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Autore: Miharu_phos    17/03/2020    1 recensioni
[RanMasa]
Due ragazzini soli al mondo, in cerca di qualcosa che sembra fin troppo difficile da trovare: qualcuno che li ami.
In cui Aitor e Gabi scappano da due mondi che li fanno soffrire, per incontrarsi e cominciare insieme un viaggio fatto di litigi, incomprensioni, risate; e dove troveranno qualcosa che neanche sapevano di cercare.
[Storia e idea mia rielaborata in chiave RanMasa; se ne ricordate una versione simile ma leggermente diversa era sempre mia: era una Takuran, si chiamava "homeless" e l'avevo pubblicata su efp; l'ho eliminata. Spero che questa nuova versione vi piaccia. Buona lettura!]
Genere: Angst, Fluff, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Kariya Masaki, Kirino Ranmaru
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il giovane ragazzo camminava ormai da circa quattro ore. Aveva percorso una decina di chilometri a piedi, forse anche di più. Si era fermato su qualche panchina di tanto in tanto, per riposare, poi era ripartito.

 

Aveva camminato percorrendo quasi da un capo all'altro la grande città, aveva preso una barretta ai distributori automatici che gli sarebbe servita come cena, aveva bevuto da una fontana per dissetarsi.

 

Aveva visto la città cambiare colore, diventare lentamente buia ed infine accendersi.

 

Vedere la città illuminata gli aveva sempre messo addosso una certa malinconia, ma infondo gli piaceva.

 

Avrebbe dovuto farsela piacere comunque, perché le strade, i vicoli, le piazze, sarebbero diventati la sua casa.

 

Aitor stava scappando di casa.

 

Era uscito di casa che erano ancora le cinque del pomeriggio.

 

Non aveva avuto bisogno di inventare una scusa, a nessuno importava dove lui andasse, che cosa facesse nel tempo libero, se avesse degli amici.

 

Nessuno si preoccupava dei voti che prendeva a scuola, né tanto meno se avesse bisogno di vestiti nuovi, di materiale scolastico, o di qualsiasi altro oggetto di cui avrebbe potuto necessitare un ragazzino di tredici anni.

 

A nessuno importava perché Aitor, pur avendo una madre e un padre, due fratelli ed una sorella, era solo al mondo.

 

La sua era sempre stata una famiglia modesta; i suoi genitori avevano lavori umili ed avevano poco tempo per i figli.

 

La casa era lasciata a sé stessa, così come i bambini; i tre più grandi pensavano a loro stessi, ignorandosi a vicenda.

 

Il più piccolo invece, Aitor, aveva sempre voluto bene ai suoi fratelli, ricercando di continuo le loro attenzioni.

 

Un tempo aveva voluto bene anche a sua madre.

 

Era sempre stato un bambino abbastanza allegro e pieno di vita, anche dopo una brutta litigata o una sgridata da parte dei genitori, in poco tempo ritornava a sorridere e dimenticava tutte le cattive parole.

 

Da qualche tempo però, dentro di lui si era rotto qualcosa. 

 

Aitor stava crescendo, cominciava a capire.

 

Cominciava ad evere consapevolezza di sé, cominciava ad incassare le offese, le mancanze di considerazione, le cattiveria gratuite.

 

Lentamente aveva cominciato a sviluppare dentro il suo cervello la convinzione di essere solo.

 

Aveva elaborato, pian piano, la consapevolezza di non essere niente di speciale per l'umanità.

 

Se ne accorgeva quando tornava a casa e non riceveva un saluto, quando si svegliava la mattina soltanto a causa dei rumori e non perché qualcuno si era preoccupato di farlo alzare.

 

La convinzione veniva confermata dalla mancata reazione dei suoi compagni quando entrava in classe salutando educatamente, dalla solitudine che provava durante la ricreazione, quando tutti si riunivano in gruppetti per chiacchierare e condividere la merenda mentre lui rimaneva da solo, con il suo tramezzino che si preparava da solo al mattino fin dall'età di sei anni perché altrimenti sarebbe andato a scuola senza merenda.

 

Aveva cominciato a pensare che in lui ci fosse qualcosa di sbagliato; forse il suo carattere era troppo blando e poco interessante, si era detto.

 

Aveva sempre avuto così tanto da dire, infatti si apriva facilmente quando gli si rivolgeva la parola. Solo, nessuno lo faceva, quasi mai, se non per chiedere qualcosa che gli serviva, come un'informazione o un oggetto.

 

Spesso si era sentito addirittura invisibile.

 

Nello studio dava il minimo, da quando erano cominciate le medie infondo aveva sempre pensato di essere un pregiudicato agli occhi dei professori a causa dei cattivi voti ottenuti alle elementari.

 

Era più forte di lui, in classe non riusciva a mantenere l'attenzione per più di cinque minuti. Ia sua mente cominciava subito a vagare, a sognare, al minimo stimolo.

 

Era sempre stato il suo unico piacere l'immaginazione.

 

Ma da quel giorno la scuola non sarebbe stata più un problema; non ci sarebbe più andato.

 

Finalmente Aitor era solo, con la sua mente, la sua migliore ed unica amica.

 

Sapeva già dove avrebbe passato la notte: il vagone del treno abbandonato alla stazione faceva proprio al caso suo.

 

 

 

 

 

•••

 

Fermi tutti LEGGETE

 

 

Questa storia nasce da una mia Takuran di un solo capitolo che avevo pubblicato su efp; ho modificato quello che avevo scritto per adattarlo in chiave Ranmasa, e ho deciso che la continuerò, anche se con una trama diversa.

 

Buona lettura!

   
 
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