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Autore: PervincaViola    16/03/2020    3 recensioni
{Partecipa alla "Challenge delle Parole Quasi Intraducibili" organizzata da Soly Dea sul forum di EFP}
Non ama gli spazi chiusi, Legolas, gli echi distorti e la nuda roccia – eppure è lì per lui.
«In queste caverne i tuoi occhi vedono meglio dei miei».
{Legolas/Gimli ♥}
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Slash | Personaggi: Gimli, Legolas
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Sotto la pietra
~ the Elf and the Dwarf






 
L’aria delle Caverne Scintillanti è tiepida e avvolgente, imbevuta del silenzio della pace; Gimli cammina a passo svelto nelle sue gallerie, seguendo il richiamo antico del proprio sangue.  Alle sue spalle, il respiro di Legolas è così lieve che s’ode appena: sono tornati insieme al Fosso di Helm che l’oscurità è ormai caduta, la Compagnia ha raggiunto il suo scopo e la Terra di Mezzo si è salvata – libera dal giogo del tiranno.
«Dobbiamo addentrarci ancora molto, mellon nîn
La voce dell’Elfo lo raggiunge da vicino, più vicino di quanto sia usualmente, e Gimli sorride non visto. Non ama gli spazi chiusi, Legolas, non ama gli echi distorti e la nuda roccia, così diversi dal verde delle fronde di Mirkwood e dal gorgogliare dei trasparenti ruscelli che nutrono la terra di suo padre. Legolas non ama tutto questo, eppure – eppure è lì per lui.
«La stanchezza ti ha già assalito?» lo stuzzica affettuosamente, senza voltarsi, e poi gli indica delle scale scavate nella pietra proprio ai loro piedi. «Non manca molto al primo salone».
La discesa è rapida e conduce a una biforcazione e poi ad un crocevia; perdersi sarebbe così facile, tuttavia Gimli ricorda – ricorda di esservici addentrato mentre la battaglia infuriava, ricorda la quiete che gli aveva ispirato pur con le grida di guerra degli Orchi che infiammavano il forte. E infatti eccola lì la prima sala, che si offre generosa alla loro vista: una cupola d’onice, nera e brillante, sormonta un pavimento di marmo screziato, del colore delle pietre calcaree e dell’humus, mentre sulle pareti scintillano cristalli e filoni di minerali opalescenti, aranciati nella luce del fuoco delle torce. Legolas, al suo fianco, non trattiene un’esclamazione di stupore.
«Cosa ne dici, messer Elfo?» chiede Gimli, compiaciuto, mentre Legolas accenna qualche passo, osservandosi attorno con aria sognante.
«Nemmeno il più abile dei cantori saprebbe rendere giustizia a una tale meraviglia» afferma infine, sorridendo, e Gimli avverte un dolce calore al petto, come se quelle parole, così strane sulla bocca d’un Elfo, fossero state rivolte direttamente a lui.
Gli fa poi strada, lo conduce lungo altri stretti corridoi, attraverso sale d’una bellezza che è il riflesso della prima: negli spazi ricavati nella roccia troneggiano colonne perlacee e di rosa-alba, soffitti di vetro e stalattiti diafane, cupole di marmo e stagni tranquilli.
Se c’è una cosa di cui Gimli si rammarica è il non poterle mostrare tutte a Legolas con la minuzia che meritano, ma una giornata non basta – forse non basterebbe neppure la vita intera di un Uomo. Ha però in mente una destinazione, uno spettacolo di cui anche gli occhi di Legolas devono godere.


 
La strada si fa sempre più buia fuori dai saloni; le ombre sono profonde, ma non malvage, eppur Legolas gli si fa più vicino. D’un tratto avverte la sua mano posarsi leggera sulla spalla e d’istinto Gimli rallenta il passo.
«Ho bisogno che il tuo corpo guidi il mio» l’avverte, e Gimli lo guarda perplesso.
Nelle vallate di Rohan, riuscì a scorgere gli Orchi e i piccoli Hobbit a molte miglia di distanza”, pensa immediatamente, ma Legolas scuote la testa, gli fa cenno di continuare ad avanzare.
«Tu hai occhi di Nano, avvezzi alle oscurità più impenetrabili» spiega, perché forse non può leggergli il volto, eppure lo conosce così bene che non ce n’è alcun bisogno. «In queste caverne i tuoi occhi vedono meglio dei miei».
Annuendo, Gimli riprende la marcia, tuttavia con più calma, per permettere al passo di Legolas di adattarsi al suo. Attorno a loro le pareti sono più umide, percorse da muschio, e l’aere è più denso e fragrante, colmo dell’odore impregnante della terra e dell’acqua che senza sosta la scava.
«Attenzione ora, giovanotto».
C’è una scala più scoscesa da affrontare e Gimli pensa a Legolas che non può contare suoi propri occhi e agisce senza pensare. Imponendosi di ignorare l’assurdo pizzicore alle gote, alza il braccio per afferrare la sua mano: punta troppo in alto e tocca prima il gomito e l’avambraccio, e poi le sue dita massicce si chiudono attorno al polso sottile dell’Elfo. Legolas non si discosta, cerca anzi le sue dita: la sua è la mano sicura di un arciere, nulla a che vedere con quella callosa di un Nano che ha brandito l’ascia per tutta la sua vita, eppure Gimli trova che i loro palmi combacino alla perfezione, in una maniera che nemmeno Mahal saprebbe spiegare.
Con le loro dita intrecciate lo guida lungo l’ultimo, buio tratto del percorso, che culmina in una piccola apertura in un blocco di solida roccia; Gimli l’attraversa per primo e Legolas si china dietro di lui.
Davanti a loro si estende un lago, una piscina d’acqua fredda e del colore vellutato della notte. Legolas sbatte le palpebre, è certo di stare sognando: la superficie scura della sorgente sotterranea rifulge di mille luci, e per un istante gli si mozza il fiato di fronte alle sembianze d’un cielo stellato caduto sulla terra, incastonato nel grembo più nascosto del regno degli Uomini.
Gimli lo sospinge gentilmente verso la riva, quasi divertito dal suo stupore; si lascia cadere su di un masso largo e piatto vicino all’acqua, lasciando che Legolas esplori la caverna dal soffitto alto e arioso. Osserva l’Elfo muoversi senza rumore, mentre con grazia s’avvicina alle pareti: le sue dita indugiano sulle sporgenze di luce che decorano la pietra, e poi si volta verso di lui, inclinando appena il bel capo.
«Fluorite» dice fiero Gimli, rispondendo alla tacita domanda. «La pietra luminosa».
Legolas sorride, s’attarda ad accarezzare quelle schegge che riflettono sfumature iridescenti e verde rame e blu fiordaliso. Prima di sedersi accanto a lui, si sporge sulla sorgente e allunga le dita sottili e pallide nell’acqua placida, quasi a cercare di raggiungere quello specchio di stelle.
«Paiono le costellazioni del Nord» asserisce ammirato, e Gimli ha sempre saputo che Legolas ha gli occhi dei suoi padri, limpidi e luminosi, gli occhi tristi degli Elfi, pieni di cose passate e dolce malinconia e tempi perduti, ma adesso quelle iridi sono invece piene di nuova meraviglia.
Gimli osserva la sua chioma d’oro bianco e il suo volto sereno, e forse non è solo orgoglio quello che prova davanti alla consapevolezza di aver sorpreso una creatura che ha vissuto millenni, che ha visto più di quanto lui stesso, Nano mortale, potrà mai vedere.
«Questo sarebbe proprio il momento adatto per una canzone di voi Elfi» si lascia scappare, e non ha più modo di mascherare la propria impudente richiesta – un popolo orgoglioso, quello elfico, che non canta a comando, ma solo seguendo i dettami del cuore.
Legolas lo capisce, e tuttavia ride di una risata chiara e cristallina. «Cosa vorresti che cantassi per te, melda nîn
«Oh, quello che più t’aggrada» borbotta, dissimulando il proprio imbarazzo.
La voce di Legolas si leva, dolce e melodiosa; Gimli non riesce ad afferrare il significato delle parole, eppure s’abbandona a quel soave richiamo – è certo, dentro di sé, che stia cantando di cose dalla bellezza nascosta e inarrivabile.
 


La via del ritorno è breve, fin troppo, e seppur la stretta di Legolas non abbandoni la sua mano Gimli sente già il cuore piangere la propria nostalgia.
«Torneremo ancora» lo rassicura l’Elfo, che indovina cosa si cela nel suo petto. «E nel mio cuore sento che un giorno diverrai il Signore di queste sale».
«Sarebbe per me una grande gioia e un grande onore» sospira Gimli, felice. «Ma prima c’è il nostro viaggio che ci attende».
Legolas sorride e lo guarda con quei suoi occhi verdi e luminosi, che gli ricordano le luci del lago e che si fanno improvvisamente più vicini. Sono ormai prossimi all’uscita delle Caverne Scintillanti e Legolas s’abbassa verso di lui.
«Ti ringrazio per avermi mostrato il tesoro nascosto sotto la pietra, Gimli, per avermi fatto vedere ciò che nessuno dei miei avi può vantare d’aver mai ammirato» dice con dolcezza, e prendendogli il viso tra le mani fresche appoggia la fronte alla sua, alla maniera che i Nani sono soliti fare – un gesto che significa gratitudine e molto, molto altro.
Gimli avvampa nella semioscurità e spera che quella misera mancanza di luce sia sufficiente per nascondergli il viso, ma l’espressione sul volto di Legolas non fa che confermagli che l’Elfo ha visto il suo rossore, che lo sente sotto le proprie dita. S’allontanano mentre il Nano balbetta qualche parola stentata – Legolas coglie “partenza” e “Fangorn” e “promessa” – e s’avvia verso i raggi del sole.
Il passo di Legolas è ancora lieve dietro di lui. «Canterò per te sotto gli alberi di Fangorn, così come ho fatto sotto la pietra, se ti renderà il viaggio più piacevole» gli propone, sorridendo largamente e non senza una punta di dolce soddisfazione, e Gimli è certo che gli orecchie gli andranno a fuoco.
«Sopporterò anche questo» mugugna, e lascia che Legolas gli si affianchi mentre abbandonano le caverne.

 














Angolino della Vì:
Doveva essere una flash, e invece. È la mia prima storia in questo Fandom e confesso di essere un po’ in soggezione pubblicando qualcosa su un romanzo che è qualcosa come un mostro sacro, ma mi è partita la ship, perdonatemi. Ho passato anni a guardare la trilogia cinematografica senza che nulla accadesse, poi in queste “vacanze” ho letto (finalmente!) il libro che mi aspettava da secoli sulla libreria ed è stato amore. Per la caratterizzazione mi sono basata appunto sul romanzo, dove i pg mi paiono assai più dolci e profondi, e così per le descrizioni (la fluorite esisterà ad Arda?), tratte principalmente dal capitolo “La via che porta a Isengard”. Ovviamente una recensione mi farebbe piacere, soprattutto per sapere cosa pensate dell’IC dei personaggi. Non escludo di pubblicare qualcosa in futuro perché ho qualche idea che spero di sviluppare, videolezioni permettendo!
In ogni caso spero di avervi regalato un buona lettura! Stay home & stay safe ♥


 
Mellon nîn: amico mio
Melda nîn: mio caro/adorato (tanto Gimli non capisce niente)
   
 
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