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Autore: fantaysytrash    18/03/2020    1 recensioni
[Thalia/Luke | Angst/Introspettivo/Romantico | Song-fic | What If…? | Percy Jackson e gli Dei dell’Olimpo: Lo Scontro Finale] [Questa storia partecipa alla challenge “Challenge pro Quarantena” indetta da Ile_W sul forum di EFP] [Questa storia partecipa alla challenge “Hugs & Kisses” indetta da carlotta.97 sul forum di EFP]
Prima di ospitare nel suo corpo lo spirito di Crono, Luke vuole rivedere Thalia un’ultima volta.
Dal testo:
“Conosceva le regole per essere una Cacciatrice: non doveva innamorarsi. Eppure non poteva farne a meno. Non l’aveva scelto lei, non era stata una sua decisione, non avrebbe nemmeno voluto innamorarsi di Luke Castellan. Ma era successo.”
Genere: Angst, Introspettivo, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Luke Castellan, Talia Grace, Talia/Luke
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Note dell’Autrice

Terzo giorno della challenge e prima storia in questo fandom (o, perlomeno, la prima pubblicata tra le molteplici che ho scritto nel corso degli anni)!

Nonostante tutti i sequel che sono stati pubblicati nella serie, la primissima pentalogia avrà sempre un posto speciale nel mio cuore, e la mia OTP assoluta è sempre stata la Thaluke. Eccovi dunque uno scenario alternativo di come sarebbero potute andare le cose, sulle note di “I Don’t Want to Miss a Thing” degli Aerosmith.

Grazie a chi gli darà una possibilità!

Federica ♛

 

 

Disclaimer: Tutti i personaggi di questa storia non appartengono a me, bensì a Rick Riordan. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro, ma solo per puro divertimento.

 

 

 

 

THE LAST CHANCE 

 

L’enorme palazzo nero dei Titani risplendeva sotto il sole cocente di agosto. L’eccitazione era palpabile; gli alleati di Crono stavano già pregustando la loro vittoria, e come biasimarli? Il loro padrone avrebbe riacquistato un corpo da lì a pochi giorni e sarebbe stato finalmente in grado di guidare la guerra contro l’Olimpo.

Le varie spie li avevano informati: gli Dei non avevano alcuna possibilità di trionfare. Sarebbero stati spodestati, sostituiti e gettati nel Tartaro, proprio come loro avevano fatto con Crono.

Ogni semidio o mortale che si fosse opposto sarebbe stato eliminato. La Sesta Era stava per sorgere e nessuno avrebbe potuto fermare la loro avanzata.

L’unica persona che sembrava avere qualcosa da ridire sulla questione era Luke. Non che non fosse convinto della slealtà degli Dei o non volesse annientarli, ma non aveva ancora assimilato completamente la notizia che sarebbe stato il suo, di corpo, che Crono avrebbe ospitato.

Dal momento che il suo Signore gli aveva riferito tutti i particolari, sapeva bene anche quali sarebbero state le conseguenze: non sarebbe stato più capace di controllarsi, sarebbe stato completamente in balia del Titano del Tempo. E la sola idea lo terrorizzava. Lui non voleva questo, nel modo più assoluto.

“Lasciatemi!” Una voce acuta destò Luke dai propri pensieri. Istintivamente sorrise; quegli idioti dei suoi servitori avevano fatto qualcosa di giusto, per una volta.

Il suo volto tornò serio quando tre empuse entrarono nella sua stanza trascinando una Thalia piuttosto arrabbiata. Non appena vide Luke si calmò, per circa dieci secondi. Dopodiché iniziò a scalciare e a dimenarsi con ancora più forza.

“Ehi, Luke,” esclamò Kelli, gli occhi rossi scintillanti. “Forse è meglio se restiamo a tenerla buona. Potrebbe recare danni.”

“No,” replicò Luke con il tono più solenne che riuscì a trovare. “Lasciatela e andate.”

Riluttanti, le tre obbedirono.

Sebbene fosse un po’ stordita, Thalia recuperò in fretta l’equilibrio e si scagliò contro Luke, che da parte sua non fece nulla per fermarla. Non biasimava affatto la ragazza per la sua reazione.

Anche se non aveva con sé né la lancia né lo scudo né l’arco donatole da Artemide in persona, la semidea iniziò a tirare calci e pugni a caso, mentre lacrime non volute scorrevano sul suo viso. Quando si calmò, dopo quelle che erano sembrate ore, si accasciò a terra con le mani sul volto. Non doveva e, soprattutto, non voleva che lui la vedesse così.

Luke le si avvicinò cauto, posandole una mano sulla spalla. Avrebbe voluto dirle qualcosa, ma le parole restarono bloccate nella sua gola.

“Ti sei sfogata?” fu l’unica cosa che proruppe dalle sue labbra. Lei annuì debolmente, prima di tirare un altro pugno alla parte destra della faccia di Luke. La sua mano si fermò sul viso di quello che un tempo era stato il suo migliore amico, percorrendo il solco che sua cicatrice vi aveva impresso.

Lentamente sollevò la testa e incrociò quegli occhi azzurri che aveva sempre amato; e all’improvviso fu come se ci fossero solo loro. Nessuna guerra, nessun Dio, nessun Titano. Solo loro due: Luke e Thalia, Thalia e Luke.

Per i successivi dieci minuti non fecero altro che fissarsi, pozze azzurre in un cielo blu elettrico. Poi Thalia si decise a parlare. “Perché sono qui?” chiese, guardandosi intorno.

La stanza di Luke era abbastanza spaziosa. Il colore predominante era l’oro; ogni cosa pareva esserne cosparsa. Le pareti, le mensole, il letto, un grande specchio accatastato in un angolo e perfino la finestra che dava sul precipizio erano dorati e sembravano luccicare per via della luce che filtrava nella stanza.

“Volevo vederti un’ultima volta,” rispose Luke come se fosse la cosa più ovvia del mondo. Thalia spalancò gli occhi, sbalordita.

“Come? Cosa vuoi―”

“Tra qualche giorno l’anima di Crono risiederà nel mio corpo,” la interruppe il ragazzo, il volto serio e le mani strette a pugno. “E probabilmente mi dimenticherò di tutto, costretto a coesistere con un mostro che avrà pieno controllo delle mie azioni. Volevo solo… sì, insomma… volevo che tu lo sapessi.”

A quel punto Thalia non riuscì più a trattenersi; scoppiò a piangere senza preoccuparsi che qualcuno potesse vederla o sentirla. Sentì le forti braccia di Luke circondarle la vita e d’istinto si tuffò tra di esse.

“Perché devi essere tu?” chiese tra i singhiozzi.

“È stato deciso così, non ho potuto oppormi. E poi sono l’unico idoneo”. Luke non sapeva perché le stesse raccontando quelle cose; avrebbe potuto liquidarla con una scusa qualunque, ma sentiva il bisogno impellente di dirle la verità.

“Mi sono bagnato nello Stige. Sono invincibile, o quasi,” rivelò. Thalia si scostò leggermente per riuscire a guardare in faccia il ragazzo che stava abbracciando. Si avvicinò al suo viso, non sapendo bene cosa fare. Conosceva le regole per essere una Cacciatrice: non doveva innamorarsi. Eppure non poteva farne a meno. Non l’aveva scelto lei, non era stata una sua decisione, non avrebbe nemmeno voluto innamorarsi di Luke Castellan. Ma era successo.

Le labbra del semidio sapevano di mare e limone, neanche fosse un figlio di Poseidone. Quelle di Thalia odoravano di boschi e sangue, ma sapevano anche di burrocacao alla fragola.

Fu un bacio dolce e casto, diverso da come Thalia se l’era immaginato, ma ugualmente intenso. Le dita di lei vagavano tra i capelli di lui, mentre le braccia del ragazzo erano ancora strette intorno ai fianchi della figlia di Zeus.

“Quindi… cercherai di uccidermi?” chiese lei quando si furono separati, la voce più melliflua di quanto avesse voluto.

“Probabilmente.”

“E non ricorderai niente di oggi?”

“Probabilmente.”

“Bene. Dunque… come faccio ad andarmene?”

“Vuoi già lasciarmi?” domandò Luke con una punta di malinconia nella voce. “Resta con me.”

Thalia cercò di ribattere, ma risentì le labbra del biondo sulle proprie. In situazioni normali avrebbe obiettato, ma temeva di non avere abbastanza tempo nemmeno per provare a farlo. I due rimasero abbracciati per un po’, fin quando Talia non si alzò e raggiunse la scrivania. Senza indugio, prese un foglio da una pila vicino a lei e una penna dimenticata sul tavolo, e iniziò a scrivere.

Ci mise una buona mezz’ora per riempire la facciata del foglio; quando ebbe concluso, ripiegò quella che era diventata una lettera e la posò al centro della scrivania.

Luke l’aveva guardata con fare interrogativo per tutto il tempo, alquanto confuso. Thalia si limitò a sorridere, mentre si risedeva tra le gambe del biondo.

“Quella cos’è?” chiese il maggiore.

“Leggila quando me ne sarò andata,” replicò semplicemente la figlia di Zeus. “Immagino che sia il mio modo per imbottigliare il tempo, quando sembra volare via così velocemente.”

Luke sorrise e continuò a fissarla, come se fosse un miraggio. Come poteva lasciarla andare? Avrebbe voluto così tanto scappare via con lei. Ma era impensabile; un Titano assettato di sangue e il suo esercito di mostri infernali non erano un nemico conveniente.

“Perché mi fissi?”

Non voglio perdermi niente di te.”

 

“Posso farti una domanda?”

“Dimmi.”

“Perché hai scelto di unirti a lui?” La voce di Thalia era carica di rancore perché, infondo, si sentiva tremendamente in colpa. Se solo fosse riuscita ad attraversare la barriera del Campo…

Da parte sua, Luke sospirò. Troppe volte si era posto quella stessa domanda, senza mai riuscire a trovare una motivazione abbastanza soddisfacente. E, se non riusciva a convincere se stesso, come poteva sperare di impressionare Thalia?

“Ero solo. Tu non c’eri più e io… io non ero pronto ad accettarlo. Volevo vendicarti.”

“Questo non è vero!” ribatté la ragazza. “Noi siamo sempre stati insieme; ho continuato a vegliare su di te. Ti ho guardato mentre diventavi il miglior spadaccino degli ultimi trecento anni e mentre facevi cadere ai piedi tutte le ragazze del Campo. Ti sono stata vicino quando hai fallito la tua impresa e quando urlavi insulti contro tuo padre. Luke, io non ti ho mai abbandonato veramente. Avresti dovuto saperlo, avresti dovuto sapere di poter ancora contare su di me.”

“Temo di averlo dimenticato.” Il ventiduenne era sinceramente addolorato. Se solo ci fosse stato un modo per tornare indietro…

“Dovresti andare,” proferì infine. “Sono già passate tre ore.”

Il pensiero di doversi salutare per sempre investì entrambi come una folata di vento gelido. E lì, in quella stanza dorata, si diedero l’ultimo bacio, l’ultimo abbraccio e l’ultima promessa.

“Non dimenticarti di me, Thals.”

“Sai che non lo farò”.

Luke andò ad aprire un cassetto e vi estrasse un paio di scarpe alate, sicuramente rubate dalle scorte del padre. Le porse a Thalia e le disse: “Indossale e va’. Ci sono un paio di cose che dovrai spiegare ad Artemide, credo.”

 

La battaglia infuriava da giorni ormai e gli Dei non si erano ancora decisi a correre in aiuto dei loro stessi figli.

Le armate di Crono diventavano continuamente più numerose ed era sempre più difficile contrastarle. Il Campo Mezzosangue aveva subito numerose perdite e, sebbene indeboliti, i nemici marciavano imperterriti verso l’Olimpo.

“Siete degli sciocchi, se credete di potermi fermare,” esalò una voce metallica. “Vi distruggerò uno per uno, senza pietà.”

Era proprio quello, il punto debole che il Titano stava sfruttando: la pietà dei semidei.

Nessuno aveva il coraggio di attaccarlo direttamente perché la maggior parte aveva conosciuto Luke e pensava ci fosse ancora possibilità di salvezza.

L’unica decisa a sconfiggerlo era Thalia; la ragazza sapeva cosa doveva fare e, anche se non scoppiava di voglia, era determinata a mantenere la sua posizione; lo doveva a Luke. Armandosi di lancia e coraggio, si fece avanti.

“Ciao, Thalia”. Il corpo di Luke era proprio di fronte a lei. Sembrava così... lui. Solamente gli occhi d’oro tradivano il Signore dei Titani.

Poi Thalia la vide. Nella tasca destra dei pantaloni mimetici di Luke spuntava l’angolo bianco di un foglio spiegazzato. La ragazza non poté dire con assoluta certezza che fosse quel foglio, ma una parte di lei si aggrappò disperatamente a quella speranza. Perché significava che, dopotutto, c’era ancora un minuscolo brandello dell’anima di Luke non sottomesso a Crono. Perché significava che, dopotutto, lui l’aveva amata davvero. Significava che avevano chiarito, pareggiato i conti, e ora erano in pace con se stessi. Significava che Thalia poteva attaccare senza sentirsi in colpa.

“Ciao, Luke,” disse la ragazza prima di menare un fendente con la sua lancia. Istintivamente ripensò alla lettera scritta poche settimane prima.

 


“Spero che tu non faccia il solito testone, e leggerai questa lettera prima di perdere completamente le tue facoltà mentali.

Da dove iniziare? Ci sono così tante cose che ci siamo persi che non so davvero come farò a raccontarle tutte. Mi limiterò a illustrarti un paio di concetti importanti.

Innanzitutto, grazie. Sì, grazie per esserti preso cura di me quando avevo dodici anni; grazie per avermi portata a casa tua quando ero ferita, anche se odiavi quell’abitazione; grazie per essere stato il migliore amico che avessi mai potuto desiderare.

Non ascoltare gli altri: loro non ti conoscono. Ma io sì, e so quanto hai sofferto. Non ti biasimo per le tue scelte, anche se avrei preferito svegliarmi dal mio sonno sessennale avendoti al mio fianco.

Vorrei precisare anche un’altra cosa: tu non mi hai mai delusa, Luke. Mai. Ci tengo che tu lo sappia perché, se c’è qualcuno degno della mia amicizia e totale lealtà, quello sei tu.

Chissà, magari un giorno ci rincontreremo. Sai, credo che lascerò le Cacciatrici, o forse mi escluderanno loro, non so. Sicuramente sarò di nuovo mortale, perché ho la netta sensazione che Artemide verrà a scoprire il motivo della mia visita, in un modo o nell’altro.

Visto che non ci sarà un’altra occasione per dirlo, lo farò ora: io ti amo.

Onestamente non so se tu l’avessi capito anni fa, perché avevo intenzione di dirtelo una volta arrivati al Campo. Ma sei sempre stato un tipo intuitivo, quindi presumo di sì.

Prima di lasciarti in completa balìa di quel mostro, ti dico un’ultima cosa: tu sei molto meglio di Percy. Sì, so che sei geloso di lui, ma so anche che non ne hai alcun motivo. Se gli esseri umani fossero precipitazioni atmosferiche, lui sarebbe una pioggerella e tu un ciclone.[1]

Ci vediamo nel Tartaro, campione.

Sempre tua,

Thalia”.

 

 

 

 


[1] Citazione tratta dal libro “Cercando Alaska” di John Green

   
 
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