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Autore: whitemushroom    17/03/2020    3 recensioni
Per festeggiare il decimo compleanno del fantastico thexiiiorderforum ho deciso, in collaborazione con altri utenti, di lavorare a questo progetto molto ambizioso.
Si tratta di un crossover tra il nostro adorato Kingdom Hearts e Your Turn to Die, un videogioco assai meno famoso ma che ci ha immediatamente conquistati per i suoi temi ed i costanti rimandi alla saga nomuriana per eccellenza. L'obiettivo sarà ripercorrere a modo nostro le vicende che ci hanno accompagnato per più di una decade, viaggiando con la fantasia tra le vicende di KH1 e attraversando tutti i giochi fino a KH3, il gran finale che ha visto forma proprio nel 2019.
Auguro a tutte le persone che passeranno di qui una buona lettura.
Se avrete bisogno di qualche spiegazione, consili o quanto altro sarò sempre felice di essere a vostra disposizione.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Cross-over, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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“Non capisco, Safalin. Kai si era offerto volontario. Potevamo mandare lui”
Safalin rimpiange di non aver mai pensato a prendere delle cuffie: la voce di Ranger sta superando gli acuti consentiti, ma non ha tempo da dedicargli. Il server finisce di caricare e la lista degli ultimi accessi alla sua postazione viene elaborata per la terza volta senza alcun cambiamento; la violazione del suo archivio personale non è stata eseguita da un operatore fisico, almeno da quanto sembra, ma quando va ad incrociare le stringhe degli accessi da remoto la cosa si complica. Il tracker che ha disposto alla protezione dei file più “delicati” segnala solo frammenti di un programma estraneo alla sua lettura.
Un programma che sembra essere stato lanciato dall’interno dello stesso Grillario.
In altre parole, un virus.
“Magari a Kai gli si sarebbero fritte le sinapsi. Magari gli si sarebbe spento il suo bel cervellino e sarebbe finito a cagarsi e pisciarsi addosso” ripete Ranger, chiaramente alla ricerca di attenzioni “Magari sarebbe morto e basta!”
“Ranger, connetti i circuiti, per favore”.
Forse ha parlato più ad alta voce del solito, perché il cartello dell’altro assume l’espressione interrogativa. Non le piace alzare la voce su di lui, ma in quel momento non può permettersi di perdere tempo davanti a simili formalità. “Sai che non possiamo fidarci di Kai. E nemmeno di Miley. Non del tutto, almeno”.
Il secondo cartello mostra una faccia soddisfatta. Dei tanti scompensi inseriti nei circuiti psicosomatici di Ranger, Gashu ha fatto almeno attenzione a non cancellare del tutto la parte del buonsenso. A differenza degli altri Floor Master, la sua bambola riesce ad accettare le argomentazioni più logiche -o almeno quelle che vanno a proprio favore.
Ormai non ha dubbi che questo Grillario possieda qualcosa di anomalo: i suoi ambienti simulati sembrano usciti dalle mani di un tecnico informatico più abile persino di quelli pagati dalla Asunaro, ma allo stesso tempo vi sono aree e cartelle interne che non è riuscita ad aprire nemmeno con i suoi migliori programmi. La simulazione con l’agente Shinoji le aveva confermato la presenza di un antivirus interno al Grillario stesso -nulla di impensabile considerata la mole di dati potenzialmente pericolosi- ma l’attacco perpetrato ai suoi computer non può essere ignorato in nessun modo. È chiaro che il libro vada oltre la semplice natura di simulatore di aree di combattimento e personaggi scriptati, ma non avrebbe mai pensato che potesse connettersi sul network della Asunaro per sottrarle dei dati.
E non dei dati qualsiasi.
Aveva sempre pensato che in fondo certe informazioni sarebbe stato meglio seppellirle nella cartella più abbandonata del suo computer per poi farne una sola copia, chiuderla in un hardware e metterlo in un armadio polveroso, ma in ogni caso quei dati non potevano uscire dal suo laboratorio.
Men che mai finire nelle mani di qualcun altro.
“Proporrei di inviare qualcuno di più … sacrificabile”.
La schermata a forma di cuore inizia il caricamento.
Nei pochi istanti che la figura impiega per formarsi sullo schermo Tia Safalin si domanda con più attenzione come la Asunaro possa essere entrata in possesso di quel Grillario.


Il più sacrificabile, ovvio. Quello meno produttivo, quello che andava in bagno bensì due volte al giorno quando i suoi colleghi se la tenevano e rimanevano con i didietro incollati alle sedie.
Quello che alla pausa caffè andava davvero a prendere il caffè alla macchinetta invece di continuare a battere sulla tastiera per farsi notare dal capo.
Certo che avevano mandato lui.
Shunsuke Hayasaka fa un passo indietro e le scarpe gli affondano nella sabbia fino al calcagno. Le forme cubiche color rosso e nero stavolta sono molte di più di quelle del quadro precedente ed a quanto riesce a vedere gli bloccano del tutto l’accesso al molo. Sono enormi, compatte e, se la sfortuna continua a perseguitarlo, inizieranno a muoversi come quelle di due livelli prima e lo spingeranno in acqua per scacciarlo.
Si accuccia dietro il promontorio e fa per levarsi la sabbia dalla scarpa nell’attesa di farsi venire in mente un buon piano. Le dita slacciano la scarpa e spazzano via i granelli, uno dopo l’altro, e qualcuno gli resta appiccicato tra i polpastrelli donandogli una sensazione di calore piacevole, quasi come se tutto il sole che splende su quell’isola abbia deciso di dargli un incoraggiamento.
A parte il fatto che non c’è nessun sole, nessuna isola, nessuna spiaggia dai granelli bianchi e finissimi.
Non c’è nessun mare da copertina, solo dati.
Dati, stringhe, numeri. Il tepore che gli trasmette la sabbia non sono altro che segnali inviati da un server che nemmeno lui sa bene dove si trovi. Sono stimoli che in questo momento arrivano al suo cervello grazie a degli induttori mnemonici che sono stati agganciati al suo corpo bloccato nella stanza delle simulazioni della Asunaro. Lo Shunsuke Hayasaka che in quel momento sente il cuore battere all’impazzita nel terrore che i blocchi si sveglino e che per poco non fa cadere in acqua anche la propria scarpa è solo un avatar, un ammasso di dati connessi da una intelligenza artificiale -già, quei dati li aveva raccolti lui stesso, ironia della sorte- chiuso dentro Coded, la realtà virtuale su cui la sua azienda sta lavorando da oltre dieci anni.
Tira un respiro profondo e si pulisce gli occhiali con il dorso della giacca.
Quei blocchi sono dei bug. Quegli stessi bug che ogni tanto gli impallavano il computer e mandavano a quel paese ore di lavoro. È curioso vedere la forma che assumono in quella realtà virtuale, ma è ancora più spaventoso sapere che quei blocchi sono dei programmi attivi, pericolosi e potenzialmente aggressivi verso chiunque cerchi di ripristinare il sistema. Quando era stato inviato nel primo livello, una specie di pigra cittadina, per poco non era stato cancellato dall’intero sistema operativo per averne toccato uno con una mano.
E come gli aveva fatto notare Rio Ranger, quel piccolo borioso viziato figlio del capo, nessuno si sarebbe preso la briga di scollegarlo dalla realtà virtuale in caso di “danni collaterali”. Nessuno avrebbe telefonato in ufficio per chiedere che fine avesse fatto il povero Hayasaka, visto che tanto non aveva uno straccio di fidanzata ed i suoi parenti li vedeva soltanto durante le feste comandate.
Già, era il più sacrificabile, e tra l’attaccarsi alla macchina della simulazione virtuale e perdere l’unico posto di lavoro che fosse riuscito a trovare … aveva accettato la macchina.
Coded, il fiore all’occhiello dell’azienda, era stato violato.
Hayasaka, il responsabile della raccolta dati per l’inserimento di Intelligenze Artificiali all’interno della realtà virtuale, aveva riscontrato numerosi errori di sistema, ed anche i suoi colleghi avevano lamentato più di un malfunzionamento dei loro programmi. L’intero server su cui era caricato Coded aveva riportato la comparsa di bug multipli senza una radice comune, quello che la signora Tia Safalin, il supervisore, aveva ritenuto un attacco informatico senza precedenti; a suo giudizio l’unico modo per rimuovere quei virus era agire a livello del cuore stesso di Coded portando un Programma Ostruttore in grado di cancellare la fonte stessa delle anomalie. Una tecnica che ad Hayasaka sembrava uscita da uno di quegli stupidi videogiochi che andavano tanto di moda tra i ragazzini … ed in quel momento avrebbe dato volentieri due stipendi per far fare quel lavoro ad uno dei suddetti ragazzini che senza dubbio sarebbero stati ben felici di assumere un avatar virtuale per lanciarsi in un programma di simulazione ambientale e distruggere blocchi.
Mette una mano sotto la giacca: il Programma Ostruttore M.A.P.L.E. ha la forma di una sfera rosa non più grande del suo pugno. La dottoressa Safalin si era raccomandata più volte di non rilasciare M.A.P.L.E. prima di aver ricercato l’origine dei bug, perché altrimenti avrebbe causato il collasso di tutto Coded e dunque di anni di lavoro della Asunaro. E Hayasaka ovviamente non può nemmeno permettersi di deludere i suoi superiori. Mentre osserva la distesa compatta di blocchi pensa alla reazione esplosiva del signor Ranger il giorno in cui ha buttato fuori un giovane e promettente stagista -tale Tsukimi, se ricorda bene- dopo soli due giorni di lavoro perché gli aveva rovesciato del caffè sulla cravatta.
Ha una sola possibilità per superare quel livello e raggiungere il molo.
Trae un respiro profondo ed entra in acqua.
La temperatura è fresca, anche gradevole. Il fondale è davvero basso, gli arriva a metà della coscia, e l’acqua è talmente cristallina che la simulazione gli permette persino di osservare il proprio riflesso. Si pente di non essersi levato almeno scarpe e calzini, perché la sensazione di impedimento degli arti inferiori si manifesta dopo i primi dieci passi, ed il pensiero che si tratti soltanto di una serie di dati inviati al suo cervello non migliora le cose. Ma ormai ha commesso questa stupidaggine e può soltanto andare avanti.
Il livello chiamato Isole del Destino è piacevole. Deve essere stato pensato per essere venduto a qualche riccone obeso che vuole godersi una spiaggia paradisiaca senza sollevare il didietro dalla propria poltrona. Il sole non brucia, ma genera una dolce sensazione lungo le spalle, ed i raggi si frammentano contro la superficie del mare in un gioco di riflessi che Hayasaka non ha visto nemmeno le volte che è andato in vacanza in una vera spiaggia. Un paio di pesci guizzano vicino alle sue gambe, ma non appena le onde muovono il tessuto dei suoi pantaloni questi scappano, e in lontananza degli uccelli marini mandano un verso così realistico che si volta ad osservarne il volo.
Cammina ad una decina di metri da riva, gli occhi fissi sui blocchi ammucchiati lungo tutta la superficie della sabbia: sa che si attivano soltanto quando si avvicina, dunque finché si mantiene a questa distanza di sicurezza può continuare ad avanzare, girare loro intorno e portarsi fino al piccolo molo che adesso distingue con precisione.
I dettagli di quel mondo sono impressionanti: le palme sono di un verde carico, forse l’unica nota “innaturale”, con dei frutti a forma di stella che fanno venire l’acquolina persino ad uno come lui. È pronto a scommettere qualunque cosa che i programmatori del livello hanno in cantiere l’idea di inserire nella simulazione decine di Intelligenze Artificiali di bellissime ragazze in costume da bagno pronte ad accogliere festanti l’eventuale acquirente di quella realtà virtuale.
Anzi, devono aver già messo su qualcosa del genere, perché c’è già un abbozzo di figura femminile proprio all’estremità del molo.
Hayasaka riduce passo dopo passo la distanza tra sé ed il pontile, sicuro di aver eluso i blocchi, osservando la AI immobile, in attesa.
Al contrario di quanto supposto, non è una sventola in costume aderente dalla quinta di reggiseno. È una figura minuta a metà tra una bambina ed una ragazza con un abito semplice, bianco, di quelli che potrebbe trovare sui manichini delle Intelligenze Artificiali non avviate del tutto. Potrebbe sembrare un programma ancora in fase di completamento, ma quando si avvicina al molo lei solleva la testa e gli rivolge un cenno di saluto. “Sono felice che tu sia sano e salvo, Hayasaka”.
I suoi passi si fermano di colpo.
“Sai chi sono?”
“Certo” risponde lei. Ha dei capelli biondi davvero molto belli. “Avvicinati pure”.
Ha incontrato qualche Intelligenza Artificiale nel corso dei precedenti livelli. Un guerriero tutto muscoli che faceva le flessioni in un arena, un’altra bambina nel quadro del giardino gigante e persino un’odalisca con un vestito azzurro che gli aveva lasciato ben poco spazio all’immaginazione. Ma erano tutti personaggi con delle frasi preconfezionate, figure di sfondo che non avevano nemmeno notato il suo accesso. Questa bambina, invece, sta parlando proprio con lui. “Ti ha … uhm … progettata la dottoressa Safalin per questa operazione? Sei un programma di supporto?”
“Non proprio. Ma sono qui per te. E tu sei qui per me, giusto?”
“No, cioè …” mormora, lo sguardo che va da lei ai blocchi. Sono ancora inerti, anche se lungo la loro superficie rossastra riesce a scorgere qualche scintillio. La realizzazione, insieme alla paura, lo coglie all’improvviso “Sei tu la causa del crash di Coded?”
“In parte. Ammetto che è un effetto collaterale di un mio … operato” sorride. Ha gli occhi azzurri come il mare della simulazione. “Però vieni fuori dall’acqua, Hayasaka. Anche se siamo fatti di dati non vuol dire che non possiamo sentire freddo”.
Dunque è fatta di dati.
È un programma. O forse un avatar come lui.
Di tutte le istruzioni lasciategli dai suoi supervisori non è contemplato nulla di simile: forse dovrebbe scagliare M.A.P.L.E. nel programma e basta, ma la sua curiosità di ingegnere informatico inizia a solleticargli dietro la testa. Si guarda intorno, quasi nel terrore di vedere un antivirus con la faccia di Ranger entrare nella simulazione, e poi a passi lievi esce dalla spiaggia.
Dopotutto è suo dovere controllare la situazione.


“Agganciata”.
La stringa inizia a comporsi sul monitor. Ha eluso almeno quattro suoi tentativi di deframmentazione, ma adesso i dati assumono forme comprensibili. Da un CD che ha tenuto volutamente separato dal resto del suo santuario informatico, Safalin inizia a confrontare i dati in arrivo dalla simulazione di Shunsuke Hayasaka con quelli che aveva estratto a fatica dai resti della simulazione di Keiji Shinoji. Ed i risultati sono esattamente quelli che immaginava. Da oltre le sue spalle anche Ranger fissa lo schermo come un predatore “Sono identici, Safalin. È al 98.7% quello stesso programma. Il nostro virus”.
“È più di un virus”.
Ne aveva avuto la conferma durante le precedenti simulazioni. All’inizio credeva si trattasse solo di un livello di protezione del Grillario, ma l’ultimo attacco informatico le ha lasciato alcuni dubbi sulla natura del file. “È un programma autonomo a crescita interna. Non è stato realizzato per la semplice protezione dei dati del suo archivio, quella è solo una delle funzioni” mormora, preparandosi ad un download che si preannuncia burrascoso. “Esegue delle azioni non programmate in origine, si espande secondo dei parametri criptati nella sua stessa stringa. È più una Intelligenza Artificiale che non un programma”.
E dietro una Intelligenza Artificiale c’è sempre un programmatore. Osserva la simulazione nella simulazione, il setting che ha realizzato a partire dal sesto capitolo del Grillario per isolare quella maledetta stringa dalle sembianze di una bambina. Se la I.A. di Hayasaka si atterrà al piano, M.A.P.L.E. scaricherà quell’interferenza dritta in una cartella sul suo hardware e recupererà i dati sottratti, quelli che al momento premono sia a lei che a Gashu.
“Avanti, Hayasaka. Inizia il download”.


Era passato tanto tempo dall’ultima volta che si era seduto in quel modo, con le gambe nel vuoto ed una brezza leggera nei capelli. Il sole artificiale inizia ad asciugare i suoi vestiti, e dopo un istante di leggero imbarazzo, Hayasaka si slaccia la cravatta e si leva anche la giacca, rimanendo in camicia e pantaloni. Il riflesso dell’acqua, anche se finto, gli illumina gli occhiali e, non appena prova a sedersi meglio per evitare di fissare la bambina in controluce, gli sembra di vedere delle conchiglie bianche ed azzurre sul fondo.
La bambina-programma ha dell’incredibile. Hayasaka ha passato gli ultimi tre anni a raccogliere ed unificare dati di diversi soggetti per conto della Asunaro: non si è mai davvero chiesto a cosa servissero tutte le quelle informazioni -pubblicità, sondaggi di mercato, o almeno quello si era sempre raccontato- ma la verità è che ha trascorso la maggior parte del suo tempo a raccogliere informazioni, altezza, peso, gruppo sanguigno, persino analisi del sangue e scontrini di alcuni soggetti che gli venivano inviati dalle alte sfere. Li ha incanalati, confrontati ed ha comunicato anomalie ai propri superiori. Negli ultimi tempi ha persino iniziato a sviluppare modelli tridimensionali in grado di ricostruire, mediante sommatoria di tutti i dati raccolti, possibili fattezze dei campioni studiati senza mai averli visti di persona. Un progetto che aveva ricollegato alla necessita di creare personaggi pregenerati nelle simulazioni di Coded quanto più realistici possibile, ma anche il lavoro del suo intero team non era mai arrivato a ricostruire qualcosa di … simile.
I capelli della bambina sono dei frame dettagliatissimi: sono stati realizzati uno ad uno, non come le capigliature digitali come la sua che ad un attento esame si vede che sono unificati su un solo livello. Il vento dal mare ne muove soltanto alcuni, e tutti gli altri seguono il movimento della testa con una perizia che occorrerebbero almeno 50 Giga di memoria per salvare un programma così complesso e dalle migliaia di variabili. Gli occhi, proprio come quelli degli umani, si muovono da una parte all’altra e persino le palpebre si aprono e si chiudono con un ritmo irregolare, degno del più ardito programma.
Appoggia le dita sul vestito -ha paura ad avvicinarsi per scoprire se la trama del tessuto è davvero perfetta come il resto della ricostruzione- e le incrocia. Appoggia i polpastrelli uno contro l’altro con un gesto che può ricordargli solo il nervosismo umano. “Sapevo che avrebbero mandato qualcuno a cancellarmi, Hayasaka. E sono felice che abbiano scelto di mandare proprio te. Gli altri concorrenti che hanno caricato … potrebbero non capire”.
“Concorrenti?”
“Concorrenti, sì. Non sei l’unica simulazione che hanno inviato nel Grillario” dice.
Hayasaka non riesce a risponderle, ancora fossilizzato sul dettaglio della fibbia dei suoi minuscoli sandali che ha un buco un po’ più consumato degli altri. Un’opera d’arte informatica.
“Asunaro non è quello che sembra, Hayasaka. Il tuo lavoro … non è ciò che sembra. E sono convinta che anche tu, dal profondo del tuo cuore, abbia capito”.
Si leva gli occhiali, un gesto che usa spesso solo per concentrarsi. E, senza smettere di fissare la bambina-programma, si accorge di vedere benissimo anche senza: se li rimette un istante, giusto per testare la situazione, ma il risultato non cambia. Si annota mentalmente di farlo presente alla signora Safalin quando uscirà di lì. O forse il supervisore lo sa già, ed hanno deciso di rendere più gradevole agli acquirenti la realtà virtuali limitando cose tanto noiose quanto i difetti nella vista.
Sì, lo aveva iniziato a sospettare.
Il bisogno di realizzare delle versioni virtuali dei soggetti campione era diventato ogni giorno più stringente, le consegne più ravvicinate nei tempi per dati che in fondo stavano raccogliendo da tantissimo tempo. Aveva continuato a incrociare dati e tabelle anche quando gli era stato chiesto di studiare in dettaglio gli spostamenti di un bambino di forse undici anni che non aveva nulla di statisticamente interessante né per il marketing né per eventuali ditte farmaceutiche.
Ma lui, in fondo, cosa avrebbe potuto fare? “Tu invece sai tutto, immagino”.
“Nessuno sa tutto. Né io, né la Asunaro. Siamo un mondo di informazioni frammentate alla ricerca costante di ciò che ci manca. A me, per esempio, manca M.A.P.L.E. Ne ho bisogno per accedere ad alcuni dati importanti”.
Le sue dita vibrano nell’aria. Hayasaka riconosce la comparsa di un algoritmo di secondo livello, e le stringhe in pochi istanti assumono la forma di quello che sembra un blocco da disegno. Istintivamente avvicina la testa per osservare i bozzetti colorati presenti sul primo foglio, dove delle figure (che sembrano uscite dalla mano di una bambina dell’asilo) si rincorrono su una lunga scala. Lei gli fa spazio vicino a sé, e gira il foglio.
Hayasaka vede il viso di un ragazzo dai capelli castani che sembra dormire in una … cosa grigia e ovale. “Ci sono dei dati che devo assolutamente recuperare. I miei tentativi di ripristinare i ricordi di questo ragazzi hanno generato anche i bug che affliggono questo mondo. Ho bisogno di un Programma Ostruttore per salvare il mio amico … e sono felice che la Asunaro me ne abbia consegnato uno. Ho dovuto sottrarre alcuni loro dati sensibili per convincerli ad agire in questo modo”.
Hayasaka, nonostante il calore, sente il gelo partirgli dai piedi.
Se quello che la bambina gli sta dicendo è vero … la signora Safalin ed il signor Ranger non devono aver previsto questo scenario. L’unico elemento chiaro fino a quando era entrato lì dentro era che non doveva rilasciare M.A.P.L.E. in nessun caso, pena … pena qualsiasi cosa sarebbe successo non appena avrebbero scollegato il suo corpo dal simulatore. “Sai che non posso farlo, vero?”
“In realtà puoi. Devi solo mettermelo in mano. Non è difficile”.
“Tu sai cosa intendo …”
“Lo so. È per questo che sono felice che abbiano mandato proprio te”.
Gira un foglio, stavolta vuoto, e nelle sue mani compare una matita. Inizia a disegnare un viso, un viso circondato da capelli castani ed un ferreo paio di occhiali. “Puoi lanciare M.A.P.L.E. in questo istante, e mi cancelleresti per sempre da questo sistema. Recupereresti i dati sottratti alla Asunaro e consentirai loro di andare avanti con quel loro folle progetto. Oppure …”
Aggiusta la posizione del blocco, come per essere sicura di ritrarlo al meglio.
Come se stesse parlando del prossimo gioco da fare, e non di un programma che potrebbe deframmentarla e scaricarla nei computer della sua associazione da un momento all’altro. “… oppure potresti fare la cosa giusta. Lasciami il programma intatto, ed il server Coded crollerà. Ma ti darò i dati che ho sottratto. Anche se forse andrebbero cancellati anche quelli …”
“E se mi rifiutassi?”
“Dovrai solo guardare dentro te stesso, Hayasaka”.
Poi abbassa la testa e riprende il disegno.
Lo sta raffigurando nei suoi dettagli piccoli e sbozzati, con tanto di giacca e cravatta. L’impiegato perfetto, un po’ triste, che anche nel foglio sta immobile a guardare il disegnatore, quasi in attesa di ordini. I bozzetti dei fogli precedenti sembrano aver qualcosa di vivo, di colorato, di rosso, blu e verde che corrono e si inseguono come a voler uscire dallo spazio rettangolare in cui sono confinati; e c’è il ragazzo che dorme, ma anche da quelle poche righe a pastello sembra molto più espressivo del suo disegno grigio come la giacca che indossa.
È la cosa più triste che abbia mai visto.
E in quella figura abbozzata è convinto di non vedere solo Shunsuke Hayasaka: è così banale che potrebbe rivedere Sayaka, la collega alla postazione alla sua destra, o Shizuka, del comparto grafico. Con i maschi poi è così incredibilmente azzeccata, potrebbe essere il disegno di Ryoma, di Akinari e persino di Shintaro, levando gli occhiali. Tutti loro, figure grigie che in fondo potrebbero non avere nemmeno un nome, bloccate a battere numeri sulla tastiera per paura di finire per strada da un momento all’altro. Nessuno che si sia fatto domande.
O, se come lui se le è poste, alla fine è rimasto in silenzio ed ha continuato ad accumulare dati. Come se quello che accadeva alle persone che studiava, come a quel bambino, fossero lontane. Molto lontane.
Lontane come lo sono i gabbiani all’orizzonte di quel paradiso artificiale.
Sa cosa succederà quando si scollegherà da lì.
Ma, osservando di nuovo il pupazzetto grigio e triste su quella pagina, realizza che non ha poi davvero tutta questa importanza. “Al diavolo tutto …”
Qualcosa potrebbe cambiare dentro la Asunaro. Non lo sa per certo, ma senza ombra di dubbio ogni suo gesto modificherà per sempre il corso della sua azienda, del suo lavoro, della sua vita.
Non sa se quel progetto verrà fermato, se qualsiasi cosa deciderà in questo mondo virtuale, un avatar tra miliardi di stringhe, potrà davvero salvare delle vite, o almeno impedire qualsiasi progetto schifoso ed illegale a cui ha accettato di partecipare guardando oltre.
“Io … io non so se posso davvero rimediare a ciò che ho fatto”.
Prende la sfera di M.A.P.L.E., e prima che la bambina possa muovere un muscolo è lui che gliela mette tra le mani.
“Però …”
Qualsiasi cosa accada. “… io ci voglio provare”.


Il silenzio del suo laboratorio è irreale. Anche il più piccolo ronzare dei computer in caricamento ha cessato di esistere, e Safalin fissa lo schermo nero del simulatore alla ricerca di un modo per riprendersi.
Da quando si era occupata delle Repliche e della realizzazione delle Intelligenze Artificiali non era mai capitato che l’intero piano venisse bloccato. Ci vorrà addirittura una giornata per procedere al riavvio del sistema, tempo che al momento non possono permettersi di perdere. Grazie al cielo il backup delle IA è salvo su memorie esterne in duplice copia, ma Safalin ha il sospetto che stavolta soltanto la sua eccessiva sicurezza abbia messo al riparo il progetto Death Game.
Il programma-bambina si è rivelato ben più di una anomalia, e probabilmente questo comprometterà l’efficienza di M.A.P.L.E. fino all’inizio del progetto vero e proprio. Miley dovrebbe essere in grado di riprogrammarne le funzioni principali, ed a malincuore sa che dovrà affidare a lei quella parte del piano.
Lei e Ranger hanno un altro compito, uno che Gashu ha sempre cercato di tenere soltanto per le emergenze. Un compito per cui occorrono i dati che il programma-bambina ha sottratto e che però ha restituito prima di mandarle in blocco il sistema. Ha dovuto svuotare alla massima velocità il suo pad di scorta per scaricarvi tutti i dati, una delle cartelle più pesanti dell’intero progetto.
Un piano che non la convince eccessivamente, perché ha enormi possibilità di rivoltarsi contro di loro nel momento peggiore possibile.
“Qualche volta però papà proprio non lo capisco” borbotta Ranger, rompendo il silenzio. Sulle spalle ha caricato un manichino appena staccato dal liquido di alimentazione, e le macchie colano sul pavimento dando il colpo di grazia a quella situazione. “Glielo ho detto mille volte, non ha bisogno di nessun altro per gestire il Death Game. Basto io!”
Safalin fa appena in tempo a rimuovere il pad ed un quaderno di appunti dal tavolo che Ranger lancia il corpo esanime sul tavolo. “E di certo non abbiamo bisogno di uno che si è fatto ammazzare come un COGLIONE!”
Safalin sospira.
Da una parte comprende le motivazioni di Gashu, dall’altra … È abbastanza convinta che il programma-bambina non le abbia sottratto quei dati per puro caso. Non sa ancora cosa vi sia dietro al segreto del Grillario, ma a giudicare da quello che è accaduto col candidato Shunsuke Hayasaka e sulla sommatoria delle anomalie delle simulazioni è chiaro che si trova davanti a qualcosa di senziente. Informatico, artificiale, ma senziente.
Un nuovo nemico per cui serve un nuovo alleato. O uno vecchio, considerata la scarsezza di personale.
Il pad si attiva con lentezza, e Safalin apre la cartella M.I.D.O.R.I.
  
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