Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: summers001    16/03/2020    0 recensioni
Al piano di sopra Tyrion esordì preoccupato: "Ancora nulla?"
Jaime non riusciva a staccare gli occhi dalla porta e dal corridoio, dal vuoto che Brienne aveva lasciato, da uno strano vuoto da cui si sentiva irrimediabilmente attratto. Non riusciva a staccare gli occhi da quel punto nel vuoto. Si sentiva turbato. [...] "Qualcosa." rispose Jaime vago. Qualcosa lo ricordava, qualcosa provava, era qualcosa a livello viscerale, un istinto, una forza che lo spingeva a proteggerla da sé stesso. Poi però c'era lei, c'era Cercei. Cercei occupava i suoi sogni, i suoi desideri, il suo cuore. Sapeva che avrebbe fatto di tutto pur di ritrovarla, qualunque cosa lei gli avesse chiesto.
"Ti ama." spiegò Tyrion "Più di quello che meriteresti." aggiunse.
Era di Brienne che stava parlando e Jaime si concentrò per ricordarlo. "Lo so." rispose colto in fallo.

AU moderna in cui Jaime ha un incidente e perde la memoria, dimenticandosi di Brienne. E' banale, ma la sua semplicità mi pareva ideale per questo periodo.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Brienne di Tarth, Jaime Lannister, Tyrion Lannister
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Winter memories

 


La sentiva, la sentiva continuamente. Lo incantava, lo ammaliava come una sirena. Faceva lunghi discorsi, cercava di convincerlo a rimanere lì con lei.

"Io non vado da nessuna parte." avrebbe voluto risponderle, ma gli veniva fuori solo un borbottio incastrato tra le labbra, mal prounciato ed incomprensibile, più simile ad un rantolo. Non riusciva a dare forma alla sua voce.

Lei gli parlava in mezzo ad un mare di vuoto, completamente nero, dove non riusciva neanche a guardarsi il palmo della mano. Dubitava persino di avercelo quel palmo.

"Jaime!" si sentiva chiamare. "Torna da me." supplicava la donna con voce angelica "Ho bisogno di te qui, adesso." Aggiungeva disperata con maggiore decisione.

"Chi sei?" chiese lui, ma di nuovo la sua voce era impastata, così tanto che neanche lui capì cosa aveva detto.

Poi un giorno la vide, o meglio vide una donna: aveva lunghi riccioli biondi che le coprivano i seni, gli occhi azzurri, le guance punteggiate di lentiggini, la pelle dorata baciata dal sole. Era alta, molto alta, con le gambe slanciate ed il ventre morbido come quello di una madre, proprio sotto all'ombelico dove la pelle aveva ceduto ed aveva lasciata spazio alle cicatrici che vengono fuori per donare la vita. Timida e quasi imbarazzata, si copriva con due dita accartocciate la punta delle labbra. Era fantastica. Jaime aspettò che parlasse, per capire se fosse lei la sirena che lo chiamava in quelle tenebre.
"Sei tu?" le chiese e per la prima volta le parole gli uscirono chiare e decise.

Quella fece sì con la testa e poi piano piano allungò la mano. "Torna da me." chiese la ninfa di nuovo. Il sorriso era scomparso e gli occhi erano lucidi, grandi occhi azzurri che gli ricordavano il mare d'estate.

"Non piangere." la pregò Jaime. Le prese la mano e cominciò ad accarezzarle le nocche. La sua pelle era screpolata in quel punto, ma le dita erano affusolate e morbide. Quel dettaglio gliela fece sentire così reale. Sentì solo allora di nuovo la presenza del proprio corpo, aveva due mani che accarezzavano quella donna, un corpo che la abbracciava e le labbra che la baciavano. La baciò piano, prima sfiorandole solo la bocca, poi bloccandola nella sua. La donna sorrideva mentre lo baciava e Jaime ripensò ad una frase che aveva sentito una volta, anche se non ricorava bene dove: ama chi ti sorride mentre ti bacia.

Il suo cuore perse un battito e poi riprese a correre all'impazzata. Si sorprese di averne uno e di non riuscire a tenerlo a bada. La sola vista della sua ninfa gli provocava un'emozione indescrivibile. Lei era dolce, dolcissima. Docile, arrendevole ed innamorata. La sentì sciogliersi sotto il suo tocco, come se fosse dotato di poteri magici. Quando Jaime riaprì gli occhi, la sua ninfa aveva la pelle accesa dall'emozione. Le accarezzò una guancia colpito da quel profondo sentimento che lei sentiva per lui.
"Tornerò." le sussurrò.

La donna piegò il capo, chiuse gli occhi e si godette l'ultimo istante di quella carezza. "Sono qui." bisbigliò. "Ti aspetto."

Jaime annuì e di colpo lei non c'era più.

 

***

 

"Jaime?" chiese una voce titubante e familiare. Era vicina, molto vicina, quasi gli stava sul collo. "Jaime?" fece di nuovo più allarmata in un crescendo d'ansia e stupore. "Jaime!" urlò un'ultima volta, colta dall'urgenza.

"Non urlare." cercò di lamentarsi lui.

"Tyrion! Dottori! Infermieri!" strepitò lei perché tutti giungessero al suo capezzale.

Jaime capì di trovarsi in un ospedale. Acuì l'udito e di colpo gli fu chiaro il suono del monitor appiccicato tramite tanti fili al suo petto, lo scalpiccio degli zoccoli del personale che correva a gran velocità verso di lui, le pale della ventola che girava sul soffitto. Poi fu investito da stimoli di qualunque genere.
Un uomo, un dottore forse, gli aprì un occhio e gli puntò una luce dritta in faccia, lo punse sulla punta delle dita di mani e piedi, gli diede un paio di pizzicotti per tenerlo sveglio. Qualcuno gli chiese come si chiamasse.

"Jaime." rispose lui e sentì allora anche un sapore amaro ed appiccicoso in bocca.

"Avanti Jaime, resta qui con noi." lo incitò sempre la stessa persona e Jaime pensava che doveva restare sveglio per cercare lei, quella donna, ma come avrebbe fatto a trovarla se non ne conosceva neanche il nome?

 

***

 

"Non sembra ricordare tutto alla perfezione."

"Cosa?" chiese Tyrion confuso "Neanche dell'incidente?"

Il dottore scosse solo la testa. Ci avevano provato in ogni modo, con qualunque tipo di domanda e sia Tyrion che Brienne lo sapevano. Avevano origliato e li avevano spiati dal vetro della stanza.

"Oh." bisbigliò comunque stupita Brienne, che in fondo al cuore sperava in un risultato diverso. Per paura che le cadesse tutto a terra, poggiò il vassoio coi due bicchieri di caffè caldo sul tavolino di fianco. Cercò di fare leva su tutte le forze che le rimanevano e si mise in ascolto concentrata.

"Tutto cosa? Un conto è dimenticarsi il latte in frigo ed un conto è non ricordarsi come si allacciano le scarpe." cercò di capire il nano.

"Non sa dove siamo," spiegò il medico mortificato, arrovellandosi le dita nelle tasche del camice bianco "chi l'ha portato qui, forse non ricorda neanche di voi due." azzardò.

No, era impossibile. Brienne rifiutava categoricamente di pensare che Jaime si fosse dimenticato di lei o persino del suo stesso fratello. Si girò verso Tyrion per studiarne la reazione e forse cercare un conforto.

"E' temporaneo?" chiedeva lui.

Il dottore guardò verso il basso e fece un sospiro, chiaramente in difficoltà. "Per ora non sappiamo dire."

"E quando lo saprete dire?" si intromise lei allora. Era l'incertezza a turbarla, il non sapere cosa sarebbe successo, come doversi preparare al peggio.

"Dateci qualche altro giorno." rispose il dottore assalito da quella donna mastodontica, alta anche più di lui.

Tyrion nel frattempo gettò un occhio nella stanza, dove vide Jaime faticare per mettere a fuoco il mondo che lo circondava, a disagio, in evidente difficoltà. Si congedò da quella stravagante coppia senza troppe cerimonie. Brienne continuava ad inveire chiedendo cosa dovesse fare e come dovesse comportarsi.
"Ci hai fatto morire di paura." disse al fratello non appena fu dentro. Nel suo letto Jaime sembrava il solito Jaime di sempre. La barba un po' scomposta, i capelli un po' sporchi, le lacrime appiccicate agli occhi, ma sempre lo stesso.

Jaime riusciva a distinguere i suoni, i rumori, la luce, il buio, la gente. Si girò, strinse le palpebre per guardare meglio: un uomo basso, nano, deforme, dalla barba incolta e gli occhi verdi lo guardava con sguardo severo. "Tyrion?" chiese.

"E chi altri?" gli rispose sorridendo, felice, incredulo. O forse neanche tanto. Forse in fondo in fondo lo sapeva che l'avrebbe riconosciuto.

"Dov'è lei?"

"Chi?" chiese Tyrion e si guardò indietro, cercando Brienne, sicuro che fosse lei la persona a cui si stesse riferendo. In fondo in fondo era felice anche per Brienne.

"Capelli lunghi, biondi..." cominciò a descrivere Jaime.

Tyrion guardò di nuovo Brienne stupito. Ci pensò pochi secondi e poi tornò verso suo fratello. "Cercei?" chiese, cercando di dare un senso a quelle farneticazioni. Che centrava Cercei?

"Cercei." ripetè Jaime a voce alta, assaporando quel nome sulle labbra. Era così che si chiamava allora la sua fata, la sua salvatrice.

La cosa successiva che Tyrion sentì furono un tonfo e poi un sonoro splash. Si guardò indietro e vide Brienne reggere una sola delle due tazze di caffè che prima stringeva tra le mani ed una macchia marrone allargarsi progressivamente sul pavimento e sui pantaloni della donna, che li guardava ad occhi aperti, spalancati, terrorizzata.

Cercei? Brienne aveva per caso sentito Cercei? La donna che aveva partorirto i figli di Jaime per poi negargliene la paternità. La donna che aveva continuato a tenerlo sulle spine, riempito di promesse, piani e progetti. La donna per cui lui aveva messo la sua vita in attesa, mentre lei andava avanti con la sua. La donna che l'aveva fatto soffrire per anni, che l'aveva isolato dal mondo e trattenuto senza avere mai il coraggio di permettergli una vita lontano dal suo sguardo. Cercei, quella Cercei.
Brienne scappò fuori e crollò pochi passi più lontano, ma prima ancora di arrivare alle panchine su cui per diversi giorni aveva dormito. Anche l'altro bicchiere di caffè bollente andò a terra giù con lei, fino ad inzupparle i jeans e parte del piumino blu che assunse un colore più scuro e meno acceso. Nei giorni a seguire l'odore di caffè l'avrebbe perseguitata.
"Cercei?" chiese Brienne tra le lacrime quando Tyrion gli fu di fronte.

Quello provò a consolarla, metterle una mano sulla spalla, aiutarla a superare quel nuovo trauma, meno drammatico ma più nostalgico di quello appena scampato. "Non so che dire." confessò alla fine ed aspettò un suo cenno, sperando in un'illuminazione fulminea che gli desse l'incipit per meglio cominciare quella conversazione.

Brienne si limitò a scrollare il capo e piangere senza ritegno e pudore, persi entrambi davanti a quello stronzo di Jaime Lannister: tutto quello che c'era stato, svanito nel nulla; tutto l'amore che le aveva dato, perso; tutte le cose che gli aveva detto, come se non fossero mai successe. Eppure doveva essere contenta: Jaime era vivo, Jaime era vivo e vegeto e chiedeva di Cercei, Jaime era vivo e vegeto e voleva di nuovo un'altra donna. Fu come ripiombare nel limbo degli anni precedenti, fu come sentirsi marginale nella vita di una una persona che era diventata protagonista della propria. Jaime aveva chiesto di Cercei e non di lei, come se non ci fosse neanche stata, come se non si fosse neanche ricordato della sua presenza. Non aveva chiesto di lei nonostante l'avesse chiamato continuamente mentre aveva gli occhi chiusi, nonostante gli avesse raccontato tutto quello che gli succedeva attorno e l'avesse supplicato di tornare quando i dottori le avevano detto che le speranze stavano scemando. Non si ricordava di lei, ne era certa. Fu come aver perso un amico ed un compagno, il complice di vita.
Eppure è vivo, si continuava a ripetere mentre Tyrion le continuava a schiaffeggiare timidamente una spalla. Eppure respira, è sveglio, sta bene, hai sentito i dottori. Piano piano le lacrime lasciarono spazio ai singhiozzi e quando pure quelli si furono esauriti a più niente.

"Va' da lui." la incoraggiò Tyrion a quel punto. Nonostante la lunga amicizia di Jaime e Brienne e poi la loro recente storia, Tyrion non conosceva bene Brienne. Aveva imparato a farlo ed era diventato avvezzo a dei brevi contatti durante l'ultima settimana, quando in pratica avevano convissuto in ospedale attorno al letto di suo fratello.

Brienne lo guardò spaventata, ancora seduta in quella pozza di caffé. Lo supplicava con gli occhi di accompagnarla, mentre quelli si riempivano di lacrime, sciogliendosi e facendoglieli apparire quasi trasparenti.

Tyrion fece segno di sì col capo ed aspettò. "Quando sei pronta." disse, ma prima che lui potesse finire Brienne era già in piedi.

Si asciugava le guance con il dorso di una mano da un lato e con il palmo dall'altra. Riprese contegno, tirò su col naso e poi si avviò verso la stanza di degenza cercando di non scivolare. Si guardò indietro quando non sentì i passi di Tyrion seguirla. Quello si scosse e poi la raggiunse. Si recarono insieme a letto del povero smemorato. Una volta dentro Brienne lo studiava ad occhi bassi, timorosa di quello che avrebbe potuto dirle.

"Fratello," lo chiamò Tyrion, sperando di contagiargli almeno un po' di quel finto buon umore che aveva nella voce, oppure sperando che capisse e che anche se non ricordasse gli reggesse il gioco. "guarda un po' chi è venuto a trovarti, ti ricordi di lei?" fece, indicandogli Brienne che gli stava davanti e che col suo timore ed il suo imbarazzo occupava tutta la stanza.

Jaime la guardò sforzandosi di ricordare. La donna era alta, robusta. I capelli le solleticavano appena il collo in una spettinata e sporca struttura color paglierino. Il suo viso era bianco in tutti i sensi: le sopracciglia quasi scomparivano su quella pelle diafana; le occhiaie scure e le palpebre gonfie le mettevano in risalto le pupille azzurre così limpide da imitare il colore dell'acqua. Era esausta, aveva pianto, doveva aver sofferto molto e di questo Jaime si dispiaceva.

"Brienne." fece lei, levandolo dall'imbarazzo.

Jaime era sicuro di ricordare qualcosa. Vederla in quello stato, sfatta, distrutta, scombinata e coi vestiti macchiati gli fece provare l'impulso di uscirsene con una battuta pungente. "Ti sei fatta un giro in una fogna?" disse e nel farlo si sentì forte ed un perfetto imbecille insieme. Era normale e riprorevole, voleva rincarare la dose e chiedere scusa in ginocchio.

Brienne alzò gli occhi stupefatta. Per qualche secondo sembrò fatta di pietra, con gli occhi spalancati e la bocca aperta a disegnare una O. Era il Jaime disfatto a parlare, quello avvelenato da Cercei o da forse tutte quelle medicine. Lo riconosceva come in un ricordo lontano.

"Il tuo cos'è?" fece Brienne una volta essersi ripresa "Essenza di rose?" aggiunse in tono monotono e studiato, freddo o quasi vuoto. Provò l'impulso di andarsene. Si voltò indietro, aprì la porta e rimase appesa alla maniglia stringendo gli occhi a tentare di contenere qualsiasi emozione.

"No." Esordì all'improvviso Jaime, allarmato o quasi spaventato.

Tyrion e Brienne si voltarono entrambi lesti verso di lui, gettando un occhio subito, ormai abituati, al campanello che avrebbe fatto correre dentro dottori ed infermieri.

Jaime si ritrovò frastornato e disorientato di fronte alla loro reazione, davanti a loro che lo guardavano come un pover uomo che sta per morire. "Non te ne andare." aggiunse automaticamente alla fine. Poi con voce incerta continuò "Sono stato uno stronzo," ammise "scusa." e provò una stretta al cuore, un calore familiare.

Tyrion guardò l'ultima scena commosso, pensando tra sé e sé che non si dimentica l'amore.

Brienne invece, che non dormiva da giorni, che aveva bisogno di una doccia, madida di caffé e sudore asciugatelesi addosso, offesa e ferita nell'animo e nei ricordi, richiuse subito la porta e come se non ci fosse nessun altro nella stanza si fiondò sulla sedia accanto al letto, le gambe accartocciate in quel poco spazio ed i gomiti sul materasso per tenergli la mano.

Tyrion continuò a guardare intenerito, felice come al solito che una cosa del genere fosse capitata a suo fratello, la persona che più amava al mondo. Camminò a ritroso senza fare rumore e lasciò la stanza, sospirando e sperando che tutto si risolvesse presto per il meglio.

 

***

 

Il mattino seguente Jaime attese paziente che la donna che gli aveva tenuto compagnia per tutta la notte, tornasse a casa con la promessa di darsi una lavata e dormire su un materasso. Le aveva bisbigliato quello che doveva fare come se fosse una bambina, come aveva fatto con lui la fata che aveva sognato, trovando nell'istinto il tono di voce giusto.
Jaime non era uno stolto. Lo sapeva, aveva capito, così bene che non riusciva a guardare Brienne negli occhi ed ammettere di non aveva la più pallida idea di chi lei fosse. La guardava e si dispiaceva di non essere l'uomo che lei credeva di avere davanti. A volte, ogni tanto, aveva avuto l'impressione di conoscere bene il suo respiro, di saper subito riconoscere quando lei si fosse addormentata, di sapere cosa dire per farla sorridere o arrabbiare. Forse sapeva tutte quelle cose, ma non appena Brienne alzava il viso verso di lui tutto spariva. Tabula rasa.
Rimase solo appena il tempo di pensare. Le ultime ore gli sembravano accavallarsi e rincorrersi nella testa. Era pieno di informazioni che gli avevano dato, infortuni che aveva ricevuto, traumi che aveva preso, il racconto di una storia che non aveva mai vissuto.

L'agocannula fisso nella sua vena gli pungeva il braccio. Stupidamente pensava di non riuscire a muoverlo. Contrasse i muscoli contando la punta di ogni polpastrello. Le ginocchia si piegavano, i piedi sentivano le lenzuola. Quando anche l'olfatto tornò provò il desiderio di trascinarsi fino ad una fontana e lavarsi. Provò allora a mettersi in piedi, ma persino alzare la testa dal cuscino gli sembrava un'impresa impossibile.

"Sono i farmaci," gli spiegò un'infermiera più tardi "gli antidolorifici."

"Posso farcela anche senza." La pregò impaziente di poter tornare a muoversi, anche se con la testa dolorante.

Quella lo guardò dubbiosa. "Ne parlerò coi dottori." rispose alla fine.

Jaime sbuffò e chiuse di nuovo gli occhi. Non appena il buio nascose la fetida stanza, Cercei era di nuovo lì. Ne vide la schiena, il contorno tonico dei muscoli, i fianchi rotondi ed il sedere sodo.

"Ehi." le disse subito per attirarne l'attenzione. "Ciao." si corresse davanti al suo viso angelico.

Cercei si girò, sorrise e gli allungò la mano. Jaime era davanti a lei e le stringeva le dita. La guardava mentre lei, avvolta da un'aura estatica, teneva gli occhi bassi a guardare le loro dita attorcigliarsi e giocare. Sorrideva divertita ed era felice, forse che fosse vivo e di averlo di nuovo lì con lei.

"Ti troverò." Le bisbigliò.

Quando riaprì gli occhi, c'era di nuovo Tyrion davanti a lui. "Ehi." Lo chiamò. Con lui quel semplice "ehi" andava bene.

"Ehi." rispose Tyrion "Come ti senti?"

"Confuso. Frastornato." ammise e finalmente ebbe la forza di sfregarsi le palpebre e pulirsi gli occhi. Sentì la barba lunga sotto le dita e subito dopo il prurito. Si grattò come se non potesse trovare pace. "La testa mi scoppia, l'odore dei miei vestiti mi fa venire la nausea, continuo a sognare Cercei e non mi ricordo la metà delle persone che mi circonda."

Tyrion sospirò: parlava di Brienne. "E di me ti ricordi?" ironizzò "Non sapevo che mi dessi così per scontato!"

Jaime scoppiò a ridere, allungò la mano e prese quella piccola di Tyrion per attirarlo a sé ed abbracciarlo. "Sì, certo che mi ricordo. Difficile dimenticare la tua brutta faccia."

"Oh, che stronzo."


 




Angolo dell'autrice
Buon giorno a tutti e buona quarantena! 
Allora questa storia è qualcosa che tengo da parte da un paio di mesi a dire il vero. Non ho mai avuto il tempo fattibile per svilupparla tutta e quindi mi ero sempre detta che avrei raccolto prima le idee, scritto la maggior parte dei capitoli e poi pubblicato. Beh di capitoli oltre questo ne sono pronti sicuramente altri 2. Prevedibilmente ne mancano ancora due alla fine per un totale di 5, a meno che non cambio idea, cosa possibilissima XD mi sono decisa ora che siamo un po' tutti in cerca di svago. Sembrava il momento più adatto.
Anyway, la trama che avevo pensato voleva essere qualcosa di veramente leggero, quasi da commedia rosa. Leggero, semplice, ma emozionante. Spero che lo sia per voi che leggete ovviamente.
Grazie quindi per essere arrivati fin qui e buona giornata :)
  
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