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Autore: UNDEFINED_    18/03/2020    1 recensioni
Lo avvolse come in un abbraccio, come fosse tra le spire d’un serpente. I loro petti aderivano, ed era vero: sentiva il cuore dell’angelo battere forte sotto al suo.
Era questo, con ogni probabilità, ciò che più adorava della loro forma terrestre.
La cosa per cui era più grato dell’essere stato mandato sulla terra era, infatti, l’aver ricevuto un cuore. Un vero cuore, fatto di carne, pulsante, e del tutto uguale a quello dell’angelo che ora ricambiava il suo sguardo ammorbidito, con una mano sul suo viso
Genere: Comico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Sentiva di starsi addormentando, e per una volta non costituiva un problema. Poteva lasciarsi andare, non preoccuparsi degli incubi che sarebbero seguiti, di svegliarsi e trovarsi solo…

Sentiva già i pensieri correre, nell’attimo di torpore che precede il totale abbandono, quando avvertì alla spalla un calore insolito. Aggrottò la fronte, era umido quello che sentiva attraverso la maglia. Ci fu un singhiozzo. Si rizzò a sedere, l’angelo era stretto attorno al suo braccio

«Aziraphale, tutto bene? È successo qualcosa?»

«Tutti quei libri, era disposto a dare la vita per tutti quei libri!» Esclamò, tirando su col naso. 

Crowley rigettò la testa all’indietro, sbuffando. «Il film, piangevi per il film»

Avevano deciso di passare una serata a casa, magari con una bella pellicola, ma dopo circa mezz’ora passata non riuscendo a raccordarsi su un titolo da vedere, Crowley si era rassegnato ed Aziraphale aveva finito col mettere “Il Nome della Rosa”, come sempre. 

«Quante volte l’avrai visto? Una a settimana dall’anno di uscita? E ti commuoverai ogni volta?»

«È l’amore per la conoscenza, Crowley! Non resisto di fronte a tanta devozione» mugugnò, tirando su col naso. Il demone storse il labbro, quelle immagini della biblioteca in fiamme gli riportavano alla memoria ricordi spiacevoli. 

«Svegliami quando avrai finito di piangere, d’accordo?» Lo canzonò. 

L’angelo roteò gli occhi, tuttavia silentemente apprezzando che l’altro si fosse fatto più vicino. 

A quel punto cercò di tornare a concentrarsi sul film, ma la sua attenzione verso lo schermo finì nel momento in cui il demone posò la testa sulla sua spalla. Dopo ciò, tutto ciò a cui riusciva a pensare era assicurarsi di rimanere immobile. Evitare movimenti bruschi per il timore di spezzare quell’equilibrio del loro contatto perfetto ma statico di tensione. Tensione da parte dell’angelo, almeno. Crowley invece sembrava così rilassato, sentiva addosso tutto il suo peso, abbandonato sulla spalla. 

Aziraphale era però sicuro che qualsiasi altro movimento sarebbe stato di troppo, sconveniente. Di nuovo, cercò di interrompere l’inevitabile flusso di pensieri e tentò di prestare attenzione al film, che per la prima volta dopo trentaquattro anni gli sembrò noioso. O perlomeno noioso in confronto a ciò che aveva accanto. Infine perse del tutto le speranze di impegnarsi a ricordare chi la Santa Inquisizione stesse arrostendo quando abbassando lo sguardo adocchiò la mano di Crowley, morbidamente poggiata sulla sua stessa gamba.

Ne studiava i contorni, le pieghe che formava sui pantaloni scuri, le vene sporgenti sui palmi. Venne preso da una smania di sfiorarla, di far passare i polpastrelli sulle eleganti unghie tinte di nero, sulla leggera peluria fulva che si intravedeva dalla manica. 

Con una lentezza snervante avvicinò le dita titubanti a quelle lunghe e affusolate del demone. Fece per sfiorargli l’indice, ritraendosi poco dopo come se si fosse scottato con la sola vicinanza della sua pelle. Irragionevole, perché comportarsi a quel modo? 

Si arrabbiò con se stesso. Loro due avevano fatto di peggio, molto di peggio. 

Ed ora non riusciva a prendergli la mano? Avvampò trovandosi ad essersi soffermato con la mente su quel “molto di peggio”, ma soprattutto a desiderarne ancora. 

In sua discolpa poteva dire che era sempre stato Crowley a prendere l’iniziativa, il più delle volte si ritrovavano senza vestiti prima di accorgersi persino di essersi spostati in camera da letto. 

Oh, cielo. Doveva assolutamente smettere di pensarci, prima che fosse troppo tardi.

Trasalì sentendo le dita dell’altro muoversi impercettibilmente sotto le sue. Quando era arrivato a toccarlo?

Cercò di scorgere dalla sua posizione, senza muoversi, il volto del compagno. Credeva dormisse, invece vide le sue ciglia battere debolmente, lo sguardo sicuramente fisso sulle loro mani. 

Ed infatti Crowley si era goduto tutta la scena, immobile, sorridendo teneramente di fronte a tanta ingiustificata insicurezza. Aziraphale era incorreggibile: Così apparentemente fedele alla sua pura natura di angelo, eppure dopo seimila anni aveva imparato a conoscerlo bene. E che fosse stata la cattiva influenza che la terra aveva avuto su lui o semplicemente la lontananza da quel clima di repressione che regnava in paradiso, ormai bastava superare quella labile barriera di pudore (a cui nemmeno l’angelo credeva più tanto) per trovarsi davanti a chi fosse realmente. Sovrappensiero, Crowley si sollevò dalla spalla di quest’ultimo e non fu affatto sorpreso nel trovarsi due vispi occhi azzurri che lo fissavano

«Cosa, angelo, il film ha d’un tratto smesso di essere interessante?» ghignò. Ah, come lo conosceva bene.

«Niente affatto, anzi, questa scena è la mia preferita» si voltò verso lo schermo: non dava soddisfazioni, lui. In realtà non aveva la benché minima idea di cosa stesse accadendo in Tv

«Quindi sarebbe un peccato distrarsi proprio adesso...» ammiccò, spostando le loro mani ora saldamente intrecciate dalla sua gamba a quella del biondo

«Un vero peccato» sussurrò l’altro di rimando, senza però sottrarsi al tocco

«Un vero peccato?» sciolse la mano dalla sua e la posò aperta poco sopra il ginocchio dell’angelo «Di quelli per cui poi bisogna mettersi in ginocchio a chieder perdono?» gli sussurrò all’orecchio 

«Crowley!» si portò una mano al petto sfoderando l’espressione teatralmente più offesa che riuscì a raccattare -soffocando in realtà un profondo brivido

«Cosa c’è, ti sto facendo perdere il film per caso?» la mano risalì lenta fino al fianco, le sue labbra sempre più vicine ancora tese in un mezzo sorriso beffardo «Posso sempre smettere, se vuoi» aggiunse, dopo avergli portato la mano al costato. Per tutta risposta Aziraphale si sporse in avanti per quei pochi centimetri che li separavano, le labbra a sfiorarsi appena, per un attimo una sull’altra in impercettibili movimenti impazienti. 

E furono entrambi, subito dopo, a cercare di approfondire il contatto, flettendo la testa di lato, prendendosi le labbra tra le proprie.

Il demone si scostò leggermente e dischiuse gli occhi. Intravide l’angelo, le sue sopracciglia lievemente inarcate, proteso verso di lui. Ed era come se il suo cuore cantasse, e sapeva fosse così anche per l’altro, lo sentiva dal respiro veloce, dall’accelerare delle sue labbra, dai piccoli sospiri che dividevano un bacio dall’altro. Lo avvolse come in un abbraccio, come lo stringesse tra le spire d’un serpente. I loro petti ora aderivano, ed era vero: sentiva il cuore dell’angelo battere forte sotto al suo.

Era questo, con ogni probabilità, ciò che più adorava della loro forma terrestre. 

La cosa per cui era più grato dell’essere stato mandato sulla terra era, infatti, l’aver ricevuto un cuore. Un vero cuore, fatto di carne, pulsante, e del tutto uguale a quello dell’angelo che ora ricambiava il suo sguardo ammorbidito, con una mano sul suo viso. Poter prendere quella stessa mano e posarsela sul petto e vedere i curati polpastrelli alzarsi ritmicamente, in maniera quasi invisibile. Passare notti intere così, sapendo che il solo sentirlo significava essere insieme, sulla loro terra, che nessuno conosceva allo stesso modo. Sapeva che il proprio cuore fosse in costante movimento, ma era come se battesse solo in quel momento, quando lo vedeva attraverso Aziraphale. Per questo era sempre stato terrorizzato all’idea di un possibile cambio delle parti, di un perenne ritorno all’inferno (o in paradiso, persino).

Lì nessuno aveva un cuore.

«Crowley, caro?» l’angelo lo guardava preoccupato

Avrebbe dovuto dirgli tutto. Fargli capire quanto bisogno avesse di sentirlo così, di avere la conferma su quanto grande fosse il loro legame, che anche se avevano imparato a fare l’amore come gli uomini ciò che provava per lui era di natura divina, infinita. Com’erano loro.

«A cosa pensi?» lo sguardo di Aziraphale era come una carezza apprensiva.

Dirgli tutto. E poi era un angelo, gli angeli capivano per definizione ogni faccenda sui sentimenti. O insomma, alcuni di loro.

«Mi spiace angelo, ho finito per restarmene fermo a pensare e ho rovinato il momento» sorrise mesto il demone. Il film ancora andava, in tv, e si soffermò a guardare un cavallo sullo sfondo raspare il terreno con lo zoccolo. 

L’angelo sospirò «Anch’io sono felice di essere qua»

«Non ho detto nulla» borbottò Crowley, senza guardarlo

«Non ne hai bisogno» sorrise, sapiente.

Non ne aveva affatto bisogno, dopo millenni passati a studiarsi le reciproche espressioni

Si voltò stancamente, l’espressione velata da tenue desolazione «Mi hai beccato, sleale angelo»

«È merito dei tuoi occhi trasparenti, vecchio serpente»

«Voglio baciarti ancora» parlò veloce, quasi timido il demone. La voce era bassa e sfuggente, sembrava una preghiera. O un comando. Aziraphale fremette.

Ed in poco tempo si ritrovarono come prima, ansanti, in attesa d’altro. 

Crowley tornò nuovamente a posare le mani sulla vita del biondo, sotto il cardigan, a tastare la schiena e le spalle con mani sicure là dove perennemente una volta si stagliavano un paio di splendide ali bianche, punto così sensibile (per entrambi). E portò la mano giù, facendo pressione, non staccando le labbra dalle sue. Sentì quelle affilate linee sui fianchi, sottili rigonfiamenti che aveva imparato a mappare, uno per uno. Si chinò a baciarle, a dare amore a quelle cicatrici che l’angelo stesso si era procurato dando una motivazione, un significato ad ognuno di quelle. Un normale taglio poteva semplicemente venir miracolato via, ma le lame celesti, com’era la sua spada, avrebbero lasciato un segno perenne. 

L’andamento dei suoi baci, però, stava prendendo una piega diversa. Ancora leggeri, ancora dolci, ma puntavano più in basso, e l’angelo non potè far nulla se non abbandonarsi del tutto a ciò che il demone avrebbe fatto.

Che avrebbe fatto, se non -mentre gli sfilava i pantaloni con sguardo predatorio- alla Tv il viso del bel Sean Connery si fosse tramutato nel faccione butterato di Belzebù, con annessa scorta di mosche al seguito, che dall’alto (per quanto alto potesse essere Belzebù) della sua tonsura e vesti francescane portava sotto braccio una pila di scartoffie. Non che Crowley le avesse notate, preso com’era dal cercare di buttar l’angelo giù dal divano

«Crowley, non puoi intitolare “ArmageddOFF” il verbale ufficiale del-» ma cosa stava facendo? Cercare di soffocare qualcuno col fondo del divano?

Crowley era infatti finalmente riuscito a spinger giù l’altro ai piedi del divano, che ora, carponi sul pavimento, era ammaccato da un cuscino nel maldestro tentativo del demone di nasconderlo. A miracolarsi via, nessuno dei due ci pensò.

«Belzebù! Oh p-principe Infernale, Lord degli Archivi!» con uno sguiscio da serpe si sedette con forzata nonchalance sul cuscino che ora aveva come appoggio la schiena dell’angelo «Che orrido piacere questa vostra visita!»

Tremendo angelo, continuava a farlo sobbalzare! Diede un colpo col tacco dello stivale, possibile che non stesse un attimo fermo? Accavallò le gambe col suo classico fare, sfoderando un tirato sorriso a Belzebù, spaventosamente zitto. Impassibile. «Posso fare qualcosa per voi? Insomma, qui io stavo solo-»

«Ti fermerò qui. Non ho il minimo interesse per le tue... faccende private. Tu rinomina solamente il file e prega di non farmi vedere più un’immagine simile, per l’amor di-» uscì dall’inquadratura, lasciandosi dietro solo qualche mosca ed ogni crocifisso della scena al contrario.

«È andato via?» ovattata dal cuscino, la voce di Aziraphale vibrò nel silenzio delle pareti «...posso tirarmi su i pantaloni, ora?»

Crowley scoppiò a ridere, rimbrottato silenziosamente da un irritato angelo nel più totale imbarazzo «Non ci trovo nulla di divertente» bofonchiò, mentre rimetteva a posto il morbido cardigan beige dentro i pantaloni a vita alta. «E poi smettila di ridere!»

«Avresti dovuto vedere la sua faccia!» si asciugò una lacrima d’ilarità dal viso «All’inizio sembrava quasi orgoglioso di avermi finalmente beccato ad uccidere qualcuno!»

«Credi mi abbia visto? E se dovesse riferire qualcosa ai... piani alti, insomma?»

La voce del demone era ancora acuta, smorzata dalla risata «Non devi aver paura di questo, angelo» soffiò via il resto della risata morente in uno sbuffo «Ci temono, ricordi? Nessuno verrà a darci noie»

«Sarà.» l’angelo era tutt’altro che convinto. Che imbarazzo, che incosciente! «Potresti almeno spegnere la Tv?» sprofondò nel divano, dopo averne ricollocato il cuscino al proprio posto.

Con un gesto distratto verso la parete il demone mise via il film, spegnendo lo schermo. E già sedeva accanto all’angelo «Aziraphale? Angelo, tesoro, non ce l’avrai mica con me?»

Ebbene, non gli parlava. Ma lo conosceva bene, no? E come ne aveva studiato a fondo i comportamenti, era anche a conoscenza dei suoi punti deboli. Sapeva quindi cosa ritorcergli contro, in suo favore...

E si dà il caso che miracolosamente avesse, per qualche fortuito motivo, “una cesta di lamponi freschi, in cucina, e del cioccolato fuso e, oh! Delle fumanti crêpes, di quelle che sono morbide ma anche croccanti. Abbastanza per corrompere il mio angelo? Come dici? Colpo basso?” Che tutti prendessero nota, non esisteva al mondo alcuna captatio benevolentiae efficace quanto quella del buon cibo contro gli angeli. O insomma, contro il suo, di angelo.

Che presto tornò a sorridergli, con un lampone tra le mani ed il cioccolato sulle dita.

 

 

Diario dell’angelo caduto, data astrale 18 Marzo 2020

In questa quarantena, io ho trovato il mio angelo. E forse l’ho anche perduto.

   
 
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