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Autore: Shipwreck    20/03/2020    2 recensioni
Stefano non vede suo padre da quando aveva sei anni, e il giorno della festa del papà per lui non è altro che una seccatura.
I lavoretti fatti a mano dalle figlie, poi, non aiutano l'umore e come se non bastasse ci si mettono anche le sue sorelle a dargli delle gatte da pelare.
Perché ci sono uomini che fanno i figli, e poi ci sono i papà. E poi c'è Stefano.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Tutto l’amore che ho



Ogni uomo può essere padre. Ci vuole una persona speciale per essere un papà.

(Anonimo)




Il corridoio del reparto è silenzioso e illuminato dalle fredde luci al neon, l’unico suono che si sente è quello delle suole di gomma delle mie Converse che mi portano verso gli spogliatoi, anche questi deserti.

- Tanti auguri – esclama Francesco chiudendo con una spinta l’anta dell’armadietto che ho appena aperto e parandomisi davanti

- Ma sei scemo – sobbalzo – mi hai fatto prendere un colpo! E poi auguri per cosa?-

- Per la tua festa! -

- Siamo a Marzo, il mio compleanno è a Ottobre – gli ricordo

- Sveglia Ste, oggi è la festa del papà! -mi sventola una mano davanti alla faccia – e poiché sei padre di molti, oggi devi festeggiare -

- Fra- rispondo – non c’è niente da festeggiare, credimi – mi infilo la T-shirt grigia – i figli sono una grana -

- Mi stai dicendo che non hai apprezzato i deliziosi portapenne fatti con la pasta che ti avranno regalato le bambine? -

- Grazie al cielo, non ne ho ricevuti. Anche perché non torno a casa dall’altro ieri-

- Dio mio, sei un padre orribile -

- Ciao Fra, ci vediamo – prendo il mio caro Eastpak nero e lo saluto uscendo dalla stanza

Non mi piace la festa del papà per due motivi: non ho mai avuto un padre da festeggiare e io non ho niente da festeggiare nell’essere padre. È successo, ripetutamente, per sbaglio.

Torno a casa con l’unico desiderio di farmi una doccia ed una dormita ma quando metto piede nell’appartamento, mi rendo conto che sono tutti svegli.

- Ehi, Stefano – Marta appare sulla soglia della cucina, perfettamente preparata per andare al lavoro; ha messo quel rossetto bordeaux che mi fa perdere la testa – non credevo tornassi più- scherza stampandomi un bacio sulla guancia e avvolgendomi in una nuvola di Armani – Avanti, vieni – mi prende per mano e mi trascina senza darmi il tempo di dire nulla

- Auguri, papiii! - è l’urlo corale che mi accoglie e che per un attimo mi stordisce

- Oh beh, grazie – dico mentre le bambine mi corrono incontro e mi saltano addosso, solo che ormai hanno dieci anni e prenderle in braccio non è più facile come una volta

- Ti abbiamo preparato la colazione – mi indicano il tavolo che è effettivamente pieno di cose: c’è una pila di pancakes sbilenca, una crostata e un vassoio di brioche

- Wow, è fantastico! - mi apro in un sorriso sincero – sarà tutto buonissimo – anche se la crostata la vedo un po’ pallida

- Papààà aguii – Alessandro entra di corsa in cucina aggrappandosi alla mia gamba e lasciandomi una bella manata di marmellata sul jeans

Lo prendo in braccio e guardo incerto la colazione – sto proprio morendo di fame -

Marta, che è una strega, scoppia a ridere

-Avanti bambini, andate a lavarvi i denti e a prendere gli zaini che si va a scuola – batte le mani e i ciondoli dei suoi bracciali tintinnano – i cornetti li ho presi al bar – dice a bassa voce quando rimaniamo da soli – non volevo ti uccidessero -

- Te ne sono molto grato – rispondo rivolgendomi per lo più alla sua scollatura – ma in questo momento mangerei proprio te –

Insomma, lo so che non la vedo da soli due giorni ma queste quarantotto ore le ho passate in un ospedale ad aprire la testa delle persone. E con questa camicetta bianca scollata e i capelli morbidi che le sfiorano il collo, è una manna dal cielo

- Devo andare – mi sfiora il naso con un dito e mi fa l’occhiolino

Calma Stefano, calma. Non è il caso di farla arrivare in ritardo.

Quando resto da solo mi faccio una doccia al volo e poi mi servo una tazza di caffè ed una brioche alla crema.

Sto scorrendo la prima pagina del quotidiano online quando il cellulare prende a suonare; lo guardo seccato ma quando leggo il nome di Agata mi affretto a rispondere

- Agata? Dimmi -

- Ciao Ste, come va? Sei al lavoro? -

- No, ho finito da poco -

- Oh, grazie al cielo – sospira – avrei proprio bisogno di te -

- Che succede? - mi accorgo di essermi irrigidito anche se il tono di mia sorella sembra tutto tranne che preoccupato

- Beh ecco, è arrivata la nuova libreria e volevo sapere se potresti aiutarmi a montarla -

- Tu non avevi un marito, una volta? -

- Sì, certo! Solo che Dadi adesso è in ufficio e poi non è proprio portatissimo per i lavori manuali – seguono attimi di silenzio – ti prego, Steee – si mette a piagnucolare

- D’accordo, d’accordo – sbuffo – dammi il tempo di arrivare -

Butto giù il caffè in pochi sorsi e controvoglia mi avvio verso casa di Agata che mi aspetta trepidante

- Grazie, grazie!- mi butta le braccia al collo – non sai quanto ti voglio bene. E auguri per la festa del papà! -

Accenno un sorriso e le do un buffetto, evitando commenti su quanto io odi questa festa: Agata ha sempre desiderato dei figli che però non sono arrivati. Lamentarmi dei miei sarebbe offensivo e poi quelle canaglie mi hanno anche preparato la colazione!

-Avanti, pronta a darti al bricolage? -

Ma, come sospettavo, ho dovuto fare tutto da solo

- Non è colpa mia se non riesco a decifrare i libretti delle istruzioni – si giustifica mia sorella a ora di pranzo controllando le polpette al sugo – e poi lo hai detto anche tu: da sola non avrei mai potuto farcela -

- Sì, ma la prossima volta che compri un mobile pensa anche a quella povera anima pia che dovrà montarlo e cioè io -

- Grazie Ste, davvero – mi ficca un cucchiaio di sugo in bocca – non avrei saputo cosa fare senza di te. Ci sei sempre nel momento del bisogno -

- Sono tuo fratello – rispondo aggiungendo un pizzico di sale alla salsa

- Sei molto di più e lo sai – si strofina un occhio

- Stai piangendo? - le chiedo perplesso anche perché non vedo cipolle in giro

- No, no- dice – è solo che oggi è la festa del papà e tu sei il mio papà visto che quello biologico se ne è andato-

- Già, gran brutta storia -

- E ti sei sempre preso cura di noi, non ci hai mai fatto sentire la sua mancanza – tira su col naso – i tuoi sono dei bambini davvero fortunati – sorride -avanti, mangiamo altrimenti si freddano le polpette! -

Dopo la torta alle mele siedo sul divano a fiori di Agata rimirando con un certo orgoglio l’opera di truciolato che ho messo su stamattina: niente male, devo dire.

Nonostante abbia pezzi di legno infilati ovunque.

Il suono del telefonino però mi riporta alla realtà, e mi chiedo chi sia visto che in genere a quest’ora Marta è ancora in ufficio.

- Irene? -

- Sei in ospedale? - chiede mia sorella con tono preoccupato

- No, non sono di turno -

- Potresti fare un salto? Per favore, davvero – Irene che prega qualcuno è una cosa che accade ogni settantacinque anni come la Cometa di Halley

- D’accordo, va bene – sospiro abbandonando con fatica la mia comoda postazione – arrivo -

Irene lavora con me in ospedale, anche se lei fa la psicologa e quindi è molto raro che ci becchiamo

- Si può sapere cosa succede? -

- Mi ha chiamato la banca, Ste -

- E cosa c’entra la banca con l’ospedale, scusa? - chiedo guardandomi attorno nel reparto animato ogni tanto da qualche urlo

- Sono di turno ma non posso aspettare ulteriormente. Sono in rosso e mi hanno praticamente minacciata -

- Irene, ma porca miseria – abbasso le spalle – come è possibile?! Lo sai che devi stare attenta e poi perché hai chiamato me? Quella laureata in economia è mamma -

- Mamma non dovrà mai venire a sapere di questa cosa – mi guarda con occhi terrorizzati

- Lo verrà a sapere, lo sai -

- Ti prego Stefano, mi potrebbe uccidere o, peggio, diseredare! Ho portato tutti i miei estratti conto -

- Ire, quanto tempo fa ti ha chiamato la banca? -

Lei si morde il labbro e abbassa lo sguardo

- Irene! -

-Il mese scorso -

- Siamo fottuti. Dammi qua – le prendo dalle mani le buste con gli estratti conto, apro l’applicazione della calcolatrice sul telefono e mi metto a scribacchiare.

Meno male che so farli due conti, anche se praticamente impiego mezzo pomeriggio.

Questo perché mia sorella prima spende e spande e poi ha paura di andare a controllare il suo conto in banca

- Sei in rosso di poco – dico alla fine appallottolando un foglio di carta

- Quanti stipendi? - chiede preoccupata e le indico una cifra che la fa impallidire – beh, fattibile -

Non riesco a vederla in questo stato

- Te li do io – dico

- Cosa? No, certo che no! Marta si arrabbierebbe -

- No, non lo farebbe. E poi oltre al conto in comune ognuno hai il proprio -

- Non devi, Stefano -

- Sì, invece -

- Giuro che te li restituisco – mi guarda con occhi da cerbiatta

- Non li voglio – ribatto e lei mi abbraccia poggiandomi la testa sul petto

- Sarei persa senza di te– dice mentre passano due infermiere che ci guardano basite

- Emm… salve? - dico poco convinto – Irene, staccati! Penseranno che abbiamo una tresca. Anzi, un incesto -

- Falle parlare! Che dicano in giro che ho un incesto col miglior fratello del mondo – mi da un bacio – almeno fatti offrire un caffè -

- Sì, quello lo accetto volentieri – anche perché non ho ancora chiuso occhio e inizio ad accusare tutta la stanchezza che ho addosso e qualcosa mi dice che la giornata è ancora lunga.

Tornato a casa, dopo aver accuratamente messo il cellulare in modalità non disturbare, trovo di nuovo la combriccola al completo

- Stefano, dove eri finito? - mi chiede Marta avvolta in un telo e con i capelli bagnati – ti hanno chiamato di nuovo dall’ospedale? -

- No – riesco appena a rispondere – ho aiutato Agata e Irene a fare delle cose -

- Ti ricordi che io stasera ho la festa di compleanno di Noemi? Non farò tardi, tranquillo -

- Esci? - chiedo sconvolto

- No, Noemi fa la sua festa in casa nostra – risponde scettica – certo che esco -

Oddio, questo significa che dovrò tenere i bambini?

- Ma i mostri li porti da mia madre, vero? -

- No, Stefano – mi guarda male – sono figli tuoi e non puoi pretendere che tua madre se ne occupi -

- D’accordo, hai ragione – dico solo perché si è liberata del telo ed io mi sto riprendendo. In tutte le parti del corpo – parleremo dopo della ricompensa -

- Scordatelo – infila un vestito rosso fuoco – per quando sarò tornata starai dormendo alla grande. Ti cadono le palpebre -

- Sciocchezze – ferito nell’orgoglio – non dirmi che dovrò anche cucinare-

- Avvelenarli non è nei piani- risponde mettendosi il rossetto col dito e giuro che sto per afferrarla e lanciarla sul tappeto ma poi di quel bel vestito rosso non resterebbero che brandelli – la pasta è nel forno, devi solo scaldarla. Anzi, la scaldo io prima di scendere che con te non si sa mai -

Grazie tante per la fiducia!

Sbuffo infilandomi in bagno per fare la doccia visto che è arrivato il momento di togliersi tutto il truciolato di dosso ma mi accorgo troppo tardi che ho finito stamattina il mio bagnoschiuma e mi trovo costretto ad usare quello di Marta al cocco.

Il dottor Stefano Ceccherini, primario di neurochirurgia, profuma di cocco. Bene.

- Papà – le bambine mi chiamano mentre sono intento a guardare il forno

- Sì? - mi volto verso di loro

- Piaciuta la colazione? -

- Era buonissima – mi abbasso alla loro altezza e le tiro a me per abbracciarle

Come mi sono mancate le mie pesti in questi giorni

- Abbiamo un regalo per te -

- Anzi, due -

Mi tendono due album di cartoncino fatti a mano e tenuti insieme da degli anelli di plastica

- Ce li ha fatti fare la maestra a scuola, aprili -

Ci sediamo sul pavimento della cucina ed io apro entrambi gli album: in uno ci sono delle foto di me e Laura e nell’altro foto di me e Beatrice.

Foto di quando le tenevo in braccio neonate, di quando giocavamo alla campana, di diversi compleanni.

Nella mia mente tutti questi momenti sono perfettamente nitidi, come se fossero avvenuti ieri.

Riesco ancora a sentire il loro odore da lattanti, le prime parole, ricordo il momento esatto in cui ognuna di loro ha mosso i primi passi

- Sono bellissimi – dico quasi commosso

- Ti vogliamo bene papi – mi si buttano addosso – sei il miglior papi che potevamo avere, anche se non ci vuoi prendere un cane -

Ci ritroviamo stesi per terra a farci il solletico e a noi si è unito anche Alessandro

- Papi tu quanto ci vuoi bene? -

Mi prendo qualche istante per rispondere, giocando con Ale a farlo volare verso il soffitto

- Papà vi vuole tantissimo bene -

- Più che alla mamma?

- Sono due beni diversi – dico

- Più che alle zie? -

- Anche quelli sono due beni diversi -

- No, non è vero. Tu fai con le zie le stesse cose che fai con noi -

- Quindi è lo stesso bene -

- Ma no – cerco di spiegare – io sono il vostro papà, loro ne hanno un altro -

- Non è vero, tu fai da papà anche a loro. Ma noi non siamo gelosi: a loro non racconti la favola della buona notte -

Quando Marta torna a casa mi trova nel letto a contemplare il soffitto

- Sapevo che saresti crollato – sorride

- Sono sveglio – borbotto – non dormo con gli occhi aperti. Stavo pensando -

- Ah sì? A cosa – scalcia via le scarpe col tacco e fa scivolare la zip del vestito

- Del fatto che faccio da padre alle mie sorelle. Ormai sono grandi, non hanno bisogno di me-

- Certo che ne hanno bisogno, Ste – si infila la sottoveste e si siede accanto a me – nessuno smette mai di aver bisogno del proprio papà. Anche io, a volte, ho bisogno del mio – dice – e soprattutto quando sei un bravo papà, nessuno può fare a meno di te. Tu sei un ottimo padre e un meraviglioso fratello maggiore che si è fatto carico di cose più grandi di lui! Né le tue sorelle né i tuoi figli potranno mai fare a meno di te perché sei la loro colonna portante. Se solo avessi avuto un padre degno di questo nome, capiresti cosa voglio dire -

- Ma non è andata così -

- Mi dispiace. Ma perché odori di cocco?-

Mi stringo nelle spalle

- Magari non sei dell’umore o non è il momento ma stavo pensando a quella ricompensa...-

Scatto su come una molla

- Dimmi – mi avvicino a lei e le sfioro il mento – ti ascolto volentieri – sto per baciarla ma un coro di voci mette fine alle mie intenzioni

- Papà, presto, vieni! C’è un mostro nell’armadio -

- Potremmo ignorarle, sono abbastanza grandi – dico tornando a concentrarmi su Marta

- E c’è anche un ragno gigante! Enorme -

Marta ride mentre io alzo gli occhi al cielo

- Tanti auguri, papà- mi sfotte mentre mi alzo per adempire ai miei doveri.

In fondo, si sa, i papà non dormono mai.








Ciao a tutti! Scusatemi, come al solito l'html ed io non andiamo d'amore e d'accordo. Piccolo ritorno al volo per l'ormai (trascorsa) festa del papà. Nel frattempo un grande abbraccio a tutti! Ciao :*
   
 
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