicemente, elargendo una generosa quantità di colla liquida su una delle due estremità della macchinina, per poi farla combaciare con l’altra.

Dean si affretta a premere sulle due estremità, ma sa già che comunque sia quella macchinina non sarà più la stessa. Possiamo cercare di rappezzare i nostri sbagli mille e mille volte, possiamo leccarci le ferite e possiamo ignorarle sperando che smettano di fare male,prima o poi. Ma le cicatrici, beh, quelle sono una cosa diversa. Vale anche per la sua famiglia, per i cuori che battono. Perché sua madre era una persona, era un miracolo e una benedizione. Proprio come Sammy.

“Dovrebbe essere a posto” dice, allungandogli la macchinina con un’espressione incerta. “Lascia solo che si asciughi”

Sam la prende e sa perfettamente che quella è la cosa più vicina a chiedergli scusa che Dean possa dargli. Sa che si sta impegnando, che fa di tutto per vederlo felice e che sta pensando alla mamma. Sa che quando Dean ha quell’espressione, è perché sta pensando alla mamma. Le madri – Sam ha quasi otto anni, ma l’ha capito da un po’ - mettono un po’ in imbarazzo Dean. Insomma, lui stesso ha avuto modo di notare le carezze compassionevoli che gli riservano certe insegnanti a scuola e i ridicoli e feroci “Povero bambino, la mamma sarebbe contenta di vederti crescere così”. Sam ha quasi otto anni e la mamma non l’ha mai conosciuta, ma concorda sul fatto che sarebbe orgogliosa di lui, ma non può sopportare l’espressione che il viso di suo fratello assume quando pensa alla mamma e quando il due novembre torna puntuale sul calendario. Sembra così vulnerabile, in quei momenti. Perciò vorrebbe dirgli che l’ha perdonato, che anche la mamma l’avrebbe perdonato e che non farà più domande su di lei per quella sera, ma sa che sarebbe inutile. Perché suo fratello, che a volte gli sembra così grande, forte e coraggioso, gli risponderebbe “Non dire stupidaggini, Sammy”, e a lui verrebbe automatico ribattere e sarebbero nuovamente punto a capo. Sa di essere un intruso in quel suo dolore, sa che forse quella è una parte di Dean che a quasi otto anni non riesce ancora a capire. Eppure, vorrebbe solo vedere la tensione abbandonare le sue spalle, vorrebbe solo che si rilassasse un po’.

“Grazie, Dean” gli dice, dopo aver appoggiato la macchinina sul comodino.

Dean annuisce e il suo fratellino lo avvolge in un abbraccio caldo e capisce perfettamente cosa sta facendo: sta cercando di rimettere a posto i suoi pezzi, così come lui ha rimesso a posto quella stupida macchinina. E’ testardo, irriverente, pieno di domande e insopportabile, ma è palese che sia anche maledettamente intelligente e sensibile, a modo suo.

E’ in quel momento che si fa una promessa mentale: si promette di non spaventare più Sam in quel modo, perché non è uno di quei mostri che caccia papà, e di non trattare più Sammy così, perché non è suo padre e non ne ha alcun diritto, proprio nessuno e non era giusto, non era giusto che lo abbracciasse e lo perdonasse così -

Non avrebbe mai permesso a nessuno di fargli del male. Anche se quel qualcuno era sé stesso.

“Sammy, ecco io…” inizia, indeciso su cosa dire. “Io non volevo, ecco… Non pensavo che...”

Quella cascata di ricci troppo lunghi e occhi impossibilmente verdi che è suo fratello riemerge dal suo sterno e lo guarda, alzando un sopracciglio. Ha quell’aria piena di domande e di impossibili interrogativi che Dean conosce bene.

“Ti ha mangiato la lingua un gatto?” dice, ed è con quella frase che sa che staranno bene, che se la caveranno e che hanno trovato il modo di sopravvivere, almeno fino a domani. Lo trovano sempre, in qualche modo.

Dean gli dà un leggero scappellotto dietro la testa e Sam sorride appena perché ecco, quello è un gesto tipico di suo fratello, un gesto che fa più “vir, viri” .

“Bene. Sai cosa volevo dire, scemo” risponde, allontanandolo con un gesto poco gentile da sé.

Sam ride: sa che è ancora troppo presto perché Dean abbandoni quella maschera di finto coraggio che si porta addosso come se fosse una corona. Lo guarda e sa che non potrà fare nulla per lui, che Dean non ha bisogno che gli dia una pacca sulla spalla e quindi prova a sviare il discorso.

“Certo, volevi dire che sei un idiota” risponde, e ha quel sorriso da primo della classe che Dean ama e detesta con la stessa intensità. “Ti va di restare qui, questa notte?”

Sam sta indicando il suo letto e Dean sa che forse non dovrebbe, che ha sette anni e mezzo e che non lo dovrebbe viziare così, ma è anche l’anniversario di morte della mamma e gli manca così tanto e non ha mai avuto un letto in cui rifugiarsi dopo un incubo da… tutta la vita e forse la mamma non avrebbe voluto che stessero soli in un giorno così.

“Solo se tieni quei piccoli piedi freddi lontano da me” ribadisce, perché è pur sempre Dean ed ha una reputazione da far rispettare. “E solo per questa notte: il fatto che mi dispiace aver litigato oggi non significa che voglio che tu cresca come una ragazzina viziata!”

 

 

(Quella notte, quando Sammy si addormenta accanto a lui, qualcosa lo colpisce: l’odore della nuca di suo fratello e il suo calore affettuoso sono quanto di più vicino a sua madre potrà mai avere)

 

 

NDA.

Okay, a mia discolpa, mi è stato dato un prompt dove Dean doveva sostanzialmente fare qualcosa di sbagliato verso Sam e sentirsi in colpa, in più avevo un altro prompt salvato che era young dean stitching up sammy’s teddy when his leg starts coming off”. Ho trasformato l’orsacchiotto in una macchinina e reso tutto un po’ più angst, perché dai, in questo fandom so scrivere qualcos’altro oltre al flungst? No, non vi illudete.

Le recensioni sono sempre gradite, anche se questa è sicuramente la weechester più semplice che io abbia mai scritto, niente di che.

   
 
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