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Autore: fredlove    17/03/2020    1 recensioni
- Dove andrai? Chi sarai? -
- Non posso dirtelo Chuck. Bryce Larkin è morto, e questa volta lo resterà per sempre. Addio. -
Chuck si ammutolì, osservandolo. Chiedendosi perché per l'altro fosse così facile dirgli 'addio'.
[...]
Ci provo, perché no.
Tra la pandemia, la quarantena e la morte di André e Oscar negli ultimi episodi, mi sentivo ispirata.
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Chuck, Sorpresa
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Dove andrai? Chi sarai? -

- Non posso dirtelo Chuck. Bryce Larkin è morto, e questa volta lo resterà per sempre. Addio. -

Chuck si ammutolì, osservandolo. Chiedendosi perché per l'altro fosse così facile dirgli 'addio'.

- Sarah, ci resterà sempre Omaha.-

 

- Casey, senti... cosa voleva dire Bryce quando ha detto 'ci resterà sempre Omaha'? Cosa significa? E'... -

- E' un codice. Se Sarah vuole seguirlo, deve farlo adesso. -

dall'episodio 1x10

 

 

 

 

- 1 -

 

 

Chuck si era chiuso in camera, con la scusa di esser stanco della giornata al Buy More ed Ellie l'aveva lasciato fare. Si era poggiato sulla sponda del suo letto, intrecciando le dita delle mani e torturandosele a vicenda mentre poggiava i gomiti sulle ginocchia.
Gli ultimi giorni erano stati assurdi, oltre ogni limite.
Aveva lasciato Lou, aveva baciato Sara - pensando finalmente che ci fosse qualcosa e poi?
Bryce Larkin era ancora vivo.
E con lui, oltre tutti i casini dell'Intersect, anche quei ricordi e momenti che riaffioravano prepotenti e che aveva cercato di chiudere in un angolino della mente.
Addio.
Non era veramente pronto a dirgli addio. Non lo era nemmeno quando dopo aver aperto la sua email, e tanto meno quando aveva letto il suo necrologio.
Inspirò fortemente, sentendo l'odore di sudore e polvere addosso, ed iniziò a spogliarsi. Prima di trovare degli abiti puliti e chiudersi in bagno sotto la doccia.
Chiuse gli occhi, tirando indietro il collo, anelando ad un massaggio rilassante. E decise.

 

 

Sarah, sobbalzò sentendo il bussare frenetico contro la porta della sua stanza. Il cellulare aveva smesso di squillare, e lei sapeva benissimo chi poteva essere.
Ma non era sicura di voler aprire la porta.

- Apri, Sarah! -
Chuck?
Automaticamente, nascose la valigia sotto il letto, coprendo il passaporto e la pistola con il plaid prima di aprire la porta.
- Cosa ci fai qui, Chuck? -
- Omaha. Dimmi cosa significa. -
Era lì. Entrambe le mani contro lo stipite della porta, mentre cercava di riprendere fiato.
- Chuck, è una sciocchezza. Lascia perdere. -
- No. Non è per te che voglio saperlo, ma per me. Devo... - buttò fuori un respiro profondo. - Dimmelo, per favore. Devo riuscire a chiudere la storia. -
- Chuck. -
- Sarah, sono serio. -
E lei lo vide. Lo vide nel suo sguardo nocciola, nei suoi lineamenti – di solito gioviali e sorridenti. Indietreggiò di un passo, istintivamente, come se ne fosse investita da ciò che in quel momento lui stava provando.
- D'accordo, ti accompagno. -
- No. Ci devo andare da solo. -
- Non puoi. -
- Non mi interessa. E' una cosa tra me e Bryce, e devo farlo da solo. Ora, dimmi di Omaha. -

 

 

***

 

 

Il pilota annunciò la discesa in pista, distogliendolo dai suoi pensieri e ricordi. Era riuscito a convincere Sarah e Casey – persino – che se la sarebbe cavata da solo, e che in un modo o nell'altro si sarebbe messo in contatto se fosse stato necessario.
Ripassò a memoria le coordinate di Bryce, perché era stato fin troppo veloce a metter le ali ai piedi, aspettando che l'aereo si fermasse e di poter scendere.
Una voce dentro di lui – stranamente gli sembrava Morgan – gli diceva che sarebbe stato un viaggio inutile ed a vuoto, per cui la cacciò via con un gesto della mano.
Un'ora dopo, uscì finalmente dall'aeroporto, immergendosi nel mezzo di una città che non conosceva.
Con lo zaino in spalla, perché sì – sapeva che non sarebbe rimasto a lungo, allungò il braccio per chiamare un taxi. Mentre l'orologio con il gps – con il quale lo tenevano d'occhio – gli apparì come un'enorme insegna al neon. Con una smorfia se lo tolse dal polso, gettandolo letteralmente a terra per ridurlo a pezzi sotto il tallone.
E sì, sapeva che era una pessima idea!
Poi salì sul taxi, cercando di non storpiare le parole mentre dava l'indirizzo al conducente e cercò di rilassarsi.

 

 

Omaha.
Omaha Beach. Il nome in codice dato dagli alleati, ad una delle spiagge su cui avvenne lo sbarco di Normandia – durante la seconda guerra mondiale.
Cercò di portare alla memoria, ciò che sapeva su quel periodo, ma non trovò niente. Vuoto.
Al momento cercava solo Bryce e l'albergo dove alloggiava.
Non poteva però andarsene in giro, come se niente fosse, facendo la figura del turista idiota e cercarlo con tanto di foto segnaletica. Bryce era sotto copertura, e probabilmente ci sarebbe stato qualcuno a controllarlo.
Si diede dello stupido, mentalmente, perché se nella sua testa – il piano era perfetto – adesso che era sceso dall'aereo gli sembrava solo di aver fatto una cazzata.
Il taxi si fermò davanti ad un albergo, o meglio – la serie di case a schiera sulla spiaggia – evidentemente usate spesso come luogo di villeggiatura.
- Allora? Scendi o riparto? -
La voce burbera dell'uomo, lo scosse e lo intimorì, inducendolo a scendere veloce e pagarlo forse più di quanto dovesse.
L'indirizzo era quello giusto.
La casa però sembrava vuota, e spenta. Non sembrava nemmeno vissuta.  Sicuramente, veniva usata per una delle facciate della C.I.A. o F.B.I. e nient'altro.
Si guardò intorno, osservando tutto ciò che poteva attirare la sua attenzione, sperando di notare l'altro da qualche parte.
Storse il naso, e la bocca, esibendo una smorfia contrita. Prima di sedersi sugli gradini – perfettamente dipinti di bianco, dandosi dello scemo per non averci pensato. Per aver fatto tutto in modo impulsivo.

 

- Chuck? -
Alzò la testa di scatto, facendosi male al collo. Quanto tempo era passato, mentre lo aspettava?
- Bry... -
- Cosa ci fai qui? -
L'espressione seria del volto, ed il tono della voce che non ammetteva repliche.
- Chuck, cosa ci fai qui. Rispondi. -
- Io... - deglutì. - Io... dovevo vederti. - si alzò mettendo le mani in avanti, muovendole come un forsennato, ogni volta che era nervoso.
Bryce si guardò intorno, come un falco, mentre apriva la porta e se lo tirava dentro con un movimento repentino. - Entra in casa. - gli disse con un tono secco.
Quando chiuse la porta, bloccandola dall'interno e celando le finestre, si voltò a guardarlo nuovamente.
- “Addio, Chuck” sai cosa significa? Perché poi Sarah ti ha... come l'hai convinta? -
- Ti sei tagliato i capelli? -
- Chuck! -
- Non volevo fosse un addio. - deglutì, dopo aver sussultato per il modo cui l'altro aveva detto il suo nome.
- Lo deve essere. Quella parola è ciò che implica! - si passò una mano tra i capelli, scompigliandoli un poco. - Perchè? -
- Perchè? Perchè?! Sei uno stronzo, okay? Mi metti in tutti questi casini, tra l'altro quando non volevi ne facessi parte, muori e torni in vita! E tu mi chiedi perchè? Secondo te mi accontento di un addio, sapendo che... sei da qualche parte del mondo... ancora vivo? - e l'ultima parola parve sussurrarla. - E tu pensi solo a lei... - si schiarì la gola.
L'altro lo guardò. Sentendo quel tono sommesso, ed il suo mordersi le labbra.
Il Chuck che aveva davanti, era diverso da quello che aveva conosciuto a Stanford.
Sono un cretino. - disse malinconico. 
Bryce non smise di guardarlo, sentendosi male, mentre cercava di reprimere quella voglia di stringerlo. La stessa che l'aveva pervaso appena l'aveva visto sugli scalini davanti alla porta.
- Oddio, sono un cretino! Però … - si schiarì la gola – Grazie. Mi serviva questo, per poterti dire realmente addio e chiudere del tutto la storia. Qualsiasi essa sia. Perché se per me è importante, vedo che per te non lo è. - rialzò lo sguardo, mentre riprendeva lo zaino e faceva un passo verso la porta. - Beh, Addio, Bryce. -








- 2 -


 

 

 

- Chuckie... -
- Non chiamarmi 'Chuckie'. Non ne hai più diritto, non dopo avermi detto addio e sai che lo odio. - la mano sulla maniglia della porta, pronto ad aprirla.
Bryce fece un passo nella sua direzione, allungando il braccio per bloccargli l'uscita. Finendo così per premere il suo petto contro la schiena dell'altro. E sentendo chiaramente il profumo del bagnoschiuma stuzzicargli l'olfatto, riuscendo ad infilarsi nei meandri della memoria.
- Strano, lo adoravi quando ti chiamavo così. - gli uscì la voce roca, più di quanto avesse voluto.
- Ricordi male. -
Bryce ridacchiò. - Ricordo bene, invece, Chuckie – girò la chiave nella porta e la tirò via, mettendosela in tasca.
- Bryce -
- Cosa? -
- La chiave. - si voltò a guardarlo, prima di allungare la mano verso il suo fianco.
L'altro invece si allontanò di scatto, sfuggendogli.
- A che gioco stai giocando, Bryce, mh? - lo guardò sconfitto. - Ho capito l'antifona di prima, e me ne vado. Hai detto addio e pensi a... -
Non finì la frase, perché Bryce l'aveva baciato sulla bocca. Zittendolo in quel modo.
- Parli troppo, quando sei nervoso. Non hai perso il vizio... -
- Non giocare. -
- Non sto giocando, Chuck – glielo disse contro le labbra, prima di baciarlo ancora una volta.
Fu solo un attimo.
Un attimo per tornare complici e ritrovarsi. Bryce lo toccò con la punta della lingua, accarezzandolo, orgoglioso nel sentire un gemito sommesso provenire da lui.
Tornò a baciarlo, trovandolo maggiormente ricettivo, insinuandosi nuovamente nella sua bocca con la lingua. Cercando la gemella e trovandola complice.
Iniziando così una lenta battaglia, di tocchi languidi e decisi allo stesso tempo. 
Ed era ben diverso dallo baciare qualsiasi altra persona, uomo o donna che fosse.
Chuck ingoiò un gemito compiaciuto, prima di spingerlo con entrambe le mani contro il petto. Staccandosi da lui con uno schiocco, e finendo con la schiena contro la porta. Il respiro affannato, cercando di riprender fiato.
- No. Stai giocando. E conoscendoti adesso, potresti anche scoparmi alla grande, e non farti più trovare quando mi risveglio. - disse tremando – Quindi, no. Non puoi baciarmi e... pretendere che io me ne resti fermo, lasciandoti fare. - lo guardò.
- Quindi vuoi finirla qui? In fondo sei venuto per questo, no? Mi hai cercato per questo motivo : per dirmi addio del tutto, ed in modo definitivo. No? - lo guardò serio. - Rispondi, Chuck! -
- No! Sì! - si portò le mani tra i capelli ricci, scompigliandoli e finendo per aggrovigliarli maggiormente, facendosi persino male quando le sue dita incontrarono dei nodi. - Non lo so! Okay? -
Bryce emise un sospiro, prima di abbassare le spalle. - Cerco solo di proteggerti. -
- E come? Andandotene? Sparendo dalla mia vita, come se niente fosse? - lo guardò – Sono così poco importante per te? O valgo solo perché ho l'Intersect? -
- No, no, no! - gli si fiondò contro, prendendogli il viso tra le mani, e guardandolo in modo serio. - E' perché sei la persona più importante per me, che devo sparire dalla tua vita. Capisci? Io... - si schiarì la gola – Non ho mai smesso di amarti, Chuck. Ti amavo a Stanford. Dal primo momento in cui ti vidi su quella panchina. E ti amo ancora. -
- Allora torna a casa, torna a casa con me. - lo guardò – Finisci questa missione, ma torna a casa. -
- Non posso, e non chiedermelo più. - scosse il capo. - Ti metterei in pericolo, e se ti succedesse qualcosa non potrei mai perdonarmelo. - deglutì il magone che gli si era formato in gola, e quando ritrovò la voce era bagnata di dolore. - Ti amo così tanto, Chuckie, che è più dura per me starti lontano, che per te sapermi in qualche parte del mondo. -
Chuck restò in silenzio, per un attimo. Bevendo quelle parole, imprimendosele nella memoria per non volerle mai dimenticare.
- Mi dispiace, Bry – fece un passo in avanti, cingendogli le spalle con un abbraccio stretto e dolce allo stesso tempo. Accarezzandogli la nuca ed i capelli corti con le dita. - Mi dispiace, ti ho rovinato tutti i piani. -
Bryce lo strinse in vita, affondando il naso contro la sua spalla. Inspirando fortemente.
- Resta qui, con me, stanotte. - disse, rendendosene conto solo un attimo dopo. - Ho bisogno di sentirti, e farti mio ancora una volta. 

Sarà più difficile dirti addio.
Lo pensarono entrambi.

 

 

***

 

 

Chuck aprì lentamente gli occhi nocciola. Sbattendo le palpebre un paio di volte, mentre cercava di metter a fuoco il luogo dove si trovava.
Sicuramente non era a casa a Burbank, e tanto meno nella sua stanza perché il poster di Tron sul muro mancava. Inoltre le lenzuola erano scure, di cotone liscio, mentre le sue erano con le stampe dei fumetti.
Si mosse lentamente, rigirandosi sotto lenzuola, sentendole calde intorno a lui. Il profumo di Bryce aleggiava ovunque, lo sentiva persino sotto pelle.
Ma era rimasto solo nella stanza e nel letto.
- Bryce? -
Si sollevò a mezzobusto, puntellandosi sui gomiti, e guardando con attenzione la camera da letto. Tutto fin troppo in ordine. Persino i suoi vestiti, che Bryce la sera prima gli aveva praticamente strappato di dosso, erano poggiati con cura su una panca accostata al muro.
- Bryce? -
Lo chiamò ancora, con la voce roca per il sonno, senza ottenere risposta.
Si sforzò ad alzarsi, mentre camminava scalzo verso il bagno, cercando di non pensare a niente. Poi si vestì, con movimenti meccanici, prima di dirigersi verso la cucina che aveva intravisto la sera prima. Sperando di trovare almeno qualcosa da metter sotto i denti.
Trovò solo il caffè caldo, ed un sacchetto di una pasticceria con una brioche fragrante e profumata.
Accanto un foglio. E con la scrittura lineare di Bryce, solo cinque parole.

Mi dispiace, addio. Ti amo.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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