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Autore: Wolfirea    19/03/2020    1 recensioni
Ventun anni, il diario di un’eterna Peter Pan che non ha alcuna voglia di crescere e prendersi le proprie responsabilità
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Perché il peggio ancora non era arrivato.
Avete presente il ragazzo vanitoso e divertente di cui vi avevo tanto parlato? 
Quello di cui mi stavo innamorando, per quanto dolce e gentile era, lo stesso che mi aveva stravolto la vita?
Un momento prima smaniava dalla voglia di vedermi ma... quello dopo non si è neppure preso la briga di dirmi addio.
Non avevo dubbi sul fatto che sarebbe andata così anche questa volta, e sapete perché? 
Ebbene, sin dall’inizio di questa frequentazione avevo in testa un solo ed unico obbiettivo: volevo a tutti i costi che diventasse il mio ragazzo, poiché avevo disperatamente bisogno di un supporto e di qualcuno che mi capisse, amandomi al posto mio.
È stato un periodo di forte instabilità mentale, piangevo spesso durante il giorno ed ogni mattina mi svegliavo con la speranza che apparisse un suo messaggio sul display del cellulare.
Ero sommersa di esami e non riuscivo nemmeno a rendermi conto che erano la mia sola priorità nella vita: lui al centro dei miei pensieri ogni sacrosanto secondo, io ad analizzare ogni singolo attimo trascorso insieme, alla ricerca di quel cavillo che aveva mandato tutto all’aria.
Mi ha lacerato, è inutile che lo neghi, mi sono ritrovata sommersa nel letame sino al collo incapace di uscirne.
Cambiavo idea ad ogni schiocco di mani e altrettanto giustificavo il suo comportamento.
Forse, dato quel poco che sapete sulle mie esperienze passate, ve lo aspettavate, ma io purtroppo mi ero già lanciata nel dirupo: ci credevo, ogni fibra del mio essere voleva credere che lui fosse quello giusto, lui che mi aveva fatto così bene.
Ma che mi ha distrutto come nessun altro ha fatto in vita mia —- o forse sì, ma la mente a quattordici anni pativa per mancanze diverse —.
Vi avevo lasciato all’arrampicata, a quel «non credi abbastanza in te stessa» e al profondo desiderio di aprimi davvero con lui, per permettergli davvero di conoscermi, senza più maschere a proteggermi.
Mi ero spinta anche più oltre, raccontando del turbolento rapporto con mio padre e dell’inferno in cui credevo d’essere sprofondata dopo solo pochi giorni di silenzio.
Ma a volte va semplicemente così, o forse le persone sono così opportuniste da poter fingere di poterci affiancare  durante il cammino, quando in realtà hanno ben altri cazzi per la testa.
La sto tirando troppo per le lunghe, tornando a quel doloroso passato che ormai non sento più mio.
È sparito per più di un mese, non mi ha più risposto — benché sia stato lui a scrivermi, e la mia dignità mi abbia permesso di non farmi calpestare ancora —e senza troppa fatica da un giorno all’altro non ho più fatto parte della sua vita: ero solo un gigantesco ed insormontabile problema che non aveva le palle, ne la voglia, di affrontare.
All’inizio erano gli esami, era giusto che si dedicasse a quelli piuttosto che star dietro a me, essendo da poco uscito da una relazione, e poi c’è stato quel periodo «massí tra due settimane ricominciano le lezioni, mal che vada avrò modo di rimproverarlo dal vivo»
Ovviamente speravo che tutto tornasse come prima e che lui riconoscesse di esser stato uno stronzo... ma non potevo assolutamente prevedere che nel giro di pochi giorni sarei stata reclusa in casa.
Così la mia attesa si è intensificata sino a diventare insopportabile, insomma, non ero nemmeno degna di una risposta? 
Facevo così schifo da non meritare un briciolo di rispetto?
Settimana scorsa ho pianto, stavo facendo la doccia quando ho sentito un trillo sul cellulare, e... ed era lui, che mi chiedeva come fosse andata la prima lezione online, dopo ben cinque settimane da cui aveva distrutto qualsivoglia ponte.
Mi ha scritto un bel papiro, riconoscendo  il suo comportamento deplorevole, e chiedendomi scusa più volte, dicendo che non è scattata, che non ha sentito un contatto, e ammettendo di aver desistito a conoscere «Te con T maiuscola».
Perché queste parole per quante dolorose le preparava da settimane, per potermene parlare finalmente dal vivo.
E l’ho perdonato, il rancore non mi avrebbe portato da nessuna parte, ma il mio cuore non è guarito e una parte di me, nonostante il male che mi ha fatto, sarebbe ancora disposta ad accoglierlo a braccia aperte.
A ogni modo, questo capitolo non avrà una fine, perché purtroppo sono entrata solo ora nella fase di accettazione, durante la quale ho finalmente compreso quanto sia fondamentale lavorare su me stessa.
E devo dire che se ora sto bene è solo merito di una persona che da poco è entrata a far parte della mia vita, un Amico, e magari di lui vi racconterò più avanti.


 
  
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