FLY

 

Lying down until my soul turned flat
Feel the magic break inside me now

Stare chiusa in casa con Stan Barber tutto il giorno non era poi così terribile. Di sicuro, comunque, era meglio di uscire e rischiare di morire ustionati dal sole.
Quel giorno faceva talmente caldo che le ruote delle macchine rischiavano di rimanere attaccate all’asfalto e se c’era una cosa che Syd odiava quasi quanto cucinare erano le giornate troppo calde.
Così si era ritrovata senza sapere come a casa di Stanley Barber e lì era rimasta per tutto il giorno. Il fatto che i suoi genitori non fossero mai in casa era perfetto; non c’era mai nessuno a dire cose come: non camminare con le scarpe sul tappeto, basta guardare la tv, non saltare sul letto, non mangiare a quest’ora che ti rovini l’appetito. Niente regole assurde a casa di Stan, niente madre con i turni serali che gli imponeva di badare al fratellino, niente padre impiccato nello scantinato. Niente di niente. Solo lui, un giradischi un po’ ammaccato e un’assurda quantità di erba.
Quindi, passare la giornata a casa sua era stato passabile, ecco. “Belli” non era un termine che si poteva usare per definire i momenti con Stan per il semplice fatto che beh, era Stan.
Non che avesse qualcosa di sbagliato o di ripugnante, semplicemente era strano. Non gli interessava mai quello che pensavano gli altri, non si inseriva in nessun gruppo, eppure – la cosa più assurda ed irritante – era sempre felice, tranquillo. Quale cazzo di adolescente è sempre felice?
Comunque, anche se Stan era dannatamente strano (cosa che di fatto era anche Syd), era soprattutto un vero mago a girare le canne; e dopo un paio di tiri chiunque avrebbe deciso che “bella” alla fine si poteva usare come termine per descrivere una giornata con Stan.
Mentre erano stesi per terra, corpo sul tappeto e piedi sul pavimento freddo, la canna ancora in mano e un disco dei Bloodwitch messo a ripetizione, Syd decise che forse “bello” era un termine che si poteva usare anche per descrivere Stan Barber stesso. Alla fine non c’era niente di male nell’ammetterlo, Stan era oggettivamente bello, con quei suoi ricci e il naso dritto, giusto?
Nah, era probabilmente l’erba a parlare.  
“Ehi,” la voce le uscì leggermente rauca.
“Pensavo, perché non andiamo a fare tutte quelle cose sceme che non si fanno mai perché una qualche legge sociale del cazzo le vieta?”
Syd non aveva neanche avuto bisogno di girarsi per sapere che era d’accordo.
Così si erano ritrovati in camera di Stan a saltare sul letto come due idioti strafatti e scoordinati; e Syd fu sicura che mai nella sua vita si era sentita così felice come in quel momento.
Ogni volta che i suoi piedi si staccavano dal materasso era come se tutte le cose che non andavano nella sua vita – e non erano poche le cose che non andavano nella sua vita – restassero giù, a terra, separate da lei per quei brevi secondi. Era come tornare a respirare dopo aver passato una vita con la testa sott’acqua.
Forse quindi fu per quello, per la sensazione di libertà, o forse fu per la troppa erba, fatto sta che qualunque fosse la ragione che la spinse a baciare Stan Barber, Syd decise che era ragione valida.
Certo, non aveva messo in conto che baciarlo mentre saltavano sarebbe potuta essere una pessima idea, né che una testata potesse fare tanto male. Così si erano ritrovati entrambi per terra con le teste doloranti e lo spigolo del comodino spaventosamente vicino.
Quando poi Stan decise che quella era la giusta situazione per mettersi a ridere come un idiota e gli occhi gli si fecero lucidi mentre due assurde fossette gli comparivano agli angoli della bocca, Syd decretò definitivamente che sì, Stan Barber era decisamente bello, erba o meno.