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Autore: Pol1709    18/03/2020    4 recensioni
La donna in nero sorrise – Anch’io ho sempre indossato abiti da uomo, sorella! Colei che cerchiamo si trova nel nord della Gallia, una terra che lei e chi l’accompagna chiamano Francia, vanno verso ovest, verso una terra chiamata Normandia, proprio di fronte alla Britannia ed è un segno…Una donna in abiti da uomo, che si comporta come un uomo e che ha un nome da uomo –
Il Comandante delle Guardie Reali del Re diFrancia, Oscar de Jarjayes, si sta recando in Normandia per un controllo di routine alle proprietà della sua famiglia. E' accompagnata dal suo attendente e migliore amico Andrè. I due smarriscono la strada e si ritrovano, loro malgrado, in un mondo antico e leggendario, quello del ciclo arturiano della vicina Inghilterra. Oscar dovrà combattere con un'avversaria potente e ben più pericolosa di tutte le nobildonne della Corte di Versailles: la Fata Morgana.
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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PROLOGO – Altrove
 
Incespicò di nuovo. Si appoggiò con una mano all’umida parete della grotta per non cadere, si rimise dritta e poi si pulì sul suo vestito rosso fuoco. In effetti, si disse, le sue scarpe fatte per percorrere i corridoi dei castelli non andavano bene per camminare in quel luogo, così come di certo non era appropriato il suo abito lungo di colore cremisi.
Vide la sua meta finale a qualche metro di fronte a lei, una colonna di pietra con una grezza vasca semisferica sopra, illuminata dall’alto da un’apertura sul soffitto della caverna. Il raggio che illuminava l’antico manufatto creava una strana atmosfera mistica e magica e capì il perché del rito in quel luogo. Si avvicinò e poggiò le mani sui lati della vasca. Guardò dentro, vide il suo riflesso nell’acqua limpida, il suo bel volto ovale, i suoi occhi verdi come gli smeraldi e i suoi capelli rossi come fiamma, identici all’abito che indossava.
Era bella, lo sapeva, non aveva nemmeno una lentiggine, cosa che invece contraddistingueva quelli che possedevano il suo colore di capelli. La sua pelle era candida e liscia, morbida, anche se aveva superato i quarant’anni ed era vicina ai cinquanta, ma il suo fisico era asciutto e tonico, merito di certo delle lunghe cavalcate che era solita fare. I suoi fianchi erano stretti e le sue natiche sode, una cosa che attirava inevitabilmente gli uomini di ogni età, compresi i ragazzini e nessuno avrebbe mai detto che aveva avuto quattro gravidanze. Strinse le labbra: erano cinque le gravidanze che lei aveva portato a termine.
Sentì dei rumori strascicati venire dal buio. Si guardò attorno e poi abbassò di nuovo gli occhi sull’acqua. Fece tamburellare le dita delle mani sui lati della vasca – Avanti sorella! Ti sto aspettando! –
Dal buio emerse una figura umana. Era una donna. Lo si vedeva dalle forme evidenziate da uno stretto corsetto nero a manica lunga, indossava dei pantaloni in pelle dello stesso colore, stretti ed inguainati in alti stivali neri fino alle ginocchia. Neri i suoi abiti e neri i suoi capelli, lunghi fino a metà della schiena e che incorniciavano un volto molto bello dagli zigomi cesellati, ma pallido, bianco in modo innaturale. L’unico elemento che stonava era una corona in metallo che portava attorno al capo, larga circa in centimetro e che si allargava sulla fronte a formare una croce a braccia uguali racchiusa in un cerchio, il simbolo della croce celtica.
La donna dai capelli rossi strinse le labbra “L’eredità dell’Antico Popolo! Pelle cadaverica e capelli neri! Di tutte noi solo lei ha avuto questo dono…E questa maledizione” pensò – Porti simboli cristiani adesso? -
L’altra la guardò negli occhi con delle pupille grigie e fredde; alzò le braccia e poggiò le mani, anch’esse bianche cadaveriche, su quelle dell’altra ai lati della vasca. La rossa sentì un brivido dal polso al braccio e fino al collo. La donna in nero sorrise, snudando dei denti bianchissimi con dei canini stranamente appuntiti. “Si lima ancora i denti. Come quando eravamo bambine!” pensò l’altra distogliendo lo sguardo.
La donna in nero strinse le mani della sorella – Lo porto perché è il simbolo del nostro popolo e i cristiani mi lasciano in pace. Loro non sottovalutano il potere dei simboli, sorella e nemmeno io. Sei pronta? –
La rossa strinse le labbra – Lo sai che non possiedo i tuoi poteri. A cosa ti servo in questa fetida caverna? E non potevamo comunque farlo nel castello, magari di fronte al camino e con un bicchiere di buon vino della Gallia? –
La donna in nero piegò leggermente la testa – Ci sono luoghi che hanno un potere speciale, sorella. Questa caverna è uno di quelli. L’intero mondo è attraversato da invisibili linee di energia che non sono percepibili a occhio nudo dai non iniziati ai misteri. Questa piccola vasca è stata costruita in un’epoca antichissima, più antica dei nostri progenitori e dell’Antico Popolo e proprio sull’incrocio di due di quelle correnti: una benefica ed una malvagia. Il luogo ideale per un incantesimo. Inoltre mi servi in quanto tu, come sangue del mio sangue, puoi incanalare il mio potere ed amplificarlo –
La rossa annuì – E allora fallo! Fallo! Per gli dei dell’Annwn! –
La donna in nero chiuse gli occhi e abbassò la testa, mormorò delle parole che l’altra non capì e l’acqua si increspò leggermente. La rossa si guardò attorno e capì che non si trovavano più nella caverna, ma in un altro luogo, sospeso oltre il tempo e lo spazio. La donna in nero spalancò gli occhi – La vedi? Vedi colei che cerchiamo? –
La rossa abbassò lo sguardo, vide nell’acqua una strada con degli alberi ai lati e due figure sfocate. Socchiuse gli occhi e si avvicinò alla superficie, si trattava di due cavalieri. Una delle figure gli apparve più chiara e più vicina. Dopo qualche istante si raddrizzò – Dev’essere un errore! Quello che vedo è un uomo, indossa degli strani abiti, ma sono senza dubbio quelli di un    uomo –
La donna in nero sorrise – Anch’io ho sempre indossato abiti da uomo, sorella! Colei che cerchiamo si trova nel nord della Gallia, una terra che lei e chi l’accompagna chiamano Francia, vanno verso ovest, verso una terra chiamata Normandia, proprio di fronte alla Britannia ed è un segno…Una donna in abiti da uomo, che si comporta come un uomo e che ha un nome da uomo –
La rossa inarcò le sopracciglia – Come facciamo a sapere che è proprio lei, sorella? Anche tu indossi abiti da uomo e noi non possiamo assolutamente sbagliare –
La donna in nero strinse le labbra e chiuse gli occhi – Sento…Vuole essere un uomo, è di nobile stirpe, cavalca alla testa di un esercito…E’ lei, sorella, E’ lei! –
L’altra deglutì – Come dici tu! E…Del suo compagno? Cosa ne facciamo? –
La donna in nero aprì gli occhi, sollevò una mano e l’aprì sopra l’acqua del bacile di pietra – Lo scudiero…Anche lui ci serve –
La rossa sorrise – Meno male! Sembra carino –
 
 
 
LUNGO LA VIA
 
Il cavallo si fermò di colpo sollevando gli zoccoli anteriori. Oscar de Jarjayes sorrise e gli batté la mano sul fianco – Bel lavoro! E bella cavalcata amico mio! Siamo riusciti a battere André ancora una volta – disse e si guardò indietro. La strada era deserta.
Sospirò, guardò di nuovo avanti e accarezzò ancora l’animale. Essere il comandante della Guardia Reale e amica intima della regina Maria Antonietta dava dei privilegi e, tra questi quello che gli piaceva di più e l’unico che usava, era quello di poter prendere dei permessi con scarso anticipo. Lei e il suo attendente, nonché migliore amico André Grandier, nipote della Governante del palazzo dei suoi avi a Versailles, avrebbero passato i prossimi giorni visitando le proprietà della sua famiglia in Normandia.
Avrebbe preferito andare nell’altro feudo dei de Jarjayes, nei pressi della città di Arras, vicino al confine con il Belgio e i territori germanici, dove c’erano campi coltivati baciati dal sole, stalle piene di armenti e una popolazione gentile ed accogliente.
Nel Nord-Ovest della Francia, invece, non aveva mai trovato nulla di simile. Antiche e tenebrose leggende sulle antiche pietre conficcate nel suolo che venivano chiamate menhirs si mescolavano a vecchi rituali pagani che, invano, la Chiesa aveva cercato di estirpare e la popolazione non era certo socievole. Le proprietà della sua famiglia, poi, si riducevano a quella che suo padre si ostinava a chiamare villa, ma che in realtà era una grande costruzione ad un piano a forma di “U” la cui parte abitabile era solo quella centrale, mentre ai lati si trovavano stalle e magazzini. I campi venivano gestiti da dei fittavoli del piccolo paese di Sainte Marie du Mont, anche se l’abitazione si trovava più a est, in una località denominata la Madeleine, circondata da un pugno di piccole case che ospitavano il personale al servizio dei de Jarjayes.
Non le era mai piaciuta quella residenza, troppo isolata e troppo piccola per lei, poi, ogni volta che ci andava, faceva di sogni strani, non incubi, ma si vedeva sulla spiaggia mentre uomini vestiti di grigio e con un buffo elmo a paiolo rovesciato in testa correvano accanto e lei e nere navi occupavano l’orizzonte. Gli uomini grigi urlavano in una lingua che non era il francese, ma sembrava tedesco: “Sie kommen!” – Arrivano! – e chi stava arrivando dal mare con le navi? A quel punto si svegliava madida di sudore, tremando e senza nemmeno sapere il perché.
La cosa positiva era che quei sogni si manifestavano raramente, ma l’unica vera bella attività che faceva in Normandia era andare a cavalcare con André sulla spiaggia, grande e lunga, per ore e ore senza pensare ad altro. E non vedeva l’ora di farlo! Quei pochi giorni gli sarebbero serviti per ricaricarsi e tornare poi al suo posto, a fianco della frivola Regina nella speranza di poterla aiutare a migliorare e a diventare quella grande sovrana che la Francia meritava e desiderava ardentemente. Le guerre continue al mondo intero del Re Sole Luigi XIV e il regno incolore di Luigi XV avevano posto le basi per una situazione sociale esplosiva in tutta la Nazione e il popolo, compresa la Nobiltà ed il Clero, si aspettava grandi cose dal nuovo Re e dalla nuova Regina.
Oscar, persa in quei pensieri, sbuffò e si guardò di nuovo indietro, André non si vedeva ancora “Ma tu guarda! Mi propone una gara e poi non si preoccupa nemmeno di starmi dietro!”. Si girò e notò con sorpresa che, al lato della strada, c’era una figura che stava venendo verso di lei a piedi.
Spronò il cavallo al trotto e si avvicinò. Era una donna, si appoggiava ad un bastone, indossava un abito liso e che, una volta, doveva essere stato di un bianco splendente. Il suo volto era quello di una persona di una certa età, ma non chiaramente definibile, forse oltre i cinquant’anni e i suoi capelli biondi striati di bianco erano raccolti in una lunga treccia che gli cadeva sulla schiena.
La donna sollevò lo sguardo e posò due occhi azzurri su di lei – Buongiorno bel cavaliere! –
Oscar sorrise e si piegò in avanti – Buongiorno a voi! Perdonatemi, è molto distante il bivio per Carentan? Io e il mio amico vorremmo passarci la notte e poi procedere verso Nord –
La donna si appoggiò al suo bastone e sorrise – Il bivio non è lontano, ma la città si! Una raccomandazione bel cavaliere, prendete la strada di destra, è più lunga, ma più sicura. L’altra passa per il bosco, è un luogo buio, grande, dove si può perdere la via e anche la mente…Alle volte –
Oscar continuò a sorridere e si raddrizzò sulla sella – Lo terremo a mente gentile signora – disse e mise mano alla tasca interna della giacca per cercare una moneta.
La donna sollevò una mano – Non serve bel cavaliere. Solo rammentate chi siete e, quando vi sentirete sola, rammentate anche a quello in cui credete –
Oscar aggrottò la fronte, era così abituata ad essere presa per un uomo che si era turbata nell’essere definita al femminile da quella donna. Del resto stava indossando i suoi abiti civili: una lunga giacca marrone, pantaloni e stivali dello stesso colore e un gilet verde senza alcun disegno che copriva una semplice camicia bianca. L’unica cosa che spiccava nel suo abbigliamento erano i suoi lunghi capelli biondo oro. In quel momento sentì chiamare il suo nome. Si girò e vide André che arrivava a rotta di collo lungo la strada. Lei strinse le labbra – Sciocco! Non riuscirà a fermare il cavallo in tempo – disse piano e si spostò di lato.
In effetti André e la sua cavalcatura frenarono malamente e l’animale rischiò di scivolare con il suo cavaliere. La bestia si impennò e poi le apparve davanti il suo amico sorridente – Che bella cavalcata! Sei sempre più veloce di me, ma mi sono divertito –
Oscar sospirò – Contento tu! Hai rischiato di investire me e la donna qui presente –
André spalancò gli occhi e si guardò attorno – Quale donna? –
Oscar si girò verso il ciglio, nel punto in cui si era fermata la donna, ma non vide nessuno. Volse lo sguardo da ogni lato, girò il cavallo, ma non vide anima viva.
André si avvicinò – Di un po'…Non è che hai anche un po' di liquore nei tuoi bagagli e che hai cominciato a bere senza di me? –
Lei alzò un braccio e gli diede una botta in testa – Non dire cavolate! Qui c’era una donna! E ci ho pure parlato. Mi ha detto di prendere la strada di destra al bivio di Carentan –
André si piegò in avanti e si massaggiò la testa – E allora era lei a non sapere quello che diceva! Tutti sanno che la strada più corta passa per il bosco ed è solo un breve tratto per poi arrivare alla città. Se prendessimo l’altra via dovremmo farci un sacco di noiosi campi coltivati per arrivare a sera inoltrata…E il mio stomaco non potrebbe resistere –
Oscar strinse le labbra e poi sorrise – E allora salviamo il tuo stomaco –
Proseguirono al trotto e dopo un’ora arrivarono al bivio. André si mise a sinistra e indicò la strada che si inoltrava nel bosco – Il mio stomaco mi attira là Oscar…Dovresti aiutarmi o non so come potrà reagire…Potrebbe anche decidere di uscire dalla mia pancia per andare a Carentan da solo –
Lei sbuffò leggermente. Sentì freddo sulla nuca e sentì la spasmodica sensazione di gettarsi al galoppo a destra. Deglutì, era il comandante della Guardia Reale, era un soldato, era un uomo e doveva comportarsi come tale – Andiamo a sinistra –
André annuì – Alla buon’ora! –
 
Altrove
La donna dai capelli rossi si strinse nella sua lunga pelliccia e guardò sua sorella, immobile in piedi sul ciglio della scogliera. L’altra indossava i suoi abiti neri e solamente una lunga tunica in pelle nera, leggera, senza maniche e aperta sul davanti.
L’orizzonte era grigio, carico di nubi di tempesta e nel mare si sollevavano alte onde; l’acqua colpiva la roccia con furia e l’acqua si alzava fin oltre la testa della donna in nero. Quest’ultima sorrise verso il mare in tempesta – Le leggende dicono che io sono nata con un tempo del genere! Che io ho creato la tempesta! Che io sono la tempesta! – gridò e alzò le braccia. Non era la prima volta che la donna dai capelli rossi vedeva la sorella compiere dei rituali magici, ma, come in ogni occasione, non poteva fare a meno di rabbrividire.
In un attimo l’acqua delle onde che si infrangevano sulle rocce si fermò, tutto apparve rallentato e pesante, persino l’aria si fece rarefatta. La donna in nero spalancò gli occhi – Che venga da me! – urlò contro il cielo.
La donna dai capelli rossi guardò l’orizzonte plumbeo, giganteschi lampi solcarono il cielo, improvvisamente uno di loro colpì la terra proprio di fronte alla donna in nero che non indietreggiò. Fu un attimo e poi le cose intorno a loro ricominciarono a muoversi: il vento soffiò e il mare continuò a infrangersi sugli scogli.
La donna in nero, ansimante, si girò verso la sorella. Sorrise mostrando i suoi canini appuntiti – E’ qui! –
 
Oscar faticò a tenere le redini. Il suo cavallo si stava imbizzarrendo e continuava ad alzare gli zoccoli anteriori. Il cielo, perlomeno quello che poteva vedere attraverso gli alti alberi, era diventato improvvisamente grigio e nero e tutt’intorno a lei soffiava un forte vento. Anche André faticava a trattenere la sua cavalcatura. Si girò verso Oscar – Com’è possibile? Un attimo prima c’era il sole! –
Lei tirò di nuovo le redini – Non lo so! Ma ci penseremo dopo! Sta per arrivare una tempesta e dobbiamo assolutamente trovare un riparo –
André si sforzò di sorridere – Certo! Muoviamoci però! –
Improvvisamente un gigantesco fulmine squarciò il cielo e si abbatté accanto a loro. Il cavallo di Oscar si alzò sulle zampe posteriori nitrendo, senza che lei potesse fare nulla. Cadde sul freddo terreno di schiena e rimase per un attimo senza fiato. L’ultima cosa che vide fu il cielo nero con i lampi che si susseguivano senza sosta. Chiuse gli occhi e sentì delle gocce di fresca acqua sul viso. Sentì la voce di André, cosa stava dicendo? La stava chiamando? Non ne era certa e poi fu il buio.
 
Stava correndo ormai da molto tempo. I suoi inseguitori non erano più dietro di lei e si fermò solo di fronte all’alta quercia al limitare del bosco e, accanto al suo possente tronco, si inginocchiò. Abbracciò l’albero con le sue manine da bambina sentendone la forza antica e si mise a piangere.
Sapeva che non doveva piangere, suo padre l’avrebbe punita, lei doveva essere forte come un uomo. Stava cercando solo degli amici, ma quei bambini erano così cattivi! Quando aveva mostrato loro quello che sapeva fare erano come impazziti, si erano messi a urlare e poi alcuni di loro avevano preso delle pietre e gliele avevano scagliate contro: Strega! Strega! Avevano gridato e avevano cominciato ad inseguirla. Perché? Le serve di sua madre la evitavano, le loro bambine non la chiamavano mai per i giochi, persino le guardie abbassavano lo sguardo quando passava. Dalla finestra della sua stanza guardava invidiosa i fanciulli rincorrersi nel cortile, ma quando scendeva per chiedere di giocare, loro sparivano. Sentiva le loro risate dietro i barili e dietro i sacchi e i suoi occhietti si riempivano di lacrime. Perché? Quando il potere si era manifestato aveva creduto di poterli impressionare e, magari, che l’avrebbero invitata ai loro giochi. Ma non era mai successo. Avevano paura, di lei.
Avrebbe voluto parlare con qualcuno, confidare il suo dolore, ma a chi? Sua madre non aveva mai tempo per lei ed era così bella e così piena di corteggiatori…Non suo padre: “Hai il sangue dell’Antico Popolo! Avresti dovuto essere esposta appena nata e morire! Solo perché hai una parte del mio sangue sei ancora viva” gli diceva sempre. Nemmeno sulle sue sorelle poteva fare affidamento. Una era frivola e vezzosa e chissà perché solo i maschi le si avvicinavano e l’altra, con molti più anni di lei, era lontana, a studiare, le avevano detto e non l’aveva mai conosciuta, quella ragazza sulla quale si raccontavano meraviglie e che sarebbe diventata la Dama del Lago, la grande sacerdotessa dell’isola sacra dell’Antica Religione a Glastonbury, presso il Tor di Avalon.
Sentì che il potere dell’albero l’aveva calmata. Inspirò a fondo e poi lasciò il tronco restando in ginocchio. Guardò a terra un fiore, era così bello. Gli piacevano tanto i fiori. Strinse le labbra “Che senso ha continuare così? Non mi amano? E allora che mi temano! Mi hanno chiamato mostro!” pensò e si passò la lingua sui denti superiori “I mostri hanno le zanne!”.
Alzò un bracciò e mise il palmo della mano di fronte al fiore. Sentì il potere scorrere dentro di lei e vide la pianta sussultare, piegarsi, avvizzire lentamente e poi appassire del tutto cadendo a terra. Lei sorrise debolmente, era stata un’inutile crudeltà, lo sapeva, ma necessaria se doveva estirpare ogni sentimento dal suo cuore. Si alzò, si guardò attorno e vide le lontane mura del castello.
Tirò su con il naso e decise che non avrebbe più pianto per il dolore causato dagli altri. No! Sarebbe stata lei a causare dolore, se era quello che volevano. Se doveva restare sola sarebbe rimasta sola, contro il mondo intero, contro la sua famiglia e le sue sorelle. Giurò che non sarebbe più scappata, che non si sarebbe più piegata. Strega, e quello sarebbe diventata.
 
Oscar sussultò e riaprì gli occhi. Tossì violentemente e cercò, invano, di mettersi a sedere. André gli fu subito accanto – Non muoverti. Hai fatto una brutta caduta ed è un miracolo che non ti sei rotta qualcosa –
Lei sbatté le palpebre, le cime degli alberi erano circondate da un vapore bianco e denso: - Nebbia! Ma non stava per arrivare un uragano? Quanto ho dormito? E che sogno assurdo ho fatto…Ero una bambina davanti a una quercia…Ma… –
Lui sospirò – Quando sei andata a terra i fulmini e i lampi si sono placati improvvisamente ed è arrivata la nebbia. Non si vede il cielo e non so nemmeno che ora possa essere, ma di sicuro quando arriverà la notte noi non dovremo più essere qui –
Oscar deglutì e spostò la testa a destra e a sinistra – Non sento nulla –
André sorrise – Sei diventata anche sorda? –
Lei tentennò – No! Non sento nulla! I rumori della foresta…Non si sente nulla –
Lui aggrottò la fronte – Adesso che mi ci fai pensare…In effetti è strano, ma non troppo. Con il diluvio che si preannunciava probabilmente tutti gli animali si sono nascosti –
Oscar annuì, anche se poco convinta – Aiutami ad alzarmi – disse e si sollevò lentamente aiutandosi con il gomito.
André la prese delicatamente e le circondò la vita. Lei gli circondò le spalle e poi lo guardò, aggrottò la fronte – Che cos’hai? –
Lui tentennò – Nulla…Nulla…Proviamo a camminare – disse solo.
Come poteva spiegarle l’effetto che il suo corpo così vicino gli faceva? Ormai da molto tempo aveva cominciato a guardare la sua amica d’infanzia con altri occhi e a fare pensieri che non si addicevano ad un servitore dei de Jarjayes. Ma non poteva evitarlo. Sentiva il profumo dei suoi capelli così vicini e desiderò, con impeto, di accarezzarli e di baciarli.
Oscar strinse le labbra – Sarebbe meglio muoversi entro oggi! – disse con impazienza.
Lui scrollò il capo, annuì ed iniziarono ad avanzare. Le gambe non gli facevano male, ma la testa di Oscar girava vorticosamente. Chiuse gli occhi e li riaprì. Andava meglio. Dopo qualche passo lei si accorse di una cosa: - Dove sono i cavalli? Sono           scappati? –
Lui annuì stringendola – Si! Quelle bestie infernali se la sono data a gambe levate e ci hanno lasciato qui. Letteralmente in mezzo al nulla –
Seguirono quella che sembrava la strada per un tempo indefinito, la nebbia era così fitta che non vedevano nemmeno gli alberi ai bordi della carreggiata. André sospirò – Non ho mai visto una cosa del genere. E non so nemmeno quanto potremo andare avanti con te in queste condizioni –
Oscar strinse le labbra e si divincolò da lui e provò a fare qualche passo da sola. Incespicò, ma non cadde. Si girò verso di lui e sorrise – Ecco cosa vuol dire essere un soldato, André! Stammi dietro se puoi –
Lui sorrise e annuì – Come vuoi tu, mio comandante –
Il nulla. A parte il terreno sotto i loro piedi non riuscivano a vedere altro. A parte loro stessi, ovviamente. Oscar si fermò e guardò verso l’alto e vide solo la nebbia – Eppure è chiara e quindi è giorno. Ma quanto tempo è passato? E dove siamo? –
André si grattò la nuca – Sinceramente…Non ne ho idea! Secondo me dovremmo attrezzarci a passare qui la notte e aspettare che questa nebbia si alzi –
Oscar annuì – Forse hai ragione…Però… - disse e si guardò attorno, poi alzò il braccio e indicò qualcosa – Laggiù! –
Lui si avvicinò e socchiuse gli occhi. C’era una fioca luce in lontananza, sorrise – Può essere una casa, una locanda…Del cibo insomma e potrebbero anche avere i nostri cavalli –
Si guardarono e sorrisero – Allora andiamo! – disse solo lei.
 
Non era una casa. Non era una locanda. Era l’ingresso di un vero e proprio castello. Oscar rimase a bocca aperta a guardare il ponte levatoio abbassato ed il portone aperto illuminato dalla luce delle torce. André guardò a destra e a sinistra, ma vide solo grigie mura di pietra. Lei deglutì – Non ci posso credere. Un castello. Un vecchio castello in mezzo al bosco e da quando veniamo in Normandia non ce ne siamo mai accorti –
André aggrottò la fronte – Potrebbe essere la recinzione di una villa –
Oscar tentennò – No…Non credo – disse solo.
In quel momento, dal portone uscirono delle figure. Oscar, istintivamente, mise mano al fianco cercando la spada e maledicendosi di non averla tenuta con se. André socchiuse gli occhi: erano uomini, grandi e grossi, con degli abiti neri e uno strano elmo in testa. Uno di loro, un vecchio dalla barba incolta e bianca, si avvicinò – Venite! – disse e fece un cenno verso l’ingresso.
Oscar deglutì di nuovo, guardò il portone che, con le torri laterali illuminate dalle torce, sembrava la bocca di un drago. Un altro uomo parlò, in uno strano idioma gutturale e il vecchio si avvicinò ancora – Venite! – ripeté come se fosse quella l’unica parola che conoscesse nella loro lingua.
Oscar si guardò indietro. C’era solo la nebbia e stava cominciando a calare la luce. Strinse le labbra e guardò André. Lui si avvicinò – Possiamo andarcene…Ma dove? –
Lei annuì – Hai visto i loro abiti? –
André si girò – E…Quindi? –
Oscar gli prese il braccio – Abiti in pelle…Stivali…Hanno pezzi di armatura…Armatura…Addosso. E le loro spade…Non sono come quelle che usiamo noi –
Lui abbassò gli occhi, in effetti qualcuno di loro aveva al fianco delle spade; non erano gli spadini usati dalle guardie di palazzo e si, l’elsa e la guardia non erano lavorate e le lame sembravano dritte, larghe e massicce: - In effetti fanno paura –
Oscar tentennò – No…Cioè si….Ma sembrano di foggia molto antica –
Un altro uomo emise dei versi e il gruppo si avvicinò ancora. Oscar alzò il mento – Vi ringrazio. Portateci dai vostri padroni per cortesia –
Il vecchio annuì, fece un cenno e gli altri si spostarono di lato. André sospirò – Speriamo di non sbagliarci –
Lei fece un passo avanti – Resta con me – disse solo.
Entrarono nel cortile del castello e videro altri uomini che avevano addosso gli stessi abiti di quelli che li avevano accolti. Il luogo era illuminato da alti bracieri ardenti in metallo e lei respirò di sollievo vedendo anche qualche donna e ragazza passare con cesti di vimini vuoti. Una di loro passò accanto ad André e gli sorrise. Oscar la fissò in malo modo, senza nemmeno sapere il perché.
Sentirono tossire e si girarono verso una scalinata in pietra. In cima videro una figura che stava scendendo piano. Era una donna, indossava una pelliccia marrone e aveva dei lunghi capelli rossi come il fuoco: - Benvenuti nel castello di mia sorella, bei cavalieri, quando gli uomini hanno trovato due cavalli bardati e con dei bagagli abbiamo temuto il peggio –
Oscar si rilassò completamente e chinò la testa – Vi ringrazio, mia signora, io… - disse, ma l’altra la fermò con un gesto – Non adesso…La cena è pronta. Seguitemi –
André inarcò le sopracciglia e si avvicinò a Oscar – La cena ci aspetta. Siamo fortunati –
Lei annuì e si sentì ancora a disagio – Troppo! –
Seguirono la donna dai capelli rossi in cima alle scale ed entrarono in un salone dal pavimento in legno e con un grande camino accesso accanto ad un tavolo rettangolare apparecchiato, due posti a capotavola e due posti vicini su uno dei lati lunghi. Oscar si guardò attorno, la luce arrivava dal camino e dalle torce alle pareti, ma trovò la sala spoglia, persino il camino, pur nella sua imponenza, sembrava scavato rozzamente, sopra di esso notò uno stendardo, completamente bianco con il disegno di un uccello nero: – Un corvo – disse piano.
La donna sorrise – Lo stemma di mia sorella, il mio è un grifone rosso in campo nero. Ma accomodatevi, vi prego – disse e si tolse la pelliccia. Oscar inarcò le sopracciglia: indossava un abito attillato di colore rosso acceso che evidenziava un corpo snello e tonico, le spalle erano parzialmente scoperte e l’unica decorazione dell’abito era una striscia verde attorno alla vita con dei motivi dorati a forma di spirale.
Era rimasta sorpresa non tanto dal fisico della donna, ma dal vestito. Se era una nobile non seguiva certo la moda parigina e anche i suoi capelli rossi erano fiamme vive lasciate libere con solamente un cerchietto dorato che gli cingeva la fronte. Quello era l’unico gioiello che indossava, a parte una collana che gli stringeva il collo con dei fili d’oro attorcigliati chiusa con un semplicissimo gancio.
Dove aveva già visto quell’abito e quelli delle donne in cortile? Si passò una mano sul mento, si vantava di ricordare tutto e il non sapere la rendeva nervosa. Ripassò in mente volti e nomi a decine, manifesti, abiti, quelli di sua madre, della Regina, persino libri. Aggrottò la fronte, perché gli venivano in mente i libri? Poi ebbe l’intuizione: aveva visto degli abiti simili in vecchi tomi nella biblioteca di suo padre, raffigurati nelle miniature di secoli prima.
La donna era rimasta in piedi accanto alla tavola, con la luce del camino che illuminava i suoi capelli come una torcia. Sorrise e allungò la mano – Sedetevi cavalieri – disse e si accomodò in uno dei posti a capotavola.
Oscar e André si accomodarono vicini nei posti del lato lungo, di fronte alla luce del camino. Lei notò che i piatti erano in metallo e che non c’erano posate, ma solo un coltello affilato che poteva essere anche considerato come un pugnale e i bicchieri non erano in fine cristallo come quelli della sua casa, ma erano calici di metallo. Non c’erano bottiglie di vino o d’acqua, ma caraffe di terracotta.
La donna dai capelli rossi fece un cenno con la mano – Servitevi pure da bere mentre aspettiamo mia sorella. Non mi ricordo più da che zona della Gallia viene il vino, ma è molto buono –
Oscar rimase interdetta. Perché quella donna aveva usato il termine Gallia? Era il nome antico della Francia, ma che ormai nessuno più usava. Cercò di sorridere amabilmente – Un corvo nero in campo bianco…Un grifone rosso in campo nero…Non ricordo alcun casato francese con questi simboli –
La donna sospirò – Perdonatemi! Sono mortificata! E’ che questa nebbia avvolgente mi fa impazzire alle volte…Io e mia sorella veniamo dalla Britannia. Sono la Regina di Lothian e delle isole Orcadi, il mio nome è Morgause –
Oscar rimase a bocca aperta – Morg…Morgause…Quindi devo chiamarvi Lady Morgause…E’ un piacere conoscervi e vi ringraziamo ancora per averci accolto nel vostro castello – disse e si alzò inchinandosi profondamente. Con la punta del piede colpì leggermente André che fece come lei. – Il mio nome è Oscar François de Jarjayes, comandante della Guardia Reale di Sua Maestà Re Luigi XVI e questi è il mio attendente André Grandier –
Morgause sorrise di nuovo e posò i suoi occhi verdi come smeraldi sull’uomo, si passò la lingua sulle labbra e si versò del vino   - Non servono tutti questi ringraziamenti. E voi, Andrè…Di cosa si occupa un attendente, di preciso? –
Oscar e Andrè si risedettero, lui sorrise – Vogliate perdonarmi, Lady Morgause, io non sono un nobile, il mio compito è servire il casato dei de Jarjayes e il comandante Oscar –
Morgause inarcò le sopracciglia – Oh! Non siete quindi un cavaliere? Ma allora…Se dovete servire, il vostro compito è quello di uno scudiero –
Andrè strinse le labbra – Immagino di si, Lady Morgause –
Oscar aggrottò la fronte, cosa stava accadendo? Il castello sembrava uscito da un passato remoto, con mura di roccia rozze e un fossato con ponte levatoio. Aveva visto i castelli della Loira, costruiti più di quattrocento anni prima, nel periodo della Guerra dei Cent’anni, francesi ed inglesi, ma nessuno somigliava a quel posto. Gli uomini che li avevano accolti indossavano armature e spade che non avrebbero stonato un una collezione di armi antiche e le donne, come questa Morgause, indossavano abiti che lei aveva visto solo in vecchi libri medioevali.
Morgause si versò del vino e prese li calice in mano – Ma veniamo a voi…Dite…E non offendetevi…Ma…Siete una donna, non è vero? –
Oscar si irrigidì, non era certo la prima volta che glielo chiedevano, ma il fatto che fosse quella donna a chiederglielo, la mise a disagio. Cercò di sorridere – Lo sono, Mia Signora. Mio padre voleva un maschio ed un erede e, quando sono nata io, mi ha chiamato come un uomo e mi ha educato come tale –
Morgause alzò il mento, quasi in segno di trionfo, ma proprio in quel momento i battenti di una grande porta si aprirono ed entrarono due uomini; si misero di lato ed apparve un’altra figura. Oscar la guardò affascinata ed intimorita al tempo stesso. Neri erano i suoi abiti di foggia maschile, neri i suoi stivali, neri e lisci i suoi lunghi capelli e nera la sua tunica senza maniche aperta sul davanti. Sul capo portava una semplice corona di metallo che, sulla fronte, formava una croce a bracci uguali racchiusa in un cerchio, al fianco portava una spada. Non come quella degli armigeri che li avevano accolti, ma più bella: il manico era in legno nero con cerchi d’argento e la guardia in metallo scintillante; il pomolo era un uccello ad ali spiegate e il fodero era dello stesso colore dei suoi abiti. Quello che più aveva colpito Oscar, però, era l’aspetto della donna: la pelle del volto e delle mani era pallida, bianca lattea, cadaverica; il suo viso sembrava quello di una statua classica e i suoi occhi erano grigi e freddi.
Morgause batté le mani – Sorella! Ti stavamo aspettando –
La donna in nero si avvicinò con le braccia leggermente aperte e le dita delle mani piegate come artigli. Come un rapace pronto a colpire, pensò Oscar. Si alzò di nuovo seguita da Andrè e si inchinarono verso di lei – Mia signora. Grazie dell’ospitalità e di aver recuperato i nostri cavalli. Sono Oscar François de Jarjayes, comandante della Guardia Reale di Sua Maestà Re Luigi XVI di Francia e questi è il mio attendente André Grandier –
L’altra li guardò con i suoi occhi grigi e alzò una mano – Sedetevi per favore – disse con una voce bassa e roca, si slacciò il cinturone con la spada e appoggiò l’arma sulla mensola del camino, di fronte al suo stemma e poi si accomodò nell’altro posto si capotavola. Oscar e Andrè si sedettero e la donna in nero socchiuse gli occhi – Immagino che mia sorella Morgause si sia già presentata – disse prendendo il calice di fronte a lei per riempirlo di vino rosso e poi svuotarlo d’un fiato. Lo appoggiò sul tavolo e schioccò le dita – Volker! Fai portare il cibo! – disse all’uomo con la barba bianca ed incolta che li aveva accolti sul ponte levatoio e poi si rivolse di nuovo ai suoi ospiti – La cena arriverà subito, spero vi piaccia il cinghiale al sangue come a me è piaciuto cacciarlo e ucciderlo –
Toccò il calice di fronte a lei e ne accarezzò il bordo, sospirò e rimase in silenzio. Oscar si chiese a cosa mai stesse pensando e poi la donna, improvvisamente, sorrise snudando dei canini stranamente appuntiti – La nebbia fa brutti scherzi. Fa perdere non solo la strada, ma anche la concezione del tempo e persino dello spazio. Tanto che viene da credere di vivere in un mondo a parte, fatato, si potrebbe dire. Benvenuti nel mio castello! Io sono la Duchessa di Cornovaglia e Regina del Galles, il mio nome è Morgana! –
 
   
 
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