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Autore: Alice_Carter    16/03/2020    0 recensioni
Nahlock è la capitale della provincia di Ghern nel regno di Ithra, che negli ultimi vent'anni ha affrontato due guerre, tre cambi ai vertici e una teocrazia durata solo una primavera. Finalmente la città ha ripreso a vivere, tornando a essere il centro di un'intensa rete commerciale grazie al suo porto sull'estuario del fiume Ahm, al quale approdano genti da tutte le nazioni e di tutte le razze.
In quale altro luogo una landruncola mezzelfa con un esercito di piccoli straccioni al suo comando e il Gran Consigliere del Governatore, unico mago della città, avrebbero potuto stringere un'improbabile amicizia, tenendo sotto controllo le cose che arrivano dall'entroterra e dal mare insieme ai mercanti, mettendo a repentaglio la sicurezza dei cittadini?
[Un nuovo capitolo ogni venerdì]
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Lucius soffiò sulla bugia, che si spense in un ondeggiante filo di fumo, e si tolse gli occhiali, abbandonandosi sulla sedia.

Oltre le alte vetrate del piccolo studio che svettava sul tetto della casa del mago, la città di Nalhock dormiva sogni tranquilli, illuminata da piccole luci che bruciavano vivide nel cuore della  notte.

Il gran consigliere del governatore socchiuse gli occhi, osservando le stelle attraverso la cupola di vetro sopra la sua testa.

Era sempre stato portato per muoversi nelle situazioni sociali: ricordava con un sorriso come sua madre fosse solita vantarsi della sua abilità nel riuscire a conversare con chiunque di qualsiasi argomento già quando era solo un bambino di undici anni.

Quando al secondo anno di accademia aveva scoperto l’esistenza della disciplina del mentalismo per lui era stata una scelta logica intraprendere quel percorso, era il suo destino; neanche aveva bisogno che qualcuno gli spiegasse il funzionamento della mente, tanto gli era naturale comprendere i comportamenti umani e il modo di influenzarli e manipolarli. Eppure questo non aveva mai fatto di lui una persona particolarmente sociale.

Aveva avuto amici, quale il padre biologico dei gemelli, che traevano energie e motivazioni dalle occasioni mondane come quella che si era appena conclusa, che brillavano tra la folla incarnando l’anima dell’evento, ma lui non era così. Lui era una figura che si muoveva con disinvoltura ai margini, che preferiva passare inosservata, ma che al contempo sapeva accendere e spegnere l’attenzione dei partecipanti sulla sua persona a suo piacimento.

Non era che non fosse in grado di  godere di un buon evento sociale, tutt’altro: per lui era uno straordinario momento di studio e interesse, nel quale poteva esercitare le sue eccellenti arti dialettiche e deduttive e la sua impeccabile etichetta, ma che alla fine della serata lo lasciava sfinito e completamente prosciugato di ogni energia.

La verità era che amava la solitudine più di quanto amasse la folla, una solitudine elettiva nella quale lasciava entrare poche e fidate anime affini. Ma in quel momento solo il buio e il silenzio era autorizzati a fargli compagnia.

Chiuse gli occhi ripensando alla conversazione che aveva avuto con Rowan lungo la strada verso la sua dimora circa le informazioni che avevano raccolto: a quanto pareva i Saicri avrebbero paventato una linea dura e inflessibile, ma si sarebbe trattato solo di un bluff. Di fatto avevano appena subito una cocente sconfitta contro la Magicrazia di Kesseft che aveva spazzato via metà della loro flotta in una sanguinosa battaglia a largo di Zhan. Ora capiva perché dovevano appoggiarsi ai corsari per il lavoro sporco, a anche come manovrare la discussione al fine di far accettare le sue condizioni al tracotante Vsevold di Radskad, capo della delegazione saicriana.

Tuttavia più interessante era stato lo scambio con Ciara Dundas; il suo sospetto che qualcuno tra gli elfi oscuri avesse intenzione di assassinare l’ambasciatore dei Saicri o il governatore era più che fondato, ma quello che più lo incuriosiva era il fatto che fosse stata la consigliera drow ad approcciare Rowan e a rivelarle quei dettagli. Cominciava a farsi un’idea su quale gioco stessero giocando i diplomatici di Braggh e si ripromise di riserbare loro un’attenzione speciale all’incontro previsto per il giorno successivo.

Si stropicciò gli occhi e si stiracchiò.

Sì, la signora dei ladruncoli aveva fatto un ottimo lavoro, come suo solito. In un paese diverso avrebbe potuto procurarle un contratto col governatore, un ruolo di prestigio, seppure nell’ombra, ma il Regno di Ithra non era così aperto verso quel genere di collaboratori. Né verso i mezzelfi. O le donne in generale a dirla tutta. Quindi si sarebbe limitato a pagarla di tasca sua.

Sospirò rassegnato e si alzò dalla sedia.

Era tempo di andare a dormire e riposare un po’ il cervello, l’indomani mattina avrebbe avuto i pensieri più lucidi e avrebbe pensato a qualche buona strategia per la mediazione.

Oltrepassò l’arco in pietra che conduceva alle strette scale a chiocciola alle sue spalle, portandosi dietro la bugia spenta, così da avere una candela a portata di mano, da accendere in caso avesse avuto bisogno di una buona lettura per riuscire ad addormentarsi, ma comunque non gli sarebbe servita per arrivare alla sua camera, conosceva la sua casa abbastanza bene da poterla girare a occhi chiusi senza difficoltà.

Passando davanti alla stanza degli ospiti, scorse la luce filtrare sotto la porta e attraverso la serratura, segno che Rowan era ancora sveglia. Normalmente avrebbe bussato per scambiare due chiacchiere prima di coricarsi e forse intrattenersi in qualcosa di più audace di una conversazione, ma in quel momento non era in grado di sopportare la presenza di un’altra creatura senziente.

Entrò nella sua camera e richiuse l’uscio con un giro di chiave.

Il camino era ancora acceso e la fiamma scoppiettava debolmente abbracciata a un grosso ceppo ormai quasi del tutto consumato.

Il mago prese un paio di pezzi di legna dalla cesta e li diede in pasto alla fuoco, poi girò intorno al letto per sedersi dal lato accanto alla finestra e poggiò gli occhiali e la bugia sul comodino.

Aveva una lunga giornata davanti a sé e ancor prima di iniziarla avrebbe dovuto parlare con la mezzelfa della conversazione che aveva avuto con Eoghan Mhurascaill; di certo non ne sarebbe stata contenta.

 

***

 

Rowan scivolò un poco più avanti nella vasca finché l'acqua non le arrivò appena sotto al naso. Era così calda che la sua pelle candida come neve si era fatta rossa come i petali di un tulipano, ma era così che le piaceva fare il bagno. Il buon mentalista le diceva, ridendo, che in tutta Nalhock era la sola che riusciva a tollerare quella temperatura in virtù del fuoco che le scorre va nelle vene.

Quella battuta aveva il realtà un fondo di verità: suo padre doveva essere stato un elfo delle isole, ossia un elfo del fuoco. La natura degli elfi era infatti influenzata dalla magia elementale e le varie tribù di Vör si dividevano, oltre che per il territorio dove risiedevano anche per il diverso elemento che governava la loro natura.

La giovane non aveva ben chiaro che cosa significasse: sapeva che quella differenza magica equivaleva un po’ la differenza etnica tra i vari popoli umani e che determinava una certa predisposizione verso un tipo o l’altro di magia, ma era anche vero che la poca magia che la ladruncola aveva appreso da sola, sopravvivendo come poteva fra i vicoli di Nalhock, non era stata la magia elementale del fuoco, come ci si poteva aspettare da quella grossolana spiegazione, bensì qualche trucco di mentalismo ed empatismo, quindi era convinta di essersi persa qualche dettaglio fondamentale nella lezione di Lucius. Certo, se avesse voluto, avrebbe potuto fare qualche ricerca in biblioteca, ma la verità era che non voleva: ormai non le interessava più sapere nulla degli elfi di Vör. 

Piegò le ginocchia e scivolò con la schiena sul fondo della vasca.

A volte le capitava di vergognarsi di conoscere così poco il suo popolo, soprattutto quando qualcuno, incrociandola per caso per le vie del mercato, provava a parlarle in elfico, ma una parte di lei non voleva avere nulla a che fare con quella gente: lei non c’entrava nulla con i voriani.

Le era occorso spesso di pensare, soprattutto quando era bambina, che la sua vita sarebbe stata molto diversa se suo padre non fosse morto in qualche luogo lontano da Nalhock prima della sua nascita, che se sua madre avesse tentato di farla ricongiungere con il suo popolo, la sua vita sarebbe stata migliore. Ma poi li aveva conosciuti gli elfi e aveva scoperto che in fondo non erano poi tanto migliori degli umani.

Riemerse dall’acqua e fece alcuni respiri profondi.

No, Vör non era il suo posto. E rimuginare sui se e sui ma non faceva bene a nessuno. Doveva limitarsi a vivere giorno per giorno, era l'unico modo di sopravvivere se ti ritrovavi orfana, senza una casa o una moneta in tasca per le vie di Nalhock alla tenera età di dieci anni. 

I sogni, le ambizioni, i desideri erano per chi poteva permetterseli; ogni volta che aveva azzardato anche solo ad affacciarsi sulla soglia della speranza, la cruda realtà l'aveva colpita dritta in faccia rimettendola al suo posto.

Era grata di avere uno scopo che la teneva in vita: occuparsi degli orfani della città e ripulire le foto strade dai mostri che arrivavano dal mare la teneva sufficientemente impegnata da lasciarle ben poco tempo per rimuginare la sua miserabile esistenza.

Ricordava l’entusiasmo che vi aveva messo nei primi tempi, la curiosità che la trascinava, ma poi il destino si era portato via anche quella piccola fiamma che accendeva il suo spirito. Tutto quello che le era rimasto era la caparbia determinazione di difendere l’unico posto che aveva mai potuto chiamare casa e i ragazzini di cui si sentiva responsabile.

Chiuse gli occhi e poggiò il collo contro il bordo della vasca: era così stanca. 

Avrebbe voluto prendersi una pausa, lasciare la città per un po’, ma per andare dove? Non sapeva neanche cosa significasse prendersi una pausa e poi quelle erano cose per ricchi, i pezzenti non avevano mai tempo di riposare.

Si sarebbe limitata a concedersi una serata libera: in una giornata normale a quell'ora sarebbe uscita per una ronda nottu­rna, magari riservando un occhio di riguardo ai dintorni de "Il porto”, ma al ricevimento aveva già lavorato abbastanza e Lucius l’aveva pagata profumatamente. Il gran consigliere era un uomo generoso.

Si disse che sarebbe passata a controllare la situazione la mattina seguente, una volta lasciata la dimora del mago, tanto i problemi non andavano mai da nessuna parte se qualcuno non se ne occupava. 

Uscì cautamente dall'acqua ormai quasi tiepida e posò i piedi sul morbido tappeto intrecciato, cercando di evitare di gocciolare sul pavimento e si avvolse nel soffice asciugamano. Raccolse i capelli in un telo di cotone e si spostò sulla poltrona accanto al camino acceso. 

Per i più quella era la normalità a Nalhock; forse non una gran vasca con acqua calda a disposizione in qualunque momento, ma di certo il camino era un elemento architettonico di base a quella latitudine. Eppure per lei e i suoi ragazzi era quasi un lusso, l'unico presente alla tana si trovava in cucina e a stento riscaldava quella e la sala della mensa. 

Ritirò i piedi sul cuscino della poltrona e si rannicchiò su se stessa poggiando la testa sul bracciolo imbottito. 

Per quella sera se lo meritava, quel piccolo lusso, che lenisse un poco il suo spirito spezzato. L’indomani si sarebbe gettata nuovamente nel caos della sua vita travagliata, ma quella piccola pausa le avrebbe fornito sufficiente respiro per continuare il suo lavoro.

Il soffice crepitio delle fiamme allontanò i suoi cupi pensieri e pian piano le palpebre calarono sulle iridi di grigie illuminate di riflessi rossastri. 

 

***

 

Le dita del mago si strinsero intorno ai fianchi color madreperla della mezzelfa a cavalcioni sopra di lui, stregato e estasiato dal movimento ritmico del suo esile corpo.

Le mani dell'uomo salirono sul suo ventre fino ai seni della donna,m per accarezzare  intorno i suoi piccoli capezzoli rosa. Lei gemette, inarcando la schiena in un movimento sinuoso, che costrinse il mentalista a spostare tutta la sua attenzione sul trattenere l’eccitazione dal raggiungere il suo apice, nonostante la scarica di piacere che saliva sai suoi lombi.

Il suo respiro si fece più affannoso, consumato dal desiderio e dallo sforzo.

Rowan si chinò su di lui, baciandolo appena sulla bocca, mordendogli piano il labbro inferiore, per poi spostare le labbra sul suo collo.

Quell’ultimo brivido di piacere vinse la sua resistenza: le sue mani si strinsero intorno alla sua vita, ogni suo muscolo si irrigidì e si contrasse e la travolgente estasi dell’orgasmo gli tagliò il fiato, cancellando ogni altra sensazione per un effimero momento.

Fra le sue braccia percepì anche il corpo della ragazza tendersi e ai suoi gemiti si accompagnò un’imprecazione, sussurrata vicino al suo orecchio. Poi le sue membra si rilassarono e lei si adagiò delicatamente sul gran consigliare, posando la testa nell’incavo del suo collo.

Lui la strinse a sé e la baciò sulla fronte.

-Dovrei essere a sorvegliare "Il Porto" a quast’ora, non a divertirmi nel tuo letto.- sussurrò lei con un sorrisetto colpevole.

-Credo che ora o tra un’ora non faccia molta differenza.- rispose lui, scostandole con delicatezza i capelli dal viso -Io ho gradito molto questa sorpresa mattutina, era parecchio tempo che non ti "divertivi nel mio letto”.-

-E di chi è la colpa?- lo apostrofò lei ridendo.

-Beh, se proprio vogliamo farne una questione di responsabilità…- cominciò lui, facendosi comicamente vago.-

-Prima il viaggio a Ruck, poi quella delegazione di Kesseft... e tutta la faccenda della contessina...- elencò Rowan contando sulle dita -Non hai avuto neanche un momento per me...-

Mise su un finto broncio assolutamente ridicolo, facendo ridere il mago.

-È stato un inverno complicato.- ammise lui colpevole -E a proposito di cose complicate, ti sei fatta un’idea della questione de “Il porto”?-

-Qualcosa del genere...- replicò lei vaga -Ho un sospetto, ma non abbastanza elementi.-

-E pensi di parlarmene o…?- la incalzò lui divertito.

-Neanche per sogno.- si rifiutò lei, -Sei già nel mezzo si una mediazioni diplomatica, se te lo dicessi smetteresti di dormire per fare le tue ricerche e continuare a occuparti dei nostri problemi diplomatici allo stesso tempo. E sai come è finita l’ultima volta.-

In effetti anche Lucius avrebbe preferito evitare di svenire nuovamente durante la firma un accordo internazionale, soprattutto perché l’ultima volta aveva sbattuto la testa contro lo spigolo del tavolo e gli avevano dovuto mettere nove punti, prima che si ricordasse di essere un mago e che poteva richiudere la ferita in modo molto più efficace.

Sospirò rassegnato: il buon senso doveva vincere sulla curiosità.

-Mi conosci troppo bene.- brontolò.

Rowan scivolò sul fianco, puntellandosi sul gomito per poter guardare in faccia il mago.

-A tal proposito, non eri alle prese con un’assurda ricerca prima che morisse il vecchio Bibliotecario?- chiese -Di cosa si trattava più?-

Lui si prese un paio di secondi per rispondere.

-Assurda è un pò eccessivo.- dichiarò, facendo un vago gesto con la mano -Stavo studiando un rituale che potrebbe invero tornarci molto utile.-

Lei fece una smorfia contrariata.

-Quando dici "ci”, significa che a te tornerà utile e io rischierò di lasciarci la pelle.- gli fece notare con scarso entusiasmo.

-Nient’affatto.- protestò lui -È solo un rituale di scambio di mente.-

La mezzelfa sollevò un sopracciglio scettica.

-Ma non lo sapevi già fare?- domandò.

-Certo, a breve distanza e al costo di un enorme dispendio di energie, ma questo dovrebbe funzionare a chilometri di dista ed è assolutamente più vantaggioso da un punto si vista energetico...- chiarì il gran consigliere.

-E come dovrei saltare da un tetto a quell'altro nel tuo flaccido corpo magrolino?- lo prese in giro lei, punzecchiandogli un fianco col l’indice.

-Ah, flaccido?- finse di risentirsi lui -E cosa dovrei dire io del tuo, così poco avvezzo alle uso della magia?-

-Vero, ma incredibilmente sexy-  scherzò lei, per poi tornare seria -No, sul serio Lu, a che serve?- 

-Può essere utile in situazioni disperate, come l'anno scorso con quel Wendigo.- rispose lui.

La sua era un’ottima argomentazione: quell’incubo si sarebbe concluso molto più in fretta e senza mettere affatto in pericolo la vita della giovane se avessero potuto scambiarsi il tempo sufficiente al mago da compiere la sua magia.

-Per la misericordia di Abjan, quanto odio i Wendigo.- borbottò lei -Ma vedi di pensarlo bene, consigliere, perché non vorrei trovarmi a finire i miei giorni nel corpo di un mago magrolino.-

Tornò a sdraiarsi accanto a Lucius e lui la strinse un poco a sé, stampandole un altro bacio sulla fronte.

-Ti ho già detto che sei stata molto brava ieri sera?- le domandò.

-Sì, ma mi piace sentirlo.- gongolò lei -Anche se mi sfugge il motivo del tuo entusiasmo per la faccenda si Ciara Dundas.-

-Ho una teoria da verificare.- le confidò lui -Ma preferisco non parlartene per evitare che tu possa perderci il sonno.-

Lei rise e gli tirò un leggero cazzotto scherzoso contro il fianco, per poi alzarsi dal letto.

Lucius la seguì con lo sguardo, mentre raccoglieva la biancheria dal pavimento. 

L’espressione sul volto del mago si fece assente e poi tesa, sapeva che quello che stava per dire avrebbe causato dei problemi, ma era giusto dirlo comunque.

-Ho parlato con Eoghan Mhurascaill...- confessò.

Rowan si voltò di scatto verso di lui, nei suoi occhi brillava un fuco rabbioso.

-Che cosa hai fatto?- chiese con voce gelida.

-Ho parlato con Eoghan Mhurascaill.- ripeté lui, mettendosi a sedere sul letto.

-Spero tu stia scherzando.- replicò lei tagliente.

-Affatto.- ribatté lui, scuotendo lentamente la testa.

-Ti avevo detto di non farlo.- sibilò l’altra..

Rowan imprecò e raccolse furiosamente le sue cose dal pavimento, infilandosi la biancheria con foga. 

Il mago sospirò paziente.

-Non potresti mettere da parte l'orgoglio per un momento e ascoltarmi?- la pregò con gentilezza.

-Parli tu di orgoglio?- rispose lei, voltandosi verso di lui come un serpente a sonagli pronto ad attaccare -Tu che sei stato per tre anni a girarti i pollici perché non hai voluto inginocchiarti davanti Godwy?- 

Lui fece un respiro profondo.

-Non si trattava di orgoglio, ma di principio.- la corresse il gran consigliere.

-Raccontatela pure come ti pare.- commentò lei, scrollando le spalle e indossando la vestaglia di seta ricamata..

-Vuoi sapere cosa mi ha detto Eoghan o no?- chiese lui condiscendente.

Sapeva che lo voleva, erano sette anni che si angosciava, chiedendosi che fine avesse fatto il suo elfo, interrogandosi sul perché non fosse mai tornato da lei. Ignorare che ne fosse stato di lui era forse peggio della rabbia che la divorava per essere stata abbandonata in quel modo. 

Ma Non era l’unica cosa si cui il mago aveva ragione: era troppo orgogliosa. Orgogliosa e testarda.

-No.- dichiarò lapidaria lei con voce dura.

Lucius sospirò alle sue spalle.

-Te lo dirò lo stesso.- affermò il saggio consigliere, che le era troppo affezionato per lasciarla ai suoi comportamenti autodistruttivi -Moray non è mai tornato a Vör.-

Quella notizia congelò Rowan nel mezzo della stanza, con il nodo del nastro della vestaglia fatto a metà nelle mani e gli occhi fissi in quelli del suo vecchio amico.

-Come sarebbe a dire che non è mai tornato a Vör?- domandò con un filo di voce.

-Mai tornato.- ripeté lui serio -Non hanno sue notizie di quasi sette anni.-

Lo sguardo della ragazza si fece assente. 

-È morto, non è vero?- chiese ormai disillusa.

Lucius stirò le labbra in un’espressione rammaricata e si strinse nelle spalle.

-Non lo so, Rowan.- ammise con una nota amara nella voce -E non sono il tipo di mago che possa saperlo, ma posso parlare con Marianne se vuoi. Non è molto, ma posso fare un tentativo.-

La mezzelfa scosse la testa con decisione.

-No, non ora almeno...- lo pregò.

Lui tese una mano verso di lei.

-Vieni qui.- la invitò.

Rowan obbedì quasi meccanicamente, andando a sedersi sul bordo del materasso accanto a lui. Il mago la stinse fra le sue braccia.

-Vuoi parlarne?- bisbigliò.

-No.- si rifiutò lei -Voglio solo essere triste. Domani passerà.-

 

 

 ***

 

Il gran consigliere del governatore chiuse il cancello in ferro battuto alle sue spalle e si avviò lungo la strada lastricata verso l'accesso alla cittadella.

Era amareggiato per le notizie di cui era stato ambasciatore: Rowan era brava a fingere che ogni cosa le scivolasse addosso senza scalfirla, ma lui sapeva che si trattava di una messa in scena. La mezzelfa era ancora giovane: anche se poteva sembrare una donna nell'aspetto e di certo la vita le aveva insegnato fin troppo presto a prendersi cura di se stessa, non aveva mai avuto veramente modo di apprendere come gestire i suoi sentimenti e le sue emozioni. Per sopravvivere aveva imparato a comprimerle in profondità, nasconderle, dimenticarle e andare avanti come se nulla fosse, mentre quelle la logoravano da dentro aspettando il momento giusto per schiacciarla. 

Quando aveva incontrato Moray, nove anni prima, Lucius aveva notato un cambiamento positivo in lei, come se l'elfo sapesse toccare le giuste corde per farla aprire. Per un po' aveva pensato che col suo aiuto sarebbe riuscita a sanare le sue ferite, ma poi lui era scomparso. 

Il mentalista non poté fare a meno di chiedersi se dentro di sé Rowan avrebbe preferito sapere che Moray fosse morto durante il viaggio o che fosse sano e salvo da qualche parte e l'avesse semplicemente abbandonata. 

Probabilmente lei avrebbe scelto la prima possibilità, mentre Lucius, al suo posto, avrebbe sperato nella seconda: due modi diversi di vedere il mondo. 

Attraversò la porta che conduceva nella cittadella, separata da un cerchio di mura dal resto della città: era lì che la maggior parte dei nobili di Nalhock avevano la sua residenza. Si trattava di alte abitazioni signorili, distribuite da una parte e dall’altra di quattro delle cinque strade che si irradiavano a raggiera da una bella piazza centrale con fontana, mentre la quinta via lastricata saliva su per il modesto colle sul quale si ergeva il palazzo del governatore. 

A Lucius piaceva percorrere quella strada a piedi ogni giorno; in passato Eluard gli aveva offerto di stabilirsi nella residenza governativa o almeno di trasferirsi all'interno della cittadella, ma lui non era un nobile e non sentiva l'esigenza di sfoggiare in quel modo il suo status sociale. Era affezionato alla sua vecchia casa e nei quartieri nobiliari giravano fin troppi occhi e orecchie; barattare la sua privacy con un poco di strada in più gli sembrava tutto sommato un affare piuttosto vantaggioso.

Con un cenno della mano ricambiò il saluto rivoltogli dal capitano delle guardie che stava passando a cavallo accompagnato da due dei suoi uomini. 

Una cavalcatura sarebbe stato probabilmente un'ottima soluzione per accorciare i tempi, purtroppo Lucius era un pessimo cavallerizzo e, anche se pubblicamente l'avrebbe negato, nutriva una piccola fobia nei confronti degli equini in generale. 

Ad ogni modo il gran consigliere non si lamentava, aveva preso l'abitudine di sfruttare la camminata per riflettere sul programma del giorno e, come in quel caso, valutare le strategie migliori per arrivare a fine giornata col minor numero di danni possibile. 

La situazione attuale gli era piuttosto chiara: il fiume Ahm, sul cui estuario sorgeva la città di Nalhock, sfociava nel vasto golfo di Akinta, su cui si affacciavano cinque regni diversi. Il golfo aveva una grande importanza commerciale, perché era il più vasto e sicuro luogo di scambio della costa orientale del grande continente Daliano. Le coste del grande continente di Dalian infatti davano a oriente sull'oceano elfico (così chiamato sia perché sulle terre a est vicino al mare si trovavano gli insediamenti degli elfi oscuri che per il fatto che a largo, nella medesima direzione, emergeva l'arcipelago di Vör), mentre quelle a ovest davano sull’oceano Vasto dalle correnti indomabili, tanto impervio che la navigazione era possibile solo lungo le coste o da parte delle navi di Kesseft, terra di maghi. Lunghe trattative avevano portato a un equilibrio nello sfruttamento del golfo, fino al momento in cui i Saicri non avevano conquistato le isole di Thenf e Anassa, che si trovavano all'altezza dell'ingres­so del golf, rendendo impossibile l'accesso a tutte le navi che provenivano dall'esterno, quali i drow di Braghe e gli elfi di Vör. 

Mettere tutti d'accordo sarebbe stato complicato, ma Lucius contava di riuscire a fare leva sulle fragilità di ogni nazione interessata. 

I drow si trovavano in cattive acque a causa degli scontri con i naga e gli abitanti del sud di Yutrell. Inoltre, così come per gli altri popoli elfici, la loro popolazione era sensibilmente più esigua di quella dei sacri, il che li lasciava con meno uomini a disposizione e un desiderio decisamente inferiore di sacrificare i propri simili in battaglia.

Gli elfi di Vör erano pacifici per natura, di loro poteva evitare di preoccuparsi, perché, come lui, avrebbero lottato per un soluzione pacifica. 

I Sacri invece, erano bellicosi, testardi e purtroppo stupidi. Tuttavia non potevano permettersi una guerra contro Nalhock e Braggh, perché già erano impegnati a scontrarsi con la Magicrazia di Kesseft. 

Lucius non poteva che compatirli; Ithra aveva appena siglato un trattato di pace con Kesseft, dopo una guerra lunga ed estenuante. Anche se la Magicrazia era più piccola e meno militarizzata, il Regno non aveva vinto una sola battaglia, perché i loro avversari avevano la magia dalla loro parte, non per nulla si chiamava magicrazia. 

Il mentalista si era sempre chiesto come fosse vivere in uno stato in cui la magia non era solo diffusa, ma addirittura obbligatoria, tanto che ogni cittadino libero doveva possedere un certificato per circolare; ma d’altra parte non era entusiasta dell'altra faccia della medaglia, ossia il fatto che chiunque non riuscisse ad ottenere un diploma di magia di base, potesse essere reso schiavo. Uno dei motivi tra i tanti per cui non amava neppure la politica dei Sicari.

Sollevò la testa, osservando il' cortile del palazzo del governatore già affollato di funzionari e diplomatici. 

Si preannunciava una lunga giornata, soprattutto se Eluard ma avesse tenuto la bocca chiusa. 

   
 
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