Capitolo quarantotto
• Il segreto del professore •
Casa Kamesuke - ore 14:10
Il signor
Kamesuke era seduto sulla poltrona di casa pensieroso. Sua figlia
Victoria non si era ancora fatta viva, non era neanche nella sua cella
d'ibernazione. Si preoccupò secondo dopo secondo. Sapeva che sua
figlia aveva tanti difetti al suo piccolo motore - il cuore - e che,
per lunghi anni, non era ancora riuscito ad aggiustare. Una saetta.
Aveva una saetta incisa sul metallo che componeva il suo cuore.
Ogni giorno
era una vera e propria catastrofe: solo fili su fili. Infondo, era
costretto a tenerla chiusa in casa per non peggiorare il suo stato, ma
forse stava commettendo un errore.
Sua figlia
non era felice. Aveva perso il sorriso da quando Esmeralda aveva
sacrificato la vita per le sue bambine androidi, quelle creature che
aveva creato con tanto amore. L'uomo era disposto a tutto pur di
proteggerle, ma se c'era una cosa che non poteva fare era rischiare la
sua stessa vita.
La sua gemma
era spenta, non era completamente rinato. Il signor Kamesuke avrebbe
voluto fare di più, ma non poteva. Tra l'altro, le sue figlie
non conoscevano la sua vera identità. Se solo avessero saputo...
«Sono a casa!»
Si alzò in piedi nella speranza di vedere Vicky, invece era Jackie.
«Dov'è tua sorella?»
«Resterà a dormire a casa di Regiela, mi ha telefonata poco fa.»
Il signor
Kamesuke non seppe cosa rispondere. Vicky era ancora a casa della sua
ragazza, all'inizio pensò fosse colpa sua. Forse non le dava
troppe attenzioni? Forse non si sentiva a suo agio con lui? Quante domande!
«Papà,
lo so che sei preoccupato per lei, ma cerca di capire che Vicky ora
è più felice ed è tutto merito di Regiela.»
«Lo pensi davvero?»
Jackie sorrise.
«Perché non glielo chiedi tu stesso?»
Il padre
osservò la sua polsiera, più di preciso la sua gemma ancora
spenta. Se solo le loro figlie avessero saputo fin dall'inizio chi fosse
davvero, non si sarebbero comportate in quella maniera. Anzi, sarebbe
riuscito ad attirare la loro attenzione. Però non poteva; aveva giurato a
sua moglie di tenere segreta la sua vera natura, ma il solo pensiero di
veder morire le sue figlie per mano di una principessa demoniaca lo
faceva arrabbiare e spaventare al tempo stesso.
«Da quanti anni non sorrideva in quel modo? Forse un centinaio.»
«Molti
di più, Jackie» rispose lui «sono passati più
di diecimila anni dalla vostra morte e in quel periodo, la Terra era
ancora "giovane".»
«Sai
che non è stata colpa nostra far esplodere Andromeda! E poi,
prima dell'esplosione, erano rimaste in vita soltanto tre principesse:
Maêko, Odile e Darknya!»
«Tutte
le altre sono morte per mano dei demoni, me compresa! Mio padre, King
Zyrco, si è suicidato dopo la morte della mamma, l'unica che mi
è stata vicino è Vicky... cioè, Mahori.»
Il signor
Kamesuke, o meglio dire Leonard, non aveva compreso i sentimenti delle
sue figlie, nonostante avesse progettato lui il loro cuore applicando
il chip dei sentimenti. Nessun cyborg o androide sarebbe stato capace
di provare emozioni forti, o almeno così credeva.
Victoria era
l'unica che non reggeva sentimenti forti ed incomprensibili, spesso
perdeva coscienza o si spegneva senza una ragione. I dottori non
riuscivano a spiegare il motivo di tale patologia, ma suo padre
sì.
"Se solo sapeste, piccole mie..."
Mugen Academy, due giorni dopo - Ore 7:25
Il fine settimana era già volto al termine. Come al solito, Vicky aspettava la sua ragazza per andare a scuola. Si sentiva davvero felice, non solo per il tempo trascorso con la sua amata Regiela. Sentiva la sua vita più leggera, allegra e piena di speranze. Stare in sua compagnia l'aiutava anche a dimenticare i suoi problemi.
Camminarono
per quindici minuti contati fino al grande grattacielo al centro di
Tokyo che ospitava la famosa Mugen Academy, l'istituto un tempo
distrutto.
Tornare a
scuola era sempre straziante, ma non per Vicky. Era così felice
di trascorrere il tempo con la sua fidanzata e sua cugina Haruka, era
l'unico posto dove poteva sentirsi se stessa e non una cavia da
laboratorio.
«Hey, ciuffo blu!» a coglierla di sorpresa fu proprio sua cugina.
«Tenoh, qual buon vento ti porta qui?» ridacchiò scherzosa.
«Sei
divertente come sempre» rispose ridendo con lei. Da quando si
erano rincontrate, la loro affinità cresceva sempre di
più.
«Come sta la mia androide preferita?»
«Io sto bene, e tu?»
«Come puoi vedere, sto alla grande» sorrise Vicky.
«Si
vede che sei al settimo cielo... aspetta» si avvicinò di
qualche passo «che cos'è quel segno grigiastro sul
collo?»
"Oh, madre, mi sono completamente dimenticata di nascondere il succhiotto! E ora che m'invento?" pensò la ragazza robot.
«N-nulla, è solo una puntura di zanzara» sorrise poi nervosa.
«Non
mi freghi, sei un androide e in te non scorre sangue, ma un miscuglio
di protoni ed elettroni» ribatté Haruka sorridendo
maliziosamente ed ironicamente allo stesso tempo. «Ci hai
provato.»
«Lo sai che non sono brava a mentire?»
«Si nota, dal momento che a voi angeli è proibito.»
"Non nei panni da ragazza umana, però" aggiunse Vicky nella sua testa.
«Sputa il rospo.»
«Ecco,
io e Regiela abbiamo...» le sussurrò all'orecchio senza
apparire troppo volgare davanti agli altri, il volto di Haruka
cambiò improvvisamente.
«Oh,
oh! Ora si spiega tutto!» le scompigliò i capelli.
«Piccola perversa, ti piace essere tratta in quel modo, eh?»
«Se si tratta della mia ragazza, sì» si morse il labbro arrossendo.
Dopo un po'
di tempo, le cugine si separarono - ognuna in classi diverse - e una
strana aura negativa attirò l'attenzione della ragazza robot.
Vicky si
avvicinò alla porta del bagno delle ragazze, notò una
ragazza dai capelli violacei pronunciare un incantesimo verso lo
specchio del bagno. Esso proiettò il riflesso di una donna, ma
la robottina non la riconobbe subito.
«Hai trovato le tre gemme sacre?»
«Non ancora, mia signora, ma so che una di esse si trova in questo istituto.»
«Dimmi, mia cara: chi è la custode?»
«Non conosco ancora il suo nome, ma so che la figlia dello scienziato Leonard Kamesuke,
per ora non ne sono completamente certa.»
per ora non ne sono completamente certa.»
«Trova le prove che lo dimostrano.
Se riesce a teletrasportarsi o trasformarsi con un solo schiocco di dita, catturarla subito.»
Se riesce a teletrasportarsi o trasformarsi con un solo schiocco di dita, catturarla subito.»
«Lo farò, Queen Dynamite.»
«Le altre gemme sono ancora imprigionate?»
"Elvira e Lisa sono state catturate?!"
«Sì, ma sono anche in cerca del Cristallo d'Argento leggendario. Dicono
abbia un potere smisurato e grazie a quello, la Crystal Tokyo del
trentesimo secolo risplende di un bagliore azzurro e la pace regna in
tutta la galassia.»
«Hai
intenzione di sfruttare un altro potere, oltre a quello del Cristallo
Galattico di Andromeda? Brava la mia pazza!»
"Pazza? Questo aggettivo mi suona familiare."
«Non a caso mi chiamo Madness!»
"La principessa demoniaca è qui?! Com'è possibile?"
«Un
giorno erediterai il potere supremo dell'ossidiana, la quinta essenza
del potere demoniaco, ma dovrai eliminare la squadra di Sailor Moon e i
nostri più acerrimi nemici.»
Lo specchio
proiettò l'immagine di una statua che raffigurava quattro
angeli: l'angelo della Saggezza, del Coraggio e della Lealtà,
più una misteriosa sagoma di un arcangelo con le mani al cielo.
Quelle sagome erano così note, ma come poteva riconoscerle? Tra
l'altro, la statua era avvolta dalle tenebre.
«Quella
che vedi è solo una raffigurazione, ma voglio che trovi tutte e
tre gli angeli e strappi la loro gemma.»
«Perché dovrei? Non posso ucciderle direttamente?» chiese Madness.
«Risparmia loro la vita, ma non la dignità» rispose la regina «in loro è racchiuso il potere della Trinità Divina, non dobbiamo lasciarcelo sfuggire!»
«Ma è dannoso per noi demoni!»
«Tu
sei protetta da una corazza demoniaca immune a tale potere, con
un'unica eccezione: non devi essere esorcizzata da una di loro.»
Poteva
essere una qualsiasi persona. Vicky rimase senza parole. Si
allontanò dal bagno delle ragazze e camminò lentamente
lungo il corridoio.
Queen Dynamite. La donna che le ha rovinato la vita, colei che aveva ucciso sua madre, la persona che le aveva rubato ogni cosa.
Il petto le faceva male, sentì un forte bisogno di uccidere qualcuno. Non doveva farlo, avrebbe peggiorato le cose. Di colpo cadde a terra priva di coscienza. Il dolore era insopportabile; era un'emozione così forte, incontrollabile. Non aveva mai provato tale rabbia nei confronti di qualcuno.
Il petto le faceva male, sentì un forte bisogno di uccidere qualcuno. Non doveva farlo, avrebbe peggiorato le cose. Di colpo cadde a terra priva di coscienza. Il dolore era insopportabile; era un'emozione così forte, incontrollabile. Non aveva mai provato tale rabbia nei confronti di qualcuno.
«Un ragazzo è svenuto! Chiamate qualcuno!»
Alcune ragazze corsero lungo il corridoio in cerca di aiuto, altre presero il cellulare e composero il numero dei soccorsi. Non c'era verso di svegliare Vicky. L'impatto con quella donna l'aveva letteralmente distrutta: la stessa persona che aveva portato via la regina Esmeralda.
«Non chiamate nessuno!» una voce fermò l'intero corridoio.
«Lasciate
che ci pensi io» continuò «il ragazzo non ha nulla
di preoccupante, non è necessario chiamare né gli
insegnanti né il pronto soccorso.»
Leonard
prese in braccio sua figlia e l'allontanò dai curiosi che si
erano fermati ad assistere al "terribile" disastro, il braccio della
ragazza pendeva lentamente dalla presa di suo padre. Lui la
osservò per qualche minuto rendendosi conto di aver sbagliato
qualcosa: Vicky non era la guerriera più forte del gruppo, era
la più fragile.
Da una
parte, il suo corpo non poteva reggere il potere grande di una gemma
sacra, mentre dall'altra, Leonard non aveva preso in considerazione
l'idea di limitare i sentimenti degli androidi. Per colpa di
ciò, Vicky sveniva ogni volta che un'emozione prendeva controllo
di sé.
"È colpa mia" pensò raggiungendo l'infermeria.
*
Vicky si svegliò con la testa pesante. Era in una stanza bianca e verdognola, somigliante ad una camera d'ospedale.
«Papà?»
Si
meravigliò nel vederlo. Sapeva che non usciva mai dal
laboratorio dove in quel momento lavorava in compagnia del Professor
Uichiha - suo grande amico, nonostante abbia avuto un passato
indescrivibile.
«Stai meglio, tesoro?» le chiese.
«Più o meno... ahi!»
«Non
muoverti» la tenne ferma con le mani abbracciandola senza volerlo
«anzi, riesci almeno a girare il collo?»
La ragazza
obbedì e riuscì a vedere il volto sorridente di suo
padre. Vedeva qualcosa di straordinario in lui, come se fosse la
reincarnazione di un eroe, anzi un principe.
«Sono contento che non ti sia successo niente» disse lui.
«Anch'io» rispose lei.
«Immagino ti abbia traumatizzata qualcosa.»
«No, tutt'altro» sussurrò «ho visto l'immagine di Queen Dynamite proiettata in uno specchio.»
Leonard ebbe
un improvviso colpo di memoria: lo stesso nome della moglie del
demonio, colei che aveva portato il caos in tutta la galassia. Non
disse nulla, preferì tenere la bocca chiusa e lasciare che fosse
la sua gemma a decidere se entrare in azione o no.
«Papà, non preoccuparti per me, io sto bene...»
«Io mi
preoccupo eccome! E se succedesse qualcosa di terribile ai tuoi
circuiti? E se qualcuno ti strappasse il cuore? E se...» si
bloccò di colpo.
«Cosa?» lo motivò sua figlia. L'uomo sospirò.
«Ho
già perso mia moglie, non voglio perdere anche te» disse
con voce incrinata, «tu e Jackie siete la cosa più
importante della mia vita, le mie piccole principesse.»
Vicky non
riusciva ad essere fredda con suo padre, d'altro canto contava sempre
su di lui. Ma suo padre non sapeva che una parte di lei era ancora
sotto l'influenza del suo tatuaggio - "lussuria", uno dei sette peccati
capitali -, e sua figlia glielo teneva nascosto per paura di scomparire.
«Se il marchio di Lucifero sarà eliminato, così sarà anche il corpo del malcapitato.»