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Autore: pampa98    16/03/2020    2 recensioni
Dopo la fine del Progetto Mew, Mina ripensa alle sue amiche e al suo passato di eroina. Un passato che, forse, non è poi così lontano.
[Post finale][Lievi accenni Mina/Pam]
“Storia partecipante al contest “The archers” indetto da Marika Ciarrocchi / AngelCruelty sul forum di EFP”
Genere: Avventura, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Keiichiro Akasaka/Kyle, Mint Aizawa/Mina, Zakuro Fujiwara/Pam
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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LORICHETTO CADUTO (RIPRENDI A VOLARE)


 
 
Mina sedette su una delle panchine del Parco Inohara, respirando a pieni polmoni la fresca aria mattutina. L’inverno stava finendo e i primi fiori primaverili stavano spuntando dal terreno.
Di solito non le piaceva frequentare i parchi pubblici, ma negli ultimi tempi non aveva molto da fare. Le lezioni di danza sarebbero riprese il mese successivo, mentre le sue amiche in quei giorni erano tutte lontane.
Strawberry si era trasferita a Londra con Mark e la sentiva solo per telefono; Lory frequentava l’Università e ogni tanto riuscivano ad incontrarsi per bere un tè e fare due chiacchiere, ma quelle settimane erano state piene di esami per lei e si era segregata in casa. Di solito quello era un modo di dire, ma Mina era certa che Lory si fosse effettivamente chiusa nella sua camera a studiare e basta.
Paddy era andata a sciare con i suoi fratellini e non sarebbe tornata prima di una settimana. La sua compagnia le piaceva, ma la differenza di età a volte le pesava, sebbene la scimmietta non sembrasse farci caso.
E Pam, la sua adorata Pam, passava da uno studio fotografico ad un altro e Mina non riusciva ad incontrarla da mesi ormai. Certe volte evitava anche solo di scriverle, temendo di disturbarla e sperando, in cuor suo, che per una volta fosse lei a cercarla per prima.
Sospirò, appoggiandosi completamente allo schienale della panchina, in una posizione forse un po’ sgraziata per i suoi standard.
Il Progetto Mew era finito da quasi un anno e, non appena gli alieni se ne erano andati, il Cafè Mew aveva chiuso, togliendo alle ragazze la scusa per vedersi regolarmente. Inizialmente Mina ne era stata felice, dal momento che non aveva mai adorato svolgere i compiti di una cameriera, ma col tempo si era resa conto di quanto quella parte della sua vita, e in particolar modo le persone che ne avevano fatto parte, le mancassero e si era ritrovata spesso a vagare fino a quel locale assurdamente rosa che l’aveva fatta sentire speciale, almeno per un po’ di tempo.
A volte ancora sognava di volare nel cielo, libera da ogni freno, e di impugnare il suo piccolo arco blu. Le armi non le erano mai piaciute e continuava ad essere così, ma quell’arco l’aveva fatta sentire potente e in grado di affrontare qualsiasi nemico.
Una volta aveva provato ad iscriversi ad un corso di tiro con l’arco, ma l’arma in questione era troppo diversa da quella che aveva usato lei e non sentiva con essa alcuna connessione. Si era anche fatta male alla mano con la corda, una volta.
Non aveva mai parlato di questi sentimenti con le altre Mew Mew, né loro avevano mai detto niente riguardo ai loro poteri perduti o agli alieni, tranne Paddy, la quale occasionalmente si chiedeva dove fosse Tart o cosa stesse facendo.
A Mina gli alieni non mancavano per niente, li aveva sempre trovati irritanti e fastidiosi, né desiderava che una nuova minaccia si abbattesse sulla Terra, ma non le sarebbe dispiaciuto tornare a sentirsi libera come quando volava e impugnava il suo arco. Almeno un’ultima volta.
Sentì un boato provenire dalla strada dietro il parco e la gente cominciò a correre e ad urlare, spaventata. Mina scattò in piedi – aveva ancora gli stessi riflessi di allora – e corse verso la fonte del rumore. In un primo momento pensò ad un incidente d’auto, ma avrebbe dovuto avere una portata enorme per aver scatenato un tale baccano.
Quando giunse sul luogo, infatti, vide che si era creata una voragine nel terreno, ma fortunatamente non vi era nessun ferito. Non era stato un terremoto, poiché non aveva sentito alcuna scossa, né poteva essere esploso un tubo sotterraneo. Si chiese se si trattasse di un attacco terroristico, ma scartò anche quell’ipotesi per niente plausibile.
L’unica cosa sensata che le venne in mente fu che fosse opera di un chimero, ma ciò era impossibile poiché gli alieni se ne erano andati e, anche se fossero tornati, Mina dubitava che avrebbero messo su uno spettacolo del genere.
La strada si era svuotata, la gente era corsa a ripararsi lontano da lì e anche gli autisti avevano abbandonato le loro auto per fuggire. Mina ne fu felice, poiché dubitava che sarebbe riuscita ad allontanare tutta quella gente da sola.
Si avvicinò con cautela al cratere, infilando una mano nella tasca della gonna. Una parte di lei sperava di trovarvi la sua spilla e di potersi trasformare. Prese il telefono e si preparò a chiamare i vigili del fuoco, certa che nessun’altro dei presenti avesse pensato a farlo, quando vi fu un’altra scossa, talmente potente da farla cadere a terra. Un altro cratere si venne a creare, ma questa volta ne uscì fuori quella che sembrava essere una radice grossa quanto un albero.
Mina cercò di rimettersi in piedi, certa ormai che si trattasse effettivamente di un chimero, ma questo continuò a strisciare sottoterra, impedendole di ritrovare l’equilibrio.
«Maledetto chimero!» esclamò, come se lui potesse capire le sue parole. «Vedi di stare un po’ fermo!»
Incredibilmente l’essere l’ascoltò, fermandosi improvvisamente.
Mina si rialzò in fretta e corse verso il primo edificio che vide, appoggiandosi al muro nel tentativo di non cadere di nuovo.
I pompieri non avrebbero potuto fare niente a riguardo, ma anche lei era impotente. Se solo avesse avuto i suoi poteri…
Ci fu silenzio per qualche secondo, poi Mina sentì il rombo di una moto farsi sempre più vicino. Si schermò gli occhi dal Sole, andando verso quel suono per cercare di avvisare il nuovo arrivato che quella strada non era sicura.
«Fermo!» esclamò, sventolando le braccia. «Se ne vada, qui è pericoloso!»
Il motociclista si fermò, bloccato anche dalle auto che erano state abbandonate lungo la via. Quando tolse il casco, Mina dovette sbattere gli occhi più volte per essere certa di non stare sognando.
«Mina! Che bello vederti.»
Kyle scese dalla moto, guardando il panorama intorno a lui.
«Ha già combinato un bel casino, vedo.»
«K-Kyle?» chiese Mina. «Sei… Sei proprio tu?»
Lui le sorrise, con quel suo sguardo dolce che tante volte aveva rincuorato lei e le sue compagne nei momenti difficili.
«È passato così tanto tempo che non mi riconosci più?»
Mina sarebbe corsa ad abbracciarlo se non ci fosse stato quel muro di auto a separarli. E se il chimero non fosse tornato all’attacco proprio in quel momento.
«È quello che penso?» chiese, tenendosi alla parete. «Sono tornati gli alieni?»
«No. Era un rischio di cui eravamo al corrente: quando gli alieni se ne sono andati, alcuni chimeri erano rimasti sparsi per la città. Speravamo che non si sarebbero mai risvegliati, ma ci siamo sbagliati» spiegò Kyle.
«Allora che facciamo?»
Se avesse avuto i suoi poteri, avrebbe potuto sconfiggere quelle radici mutanti senza difficoltà, ma in quel momento era solo una comunissima adolescente umana.
«Prendi.»
Mina vide un luccichio all’orizzonte e tese la mano, afferrando l’oggetto che Kyle le aveva lanciato. La sua spilla. Era esattamente come la ricordava, tuttavia non sapeva che cosa farsene in quel momento. Solo la sera prima, dopo aver fatto un bagno, si era guardata allo specchio e la sua pelle era liscia e priva di segni magici.
Aveva preso questa sciocca abitudine: come se, a forza di guardarsi la schiena, il marchio sarebbe riapparso.
Guardò Kyle, non sapendo cosa fare, quando il chimero emerse proprio di fronte a lei, sbalzandola via. Mina cadde a terra, sbattendo la schiena, ma almeno aveva ancora la spilla stretta tra le mani.
«Presto, Mina, trasformati!» esclamò Kyle.
Lei si rimise seduta a fatica: non era più abituata ad essere colpita e quello, in realtà, non le dispiaceva affatto.
Il chimero si stava avvicinando a lei e, per la prima volta, Mina ne ebbe una visione completa. Era stato sicuramente creato da Tart, quel ragazzino era fissato con le piante.
Sembrava un girasole alto quattro metri, con radici enormi al posto dei petali e una bocca piena di denti aguzzi dove vi sarebbe dovuta essere la corolla. Si muoveva lentamente, ma aveva gambe – per così dire – molto lunghe e riusciva a coprire grandi distanze con pochi passi.
Mina dovette saltare all’indietro per evitare di venire calpestata. Quando atterrò in posizione eretta, quasi non credette ai suoi occhi: era atletica, certo, ma una mossa del genere non avrebbe potuto farla. Non in condizioni normali almeno.
Guardò la spilla e se la portò alle labbra.
«Mew Mina, metamorfosi!»
Portò le braccia dietro la schiena e i suoi abiti scomparvero, lasciando il posto ad un corto vestito blu. Un paio di guanti celesti andarono a coprirle la mani, mentre degli stivaletti dello stesso colore si sostituivano alle sue ballerine.
Mew Mina si guardò, sorpresa per essere tornata ad indossare i panni dell’eroina.
Richiamò a sé il suo arco, un’arma all’apparenza così piccola e innocua, ma in grado di sconfiggere ogni mostro che le si mettesse contro. Fu come ritrovare un vecchio amico, una parte di sé che aveva perduto e il cui vuoto non era mai riuscita a colmare.
Non aveva tempo per restare ad ammirarlo, però. Il chimero tornò subito all’attacco e Mew Mina fu nuovamente costretta ad allontanarsi, ma questa volta si spostò in cielo, librandosi come una rondine.
«Adesso ti insegno io a causare tutto questo baccano, stupido chimero. Angeli protettori, della Terra custodi!»
Era sempre stata Mewberry a recitare quelle parole e lei le aveva sempre trovate un po’ infantili. Pronunciandole ne ebbe la conferma.
Con la mano sinistra prese la piccola corda dell’arco, tendendola verso di sé. Ad ogni millimetro sentiva l’oggetto espandersi tra le sue mani, assumendo le dimensioni di un arco normale. Le stesse dell’arco con cui aveva provato a tirare da umana e da cui era stata respinta.
Quella volta, però, lui non la tradì: si tese con una semplicità e delicatezza tali da non farle quasi percepire il suo peso. Era una parte di lei e, come tale, si adattava perfettamente alla sua volontà.
Mirò alla bocca del chimero e subito lasciò andare la presa.
«Fiocco d’azione!»
La freccia partì con un lampo di luce e puntò dritto dove lei aveva mirato. Tuttavia il chimero alzò due delle sue radici, portandosele di fronte alla bocca e annullando gli effetti del suo attacco. Quello lasciò Mew Mina di stucco.
Il chimero tornò subito all’attacco, cercando di colpirla con le sue braccia. Lei evitò facilmente i colpi, volando via, ma non poteva scappare per sempre. Continuarono quella danza per alcuni minuti, mentre Mew Mina si preparava a colpire nuovamente il suo avversario. Scagliò la freccia all’improvviso, certa che l’effetto sorpresa sarebbe risultato vincente, ma così non fu: un altro ramo andò a proteggere il suo nucleo, rendendo vano anche quell’attacco.
«Fai sul serio?!»
Quel momento di distrazione, però, la fece cadere a terra e fu solo grazie ai suoi riflessi sopraffini che riuscì a non diventare la cena di quel chimero.
Andò a rifugiarsi dietro un palazzo, cercando di capire che cosa potesse fare. Non si era mai trovata a dover combattere da sola e lei, oltre al suo arco, non aveva altri poteri. Avrebbe potuto provare a colpirlo da terra, andando vicino alla sua bocca, ma il rischio di finire schiacciata tra le sue radici era troppo elevato.
Il rumore di una massa in avvicinamento la fece allontanare dal suo nascondiglio, tornando a librarsi in aria. Da lassù Mew Mina cercò di capire se la parte posteriore del chimero fosse più vulnerabile, ma anche quella era ricoperta di legno. Avrebbe potuto provare a colpirla lo stesso, ma se non era riuscita a scalfire le radici, dubitava di riuscire a causare qualche danno da lì.
Decise comunque di fare un tentativo. Volò dietro il chimero e lo colpì prima che lui potesse voltarsi. Tuttavia le radici del chimero andarono comunque a proteggere la sua schiena, sebbene Mew Mina non sapesse se si trattava di un vero bisogno o solo di un comportamento istintivo. Ad ogni modo, quello era proprio ciò che voleva. Con uno scatto in aria cambiò posizione e mirò alla bocca del chimero, scagliando la freccia vincente. O che sarebbe dovuta essere tale.
Una radice tornò a fare da scudo alla sua corolla, mentre un’altra riuscì ad afferrare una gamba di Mew Mina, sbattendola a terra. L’impatto le tolse il fiato, ma lei non si arrese. Cercò di volare nuovamente via, ma il chimero la teneva ferma.
«Lasciami, razza di mostruoso fiore di legno!» esclamò, inutilmente.
Evocò nuovamente l’arco, ma un’altra radice le afferrò il braccio, impedendole di usarlo. Ogni volta che aveva scagliato il suo attacco, era stato come se le frecce partissero dal suo stesso corpo, tale era l’affinità con la sua arma. Tuttavia era l’arco a fare da catalizzatore per i suoi poteri e, senza lui, lei non era niente. A quel punto, Mew Mina cominciò ad avere davvero paura.
Cercò di divincolarsi, invano. Il chimero la teneva inchiodata a terra, impossibilitata ad utilizzare i suoi poteri, mentre la sua bocca si faceva sempre più vicina. Si schiuse quando arrivò sopra la sua faccia e Mina pensò che quella non era certo la fine che avrebbe desiderato.
All’improvviso il chimero grugnì, cadendo a terra a faccia in giù, a pochi millimetri da lei. Sorpreso per tale avvenimento, la presa su di lei si allentò e Mew Mina riuscì a svincolarsi. Si allontanò di qualche passo e, in quel momento, vide che cosa era accaduto al chimero. Le radici che lo avevano tenuto in piedi erano state recise e il chimero era caduto a faccia a terra.
Mew Mina si guardò intorno, cercando la persona che l’aveva aiutata, sperando che fosse lei, ma non vide nessuno. Eppure qualcuno doveva esserci stato, quelle radici non potevano certo essersi spezzate da sole.
«Vai. So che puoi farcela.»
Mew Mina si voltò, ma dietro di lei non c’era nessuno. Era quasi certa di aver sentito la voce di Pam, tuttavia in quel momento aveva altro a cui pensare.
Si alzò in aria e si mise precisamente sopra il chimero, il quale era riuscito a voltarsi, ma non era ancora capace di rimettersi in piedi.
Aprì la mano e la richiuse, sentendo la durezza e il calore del suo fidato amico. Tese nuovamente l’arco, puntandolo in direzione della bocca spalancata del chimero. Quello sarebbe stato il colpo decisivo. Lo sentiva in ogni parte del suo corpo, lo sentiva nella tensione – leggera, incredibilmente leggera – del suo arco. Rilasciò il braccio e ascoltò il sibilo della freccia mentre percorreva la rotta tracciata nella sua mente, la vide trasformarsi in un fascio di luce blu e penetrare nelle fauci di quel mostro. Ci fu un momento di silenzio, poi il chimero esplose, radici e corolla divennero dei piccoli coriandoli luminosi fino a quando non si dispersero completamente nell’aria. L’ultimo segno della sua esistenza fu quella medusa che tante volte Mew Mina aveva visto al termine di una battaglia e che, come sempre, fu prontamente inghiottita da Masha.
«Eliminato» confermò il robottino.
Mew Mina sorrise, rivendendo quella scena a lei così familiare. E il suo sorriso si allargò ancora di più quando si accorse della persona che era con lui.
«Ottimo lavoro, Mew Mina» le disse Mew Pam, quando lei fu scesa a terra.
Mew Mina le corse incontro, stringendosi a lei, felice che fosse davvero lì.
«Credevo che fossi a lavoro» disse.
«Ho finito presto oggi» spiegò Mew Pam. «Ero in zona, così avevo pensato di venire a trovarti. Mentre andavo a casa tua ho incontrato Ryan, il quale mi ha ridato la mia spilla e mi ha chiesto di portare Masha con me.»
Il robottino si avvicinò a loro, accarezzando la guancia di Mew Mina.
«Sei stata brava. Brava.»
Mew Mina gli accarezzò la testa, mentre la sua vista cominciava ad appannarsi per le lacrime.
«A quanto pare il nostro lavoro non è finito» constatò.
Mew Pam annuì.
«Oggi sei stata da sola, ma d’ora in poi la squadra tornerà ad essere al completo.»
«Non sono stata del tutto sola» le fece notare, sorridendole.
«Sei stata tu a sconfiggerlo. Io ho solo dato un piccolo aiuto» le mise una mano sulla spalla, sorridendole a sua volta. «Ti ho sempre detto che sei molto più forte di quanto credi.»
Mew Mina annuì.
Lo aveva capito, anche se negli ultimi tempi aveva rischiato di dimenticarselo. Si era spesso sentita la più debole, la più incapace. Una parte di lei riusciva a dimenticarlo mentre combatteva, ma quei dubbi tornavano ad assillarla quando si ritrovava ad essere di nuovo l’adolescente snob che tutti vedevano in lei e che lei stessa si ostinava a mostrare. Quei poteri, che inizialmente aveva rifiutato, erano entrati a far parte di lei e, senza, si sentiva persa, insulsa. Tuttavia Pam le aveva sempre detto che si sbagliava, che era una ragazza forte e coraggiosa, e glielo aveva dimostrato più di una volta.
Era arrivato il momento che cominciasse a crederci anche lei.
 
 
 

 
   
 
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