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Autore: fefi97    20/03/2020    9 recensioni
[sterek; witcher au; os divisa in due parti]
Stiles è un witcher, un mutante addestrato allo scopo specifico di uccidere mostri.
Non dovrebbe partecipare alle feste di fidanzamento delle principesse, non dovrebbe intromettersi nelle faccende umane e, soprattutto, non dovrebbe richiedere la legge della sorpresa.
In qualche modo tutto questo accade e Derek accade.
Derek Hale è il suo destino.
Peccato che Stiles non abbia mai creduto al destino.
Ma per quanto Stiles possa scappare, non potrà evitare per sempre quel legame che tanto teme.
Perché le persone legate dal destino trovano sempre un modo per ritrovarsi.
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Note: La storia è una witcher au (ovviamente Sterek). Si basa principalmente sull'uso della legge della sorpresa, che è una cosa che mi ha intrigata sin da subito. Mi sono ispirata in parte alla serie tv, in parte ai libri, da cui ho preso anche il titolo della storia.

 

 

 

 

Something More

 

 

 

Stiles non aveva scelto di essere un witcher.

È una cosa che era capitata, come tante cose della vita che accadono e su cui nessuno ha il controllo.

Non era la vita che Stiles avrebbe scelto, ma sapeva che ci fosse di peggio.

Il destino era stato abbastanza generoso con lui, dopotutto.

Avrebbe potuto morire durante la prova delle erbe, ma non era successo. Certo, i suoi occhi erano stati modificati. Erano gialli e spaventavano gatti e donne, ma poteva vedere al buio, vedere cose che gli umani non potevano vedere.

Il suo corpo era pieno di cicatrici, una delle quali gli attraversava il volto, dall'angolo dell'occhio sinistro fino al lato della bocca, un'orrenda mezzaluna di pelle spessa che non sarebbe mai andata via.

Ma era ancora vivo.

Dopo anni, dopo quasi un secolo, ancora camminava su quella terra e non era invecchiato di un giorno.

Mostrava appena trent'anni e sarebbe stato così per molto tempo.

Uno dei vantaggi di essere un witcher era mantenersi estremamente giovani.

Stiles non era felice, ma pensava che il destino, il fato, o come volesse essere chiamato quel meccanismo che fa accadere cose che non sono sotto il controllo di nessuno, avrebbe potuto essere molto più duro con lui.

Stiles si sbagliava fottutamente.

Tutto era cominciato durante la festa di fidanzamento della principessa Talia, figlia di re Wulfric di Beacon Hills.

Stiles non avrebbe dovuto trovarsi lì, tanto per cominciare.

I witcher non partecipavano a simili eventi mondani.

Stiles sapeva che ci fosse qualcosa sotto, motivo per cui si era premurato di nascondere un piccolo pugnale dentro il suo stivale, visto che gli era stato detto, con un certo tono scandalizzato anche, che non sarebbe stato molto educato da parte sua partecipare a una festa con due spade dietro la schiena.

Una per gli uomini e una per i mostri, sussurrava sempre la gente quando Stiles passava, come se lui non potesse sentirli.

Erano cazzate, ovviamente, ma Stiles comunque si sentiva più al sicuro con le spade che senza.

Non sapeva perché Wulfric lo avesse invitato a quella farsa. All'inizio aveva pensato potesse avere un incarico da affidargli, qualche mostro che minacciava il regno.

Ma erano passate ore e nessuno gli aveva ancora rivolto la parola. Stiles era rimasto in un angolo a bere birra, guardandosi imbronciato intorno.

Nessun umano aveva particolarmente colpito la sua intenzione. Erano per la maggior parte nobili altezzosi, soldati pieni di sé e dame ben vestite.

L'unica persona che aveva attirato il suo interesse era la principessa.

Talia era diversa dalle nobildonne che Stiles aveva visto in vita sua, e ne aveva viste tante.

Era sicuramente molto bella, ma non sembrava tenere particolarmente al fatto che la sua acconciatura fosse perfetta o il suo vestito impeccabile. Teneva i lunghi capelli neri sciolti, il che era molto inusuale; Stiles aveva visto solo maghe portare i capelli non raccolti e ancora ricordava con un certo affetto i capelli rossi e ribelli di Lydia.

La principessa indossava un semplice abito grigio, che di certo impallidiva se paragonato alle stoffe sgargianti delle altre donne.

Ma più dei suoi capelli e del suo abito, Stiles aveva notato quanto apparisse nervosa.

Continuava ad agitarsi sulla sedia, gli occhi verdi che sbirciavano verso le grandi porte di legno della sala, come se si aspettasse che venissero spalancate da un momento all'altro.

Aveva fatto a malapena attenzione a tutti i suoi pretendenti, i suoi occhi in qualche modo tornavano sempre verso la porta.

Stiles stava ancora osservando la principessa quando, infine, re Wulfric gli si avvicinò.

-Stai passando una bella serata, witcher? -

Stiles si inchinò appena, rivolgendo suo malgrado tutta la sua attenzione all'uomo.

-Una serata eccellente, maestà – mentì, senza preoccuparsi di nascondere l'espressione annoiata del volto o il tono piatto della voce.

Il re sorrise. Stiles notò che aveva gli stessi occhi verdi della figlia.

-Sei un pessimo bugiardo. Ma ti perdono, visto che stai per rendermi un grande servigio, stanotte. -

Stiles scoprì i denti in un sorriso cattivo, che fece ritrarre un po' l'uomo.

Adesso sì che si cominciava a ragionare.

-Vivo per servirvi, mio re. Ma temo che nemmeno un witcher possa assolvere un compito senza sapere di che compito si tratti. -

Il re si passò la lingua sulle labbra e Stiles vide i suoi occhi guizzare verso la porta, esattamente come quelli di Talia.

-Ho motivo di credere... ho motivo di credere che presto farà irruzione qui un mostro. -

Stiles aggrottò la fronte, non particolarmente impressionato. Era abituato alla stranezza degli uomini.

-E su che basi fate questa supposizione? -

Il re si esibì in una smorfia irritata. Certo, era un re. E nessun re ama spiegare i propri pensieri, Stiles lo sapeva. I re si aspettano solo cieca obbedienza e si irritano se devono guadagnarsela in qualche modo.

-Lo so e basta. Come so che il sole sorge ad est e tramonta a ovest – gli si avvicinò un po', i suoi occhi sembravano quasi folli alle luci dei candelabri – Devi ucciderlo, witcher. Quando sarà qui, dovrai ucciderlo. -

Stiles rimase silenzioso, riflettendo.

-Ucciderò – disse poi lentamente, i suoi occhi gialli che trattenevano quelli del re in una morsa – Se vedrò davvero un mostro, ucciderò. -

Ma il re scosse la testa, sempre più agitato.

-Non capisci. Lui... lui non sembra un mostro. Ma lo è. Giuro che lo è. -

-Re Wulfric – esclamò Stiles, perdendo un po' la calma – Vi giuro che se mi trovassi di fronte un mostro, saprei riconoscerlo. Non importa l'aspetto. I mostri peggiori a volte sono proprio come me e voi, sapete? Non hanno ali, non hanno denti acuminati e velenosi, non hanno squame. Solo due gambe e due mani che usano per uccidere. -

Il re rimase in silenzio per un lungo momento, poi produsse un sorriso amaro.

-Capisco. Una spada d'argento per i mostri, una d'acciaio per gli umani, giusto? -

Prima che Stiles potesse rispondere, le pesanti porte di legno si spalancarono all'improvviso, producendo un rumore sordo contro il muro.

La principessa Talia si alzò di scatto in piedi, gli occhi verdi pieni di angoscia. Stiles seguì il suo sguardo, studiando l'uomo che era appena entrato.

Si trattava indubbiamente di un cavaliere. Aveva un aspetto nobile e fiero, tutto in lui esprimeva forza, dal passo sicuro fino agli occhi scurissimi e impenetrabili.

I suoi capelli erano neri e lucenti senza nemmeno un filo d'argento tra di essi, che portò Stiles a ritenerlo un uomo giovane, forse nemmeno sulla quarantina.

L'uomo continuò ad avanzare, finché non si trovò al centro della sala. Si era creato un vuoto intorno a lui, come se la sua personalità da sola bastasse a far allontanare le persone che fino a un momento prima si aggiravano senza ordine e chiacchierando con allegria.

Adesso invece regnava il silenzio, mentre il cavaliere misterioso volgeva gli occhi scuri tutto intorno.

Si soffermarono appena su Talia, ancora in piedi sulla pedana in cui c'era il tavolo riservato alla famiglia reale, poi si piantarono su Stiles. O meglio, su re Wulfric accanto a lui.

Stiles vide con la coda dell'occhio il re impallidire fino all'inverosimile.

-Re Wulfric – proclamò l'uomo, con un tono di voce chiaro e deciso – Sono qui per chiedere la mano di vostra figlia, la principessa Talia. -

Immediatamente, il silenzio si ruppe. Le dame squittirono sorprese, i vecchi nobili borbottavano proteste indignate, mentre i pretendenti alla mano della principessa si lamentavano a gran voce, minacciando di armarsi e di lavare l'oltraggio con il sangue.

Le guardie presenti nella sala si misero sull'attenti, ma non osavano intervenire senza un ordine diretto del re e intanto si scambiavano bisbigli, lanciando occhiate curiose al nuovo cavaliere.

Solo Stiles, Wulfric, la principessa e l'uomo misterioso tacevano.

-Come osi – sibilò infine il re con voce soffocata, senza allontanarsi un millimetro da Stiles – Come osi venire qui e pensare di avere qualche diritto a... -

-Sappiamo entrambi che ho più di qualche diritto – lo interruppe l'altro uomo con voce imperiosa – Io chiedo la mano di vostra figlia appellandomi alla legge della sorpresa! Ora ditemi, re. Vi oserete opporre al destino? -

Le voci diventarono sempre più forti, qualcuno dei presenti ormai urlava apertamente.

Stiles e la principessa ancora tacevano, gli occhi fissi sull'uomo dai capelli scuri.

-Tu menti! - urlò il re, ma da come la sua voce aveva tremato e dal tanfo opprimente della paura, Stiles capì che fosse lui a mentire.

Gli occhi scuri del cavaliere furono attraversati da lampi minacciosi.

-Voi ed io sappiamo chi tra noi è il vero bugiardo. Sappiamo chi era quel ragazzo di appena quindici anni che vi salvò la vita, quel giorno a GranFosso. Sappiamo cosa prometteste in cambio. -

-Ero giovane – strillò il re, ormai in preda al terrore – Allora non sapevo cosa stessi promettendo, non sapevo che Maya... -

-Ciò che avevi lasciato a casa, di cui eri all'oscuro e che non ti aspettavi! - lo interruppe il cavaliere con voce sempre più alta, mentre le persone continuavano a bisbigliare e il nome di Maya, defunta regina di Beacon Hills, passava di bocca in bocca – Avete promesso questo. Ho aspettato diciotto anni. E ora voglio ciò che è mio, perché io già sono suo. -

La folla sembrò quasi impazzire a quelle parole, tutti gli occhi erano puntati verso il re, i nobili e i pretendenti in attesa di una reazione, le guardie in attesa di un ordine.

Solo Stiles guardava ancora Talia.

Non sembrava più nervosa.

I suoi occhi ardevano di un'emozione che Stiles non riusciva a riconoscere, ma che gli sembrava di ricordare negli occhi della propria madre molti, molti anni fa.

Il re era sempre più pallido, ma trovò la forza di produrre un sorriso sarcastico.

-E tu pensi che concederò la mia unica figlia femmina a un mostro che... -

-Non è un mostro! -

Era la prima volta che Stiles sentiva la principessa parlare. La sua voce era incredibilmente forte per appartenere a una ragazza così giovane. Talia scese dalla tribuna, ma a un solo gesto del re due guardie si mossero e trattennero la giovane per le braccia, impedendole di raggiungere l'uomo al centro della sala.

Stiles vide il cavaliere stringere la mascella, mentre osservava la scena. Gli dava le spalle e in qualche modo gli occhi di Stiles furono calamitati sulle mani dell'uomo, strette a pugno così forte da essere bianche.

Il re fece un cenno a una delle guardie. L'uomo sembrò esitare per un momento, ma poi obbedì a qualunque fosse l'ordine del re. Si tolse il guanto di pelle e, senza alcun preavviso, schiaffeggiò la principessa sulla guancia.

Lo schiocco risuonò in modo orribile per tutta la sala, d'un tratto di nuovo silenziosa, immobile per lo shock.

Persino Stiles reagì, perdendo il distacco e l'indifferenza che lo avevano dominato fino a quel momento. Si voltò verso il re, i denti scoperti in una smorfia furiosa.

-Vi ha dato di volta il cervello? - sibilò, ma non riuscì ad aggiungere altro, perché in quel momento un ringhio terribile fendette l'aria.

Era un suono senza dubbio animalesco, ma non proveniva da nessun animale. Proveniva dal cavaliere, non c'era nessun dubbio.

Stiles gli guardò di nuovo le mani: degli inconfondibili artigli gli bucavano i palmi, facendo gocciolare sangue sul pavimento.

Wulfric proruppe in una risata soddisfatta, gli occhi fissi sulla schiena dell'uomo.

-Perché non ti volti, mostro? Fa vedere al nostro scettico witcher cosa sei realmente. -

L'uomo rimase immobile e prima che Stiles potesse prevedere le sue mosse e fermarlo, Wulfric fece un altro cenno alla guardia.

Un altro schiaffo, dato con estrema riluttanza e con un po' di vergogna negli occhi, risuonò nella sala, facendo voltare la testa della principessa. I capelli sciolti le erano andati a coprire gli occhi, ma Stiles sapeva che stessero ardendo di rabbia. Lo vedeva da come la sua postura fosse rimasta dritta, da come le braccia fossero tese nello sforzo di liberarsi.

Il cavaliere emise un altro ringhio, molto più profondo e spaventoso del precedente. Si voltò di scatto, mostrando di nuovo il suo viso a Wulfric e a Stiles.

I bei tratti regolari e fieri erano scomparsi, non c'era più traccia degli alteri occhi scuri. Al loro posto c'era un grottesco muso, non del tutto lupo e nemmeno del tutto umano. Le orecchie erano diventate appuntite e pelose, la bocca si era riempita di zanne.

Ma quello che colpì Stiles più di ogni altra cosa furono gli occhi.

Erano gialli come i suoi, ma in qualche modo diversi. Più brillanti. Più feroci.

-Richard! -

L'urlo di Talia rimase inascoltato, né l'uomo – Richard- né Wulfric si voltarono a guardarla.

-Vedi, witcher? - disse a bassa voce il re, la voce piena di disprezzo che non nascondeva del tutto la paura – Ora mi credi? È un mostro. Uccidilo. -

A un cenno del re, una guardia si fece loro incontro. Aveva tra le mani una delle spade di Stiles, quella di argento.

-No. -

La guardia si fermò immediatamente, tutti gli occhi, compresi quelli di Talia e quelli brillanti di Richard, si puntarono su di lui.

-No – ripeté Stiles, gli occhi che bruciavano in quelli del licantropo di fronte a lui – Non lo ucciderò. Non è un mostro. -

-Guarda i suoi occhi! - urlò il re fissando con rabbia Stiles – Guardali e dimmi che non è un mostro! -

-Li guardo – esclamò Stiles, voltandosi di scatto verso Wulfric e gelandolo con un solo sguardo – Li guardo e vedo che sono gialli. Se avesse ucciso qualcuno, sarebbero azzurri. Quest'uomo non ha mai fatto del male a nessuno. Non uccido gli esseri umani innocenti. -

-Innocenti? - ripeté Wulfric incredulo – Guarda le sue zanne, guarda le sue mani! E ripetimi che quella bestia immonda che non aspetta altro che assalirmi sia innocente! -

-Le sue mani sono molto più pulite delle tue e di quelle del tue guardie che hanno schiaffeggiato tua figlia su tuo ordine – mormorò Stiles, gelido.

Gli occhi del re si riempirono di vergogna e Stiles produsse un sorriso sgradevole.

-Era questo il piano? Usare tua figlia per scatenare la furia del lupo e indurmi ad ucciderlo? E ora capisco anche lo scopo della mia presenza qui. Uccidere un uomo a sangue freddo durante una festa di fidanzamento sarebbe un crimine atroce, imperdonabile. Ma un witcher che uccide un licantropo è tutta un'altra storia, vero? -

-Tu non capisci – gemette Wulfric, sembrando disperato – Non hai figli, non potrai mai averne. Non potrai mai capire l'amore che si prova verso una figlia. Sì, io amo Talia! Più della mia stessa vita e anche dopo quello che le ho fatto stasera! Agisco nel suo bene, per impedirle di rovinarsi la vita con un mostro per il quale nutre da qualche mese una sciocca infatuazione e... -

-Io lo amo! - urlò Talia, dimenandosi furiosamente tra le braccia delle guardie – Io lo amo e lui ama me! Diglielo Richard, diglielo che mi ami! -

Stiles vide le orecchie disumane del lupo muoversi irrequiete al suono di quella voce. Richard si voltò verso Talia, il corpo teso, ancora vibrante per un ringhio ininterrotto, pronto all'attacco.

Talia si sporse verso di lui, per quanto gli fosse consentito dalle guardie.

-Dillo, dillo che mi ami! Dillo che... che siamo destinati! Che sono il tuo destino! Dillo! Dì che sono il tuo destino!-

E poi qualcosa successe, proprio sotto gli occhi di Stiles.

Le mani dell'uomo di aprirono lentamente, rivelando unghie perfettamente umane, le sue spalle si rilassarono, il ringhio persistente si spense in un uggiolio sommesso.

Stiles non poteva vederlo in faccia, ma era sicuro che il volto dell'uomo fosse un semplice viso umano.

-Sei qualcosa di più, mia Talia – sussurrò Richard, con voce roca, ancora un po' ringhiante – Qualcosa di più. -

Stiles si sarebbe ricordato per sempre il sorriso di Talia. Se lo sarebbe ricordato soprattutto quando lo avrebbe visto riflesso in quello di un altro giovane dagli occhi verdi.

Richard fece un passo verso Talia, uno solo.

Stiles vide con la coda dell'occhio il re alzare il braccio e la guardia che aveva in mano la sua spada d'un tratto la brandì, incombendo alle spalle del licantropo.

Talia urlò e Richard si voltò, ma era troppo tardi, era stato troppo lento.

Ma Stiles no.

In un attimo il pugnale che aveva nascosto nello stivale brillava sinistro nella sua mano e un attimo dopo ancora la lama era sporca di sangue e la guardia giaceva ai suoi piedi, la gola squarciata.

Le altre guardie si mossero, ma Stiles era pronto.

Con una mossa fulminea recuperò la propria spada, facendola ondeggiare con maestria mentre si parava davanti a Richard.

-Provate ad alzare una mano su di lui e capirete sulla vostra pelle che la spada d'argento non va bene solo per i mostri – ringhiò Stiles, un'espressione feroce sul viso.

Wulfric non aveva più colore nel volto, se ne stava immobile a fissare sbalordito Stiles, senza avere nemmeno la forza di richiamare le guardie. Non che si sarebbero comunque mosse di un millimetro. Guardavano tutte Stiles con terrore.

-Re Wulfric. -

Stiles non voltò la testa verso la nuova voce, ma con la coda dell'occhio vide la folla aprirsi per lasciare avanzare un uomo al centro della sala. Si mise proprio davanti al cadavere dalla gola squarciata, dando le spalle a Stiles e mostrandogli la testa calva e la pelle scura. Indossava una lunga veste viola e Stiles lo classificò come un druido di corte.

-Permettetemi di esprimere la mia opinione su questa faccenda, Altezza. -

Wulfric sembrava aver ingurgitato latte rancido, ma fece comunque un brusco cenno del capo.

-Signori – tuonò il druido, guardandosi platealmente intorno – Conosciamo tutti la grande potenza della legge della sorpresa. E siamo abbastanza saggi da sapere che i suoi vincoli debbano essere rispettati, senza eccezione. Quest'uomo, Ser Richard, ha salvato la vita del nostro amato re Wulfric, diciotto anni or sono. E, come era suo diritto fare, ha chiesto come pagamento la legge della sorpresa. Non sapeva cosa avrebbe ricevuto in cambio. Avrebbe potuto essere un raccolto, un nuovo cavallo, un cucciolo di cane. Ma invece, al suo ritorno a casa, il re è stato accolto dalla notizia che la regina Maya fosse in dolce attesa. La principessa Talia è ciò che il destino ha promesso a quest'uomo. Sono legati in modo indissolubile, che non può essere spezzato da mano umana. Terribili sciagure accadono a chi non rispetta la legge della sorpresa, a chi si oppone al destino. Quindi io chiedo che la legge della sorpresa sia rispettata e che venga consolidata con un matrimonio. Che due anime unite dal destino diventino una sola! -

Le parole del druido furono accolte da un nuovo scoppio di voci. C'era chi protestava, chi chiedeva ulteriori spiegazioni, chi semplicemente urlava all'abominio.

Ancora una volta, Stiles, Richard, Talia e il re erano gli unici a tacere.

Poi, dopo un periodo di tempo infinito, il re fece un nuovo cenno.

Stiles si irrigidì ed era già pronto ad attaccare, ma scoprì ben presto che non ce ne fosse bisogno.

Al segnale del re, le guardie lasciarono andare Talia.

E la principessa, come guidata da una forza sconosciuta, corse senza nessuna esitazione verso Richard.

Si abbracciarono, anche se era più di un abbraccio. Stiles odiava le parole ricercate dei druidi, ma quella era davvero un'unione di due anime che diventavano una sola. Richard fece volteggiare Talia, stretta forte al suo collo.

L'uomo mormorava parole dolci e frenetiche tra i suoi capelli, parole di cui Stiles, anche con il suo udito sviluppato, riuscì a distinguere solo pochi stralci, come amore mio, mio amore e qualcosa di più, molto di più.

L'attenzione di Stiles venne attratta da Wulfric, che si stava muovendo verso di loro.

Si irrigidì, impugnando con decisione la spada e guardando impassibile il sovrano.

Ma l'uomo scosse la testa.

Sembrava stanco.

Si era arreso, capì Stiles, e quando lo capì abbassò lentamente la spada.

Si avvicinò piano, superando con noncuranza il cadavere sul pavimento e il druido. Si fermò proprio davanti a Stiles.

-Ahimè, un witcher alla fine si è rivelato più saggio di me – disse piano, con un sorriso dolente.

Non aspettò risposta, aggirò semplicemente Stiles e si portò davanti alla coppia.

Talia e Richard erano ancora abbracciati stretti l'uno all'altro e non davano idea di volersi separare tanto presto.

-Vi do la mia benedizione – disse piano, con voce affaticata – Ser...Ser Richard ti offro mia figlia, la principessa Talia, come tua sposa, da qui per il resto della tua vita. E... – la voce del re si spezzò un po' a questo punto – E mi scuso con entrambi per le sofferenze che vi ho causato e per quella ancora più terribile e imperdonabile che ero sul punto di causare, se non ci fosse stato un witcher a impedirmelo, e le sagge parole di Deaton. -

Richard si limitò a un rigido cenno del capo, ancora diffidente, ma Talia si gettò senza esitazione tra le braccia del padre, che la stinse forte, affondando il viso nei suoi capelli scuri.

Stiles rimase a osservarli per qualche istante, quelle tre figure così vicine tra loro da essere quasi indistinguibili, e improvvisamente si sentì di troppo.

-Con il vostro permesso, mi ritiro – disse asciutto, infilando la spada nella cintura accanto al pugnale e cominciando a voltarsi verso l'uscita.

-Aspetta, witcher! -

Stiles si fermò, ascoltando i passi frettolosi di Richard alle sue spalle.

-Aspetta! Fammi almeno conoscere il nome dell'uomo a cui devo la vita. -

Stiles si voltò lentamente, squadrando con gli occhi gialli il viso dell'altro.

Senza trasformazione non avevano più niente di simile.

Richard adesso era un uomo normale, con un bel viso e degli occhi scuri e umani.

Stiles invece era sempre un witcher.

Era sempre un mutante.

-Stiles – rispose dopo un tempo infinito – Stiles Stilinski. -

-Stiles – ripeté Richard con voce decisa, facendo un altro passo avanti – Sono in debito con te. Mi hai salvato la vita. Per favore, dimmi in che modo posso ripagarti. -

Stiles fece un sorriso cattivo.

-Non ce n'è bisogno, mio giovane signore. Vivi con la tua principessa e sii un buon re. Sarà una ricompensa sufficiente. -

-Dico sul serio! - insistette Richard, alzando un po' la voce. Stiles vide una scintilla ambrata bruciare negli occhi scuri – Dimmi ciò che vuoi, ti darò qualunque cosa. Ma non farmi vivere nel disonore di non aver ricompensato colui a cui devo sia la vita sia la donna che amo. -

Stiles lo fissò, irritato. Poi i suoi occhi scivolarono sulla principessa alle sue spalle. D'un tratto si accorse che il vestito grigio, che aveva giudicato come una scelta strana e sciatta, non era stato preferito a caso. Era un vestito largo, che non segnava i fianchi o il ventre della ragazza.

Era un vestito pensato per nascondere.

E un'idea, un'idea folle e di cui Stiles non avrebbe mai capito fino in fondo la motivazione, gli balenò in testa.

Invano tentò di giustificarsi, nel corso degli anni, adducendo come motivazione della sua richiesta l'infertilità dei witcher, la loro penuria, il rischio di estinzione che, senza eredi, ormai rischiavano.

Ma nessuna di queste blande scuse riuscì mai a rendergli chiaro perché avesse agito in quel modo, quel giorno alla corte di Beacon Hills.

- Ebbene, mio Signore, io mi appello alla stessa legge a cui ti sei appellato tu. Invoco la legge della sorpresa e chiedo ciò che già possiedi e di cui non sai ancora. -

All'inizio Richard non reagì, mostrò solo una certa confusione.

Ma Talia urlò.

-No! No, non puoi farlo! -

Si lanciò verso di loro, appendendosi con forza alle braccia di Richard. I suoi occhi verdi erano spalancati, i suoi capelli neri aggrovigliati e sconvolti, il bel viso quasi in preda alla pazzia.

-No, Richard, non puoi permetterlo! Non può averlo, non può! Non un witcher!-

L'uomo aggrottò la fronte, passando le grosse mani sulla schiena della ragazza, cercando di calmarla.

-Di cosa stai parlando, Talia? Cosa non può avere? -

Talia gli portò una mano sul proprio ventre e immediatamente tutti capirono quello che Stiles aveva compreso da tempo.

La principessa portava in grembo il figlio del licantropo.

-Talia – ansimò Wulfric, barcollando verso di loro – Non è possibile...sei... -

Richard non parlava. Era completamente immobile e congelato, mentre fissava senza espressione gli occhi verdi e sconvolti dell'amata, la mano ancora posata sul suo ventre.

La gente ricominciò a parlare e a sussurrare rumorosamente, tutti gli occhi erano fissi su Stiles e l'uomo si sentì nuovamente di troppo.

Si schiarì la gola, goffamente.

-Tornerò tra cinque anni, per reclamare ciò che è mio per destino. -

Quelle furono le sue ultime parole, prima di lasciare il castello di Beacon Hills.

 

 

 

 

 

 

Cinque anni dopo

 

 

 

 

Beacon Hills era più popolata e sporca di come Stiles la ricordasse.

Il witcher condusse lentamente la giumenta per la piazza, accarezzandole il collo per calmarla quando si spaventava per i rumori dei bambini che giocavano vicino alla fontana.

Stiles rallentò l'andatura del cavallo fino a fermarla, quando passò davanti a un ingente monumento di pietra.

Era un monumento funebre, in onore di re Wufric Hale. La data incisa nella pietra rivelava che fosse morto appena due anni prima.

Questo significava che Talia avesse preso il trono, con Richard al suo fianco.

Stiles chinò appena la testa, in segno di rispetto, poi condusse la giumenta lontano, verso una taverna vicina.

Non aveva affatto voglia di presentarsi subito al castello, inoltre aveva bisogno di rifocillarsi per il lungo viaggio.

Senza fretta, sistemò personalmente la cavalla nelle stalle, poi entrò nella taverna. Ordinò una birra e della frutta fresca, poi andò a sedersi al tavolo più distante e appartato del locale.

Captò subito un odore estraneo e, accigliato, si guardò intorno.

Non c'era nessuno nelle immediate vicinanze, eppure...

Stiles fu distratto dall'arrivo della birra e di un cesto di frutta e presto si dimenticò di ogni odore. Bevve con avidità, chiudendo gli occhi per assaporare il liquido fresco che gli rinfrescava la gola arsa per le molte ore di viaggio sotto il sole. Si pulì la bocca con una manica, poi guardò il cesto di frutta.

E si accigliò di nuovo.

La mela rossa, la più grande e bella di tutte e che Stiles già pregustava, era sparita.

Stiles acuì di nuovo i sensi, ma questa volta affinò soprattutto il suo udito.

Il suono di piccoli dentini che attaccavano la scorza dura della mela gli giunse subito alle orecchie, proveniente da sotto il tavolo.

Stiles si chinò, aspettandosi di trovare un roditore che si stava approfittando della mela caduta.

Ma non era un ratto quello rannicchiato sotto il tavolo.

C'era un bambino, un bambino piccolo e sporco, che mangiava con avidità la mela che aveva chiaramente rubato in un momento di distrazione di Stiles.

A un certo punto gli occhi del bambino incontrarono quelli gialli del witcher, abbaglianti pure nella penombra.

Atterrito, lasciò andare la mela con un piccolo grido e fece per scappare, ma Stiles fu più veloce.

Afferrò il bambino per il colletto del farsetto e lo tirò su, come avrebbe tirato su un gatto ribelle.

-Lasciami! Come osi! Non puoi toccarmi! - strillò il bambino, dando prova di due polmoni notevoli.

Stiles fece una smorfia, poi lasciò cadere il bambino sulla panca accanto a lui, continuando a tenerlo per un braccio per non farlo scappare.

Il bambino lo fulminò con i suoi grandi occhi verdi.

-Lasciami andare immediatamente – ordinò con voce bassa e imperiosa, ma Stiles lo ignorò.

Inclinò la testa, osservandolo attentamente.

Non doveva avere più di sei anni e, nonostante fosse coperto di polvere e fango dalla testa ai piedi, tutto in lui urlava che fosse stato curato e amato, due cose che non si potevano avere senza un ingente quantità di denaro.

Il bambino veniva da una famiglia benestante, non c'era dubbio.

I capelli neri lucidissimi anche se un po' disordinati, il farsetto dalle cuciture impeccabili e gli stivaletti fatti su misura, confermavano questa teoria.

Non era un ragazzino di strada, piuttosto il figlio di qualche signore sfuggito a qualche lezione noiosa o a una governante distratta.

-Non lo sai che non si ruba il cibo altrui? - ringhiò Stiles, senza reale minaccia.

Stava già pensando a chi poteva scaricare il bambino con la certezza che sarebbe ritornato sano e salvo dalla sua famiglia.

Con sua grande sorpresa, il bambino si imbronciò, sfoderando un'espressione colpevole completamente diversa da quella precedente di sfida.

-Lo so. Maestro Deaton lo dice sempre che rubare è sbagliato. Ma avevo davvero fame! Non mangio da stamattina e a colazione c'era solo quello schifo di porridge e io lo odio anche se mamma dice che devo mangiarlo. Ma non l'ho mangiato e adesso ho famissima. -

Stiles osservò il bambino, stordito da quel fiume di parole.

Il nome Deaton gli fece suonare qualche campanello nella testa, ma fu distratto dal forte brontolio proveniente dallo stomaco del bambino.

Suo malgrado, sfoderò i denti in un ghigno che sembrava vagamente un sorriso. Gli sembrò che il bambino si rilassasse un po' nella sua presa.

-Forse non saresti dovuto scappare da casa se non volevi avere fame, non pensi? -

Il bambino lo guardò un po' male e Stiles sorrise ancora, più sincero questa volta.

-Non sono scappato! Volevo solo visitare la città, ma Erica non mi fa mai fare niente, non mi fa mai andare più lontano della fontana e cosa c'è di speciale in una fontana? - il bambino intensificò il suo broncio, per rimarcare il concetto – È solo una maledetta fontana. -

Stiles a quel punto scoppiò a ridere, senza riuscire a impedirselo.

-Chi ti ha insegnato a imprecare in quel modo? Alla tua età non dovresti dire parole del genere o sbaglio? -

Il bambino sfoderò un sorriso accecante, tutto orgoglioso.

-Mio zio Peter mi insegna un sacco di parole nuove – si fece pensieroso, come a ripensarci – Anche se papà pensa che non dovrei passare tanto tempo con lui. Dice che ha una cattiva... insulenza. -

-Influenza – corresse Stiles, scuotendo la testa per quanto fosse surreale la situazione. Vide come il bambino occhieggiava al cesto di frutta e sospirò.

Senza dire una parola, fece scivolare la frutta davanti al bambino, che subito allungò felicemente una mano verso un'albicocca.

-Grazie signore! - esclamò allegramente, prima di addentare con forza il frutto.

Stiles a quel punto gli lasciò andare il braccio, abbastanza sicuro che il bambino non sarebbe fuggito.

Rimase semplicemente a guardarlo mangiare, con la stessa voracità di un lupo affamato.

-Come ti chiami, signore? - chiese con allegria, dopo che si fu divorato tre albicocche, due prugne e una nuova mela gialla.

-Stiles – mormorò il witcher, laconico.

-Io sono Derek – lo informò il bambino, anche se Stiles non gli aveva chiesto come si chiamasse.

Stiles lo osservò ancora e Derek smise per un attimo di mangiare per rivolgergli un grosso sorriso sdentato.

Quel sorriso, quegli occhi...

Scosse la testa, dicendosi che aveva cose più importanti a cui pensare che cercare di capire chi gli avesse richiamato alla mente il moccioso.

-Sapresti dirmi dove abiti, ragazzino? - chiese Stiles, arrendendosi alla prospettiva di essere lui a riportare il bambino alla sua famiglia.

Sapeva che se avesse affidato l'incarico a qualcun altro, sarebbe rimasto con il dubbio se Derek fosse al sicuro o no per tutto il giorno.

-A casa – disse con innocenza Derek, stringendosi nelle spalle, e Stiles chiuse gli occhi, dicendosi che non poteva strangolare un bambino di forse cinque anni.

-Cerca di essere un po' più preciso. Come è fatta la tua casa? -

Derek tamburellò le piccole dita sul tavolo, pensieroso.

-Eh, è grande. Una grande casa. -

Stiles lo fulminò.

-Davvero, non potevi essere più vago. -

Derek gli rivolse un grosso sorriso, lungi dall'offendersi.

-Cosa vuol dire vago? E cos'è quella cosa che hai sulla faccia? E perché porti due spade? Papà dice sempre che una spada è più che sufficiente. Tu perché ne hai due? Perché porti i capelli così lunghi? Perché...-

Dio, Stiles rimpiangeva la decisione di non strangolarlo.

-Stai zitto – ringhiò, facendo lampeggiare gli occhi verso di lui.

Con suo grande stupore e costernazione, il bambino rimase perfettamente impassibile, continuando a sorridere.

Stiles lo fissò, annusando discretamente l'aria.

Sentiva profumo di erba e terra, dovevano essere i suoi odori caratteristici. Sentiva l'odore dolce della frutta. Sentiva l'odore del divertimento e dell'allegria. Me nemmeno una minima traccia di paura.

-Non hai paura – disse, senza riuscire a trattenersi.

Derek inclinò il viso, mostrandosi un po' offeso.

-Certo che no. Non ho paura di niente, io -

Stiles gli sorrise, un sorriso solo un po' cattivo.

-Ma prima hai urlato come una principessa in pericolo. -

Derek divenne rosso mentre sfoderava di nuovo quell'espressione oltraggiata che fece ridere Stiles, solo un po'.

-Mi avevi solo preso di sorpresa, ma non avevo paura! -

-Non sei il primo a spaventarsi per i miei occhi – lo consolò Stiles, prendendo un sorso di birra come a voler annegare il tono amaro che gli era uscito.

Derek lo guardò, confuso.

-Non mi sono spaventato per i tuoi occhi – si strinse nelle spalle, allungandosi per staccare un acino d'uva – Mio papà ce li ha uguali quando si arrabbia. -

Stiles si immobilizzò, fissando intensamente il ragazzino.

Quegli occhi verdi, Deaton, gli occhi del padre...

-Tu sei un Hale – disse, senza nessuna emozione tangibile nella voce – Sei il figlio di Richard e Talia, non è così? -

Derek lo guardò, sorpreso.

-Sì. Li conosci? -

-Un po' – rispose Stiles laconico, senza guardarlo.

Stava pensando a quanto il destino potesse essere una puttana.

Si era fermato in quella taverna per ritardare il più possibile il momento in cui avrebbe strappato un bambino innocente dalle braccia della sua famiglia, ed ecco che suddetto bambino era proprio lì, a sgranocchiare spensierato dell'uva.

-Cosa c'è disegnato sulla tua collana, Stiles? -

Il witcher, riscosso dai suoi pensieri, abbassò automaticamente lo sguardo sul medaglione con l'effigie del lupo, che portava appeso al collo da quando era diventato ciò che era.

-Un lupo – rispose, sempre senza guardare il bambino. Non poteva sopportare di guardare quegli occhi innocenti e curiosi, inconsapevoli di essere di fronte all'uomo che avrebbe rovinato la sua vita – È il simbolo della scuola del lupo. Ogni witcher ne ha uno. -

-Cos'è un... un willer? - chiese Derek, aggrottando la fronte.

Stiles non poté impedire a un angolo della bocca di alzarsi.

-Un witcher è un cacciatore di mostri. Vado in giro per il mondo ad uccidere mostri e la gente mi paga per questo. -

Per un attimo temette di essere stato troppo esplicito per un bambino di cinque anni.

Ma, con sua grande sorpresa, Derek si sporse curioso verso di lui, facendogli alzare suo malgrado lo sguardo.

-Davvero? Viaggi per il mondo? Tutto il tempo? -

Stiles annuì, senza staccare gli occhi da quelli di Derek.

Il bambino lo guardò per un po', poi fece una smorfia triste.

-E non ti manca mai la tua famiglia? Penso che a me mancherebbe dopo un po', anche se a volte mi sgridano e non mi fanno fare quello che voglio. -

-Non ho una famiglia – disse Stiles, asciutto.

Derek spalancò la bocca in un'espressione sconvolta quasi comica.

-Come no? Tutti hanno una famiglia! -

Stiles sorrise, per la prima volta non un sorriso cattivo. I suoi occhi erano quasi morbidi.

-Non io, piccolo. -

Derek storse la bocca all'appellativo, ma non commentò.

-Non hai nemmeno una casa? -

Stiles scosse la testa e quasi rise all'espressione angosciata di Derek.

-Ma non puoi stare senza una casa e senza una famiglia! Chiederò a mio padre se possiamo tenerti! Lui è un uomo importante, sai? -

Stiles continuò a sorridere, anche se era un sorriso pieno di amarezza.

-Ah sì? -

Il bambino annuì solenne, poi fece cenno a Stiles di avvicinarsi. L'uomo obbedì, chinando il viso verso Derek, in modo che il bambino potesse sussurrargli nell'orecchio.

-Non dovrei dirlo in giro o a persone che non conosco, ma mio papà è il re. E mia mamma è la regina. -

-Ma non mi dire – mormorò Stiles, roteando discretamente gli occhi – Quindi questo fa di te un principe, piccolo ladro di mele? -

Derek si scostò, con un'espressione furibonda che divertì profondamente Stiles.

-Non sono un ladro! Sono un principe e devi... devi... portarmi dispetto! -

Stiles non perse nemmeno tempo a correggerlo, guardandosi nervosamente intorno. Derek non si era preoccupato di tenere bassa la voce e molte persone adesso li stavano guardando con curiosità.

Doveva portare via Derek da lì prima che qualcuno con cattive intenzioni si rendesse conto di chi fosse il bambino e quanto fosse importante.

-Andiamo – sbottò quindi bruscamente, afferrando di nuovo il braccio di Derek e lanciando qualche moneta sul tavolo – Ti porto a casa. -

Sorprendentemente, il bambino non protestò, lasciandosi trascinare per la taverna da Stiles. Era abbastanza chiaro che, nonostante la sua fuga temeraria, fosse piuttosto ansioso di tornare a casa.

Stiles notò che alcune persone stessero guardando con insistenza Derek e trattenne a stento un ringhio.

-Solleva il cappuccio del farsetto – gli ordinò e quando Derek si limitò a uno sguardo perplesso, Stiles stesso strattonò bruscamente il cappuccio sugli occhi del bambino.

-Non vedo niente! - protestò Derek, lagnandosi.

Stiles alzò gli occhi al cielo, lasciando andare il braccio del bambino solo per potergli afferrare saldamente la mano.

-Non ce n'è bisogno. Ti guido io. -

Derek si calmò a quelle parole, lasciandosi condurre all'esterno e poi fino alle stalle. A quel punto Stiles lo sollevò e lo mise sul dorso della giumenta, facendogli cadere nel movimento il cappuccio sulle spalle.

Derek sbatté gli occhi, osservando sorpreso la cavalla su cui si trovava.

Stiles rimase a piedi, guidando lentamente la giumenta per le redini, assicurandosi che mantenesse un'andatura calma che non sbilanciasse Derek.

-Tieniti alla sella. E solleva il cappuccio. -

Derek obbedì, sistemando comunque il cappuccio in modo che non gli coprisse del tutto gli occhi e potesse guardarsi con curiosità intorno.

-Stiamo andando da mamma e papà? - domandò mentre attraversavano la piazza.

Stiles grugnì, senza guardarlo.

-Sì. -

Sperò che Derek rimanesse zitto, non voleva attirare troppo l'attenzione su di loro, ma era ovviamente una speranza vana.

-Come si chiama il tuo cavallo? -

-È una cavalla. E non ha nome – tagliò corto Stiles, afferrando prontamente Derek per un braccio quando gli sembrò che il bambino si stesse sporgendo un po' troppo per osservare le bancarelle.

-Ma non può non avere nome! I cavalli devono avere un nome! Sei molto strano Stiles. -

-Lo so – rispose laconico Stiles, con uno sbuffo.

Derek lo osservò pensieroso dall'alto per alcuni istanti, poi sorrise.

-Le darò io un nome! La chiamerò Roscoe. Ti piace? -

Stiles grugnì, senza riuscire a impedirsi di roteare gli occhi.

-È un nome assurdo e che non significa niente.-

Ma Derek lo ignorò, accarezzando delicatamente le orecchie della cavalla. Stiles lo guardò, un po' preoccupato e pronto a intervenire. La giumenta marrone non era molto amichevole con persone che non fossero lui, ma per qualche ragione sembrava piuttosto tollerante con il bambino.

-Ti chiami Roscoe adesso e saremo amici per sempre! -

Stiles scosse la testa, un po' perplesso.

-Non puoi essere amico con un cavallo. -

Derek lo fissò, sinceramente sconvolto.

-Certo che posso. Proprio come siamo amici tu ed io. -

-Noi non siamo... - cominciò, ma poi si interruppe con un sospiro davanti al grosso sorriso di Derek, dicendosi che non ne valeva la pena.

-Tieniti forte adesso, piccolo ladro di mele – mormorò, mentre conduceva il cavallo per una strada in salita.

Il castello era già in vista.

-Quella è casa mia! - strillò infatti Derek, saltellando sulla sella.

-Non agitarti, tieniti al cavallo – lo rimproverò Stiles, dando un piccolo strattone alle redini per rallentare ulteriormente l'andatura.

Ci misero circa mezz'ora ad arrivare ai cancelli.

Le guardie inizialmente guardarono allarmati e diffidenti Stiles, ma poi la loro attenzione si rivolse a Derek, che aveva abbassato il cappuccio.

-Principe! Principe Derek, vi cercano dappertutto! -

Una guardia fece per avvicinarsi, ma Stiles lo bloccò con una sola occhiata.

-Porterò io stesso il principe ai sovrani, fate strada. -

Non dovettero fare molta strada, comunque.

Stavano attraversando il cortile, quando Stiles sentì una voce inconfondibile, una voce intrisa di un profondo ringhio che non aveva nulla di umano.

-... forse non mi avete capito! Non mi importa se lo avete cercato per tutta la mattina! Vi conviene trovare mio figlio prima del tramonto o mi assicurerò che ognuno di voi saluti l'alba sulla forca! Sono stato chiaro? -

-Papà! - urlò Derek eccitato, non appena furono abbastanza vicini da distinguere la sagoma di un uomo imponente con i capelli scuri, che gli dava le spalle, intento a urlare contro un gruppo di soldati. Stiles si affrettò a sollevare Derek e a posarlo per terra, prima che precipitasse sul terreno e finisse sotto gli zoccoli del cavallo.

-Papà! -

L'uomo si voltò di scatto e Stiles ne riconobbe gli occhi illuminati di giallo, su un volto altrimenti perfettamente umano. Non guardò nemmeno Stiles, aveva occhi solo per il figlio che correva verso di lui, per quanto le sue piccole gambe paffute potessero essere veloci.

-Derek! -

In un attimo il bambino fu avvolto nelle braccia forti del padre e sollevato contro il suo petto.

-Derek, hai idea di quanto mi hai fatto preoccupare? Tua madre è stata così in pensiero! Non devi mai più scappare da Erica così, mi hai capito? Ti punirò la prossima volta che lo fai, dico sul serio.-

Nonostante le parole dure di Richard, il bambino non sembrava affatto spaventato dalla minaccia, continuando ad appendersi con forza al collo del padre, e Stiles ebbe la netta sensazione che Derek non fosse mai stato punito in tutta la sua vita.

Il che spiegava molte cose.

D'un tratto, gli occhi di nuovo umani di Richard incrociarono quelli gialli di Stiles da sopra la testa arruffata di Derek.

Stiles vide l'uomo impallidire e gli sembrò che amplificasse la stretta su Derek.

Il witcher si avvicino conducendo lentamente la cavalla, senza scomporsi.

Derek voltò appena la testa, rivolgendogli un grosso sorriso.

-Papà, lui è il mio amico Stiles! Stiles è un willer, caccia i mostri e viaggia molto. È simpatico, anche se un po' strano. Non aveva nemmeno dato un nome alla sua cavalla! È lui che mi ha portato a casa! Si merita una... una ricompensa, no? -

Richard guardò per un istante il figlio, poi riportò gli occhi su Stiles.

Quegli occhi scuri, di solito fieri e decisi, adesso sembravano a Stiles solo pieni di genuino terrore.

Aveva già visto quegli occhi, li aveva visti sul viso di Wulfric quando Richard stesso era venuto a reclamare Talia per la legge della sorpresa.

-Sì – disse infine Richard con voce roca, gli occhi fissi in quelli impassibili di Stiles – Si merita una ricompensa. -

 

 

 

 

Derek aveva protestato a gran voce quando era stato affidato alle cure di Erica, la sua governante (che a giudicare dagli occhi rossi doveva essere stata aspramente rimproverata per aver perso il bambino), ed era stato riportato al castello, da Talia.

Non capiva perché non potesse rimanere nel cortile con Stiles e il padre.

Stiles aveva dovuto promettergli che sarebbe andato a salutarlo dopo aver parlato con Richard, e solo allora Derek si era fatto trascinare via da Erica, ancora imbronciato.

Richard e Stiles erano soli adesso, seduti su una panca di pietra, all'ombra di un grande faggio.

Fu Richard a rompere il silenzio per primo.

-Derek è umano, sai. -

Stiles voltò di scatto il viso verso l'altro uomo, ma Richard non lo guardava, aveva lo sguardo fisso sulle proprie mani intrecciate in grembo.

Aveva avuto il sospetto che Derek fosse un bambino completamente normale, ma quella conferma lo sorprese comunque un po'.

-Pensavo che sarebbe potuto succedere. Talia era umana, dopotutto. Non ero certo che il bambino sarebbe stato come me. -

Stiles inarcò le sopracciglia.

-Era umana? -

-Talia è come me adesso – rispose Richard, con un tono strano – L'ho morsa dopo la nascita di Derek. -

Stiles rimase in silenzio, meditando le sue parole.

-Pensavo che un beta non potesse dare il morso – disse infine, piano.

Richard fece una smorfia.

-L'alpha del mio branco... lui non era felice che stessi sposando un'umana e mi stessi mescolando con la famiglia reale. Pensava che avrei attirato troppo l'attenzione su quelli come noi. Parlava di uccidere Talia prima che desse alla luce il bambino – guardò Stiles, i suoi occhi splendevano di giallo – Ho dovuto farlo. -

Stiles non commentò. Non era particolarmente stupito. Sapeva che non c'era niente che Richard non avrebbe fatto per Talia o per Derek.

-Ma ora sei di nuovo un beta. -

Richard sorrise, il primo vero sorriso che aveva attraversato il suo volto da quando aveva visto Stiles.

-Quando ho morso Talia, il potere dell'alpha è passato a lei. Pensavo fossero solo leggende, quelle del true alpha. A quanto pare mi sbagliavo. -

Stiles scosse la testa, pensieroso.

-Hai morso Talia. Ma nessuno dei due ha pensato di mordere Derek, per renderlo più forte. Perché? -

Richard ringhiò piano, anche se Stiles rimase perfettamente impassibile.

-È solo un bambino. Non sappiamo come potrebbe reagire al morso. Potrebbe ucciderlo. Talia... Talia non vuole rischiare. E nemmeno io. -

-Però hai rischiato con Talia – disse piano Stiles, cercando di capire cosa gli stesse sfuggendo.

-Ho dovuto farlo – rispose Richard, il tono angosciato, gli occhi colpevoli – Lei... la gravidanza è stata difficile. Stava morendo. Aveva appena dato alla luce mio figlio e non potevo essere felice perché l'amore della mia vita stava morendo. Non potevo sopportarlo. Avrei fatto qualsiasi cosa per tenerla con me. E l'ho fatto. Ma non mi riprenderei il rischio se non fosse strettamente necessario. E non lo riprenderei con Derek. -

Stiles rimase in silenzio, gli occhi fissi su un cespuglio di rose poco distante.

Di nuovo, fu Richard a rompere il silenzio.

-Non può avere altri figli, Talia. Ci abbiamo provato ma... il parto di Derek è stato davvero troppo complicato.-

Stiles sorrise, il suo solito sorriso cattivo, da lupo.

-Cosa stai cercando di dirmi, Richard? -

Se l'uomo si accorse del tono beffardo di Stiles, non lo diede a vedere.

Improvvisamente era inginocchiato davanti al witcher, gli occhi scuri quasi folli, mentre si preparava in modo inequivocabile a supplicare.

Lui, un re, che supplicava un witcher, un mutante.

Stiles avrebbe riso, se non provasse un opprimente istinto di girare la testa e vomitare.

Gli occhi di Richard, occhi di un padre e un marito disperato, erano insopportabili da guardare. Così Stiles guardò i suoi capelli, del tutto uguali a quelli di Derek.

-Il mio unico figlio... il mio bambino. Ti prego, cerca di... Quanti bambini sopravvivono alla prova delle erbe, Stiles? Quanti bambini diventano effettivamente witcher e non muoiono nel processo? Tre su dieci? Due se dieci? Quanti Stiles? -

Stiles sorrise beffardo, gli occhi lontani, fissi sul cespuglio di rose.

-Vuoi delle statistiche, Richard? Per questo hai sollecitato questo colloquio privato, immagino. Ebbene, se vuoi delle statistiche, te le darò. Un bambino su dieci sopravvive. -

Richard gemette e, con uno scatto, afferrò una mano di Stiles.

Il witcher trasalì e lo fissò, diffidente, ma non si ritirò.

La presa di Richard era talmente forte che temeva gli avrebbe rotto la mano se avesse provato a ritrarla.

-È solo un bambino... un bambino così normale, così umano. Tu ed io non siamo umani, non del tutto. Non saremo mai normali, la gente ci considererà sempre dei mostri. Ma Derek... Derek non è così. Derek è ogni cosa pura che esista al mondo, così buono che temo per il suo cuore. È perfetto. Ti supplico Stiles. È il nostro unico figlio, tutto ciò che ci rimane... ti prego. Ti darò oro, un titolo, tutto quello che vuoi, ogni cosa. Ogni cosa che ai tuoi occhi valga quanto Derek. -

Stiles rimase in silenzio, senza guardarlo.

Quando parlò, la sua voce era molto lenta, quasi stanca.

-Cosa vuoi da me, Richard? Cosa speri di ottenere con queste mezze suppliche? Vuoi che rinunci ai miei diritti sul bambino? Vuoi che mandi a fanculo il destino e non strappi un bambino perfettamente umano dalle braccia delle madre che tanto lo ama? -

Richard non rispose e Stiles rimase a lungo in silenzio, pensieroso.

-Perché lo farò – disse dopo molto tempo, ignorando lo scatto della testa di Richard – Rinuncerò al bambino. E gratis, per giunta. Non voglio nulla in cambio. Che cresca al sicuro a Beacon Hills, amato e protetto da tutti. Io non mi opporrò. Me ne andrò e non mi vedrai più, questa è una promessa. -

Richard lo fissò, ancora incredulo.

-Tu... tu rinuncerai alla legge della sorpresa? -

Stiles annuì, guardandolo finalmente negli occhi.

-Sì – si aprì in un ghigno da lupo, i denti che brillavano minacciosi – Non ho mai creduto granché nel destino, dopotutto. -

Richard sembrò sul punto di collassare su se stesso per il sollievo.

-Grazie – sussurrò, stringendo la mano di Stiles nella sua – Grazie, Stiles. Sei un uomo migliore di quello che mostri. E un uomo migliore di quello che pensi. -

Stiles fece una smorfia, un po' a disagio, e ritrasse la mano. Richard glielo permise.

Si alzarono in piedi nello stesso momento, rimanendo uno di fronte all'altro.

-Prima che me ne vada – cominciò Stiles, con una voce strana, assente, come se fosse lontano anni luce da quel cortile, da quel faggio, dagli occhi luminosi di Richard – Prima che me ne vada, ho promesso al piccolo che lo avrei salutato. Chiedo solo questo. Un ultimo incontro. -

Richard annuì immediatamente, quasi solenne.

-Lo avrai. -

 

 

 

 

Stiles dovette aspettare a lungo fuori da una stanza.

Richard gli aveva detto di stare lì, con uno sguardo un po' imbarazzato, poi era entrato, da solo.

Erano circa dieci minuti che sentiva i sussurri rabbiosi di Richard e Talia.

-...come ti è saltato in mente anche solo di farlo entrare qui... -

-...abbassa la voce, Derek ci guarda. E il witcher può sentire. -

-... dirgli che può vedere Derek! Come se non lo avesse visto abbastanza! -

-Glielo devo. Mi ha salvato la vita. E oggi ha salvato anche quella di Derek. Un ultimo incontro, non chiede altro... -

Quando la porta si spalancò, Stiles fece del suo meglio per sembrare ignaro di tutto.

A giudicare da come gli occhi di Talia ardevano di rosso, non c'era riuscito molto bene.

Richard le stava di qualche passo indietro, sembrava più calmo, anche se non completamente rilassato.

-Derek ti aspetta, witcher – disse Talia con freddezza, sollevando il mento con disprezzo.

Stiles si prese qualche istante per osservarla.

Era ancora bella, ma non era più la ragazza nervosa di cinque anni prima. Era un'alpha adesso e ne aveva del tutto l'aspetto.

Portava ancora i capelli sciolti e il suo viso era fiero e deciso come quello di Richard, i suoi occhi...

Lo odiava, Stiles glielo leggeva negli occhi rossi a ardenti come braci.

Mentre le passava accanto, Talia ringhiò.

-Attento a quel che fai, witcher. -

Stiles non riuscì a trattenere un piccolo sorriso di scherno.

-Non scapperò dalla finestra con tuo figlio sulle spalle, se è questo che temi, Talia. -

La donna ringhiò più forte e Richard si affrettò ad avvicinarsi e a passarle una mano calmante sulla schiena. Guardò Stiles con rimprovero.

-Avanti Stiles. Hai dieci minuti, non di più. -

Stiles annuì, senza nessuna espressione.

Era più di quanto si sarebbe aspettato, in realtà.

Lentamente, entrò nella stanza, chiudendosi la porta alle spalle, poi si voltò.

Derek era seduto sul proprio letto, le gambe che dondolavano nel vuoto con indolenza.

Non era più sporco di fango e il farsetto lurido era stato sostituito da una veste pulita.

Anche così, il viso imbronciato lo faceva assomigliare più a un piccolo ribelle che a un principe.

Al rumore della porta che si chiudeva alzò il volto e si illuminò non appena vide Stiles.

-Stiles! - urlò contento, correndogli incontro.

Istintivamente, Stiles si inginocchiò per accogliere il bambino tra le braccia, stringendolo goffamente.

Era passato troppo tempo dall'ultima volta che qualcuno era stato così vicino.

Stiles non ricordava nemmeno se ci fosse stato qualcuno così temerario da abbracciarlo, al di fuori del sesso.

Forse Isaac, un paio di anni fa.

Ma era stato un contatto fugace, rapido.

Derek gli si stringeva addosso come se ne valesse della sua vita, insistente e dolorosamente necessario, le piccole braccia strette con forza intorno al collo dell'uomo.

Stiles gli passò impacciato una mano sulla schiena, cercando di essere il più delicato possibile.

-Temevo che te ne fossi andato senza salutare – borbottò Derek contro il suo collo.

Stiles scosse la testa, lo sguardo perso sulle spade di legno appoggiate ordinatamente al muro accanto al letto, sui pupazzi dalle varie forme e dimensioni accantonati in un angolo della stanza, di sicuro fonte di vergogna per il bambino orgoglioso, ma non abbastanza per liberarsene del tutto.

-Ti avevo detto che ti avrei salutato. Mantengo sempre le promesse.-

Gli passò una mano tra i capelli, esitante. Derek si scostò leggermente, per poter inchiodare l'uomo con i suoi occhi verdi, troppo intensi, troppo profondi per un bambino così piccolo. Stiles dovette lottare per non distogliere lo sguardo.

-Mamma dice che non puoi restare qui. È vero? -

Stiles annuì.

Derek si imbronciò ancora di più.

-Perché no? Tanto non hai una casa, né una famiglia. Perché non puoi restare qui con me? -

Le parole sarebbero risultate quasi cattive, se non le avesse pronunciate Derek, con quel candore tipico di ogni bambino.

Stiles sorrise, un altro di quei sorrisi autentici che erano estremamente rari da vedere sul suo viso.

Derek sembrava avere un dono per strapparglieli.

-Non è posto per me, piccolo. I castelli sono posto per principi come te. A me aspetta la strada. -

Derek corrugò la fronte.

-Sembra davvero uno schifo maledetto – commentò, e Stiles non poté fare a meno di ridere.

-Credo che tuo zio Peter sia davvero una brutta influenza. -

-Non hai mai paura lì fuori da solo, Stiles? - mormorò improvvisamente Derek, con voce bassa e quasi timida – Non ti senti mai solo? -

Stiles lo fissò per un lungo momento, cercando di nascondere la propria sorpresa per quella domanda. Nessuno si era mai preoccupato che potesse avere paura. Nessuno aveva mai pensato che potesse sentirsi solo. Era un witcher, la solitudine faceva parte del gioco.

-I witcher non provano sentimenti – disse infine piano, anche se proprio in quel momento sentiva un'emozione indefinita serpeggiargli nel cuore - Uccidiamo i mostri. Prendiamo il denaro. Questa è la nostra vita. Niente di cui avere paura. E la solitudine... ti abitui anche a quella, alla fine. -

Derek si morse il labbro, poi allungò la propria mano verso il viso di Stiles.

L'uomo si irrigidì, ma rimase immobile. Quasi non respirava mentre Derek passava le dita con delicatezza sulla linea frastagliata della cicatrice.

-Te l'hanno fatta i mostri questa? - domandò, preoccupato.

Stiles lo fissò come se non fosse vero per qualche istante, poi lentamente annuì.

Derek ritirò la mano, correndo via da lui. Per un attimo Stiles pensò che si fosse spaventato, ma poi lo vide armeggiare con il proprio baule da cui spuntavano i suoi pupazzi.

Esitò per un istante, poi ne prese uno e corse di nuovo verso Stiles.

Derek tese la mano, porgendogli con aria seria un piccolo pupazzo di stoffa, un orsetto dall'aria lacera e usata.

Stiles poteva sentire il profumo di Derek, di erba e terra, impregnarlo completamente e capì che il bambino doveva averci dormito spesso, anche di recente. Perché glielo stesse offrendo, era un mistero.

-Ti proteggerà – spiegò Derek, come se gli avesse letto nel pensiero – Come un... un... - contrasse la fronte e Stiles sorrise.

-Un amuleto? -

Derek annuì, illuminandosi.

-Sì! Ti difende dai mostri. E ti fa compagnia se ti senti solo. -

Stiles scosse la testa.

-Non posso accettarlo. Penso che sentirebbe troppo la tua mancanza. -

La faccia contenta di Derek cadde mentre abbassava il braccio, e un forte odore di tristezza e delusione raggiunse il naso di Stiles.

Non sapeva perché, ma non poteva sopportare quell'odore.

-Ho io una cosa per te, però – disse, togliendosi il pesante medaglione che portava al collo. Era una cosa stupida, lo sapeva. John lo avrebbe ucciso per una cosa del genere e Jackson gli avrebbe dato del coglione senza pietà.

Nessun witcher avrebbe mai dovuto separarsi dal proprio medaglione. Non solo era una protezione contro i mostri, essendo d'argento, ma era anche impregnato di magia e vibrava in modo rivelatore quando ne percepiva altra nell'aria.

Stiles non avrebbe dovuto privarsene.

Ma, comunque, fece scivolare la catena intorno al collo di Derek, attento, con delicatezza.

Il bambino, prevedibilmente, si illuminò di nuovo.

-Il tuo medaglione con il lupo! - sussurrò pieno di meraviglia, prendendolo tra le mani. Lanciò un'occhiata a Stiles, esitante – Posso tenerlo? -

Stiles annuì, gli occhi fissi sull'immagine incisa del lupo.

-Sì. Questo è il mio amuleto. Finché lo avrai, sarai al sicuro. E lo sarò anche io. -

Era una cazzata inventata sul momento, ma Stiles non rimpianse niente. Non quando Derek gli rivolse il suo sorriso sdentato.

Qualcuno bussò alla porta e Stiles sospirò, mettendosi lentamente in piedi.

Il suo tempo era finito.

Immediatamente Derek gli rivolse uno sguardo pieno d'ansia.

-Ti rivedrò ancora, Stiles? -

Stiles esitò, con una mano già sulla maniglia.

Non si voltò verso il bambino. Non sapeva perché, ma faticava a reggerne lo sguardo, così fiducioso, così limpido.

Così privo di paura.

Non aveva paura dell'uomo che era giunto per portarlo via dalla sua famiglia, tutt'altro.

-Se così vorrà il destino. Addio, piccolo lupo – mormorò alla fine, poi uscì.

Talia e Richard erano proprio davanti alla porta, la prima rigida e diffidente, il secondo più difficile da leggere. A Stiles sembrava quasi triste.

Stiles fece un sorriso sarcastico, superando entrambi.

-Conosco la strada. -

Nessuno dei due si mosse per accompagnarlo, nessuno dei due lo fermò.

Stiles sentì distintamente Talia tornare nella stanza di Derek.

Tornò con passo lento al cortile, dove uno scudiero gli portò la sua cavalla.

Stiles la accarezzò distrattamente sul collo, poi si mise in sella.

-Andiamo, Roscoe – sussurrò piano, spronando la cavalla con i polpacci.

Con una mano teneva le redini, l'altra era stretta a pugno contro il proprio petto. Tra le dita di Stiles, spuntava appena un orecchio dell'orso di pezza.

Si sentiva ignobile per quel gesto, ma quando il bambino aveva fatto cadere il giocattolo per poter stringere il medaglione, Stiles non aveva potuto fare a meno di raccoglierlo con un movimento fulmineo e nasconderlo nell'armatura.

Sperava che Derek lo avrebbe perdonato.

Sperava che Derek lo dimenticasse presto, che vivesse la sua vita perfettamente umana nel miglior modo possibile, senza interferenze da parte sua, senza agguati del destino.

Purtroppo, era una speranza vana.

 

 

 

 

 

Stiles non aveva più pensato a Derek per dodici anni.

Certo, qualche volta, quando guardava Roscoe, gli sembrava di vedere sulla sella un bambino che rideva allegro, gli occhi oscurati dal cappuccio di un farsetto sporco.

E certi giorni l'assenza del medaglione intorno al suo collo sembrava più pesante del solito.

A volte tastava le bisacce appese alla cavalla, solo per controllare che l'orsetto di pezza fosse ancora lì.

Ma con il passare del tempo Derek era diventato un pensiero sempre più fugace, sempre più sbiadito.

Quasi si era scordato della festa di fidanzamento di Talia, della legge della sorpresa, del destino che incombeva su di lui come un avvoltoio.

Questo fino a quel giorno.

-Ti dico che Beacon Hills cadrà presto, te lo dico io, stronzo! -

Stiles stava bevendo in un angolo della taverna, come al solito da solo, un mantello che gli copriva il volto quanto bastava per non spaventare con la sua cicatrice la cameriera.

Non poté fare a meno di mettersi in ascolto della conversazione accesa che stava avvenendo tra due uomini al tavolo dietro il suo.

-Stronzate, Beacon Hills non cadrà! La Lupa non permetterà agli Argent di invadere il regno! Quella regina ha il sangue del diavolo che le scorre dentro, te lo dico io. -

-Talia ha perso la testa da quando il re è morto in battaglia il mese scorso, non è più affidabile. Il popolo già comincia a rivoltarsi contro di lei. Gli Argent sono già alle porte, è spacciata. -

Stiles strinse la mano intorno al boccale, talmente forte da far diventare le nocche bianche.

Ripensò agli occhi scuri decisi e fieri, adesso per sempre immobili e spenti.

Ripensò ai capelli neri e arruffati, identici a quelli di Derek.

Pensò a Richard morto e gli sembrò così surreale che non ci credeva.

-Beacon Hills non cadrà – ripeté l'altro, anche se meno convinto – La Lupa non lo permetterà. Non finché ha il cucciolo da proteggere. -

Stiles dovette lasciare andare il boccale, perché la sua presa stava diventando talmente forte da creare delle crepe.

-Su questo potresti avere ragione. Tiene più a quel ragazzo che a tutto il suo popolo. Non gli permette di lasciare il castello, non lo fa avvicinare al campo di battaglia. Ho sentito dire che il Giovane Lupo scalpita per prendere il posto del padre, ma la Lupa lo tiene al guinzaglio. -

-È solo un essere umano, dopotutto – commentò l'uomo, in tono definitivo.

Poi cambiarono discorso, ma Stiles non li ascoltava più. Guardava fisso davanti a sé, senza vedere niente sul serio.

Non aveva più in mente il viso di Richard adesso.

Era un sorriso sdentato quello che vedeva davanti agli occhi adesso.

Dieci minuti dopo era già nelle scuderie, spronando Roscoe ad allontanarsi più in fretta possibile.

 

 

 

 

 

Talia non era cambiata affatto in tutti quegli anni.

Era ancora bella, ancora altera e fiera.

Lo guardava ancora con l'odio che ardeva negli occhi rossi.

Ora che ci pensava, Stiles non aveva più visto i suoi occhi verdi, dal giorno della festa di fidanzamento.

Li poteva ricordare solo dal viso bambino di Derek.

-Avevi promesso che non saresti tornato mai più – disse lentamente la regina, appoggiandosi meglio allo schienale del trono.

Stiles, in ginocchio davanti a lei, chinò ancora di più il capo.

-Temo di dover infrangere questa promessa, Maestà. -

Talia non rispose e Stiles raddrizzò la testa, guardandola intensamente.

-Mi dispiace per Richard – disse piano, in un sussurro.

Talia ebbe uno scatto brusco con la testa, come se volesse nascondergli il viso.

Stiles era sicuro che i suoi occhi luccicassero.

-Non osare pronunciare il suo nome – disse dopo un po', fredda come il ghiaccio – Lui ti rispettava, lo sai? - aggiunse dopo qualche minuto, senza guardarlo – Pensava di doverti la vita. Pensava che fossi... che fossi un brav'uomo – rise, sprezzante – È sempre stato più morbido di me, più ingenuo, su certi aspetti. -

-Gli ho davvero salvato la vita – mormorò Stiles, gelido.

Talia lo fulminò.

-Smettila. Smettila con questa recita. Tu ed io sappiamo perché lo hai fatto. Tu sapevi che ero incinta, lo sapevi quando hai invocato la legge della sorpresa, lo neghi forse? -

-No – rispose Stiles, reggendo il suo sguardo – Non lo nego. Ma non è per questo che ho salvato la vita di Richard. Dici che mi stimava. Il sentimento era reciproco. Come stimo te, nonostante tutto. -

La regina strinse le labbra, nessuna espressione tangibile sul bel viso.

-Cosa vuoi da me, witcher? -

Stiles esitò, scegliendo accuratamente le parole.

-Dodici anni fa, dissi a Richard che avrei lasciato che vostro figlio crescesse qui, al sicuro – guardò la regina negli occhi, fiero anche nella sua posizione inginocchiata – Sai che non è più al sicuro qui, Talia. E non lo sei nemmeno tu. Nessuno lo è, l'esercito degli Argent si sta preparando a sferrare l'attacco decisivo proprio mentre noi parliamo così tranquillamente nella sala del trono. -

Gli occhi di Talia fiammeggiarono.

-Derek è al sicuro finché la Lupa non esala l'ultimo respiro e io sono ancora viva, witcher! Ascoltami bene, perché non lo ripeterò. Combatterò fino alla morte per il mio regno e per mio figlio, così come ha fatto mio marito. Siamo lupi, i lupi non abbandonano il territorio, lo difendono fino alla fine. -

Stiles rimase in silenzio, riflettendo.

-Ma Derek non è un lupo, giusto? A lui è permesso lasciare il territorio. -

Talia lo osservò, di colpo pallida. Poi sorrise, un sorriso cattivo e sarcastico.

-Oh no. No, non puoi davvero star suggerendo quello che penso. Devi aver perso la testa, witcher. -

-Se lo dai a me – insistette Stiles, alzando la voce – Se lo dai a me sarà al sicuro. Lo proteggerò. Lo difenderò da chiunque voglia fargli del male. Lo nasconderò. E, se il destino sarà dalla tua parte in questa guerra, lo riporterò a casa. E se invece Beacon Hills dovesse cadere, avrò cura di lui finché non sarò certo che possa cavarsela da solo. Questa è una promessa. -

-Lo sottoporrai a qualche mutazione mortale se te lo lascio!- ruggì Talia, alzandosi in piedi – Non ho evitato di dare il morso a mio figlio solo per poi lasciarlo morire nella prova delle erbe! -

Anche Stiles si alzò in piedi, abbandonando ogni pretesa di cautela.

-Sei una sciocca se pensi che ormai mi importi minimamente di trasformare Derek in un witcher! Pensi che mi darei tanta pena di salvare un ragazzo che ho comunque intenzione di condannare a morte? -

Talia scosse la testa, i lunghi capelli neri che le si agitavano intorno.

-No. No, non lo permetterò. Non puoi averlo. Ora vattene. Vattene! -

Stiles strinse la mascella, un ringhio gli sfuggì dalla gola.

-Non me ne andrò di qui senza quel ragazzo, Talia. Anche questa è una promessa. -

Il sorriso di Talia si fece sinistro, mentre si risedeva con calma sul trono.

-Temevo che lo avresti detto. -

Stiles estrasse la spada, ma nemmeno lui poteva qualcosa contro la magia.

Crollò a terra, costretto da una forza sovrumana a giacere immobile, impotente. Le orecchie fischiavano, sentiva dolore, voleva urlare, ma anche la sua voce era paralizzata.

Prima di svenire, vide il viso impassibile di Deaton, chino su di lui.

 

 

 

 

Stiles ringhiava come un lupo in gabbia mentre camminava furioso per i pochi metri della sua cella.

L'incantesimo di Deaton si era esaurito da almeno due ore, era di nuovo in grado di muoversi e di parlare, ma era comunque intrappolato lì dentro.

Non sapeva dove si trovava, non riusciva a sentire niente.

Era completamente solo.

E Derek era sempre più in pericolo ogni minuto che passava.

Doveva andarsene da lì, doveva portare Derek al sicuro.

-Fatemi uscire, cazzo! - urlò, lanciandosi contro le sbarre.

-Temo che quello non sia il metodo più efficace per uscire di lì.-

Stiles riconobbe subito la voce pacata e fulminò con occhi furiosi il viso pacifico del druido di fronte a sé.

-Tu – ringhiò, stringendo le sbarre della cella e mostrando i denti – È colpa tua se sono qui. -

-Non ho eseguito gli ordini a cuor leggero – rispose Deaton, senza scomporsi – Penso che ricordi come mi sono espresso a favore di onorare la legge della sorpresa, ormai diciassette anni fa. La mia opinione non è cambiata. Tu e il principe Derek siete uniti dal destino. E il destino non può, non deve, essere spezzato da mano umana. -

Stiles fece un brutto sorriso sarcastico.

-Eppure, eccomi qui. Io sono in una cella, mentre Talia sta condannando a morte suo figlio per soddisfare il suo orgoglio. -

Deaton annuì, grave.

-Sì. Ed è per questo che sono qui. Voglio rimediare a un errore. -

Prima che Stiles potesse dire qualsiasi cosa, l'uomo allungò una mano.

-Allontanati, witcher. -

Stiles fece appena in tempo a balzare indietro e a coprirsi il volto che la porta della cella esplose.

Stiles guardò male il druido, rimasto imperturbabile.

-Abbastanza drammatico da parte tua. Non avevi una copia delle chiavi? -

Deaton gli sorrise dolcemente.

Stiles decise che lo odiava, anche se lo aveva appena liberato.

-Forse. Ma preferisco avvalermi dei miei mezzi. -

Stiles uscì con cautela dalla cella, scavalcando i detriti della porta.

-Talia non ti punirà per avermi liberato?-

Il druido alzò un sopracciglio.

-Non credo, visto che è lei che mi manda.-

Stiles lo guardò, esterrefatto.

-Cosa? Ha cambiato idea? Perché? -

Deaton perse d'un tratto la sua aria impassibile.

Sembrava straordinariamente vecchio e infelice.

-Non te ne sei accorto, witcher? Beacon Hills è caduta, gli Argent sono già in città. Siamo tutti spacciati. Ma forse c'è ancora una possibilità per il Cucciolo di Lupo – guardò Stiles con serietà – Sei ancora disposto a prenderlo con te e a proteggerlo a costo della vita? -

Stiles strinse la mascella, una mano che andava automaticamente a stringersi intorno al collo, dove avrebbe dovuto trovarsi il medaglione.

-Sempre. -

 

 

 

 

Stiles correva dietro a Deaton, seguendolo per i meandri del castello.

Il regno e il castello erano in preda al caos, ovunque Stiles sentiva urla di dolore, ovunque vedeva la morte.

Continuava a guardarsi frenetico intorno, sperando di non riconoscere in mezzo a quella devastazione un paio di occhi verdi e dei capelli neri disordinati.

Non lui. Lui no.

Stiles e Deaton si fermarono davanti a una porta sorvegliata da due guardie armate, che appena riconobbero il druido si scostarono, facendoli passare.

Stiles entrò, subito dietro Deaton.

Sentì il suo odore ancora prima di vederlo.

Dodici anni.

Erano passati dodici anni, eppure sapeva ancora di erba e di terra.

E aveva ancora una debole traccia dolce, come se avesse mangiato frutta di recente.

Il cuore di Stiles accelerò prima che potesse impedirselo, anche se non ne capiva la ragione.

Immaginava c'entrasse qualche cazzata in stile Deaton, tipo due anime unite in una sola in un legame indissolubile o qualcosa del genere.

Poi lo vide.

Vide capelli neri e arruffati che si confondevano con i capelli scuri e sciolti della donna su cui il giovane era chinato.

Stiles si avvicinò di un passo e mise a fuoco la scena.

Talia giaceva su un divano al centro della stanza, tingendo di rosso la stoffa verde e il tappeto sottostante.

Anche le mani di Derek, strette in quelle della donna, erano rosse.

Per un attimo Stiles si preoccupò, ma poi capì che non era ferito.

Era Talia a sanguinare. Era Talia che stava morendo.

-Mamma, per favore – sussurrò Derek e anche se Stiles non lo vedeva in faccia sapeva che stesse piangendo.

-Niente lacrime, Derek – disse infatti Talia, con la solita voce forte e decisa, anche in quel momento – Sei un lupo. I lupi non piangono. -

-Fammi andare in battaglia – la pregò Derek, disperato. Sembrava essere totalmente inconsapevole di Deaton alle sue spalle, dello sguardo giallo di Stiles che gli bruciava la nuca – Posso vendicarti e morire per il mio regno. -

Stiles era sicuro che Talia stesse sorridendo.

-Molto nobile da parte tua. Sei il degno figlio di tuo padre. Ma penso che il destino abbia altro in serbo per te – Talia si interruppe e tossì. Stiles vide le mani di Derek tingersi di nuove macchie rosse - Witcher, sei qui? Sento il tuo odore... odore di ferro e... e un particolare odore di cannella, sì...mi sono sempre chiesta perché odorassi in quel modo - la voce di Talia ora era debole, quasi delirante.

Stiles si avvicinò, silenzioso e senza fare rumore.

-Sono qui – disse piano, quando fu praticamente alle spalle di Derek.

Il giovane sobbalzò e si voltò di scatto.

Stiles lo osservò quasi con avidità, notando cosa fosse cambiato del suo viso e cosa fosse rimasto uguale. Il suo mento tondo si era appuntito, le sopracciglia nere erano più spesse, le guance meno paffute.

Il suo sorriso sdentato era sparito, anche se le fossette agli angoli della bocca erano rimaste.

Ma più di tutto, Stiles fu contento nel riscontrare che i suoi occhi non erano invecchiati di un giorno. Erano ancora verdi e grandi, come se il mondo iniziasse e finisse con quegli occhi.

Ma non conservavano più quell'ingenuità, quell'allegria e quella totale estraneità a ogni cosa brutta del mondo, come la prima volta in cui aveva tirato fuori un bambino sporco e ribelle da sotto il tavolo.

Adesso erano anche pieni di dolore, di rabbia, di rancore, paura e solitudine.

Ma quando il verde incontrò il giallo, a Stiles sembrò per un istante di avere di nuovo davanti a sé gli occhi innocenti e puri di un bambino di cinque anni. Erano ancora gli occhi di un bambino che gli chiedeva con sincero stupore come fosse possibile che non avesse una famiglia e subito dopo gli offriva di rimanere con lui.

Derek si portò una mano al collo, dove Stiles vide che portava ancora il suo medaglione.

-Stiles – sussurrò Derek confuso e Stiles provò una sensazione strana al suono del suo nome in quella voce strana, sconosciuta, non più infantile ma non ancora del tutto adulta – Sei tornato. -

Stiles non sapeva cosa dire.

Cosa si diceva a un ragazzino che ti è stato destinato dalla nascita e che non hai visto per dodici anni, mentre il suo intero mondo gli sta crollando davanti agli occhi?

Non si aspettava nemmeno che lo riconoscesse subito e non sapeva se esserne felice o no.

Stiles decise di non dire niente, distogliendo lo sguardo da quegli occhi verdi troppo grandi e portandolo su Talia.

La regina aveva ancora gli occhi rossi e questo era vagamente confortante per Stiles, una pausa dal verde.

-Mia Regina – sussurrò, facendo per inginocchiarsi, ma venendo fermato da un gesto stizzito della mano.

-Risparmiati, witcher. Non ti ho chiamato qui per delle formalità. Voglio che tu faccia quanto hai promesso. Voglio che prendi mio figlio e lo porti il più lontano possibile da qui. -

-No! - urlò subito Derek, guardando sconvolto la madre – No, non se ne parla, io non ti lascio! Non andrò via con un uomo comparso dal nulla mentre sei ferita! -

Talia ringhiò debolmente, facendo lampeggiare gli occhi contro il figlio.

-Non è una richiesta. Obbedirai, che tu lo voglia o no. Non morirai qui, non finché la Lupa respira ancora. -

Derek scosse la testa, facendo un passo indietro.

Stiles si mise sull'attenti, pronto a scattare nel caso facesse qualcosa di stupido. A giudicare dallo sguardo folle di Derek, non sbagliava ad avere questo timore.

- No! Non vado da nessuna parte! Io... -

Si guardò intorno, disperato. Deaton era proprio davanti alla porta, rendendola inaccessibile.

Vide la finestra spalancata nello stesso momento in cui la vide Stiles.

Scattarono insieme.

Derek era diventato un ragazzo alto, con le spalle robuste, il fisico magro ma tonico.

Ma era pur sempre un ragazzino di diciassette anni, per di più umano.

Stiles non dovette neppure impegnarsi per avere la meglio.

Lo afferrò forte e lo allontanò di peso dalla finestra, sibilando quando Derek cercò di graffiargli il viso con le sue unghie corte, mostrandogli i denti in una parodia di un ringhio.

Era umano, ma c'era il lupo dentro di lui. C'era il sangue di Richard che scorreva nelle sue vene, Stiles non aveva dubbi su questo.

-Fermo, ragazzino – sibilò, cercando di contenere la furia di Derek senza fargli eccessivamente male.

Avrebbe potuto facilmente rompergli un braccio o fratturargli una costola, ma qualcosa in lui rabbrividiva all'idea di fargli del male. Avrebbe potuto usare il segno axii, che calmava la mente e rendeva il soggetto docile, ma non voleva fare nemmeno quello.

Anche mentre cercava di colpirlo sul viso, Stiles aveva davanti agli occhi il bambino che gli toccava la cicatrice con delicatezza, chiedendogli se gliela avessero fatta i mostri.

D'un tratto, il corpo di Derek si accasciò tra le braccia di Stiles, immobile e senza vita.

Stiles spalancò gli occhi, mentre il terrore strisciava piano in lui.

-Derek – ansimò senza fiato, la mente annientata dalla paura.

Strinse il ragazzo a sé, toccandogli il viso e poi il collo, scavalcando la catena fredda del medaglione per poter concentrarsi sul suo battito.

Il sollievo lo invase quando captò un battito lento, ma costante. Vide il medaglione intorno al collo di Derek tremare e d'un tratto capì cosa fosse successo.

Girò la testa, incontrando lo sguardo deciso di Deaton, le mani tese verso di loro, la magia che ancora propagava dalle sue dita.

-Cosa gli hai fatto? - domandò, un ringhio debole nella sua voce.

Sapeva che non sarebbe mai riuscito a portare via Derek mentre era cosciente, ma non gli piaceva comunque avvertire il corpo pesante e impotente del giovane tra le sue braccia.

Sembrava morto e la cosa lo faceva impazzire.

Deaton lo fissò, imperturbabile.

-Solo un leggero incantesimo di stordimento. Si riprenderà tra poche ore. Portalo via da qui, prima che sia troppo tardi. Sbrigati, witcher. -

Stiles non se lo fece ripetere. Con un gesto veloce ma attento, prese Derek in braccio. Era leggero e piccolo tra le sue braccia e Stiles sentì come non mai l'esigenza di portarlo lontano da lì, al sicuro.

Si stava già incamminando verso la porta, quando Talia lo richiamò.

-Stiles – mormorò e il wicther voltò la testa di scatto, perché quella era la prima volta che la regina lo chiamava per nome. Per la prima volta vide Talia Hale, la Lupa di Beacon Hills, piangere.

-Stiles. Hai promesso. -

Stiles chinò la testa, non solo un segno di rispetto, ma anche un congedo.

Addio, mia Regina. Siete di sicuro la donna più forte che abbia mai conosciuto. Spero che qualunque cosa ci sia dopo la morte, tu e Richard possiate stare insieme.

-Non temere – gli occhi di Stiles brillarono nella penombra, caldi, pericolosi e determinati.

-Io mantengo sempre le promesse. -

 

 

 

 

Stiles spronava Roscoe con le ginocchia, mentre teneva le redini con una mano e con l'altro braccio circondava la vita di Derek.

Il ragazzo era ancora svenuto e Stiles lo teneva forte contro il suo petto, per evitare che cadesse.

Più volte Roscoe si imbizzarrì per via di un tizzone ardente che bloccava la via e Stiles dovette stringere la presa su Derek, temendo di cadere lui stesso.

Gli Argent stavano dando la città alle fiamme e ovunque regnava il caos.

Più volte Stiles dovette staccare una mano dalle redini per usare il segno aard contro soldati che si avvicinavano.

Aveva coperto Derek con il proprio mantello, nella speranza che nessuno lo riconoscesse. Nessuno doveva mai sapere che il Cucciolo di Lupo fosse sopravvissuto, Deaton era stato chiaro su questo mentre li scortava fino a Roscoe, difendendoli con la sua magia.

Stiles rallentò appena l'andatura del cavallo quando si trovarono al limitare del bosco e ormai le urla e la cenere erano solo un'eco indistinto.

Era ormai piena notte, ma Stiles non osava fermarsi. Voleva mettere quanta più distanza possibile tra loro e Beacon Hills.

Derek intanto aveva cominciato a svegliarsi. La sua testa era ancora appoggiata alla spalla di Stiles e i suoi occhi chiusi, ma il witcher poteva sentirlo emettere mormorii confusi. Lo strinse forte, assicurandosi che il mantello lo coprisse dal freddo, e rallentò ulteriormente Roscoe, fino a fermarla del tutto.

Erano abbastanza lontani adesso dal castello. Non avrebbero potuto fermarsi lì a lungo, ma per la notte sarebbe potuto andare bene. Scese dalla cavalla per primo, raccogliendo poi subito dopo il corpo intontito di Derek tra le braccia, prima che cadesse.

-Che sta succedendo? - sussurrò Derek, confuso, passando automaticamente le braccia intorno al collo di Stiles per reggersi.

Stiles non rispose, adagiando invece con delicatezza il corpo del ragazzo sull'erba, in modo che la schiena poggiasse contro il tronco di una quercia robusta.

Derek adesso aveva gli occhi aperti, Stiles poteva distinguerne il colore e lo smarrimento anche al buio.

-Stiles? - domandò Derek, strizzando gli occhi nel buio e ritraendosi un po', come a volersi proteggere. Stiles fece una smorfia, che per fortuna l'altro non poteva vedere con i suoi sensi umani – Sei tu? -

-Non possiamo accendere un fuoco – disse Stiles, ignorandolo e guardandosi invece intorno con sguardo critico – Gli alberi ci riparano, ma non siamo abbastanza lontani. Non voglio segnalare la nostra posizione. Se hai freddo posso scaldarti con un segno igni. -

-Non voglio una maledetta magia da witcher – esclamò Derek e per un attimo a Stiles sembrò di risentire il bambino di cinque anni che imprecava come gli aveva insegnato suo zio Peter – Voglio tornare a casa! Adesso! -

Stiles gli ringhiò addosso, chinandosi appena verso di lui. Vide Derek perdere un po' della sua espressione ribelle. Sembrava impaurito, e la cosa compiaceva e disgustava Stiles in ugual misura.

-Abbassa la fottuta voce, principino. Non ho rischiato la vita per portarti fuori da quell'inferno perché tu potessi farci piombare addosso le guardie degli Argent. -

-Ma io voglio tornare a casa – protestò Derek, più debolmente ora.

Stiles vide con orrore delle lacrime scintillare nei suoi grandi occhi e si ritrasse di scatto, in preda al panico.

Era da molto tempo che non era costretto a fronteggiare in modo così diretto le emozioni umane.

Gli uomini con cui entrava in contatto di solito erano i borgomastri che lo assumevano, re, maghi o maghe.

Ma era un ragazzino spaventato e pieno di dolore quello di fronte a lui.

E stava piangendo.

Stiles voleva solo che la smettesse di piangere così avrebbe smesso anche lui di provare quella morsa all'altezza del petto, che gli stringeva il cuore e gli procurava un male atroce.

-Non hai più una casa – sbottò quindi, brusco. Derek trattenne il fiato, le lacrime smisero di scorrere sulle sue guance. Non piangeva più, ma in qualche modo la sua espressione vuota adesso era ancora peggio da sopportare per Stiles. Ma ormai non poteva fare marcia indietro.

-Siamo tu ed io adesso, prima lo accetterai meglio sarà per entrambi. E prima che tu possa anche solo pensare di fare qualcosa di stupido, come buttarti da una fottuta finestra, sappi che sono pronto a legarti a quel fottuto albero se necessario – Stiles mostrò i denti, minaccioso – Quindi non provare a scappare, mi hai capito? -

Derek annuì lentamente, l'espressione ancora vuota.

Stiles si sentì improvvisamente pieno di vergogna.

Si passò una mano dietro la nuca, impacciato.

-Mh. Bene. Sicuro di non avere freddo? - borbottò, con voce ancora troppo ruvida perché la domanda riuscisse a sembrare dolce, come era sua intenzione.

-Sto bene – sussurrò Derek pianissimo, stringendosi ancora di più nel mantello.

Stiles rimase ancora un po' in piedi di fronte a lui, non sapendo bene cosa fare. Nel dubbio, stese comunque le dita verso Derek, in un gesto veloce e imbarazzato.

Il ragazzo sollevò di scatto il volto verso di lui, infastidito.

-Ti ho detto che sto bene – ringhiò quasi, anche se Stiles vide che aveva smesso di tremare immediatamente.

Grugnì, stringendosi nelle spalle.

-Fa come vuoi. Io mi metto a dormire. -

Si lasciò cadere sull'erba, attento a mantenere una certa distanza con Derek. Sentiva gli occhi del ragazzo fissi su di lui.

-Non leghi il cavallo? -

-È una cavalla – mormorò chiudendo gli occhi – Si chiama Roscoe. E non scapperà.-

Derek rimase silenzioso per un lungo momento. Stiles teneva gli occhi chiusi, ma poteva sentire il suo respiro affannoso, poteva sentire il suo profumo di erba e terra, mischiato a quello della cenere, del dolore e delle lacrime.

-Pensavo che doveste rimanere amici per sempre – disse dopo un po' Stiles, con un sorriso beffardo, anche se il tono non era brusco – Non ti ricordi nemmeno il nome che le hai dato? -

-No, ricordo – disse subito Derek, in tono quasi urgente – Solo che... Roscoe era marrone, ne sono sicuro. Questa cavalla è pezzata. -

Stiles sbuffò, sistemandosi meglio sull'erba.

-Chiamo tutti i miei cavalli Roscoe. -

Derek rimase in silenzio per un po'.

-Non so se trovarla una cosa dolce o molto strana – disse infine, in tono lento e perplesso.

Stiles grugnì.

-Puoi trovarla come ti pare. Adesso taci e dormi. Domani partiremo all'alba. -

Derek non rispose, ma Stiles lo sentì sistemarsi rumorosamente sul terreno.

D'un tratto si sentì in colpa a farlo dormire così, all'aperto, senza nemmeno una coperta. Derek era un principe dopotutto, era l'unico figlio dei suoi genitori, era cresciuto coccolato e servito in tutto. Era una notte fredda, ma Stiles non sapeva cosa fare oltre a dargli il suo mantello e a usare igni su di lui. Pensò vagamente al fatto che si sarebbero tenuti più caldi se avessero dormito vicini, ma non osava suggerirlo. Derek aveva chiaramente dimostrato di non essere a suo agio con la sua vicinanza.

Non dormì davvero, naturalmente. Era una cosa che aveva detto nella speranza che almeno Derek dormisse qualche ora.

Stiles teneva gli occhi aperti nel buio, una mano sulla spada e le orecchie all'erta, pronto a balzare su Derek al minimo sentore di pericolo.

Certo, non pensava che l'unico pericolo che avrebbe dovuto affrontare sarebbe stato Derek che tentava la fuga in piena notte.

Sentì l'odore di ansia e allo stesso tempo di risolutezza ancora prima di sentire i passi sul terreno.

-Testa di cazzo – ringhiò rabbiosamente, alzandosi di scatto in piedi.

Derek aveva il cappuccio del mantello calato sugli occhi e stava cercando di montare su Roscoe, che scuoteva la testa e si ritraeva, agitata.

-Avanti, sta ferma. Siamo amici. O almeno ero amico con la Roscoe prima di te – stava bisbigliando Derek, piuttosto disperatamente.

Stiles non voleva credere a ciò che stava vedendo.

Fantastico. Un fottuto cavallo aveva più giudizio di un fottuto ragazzino. E aveva promesso a una donna morente di prendersi cura di suddetto ragazzino. Meraviglioso.

Stiles ringhiò e balzò su Derek, stringendogli forte il braccio e voltandolo verso di sé.

Il cappuccio cadde nel movimento, rivelando gli occhi verdi, pieni di lacrime non versate.

Le parole piene di rabbia di Stiles gli morirono in gola. Rimase con la bocca leggermente aperta, a fissare Derek che piangeva e singhiozzava apertamente, il braccio stretto nella sua presa.

-Per... per favore! Devo tornare indietro, mia mamma... -

-Tua mamma è morta – disse piano Stiles, senza rabbia, quasi delicato.

Derek scosse la testa, nuovi singhiozzi che lo scuotevano.

-No, non puoi saperlo! Tu non la conosci! Lei è la Lupa, non può essere morta, non può! -

Stiles non rispose, si limitò a tirare Derek per il braccio che ancora stringeva, portandolo verso il suo petto.

Derek fece un po' di resistenza, ma alla fine si lasciò andare contro Stiles, con un singulto esausto.

Stiles lo strinse con cautela, passandogli rudemente una mano tra i capelli disordinati.

-Siamo tu ed io adesso – ripeté piano, con tono meno rabbioso questa volta – So che non è quello che avresti scelto, ma ho promesso a tua madre che ti avrei protetto. E lo farò, Derek. Avrò cura di te. Questa è una promessa, e io mantengo sempre le promesse. -

-Perché? - chiese disperatamente Derek, stringendo forte il davanti dell'armatura di Stiles con le dita – Perché dovresti farlo? Perché dovresti avere cura di me, dopo tutti questi anni?-

Perché sei il mio destino.

In qualche modo sembrava una risposta patetica, riduttiva. Una frase pronta ideata da qualche mago pomposo.

-Non ha importanza il perché – disse quindi Stiles, burbero ma gentile – È così e basta. -

Derek rimase un po' in silenzio, poi si strinse ancora più forte a Stiles, tremando violentemente tra le sue braccia.

-Ho freddo – sussurrò contro il suo petto, quasi timido.

Stiles non disse niente, si limitò a eseguire un rapido incantesimo igni. Poi risollevò il cappuccio del mantello, sistemandoglielo bene sulle spalle.

Derek si lasciò ricondurre alla quercia senza protestare e Stiles la considerò una vittoria per quella notte.

Lo aiutò a sdraiarsi e quando fece per allontanarsi, Derek afferrò con inaspettata velocità un suo braccio.

-Ho freddo – ripeté, gli occhi che brillavano al buio, grandi e tristi.

Non voglio stare da solo, dicevano veramente i suoi occhi.

Stiles si sdraiò accanto a lui, in silenzio. Aveva gli occhi spalancati e fissi sulle foglie dell'albero sopra di loro, mentre Derek si sistemava sul suo petto, incastrando il volto contro la sua spalla. Stiles sentiva il suo naso freddo contro il collo.

Gli passò un braccio intorno alla schiena, mentre l'altra riprese ad accarezzargli lenta i capelli, solo un po' impacciato.

-Dormi – sussurrò, gli occhi gialli che si riflettevano sulle fronde scure sopra di loro.

Derek emise un piccolo sospiro, si rannicchiò stretto a lui e poi rimase immobile.

Stiles non chiuse occhio, attento che ogni più piccolo rumore non disturbasse il riposo di Derek.

Quando il ragazzo si svegliò dopo qualche ora urlando e piangendo, Stiles lo strinse forte, mormorando cose senza senso al suo orecchio e accarezzandogli la schiena, come quando doveva calmare Roscoe. Derek pianse un po' contro il suo collo, poi si calmò e piombò in un sonno agitato. Stiles lo sentiva digrignare i denti nel sonno. Dopo appena un'ora, si svegliò di nuovo urlando, e questa volta Stiles fu costretto a usare il segno axii per calmarlo, perché Derek non era del tutto sveglio e rischiava di farsi male agitandosi così tanto.

Continuarono in questo modo per tutta la notte, finché, finalmente, Derek non si addormentò, esausto.

E poi venne l'alba.

Stiles sospirò profondamente, già sveglio.

Non aveva dormito affatto, a dire il vero.

Stiles prese tra le braccia Derek, profondamente addormentato, assicurandosi che fosse ben coperto dal mantello, poi lo caricò su Roscoe, sedendosi immediatamente dietro di lui per poterlo reggere contro il suo petto.

Derek si svegliò solo dopo alcune ore, quando ormai erano già lontani dal bosco.

-Stiles? - borbottò confusamente, girando alla cieca la testa, con gli occhi ancora chiusi.

-Shh – Stiles canticchiò piano, spingendolo a rimettere la testa contro il suo petto. Con la mano che teneva le redini rallentò l'andatura di Roscoe. Non c'era bisogno di correre adesso, erano abbastanza lontani.

-Dormi, piccolo Lupo. Sei al sicuro. -

Derek emise un piccolo sospiro, strusciando pigramente la guancia contro il tessuto ruvido dell'armatura del witcher.

Poi obbedì.

 

 

 

Per settimane continuarono a viaggiare per i campi e i boschi, evitando le città.

Stiles sapeva che Derek fosse stanco e che desiderasse solo dormire in un letto vero per una notte, ma non voleva rischiare. Voleva almeno arrivare a un mese di cammino da Beacon Hills prima di abbassare un po' la guardia.

Faceva comunque indossare a Derek il mantello con il cappuccio ben calato sul viso nei sentieri battuti, nel caso incontrassero qualche viandante o qualche elfo nomade.

Gli elfi soprattutto erano pericolosi di quei tempi, Stiles aveva sentito che si erano alleati con Gerard Argent.

Per lo più lasciava che Derek cavalcasse Roscoe, mentre lui procedeva a piedi con le redini ben salde. Ogni tanto Derek scendeva e gli chiedeva di fare a turno, allora Stiles lo faceva rimontare, mettendosi però alle sue spalle.

Al termine della terza settimana, erano seduti in silenzio intorno a un fuoco modesto, mentre mangiavano i conigli che Stiles aveva cacciato.

-Dovrei avere una spada – disse d'un tratto Derek, che non aveva praticamente toccato cibo – O un pugnale. Per difendermi. -

Stiles grugnì, staccando un pezzo generoso di carne con i denti.

-Non ne hai bisogno. Ci sono io. Mangia. -

Derek aggrottò la fronte, testardo, e Stiles chiuse gli occhi con un sospiro.

Sapeva che quella sarebbe stata una delle loro ennesime discussioni.

Discutevano su tutto, su chi avesse più diritto di cavalcare Roscoe, su dove fermarsi, su cosa cacciare, su quale direzione prendere.

Derek aveva davvero preso il peggio del carattere deciso di Talia.

-Ma tu non sei sempre con me. Mi lasci con Roscoe quando vai a caccia. E se qualcuno mi attaccasse? -

-Roscoe è una brava cavalla – mormorò Stiles, continuando a mangiare – Sa quel che fa, ti proteggerebbe. -

Derek lo fissò con insistenza. Sembrava inequivocabilmente offeso.

-Ti fidi più di una cavalla che di me con un'arma. È piuttosto oltraggioso. -

Stiles sorrise appena, scuotendo la testa ad occhi bassi.

-Sapresti usare una spada o un pugnale se te li lasciassi? -

Dal silenzio imbarazzato di Derek capì di aver fatto centro.

-Mamma non ha mai voluto che papà mi addestrasse, non so perché – confessò dopo un po' pieno di vergogna.

Perché voleva proteggerti, da ogni cosa. E senza accorgersene ti ha reso debole.

-Mh – si limitò a dire Stiles, buttando lontano le ossa del coniglio.

Gli occhi verdi di Derek brillavano su di lui, speranzosi.

-Potresti insegnarmi. A combattere. Non... non contro i mostri come fai tu. Ma giusto per sapermi difendere. -

Stiles non rispose, guardando accigliato il fuoco. Aveva senso quello che diceva Derek. Eppure una parte di lui era riluttante ad obbedire alla richiesta.

Derek era ancora così innocente, così puro nella sua tenacia. Aveva il fuoco di Talia che gli ardeva nelle vene, eppure i suoi occhi erano ancora così ingenui, il suo cuore incontaminato. Imparare a combattere era ciò che veniva prima di imparare ad uccidere, solitamente. Stiles voleva che Derek rimanesse così, giovane e ignaro, ancora un po'.

Tuttavia, sapeva che dovesse imparare a difendersi. Non ci sarebbe sempre stato lui in giro, e quel pensiero fece un po' male, anche se non ne capiva il motivo.

-Va bene. Quando arriveremo a Kaer Morhen ti insegnerò qualcosa. -

Derek aggrottò la fronte.

-Kaer...?-

-La dimora dei witcher – spiegò Stiles asciutto.

Derek rimase un po' silenzioso.

-Mi avevi detto di non avere una casa – disse poi, accusatorio.

Stiles gli sorrise, un bagliore di denti bianchi al di sopra del fuoco.

-Mentivo. -

Derek sbuffò, anche se sembrava un po' divertito.

-E perché andiamo in questa misteriosa Kaer qualcosa? -

-Passeremo l'inverno lì, ma dobbiamo arrivarci prima che nevichi troppo forte. -

Stiles inclinò la testa, lanciando uno sguardo critico a Derek.

-Mangia, ragazzino. Sono stufo di vederti mangiare come un uccellino. -

-Non ho fame – rispose cocciuto Derek e Stiles si trattenne a stento dal rispondergli male.

Invece si alzò e fece il giro del fuoco, per lasciarsi cadere pesantemente accanto a Derek. Gli tolse con gentilezza il coniglio praticamente intonso dalle mani e lo addentò.

-Beh, non spreco mai la cacciagione. -

Derek sbuffò, ma non protestò, limitandosi ad appoggiarsi al fianco di Stiles, in modo quasi casuale.

Stiles aveva notato come il ragazzo fosse diventato più tattile con il passare dei giorni, come lo cercasse sempre con lo sguardo o con il corpo, a volte quasi inconsciamente.

Doveva sentirsi terribilmente solo, là fuori in mezzo al nulla, con un witcher scorbutico come unica compagnia.

A Stiles non dava fastidio, comunque. Era quasi confortante sentire il calore di Derek accanto a lui.

Quando finì di mangiare, si stesero davanti al fuoco, senza dire una parola.

Stiles si sistemò sulla schiena, aspettando pazientemente che Derek si sistemasse contro il suo petto. Dormendo così vicino lo avrebbe sicuramente ferito quando si sarebbe svegliato nel cuore della notte, urlando e piangendo per qualche incubo atroce, ma a Stiles non importava. Era l'unico modo in cui Derek riuscisse a chiudere occhio per qualche ora e anche Stiles riusciva a dormire, quando sentiva il corpo di Derek rilassarsi contro il suo, al sicuro tra le sue braccia.

Derek usò il mantello logoro per coprirli entrambi, poi incastrò il viso contro il collo dell'uomo.

Non era una notte fredda, ma Stiles usò comunque igni su di lui, godendo del sospiro soddisfatto di Derek.

-Ho ancora il tuo medaglione – mormorò a un certo punto Derek, le labbra che si muovevano morbide contro la pelle di Stiles – Quello con il lupo. Non l'ho mai tolto. Lo rivuoi indietro? -

-No – rispose subito Stiles, abbassando lo sguardo sui capelli arruffati di Derek, l'unica parte del suo volto visibile – Tienilo tu. -

Sentì Derek sorridere contro il suo collo e lo strinse più forte, guidato da qualche strano riflesso.

-Finché lo avrò saremo entrambi al sicuro, giusto? -

Stiles non rispose, gli occhi fissi sulle stelle sopra di loro. Derek si rannicchiò ancora più vicino, inspirando il suo odore. Stiles avrebbe voluto che non lo facesse. Erano giorni che si lavavano sommariamente nei fiumi o nelle fonti d'acqua che trovavano lungo il percorso, non pensava di avere un buon odore.

-Mia mamma aveva ragione – borbottò Derek, assonnato – Sai veramente di cannella. È molto strano. Ma è anche carino. Ti si addice, tu sei strano e carino. -

Stiles sbuffò un sorriso, sistemando meglio il mantello sulle spalle di Derek.

-Smettila di bofonchiare. Dormi. -

Con suo grande sollievo, Derek gli obbedì. A volte Derek diceva cose che lo agitavano e la cosa più frustrante era che Stiles non capiva nemmeno il perché.

Dormì anche lui per qualche ora, finché Derek non si svegliò per il solito incubo.

Non gli aveva mai voluto dire cosa sognasse, ma Stiles poteva immaginarlo da come si svegliasse sempre sconvolto, urlando e piangendo in modo incontrollato. Ormai usava axii su di lui senza pensarci, era l'unico modo per calmarlo, almeno per qualche ora di sonno in più.

Stiles si chiese se sarebbe stata così la sua vita d'ora in poi, passare la notte in bianco per vegliare il viso pallido e rigato di lacrime di un ragazzino spaventato.

In qualche modo, gli sembrava comunque un miglioramento dalla sua vita precedente.

Derek era rumoroso, presente, vivo.

E Stiles non era più solo.

 

 

 

Al termine della quarta settimana di viaggio, Stiles decise che avevano bisogno di soldi. E c'era solo un modo in cui un witcher li potesse guadagnare.

-Stiamo andando davvero in città? - domandò eccitato Derek, quasi saltando sulla sella.

Stiles lo guardò accigliato dal basso, posando una mano sul muso di Roscoe per calmarla.

-Stai fermo, agiti Roscoe. E sì, solo per un po'. Abbiamo bisogno di più soldi finché non arriveremo a Kaer Morhen. -

Derek sospirò, pieno di nostalgia.

-Non vedo l'ora di poter fare un bagno. E di dormire in un letto vero – guardò d'un tratto Stiles, preoccupato – Abbiamo i soldi per questo, vero? -

Stiles non poté evitare che il proprio sguardo accigliato si addolcisse un po', quando incrociò gli occhi grandi di Derek, pieni di genuina ansia.

-Sì. Non preoccuparti. -

Derek gli rivolse un grosso sorriso e Stiles distolse di scatto lo sguardo, accigliandosi di nuovo.

Nessuno avrebbe dovuto sorridere in quel modo a tradimento.

Era destabilizzante.

-Fantastico! Se vuoi una volta arrivati in città posso darti una mano ad aggiustarti i capelli. -

Stiles si passò automaticamente una mano tra i capelli castani, che gli arrivavano fino alle spalle in un groviglio disordinato.

-Vanno bene così – borbottò, scorbutico.

Derek fece un suono scettico e si sporse per poter prendere una ciocca di capelli tra le dita.

-Sono un disastro, Stiles. Saresti l'incubo di ogni barbiere. -

Stiles sbuffò, scostandosi e afferrando saldamente il braccio proteso di Derek quando il ragazzo oscillò leggermente.

-Pensa a stare seduto bene, piccolo ladro di mele. Se cadi da cavallo giuro che andrai a piedi fino in città. -

Derek lo guardò in silenzio per un po', poi sorrise.

-Non mi chiamavi così da quella volta. -

-Il bambino più irritante del mondo – lo informò Stiles, ma senza reale acrimonia.

Derek sbuffò, poi si morse un labbro e allungò piano una mano verso le redini, guardando speranzoso Stiles.

L'uomo sbuffò, ma aveva già passato le redini al ragazzo.

-Vai più piano di ieri, però – si affrettò a dire, quando vide Derek far impennare Roscoe con una risata allegra – Non voglio raccogliere i tuoi pezzi dal terreno. -

Ovviamente, Derek non lo ascoltò e lanciò Roscoe al galoppo. Costretta a un ritmo lento e costante da Stiles, la cavalla non vedeva l'ora di quei momenti. Stiles ormai era solo un po' preoccupato mentre camminava lentamente, stringendo gli occhi su Derek e Roscoe sempre più lontani. I primi tempi aveva diffidato della richiesta di Derek di cavalcare un po' Roscoe, perché temeva che sarebbe scappato. Ma ora sapeva che sarebbe tornato sempre, tutto arruffato e sorridente mentre chiedeva “hai visto? Hai visto quanto andavo veloce, Stiles?”.

Derek era un bravo cavaliere e Stiles trovava confortante vederlo divertirsi per così poco, dopo tanti giorni di occhi rossi e pianti nascosti.

Anche questa volta, Derek tornò indietro dopo qualche tempo, con un grosso sorriso sul volto e gli occhi che brillavano catturando la luce arancione del tramonto.

-Davvero impressionante – commentò Stiles sarcastico, ma il suo tono non era affettato e brusco come al solito.

Derek infatti continuò a sorridere, senza prendersela. Costrinse Roscoe al trotto, in modo che affiancassero di nuovo Stiles. Non gli ripassò le redini e Stiles non insistette perché lo facesse, come ai primi tempi. Ormai erano giunti a una sostanziale e ancora precaria fiducia reciproca.

Derek non sarebbe scappato e in cambio Stiles non gli sarebbe stato con il fiato sul collo.

Non era un granché come equilibrio, ma per ora poteva andare bene.

 

 

 

Era quasi notte quando alla fine giunsero in città.

Derek era talmente stanco che Stiles dovette aiutarlo a scendere da Roscoe, visto che aveva oscillato pericolosamente nell'ultima mezz'ora.

-Sistema Roscoe nelle stalle, io entro dentro a vedere se hanno due stanze – mormorò Stiles, quando giunsero davanti a una locanda.

Derek si fermò di colpo, costringendo anche Stiles a fermarsi.

Stiles aveva istituito delle “regole di città”, per cui Derek indossava il suo mantello con il cappuccio ben calato sul viso. Tuttavia Stiles poteva ancora vedere i suoi occhi brillare contrariati.

-Cosa? - sbottò, nervoso all'idea di rimanere per strada, dove chiunque avrebbe potuto vedere Derek e riconoscerlo.

-Niente – disse Derek, la voce stranamente fredda.

Prima che Stiles potesse chiedergli cosa cazzo avesse, il ragazzo gli diede bruscamente le spalle, conducendo Roscoe per le redini.

Stiles rimase per un attimo immobile, stordito, poi scosse la testa con un ringhio e aprì la porta della locanda con più forza del necessario.

Pochi minuti dopo lui e Derek stavano salendo lentamente le scale, ognuno con la propria chiave.

Stiles si fermò davanti alla propria porta, impacciato. Derek non aveva parlato per tutto quel tempo e il suo odore di tristezza lo stava facendo impazzire. Cosa aveva fatto di sbagliato? Gli aveva fatto cavalcare Roscoe, aveva cacciato per sfamarlo, aveva addirittura ordinato un bagno per entrambi.

Che altro doveva fare?

-La tua stanza è quella – borbottò quindi, indicando la porta accanto alla sua.

Derek annuì, impassibile.

-Allora buonanotte – disse, gentile ma distaccato.

Stiles si limitò a fissarlo, senza rispondere. Dovette impedirsi di sussultare quando Derek sbatté con forza la porta della propria camera.

Rimase a lungo imbambolato nel corridoio come un idiota, poi scosse rabbiosamente la testa.

-Fottuto ragazzino – ringhiò, prima di sbattere anche lui la propria porta.

Non ci volle molto a Stiles per capire perché Derek sembrasse così contrariato.

Stava dormendo profondamente quando lo sentì.

Le urla di Derek erano talmente forti che a Stiles per un attimo sembrò di essere di nuovo nei boschi, con il ragazzo che gli dormiva accanto, e non separato da lui da un muro di pietra.

Si mise di scatto seduto, tutti i sensi all'erta. Il sonno non l'aveva ancora abbandonato del tutto e all'inizio pensò confusamente che Derek fosse in pericolo.

Ma poi sentì un singhiozzo e si diede del fottuto idiota.

Imprecò tra i denti mentre si alzava dal letto e si rivestiva.

Come cazzo aveva fatto a non pensarci?

Si precipitò fuori dalla sua stanza a piedi nudi, prendendo per istinto la spada che aveva appoggiato in un angolo.

Imprecò di nuovo quando si accorse che Derek non aveva chiuso a chiave la porta.

Va bene, gli avrebbe fatto il discorso sulla sicurezza in un secondo momento, quando ogni singhiozzo di Derek non sarebbe stato come una pugnalata al cuore.

Entrò nella stanza, individuando immediatamente la figura di Derek rannicchiata sotto le coperte di spalle.

Stiles sospirò profondamente, chiuse la porta con la chiave rimasta nella toppa, appoggiò la spada al muro e si avvicinò al letto.

Derek sussultò appena quando sentì le braccia di Stiles avvolgerlo da dietro, ma non si voltò, segno che aveva capito che fosse lui. Era un buon segno che fosse abbastanza lucido da riconoscerlo.

Stiles si sistemò meglio sul materasso, premendo il petto contro la schiena di Derek, la bocca contro i suoi capelli. Erano umidi e profumavano di fiori, Derek aveva fatto il bagno.

-Shh, ragazzo – sussurrò Stiles, allungando una mano per potergli spazzare via le lacrime dalle guance – Va tutto bene. Sono qui.-

Derek gli strinse con forza la mano che Stiles teneva contro il suo petto. Dopo un momento di esitazione, il witcher permise alle loro dita di intrecciarsi in una presa salda.

-Sono qui – ripeté, strofinando il naso contro i capelli di Derek – Sei al sicuro. Sono proprio qui. Dormi adesso. -

-Non ci riesco – pianse Derek, agitandosi tra le sue braccia finché non fu rivolto con il viso verso Stiles. L'uomo fece del suo meglio per rimanere impassibile davanti al viso distrutto del ragazzo – Non ci riesco a dormire. Ogni volta che chiudo gli occhi vedo mia madre e lei...-

Si interruppe per nuovi singhiozzi, mentre Stiles lo fissava, impotente e inutile.

Non sapendo cosa fare, allungò una mano verso di lui, le dita tese, ma Derek si ritrasse sul cuscino con un ringhio blando.

-Non ci provare. Non ancora quel fottuto incantesimo. Non mi piace come mi fa sentire, lo odio. -

Stiles abbassò la mano, senza dire nulla. Non lo biasimava, a nessuno piaceva essere controllato, anche se il segno axii si limitava perlopiù a calmare e a rendere docile chi lo subiva. Stiles non se ne sarebbe approfittato, voleva solo dare un po' di tranquillità a Derek, ma capiva perché non gli piacesse.

-Cosa vuoi che faccia? - domandò quindi in un sussurro, rannicchiandosi meglio su un fianco, in una posizione speculare a quella di Derek.

Il ragazzo lo fissò. Tremava ancora, ma sembrava leggermente più calmo.

-Raccontami una storia, una delle tue – mormorò, mettendo una mano sotto la guancia, sembrando piccolo e tenero.

Stiles non gli avrebbe mai negato nulla.

-Una storia – ripeté pensieroso. Ne aveva tante di storie, ma erano per lo più storie di battaglie e di sangue, e non pensava che Derek ne avesse bisogno adesso. Una fottuta storia allegra. Dai, poteva farcela. Doveva avere almeno una storia allegra da raccontare.

-Vuoi sapere come mi sono fatto la cicatrice sul viso? -

Fanculo.

Ma Derek, contro ogni aspettativa, annuì, un piccolo sorriso sul volto.

-Mh. Bene – Stiles si passò la lingua sulle labbra, cercando di organizzare i pensieri – Molti anni fa, quando tu non eri ancora nato, sono diventato un witcher. E sai, se sopravvivi all'addestramento vieni subito mandato in giro ad uccidere mostri, non si perde tempo. John, il wicther più anziano, mi mise in guardia prima che lasciassi Kaer Morhen. Attento ai mostri, Stiles, diceva, a volte il loro aspetto può indurti in errore. Allora non sapevo cosa volesse dire. Ero giovane come te, testardo come te. Non volevo ascoltare i sermoni di John, volevo andare all'avventura – fece una smorfia, gli occhi verdi di Derek che non lo lasciavano nemmeno per un secondo, attenti e luminosi.

-Ero pieno di ideali all'epoca. Stronzate eroiche su come avrei salvato il mondo e lo avrei reso un posto migliore. Avrei dovuto ascoltare John, avrei dovuto adeguarmi a quello che mi diceva, sul fatto che i witcher non dovessero provare assolutamente nulla. Ma ancora non sapevo come fossero davvero i mostri – si interruppe, troppo amareggiato per continuare, ma Derek inaspettatamente capì lo stesso.

I suoi occhi erano seri e attenti, ma non c'era la pietà che Stiles aveva temuto. Erano pieni di fuoco, di rabbia. Ardevano come gli occhi di Talia, anche se erano perfettamente umani.

-Gli umani ti hanno fatto quello? - mormorò, indicando con il mento la cicatrice sul viso dell'altro.

Stiles annuì.

-Era una donna sola nei boschi, stava fuggendo da qualcuno, il marito forse. Aveva la veste strappata, il volto pieno di lividi, le braccia contuse. Era piena di paura, neanche mi vedeva. Fece scattare una trappola dei cacciatori e rimase intrappolata in questa rete. La liberai, cercai di aiutarla. Lei mi guardò, vide i miei occhi e urlò. Fuggì via, anche se non avevo intenzione di farle del male – sorrise, un brutto sorriso privo di gioia – Suo marito mi trovò poco dopo. Gli aveva detto che avevo tentato di aggredirla. Beh, come ho detto ero giovane all'epoca, pensavo ancora che se gli avessi spiegato come erano andate le cose, avrebbe capito. Magari si sarebbe scusato, addirittura avrebbe ringraziato. Ma invece ha tirato fuori un pugnale e avevo la guardia troppo abbassata per scostarmi in tempo. Un errore che non ho mai più fatto. Mai, mai sottovalutare un uomo. -

-Non era un uomo – disse piano Derek, con voce decisa – Era un mostro. Non aveva nessun motivo di ferirti. -

Stiles sorrise, appena più sincero, mentre esitante passava una mano tra i capelli di Derek, allontanandoli dagli occhi.

-Ho ucciso quell'uomo, piccolo Lupo. Non sentirti troppo dispiaciuto per me, non mi sono rivelato migliore di lui. -

-Ma se lo meritava – insistette Derek, deciso e testardo – Abusava della moglie e poi ha cercato di uccidere un uomo innocente per quello stesso crimine che lui ha commesso. Lo meritava. -

Stiles scosse la testa.

-Non dire così. Non riempire il tuo cuore di odio. Sei migliore di me. -

-Solo perché non ho ucciso nessuno non significa che sia migliore di te – sussurrò Derek, questa volta senza guardarlo – La notte... lo sogno. Sogno di ucciderli tutti. Tutti gli Argent. Tutti i loro soldati, tutti i loro sudditi, tutti quelli responsabili della morte dei miei genitori. Tutti quanti. E sono spietato nei miei sogni, c'è tanto sangue e... -

Derek aveva ricominciato a piangere e Stiles strisciò piano verso di lui. Lo riprese tra le braccia, con cautela, e Derek si strinse subito al suo petto, stringendogli con forza il davanti della camicia.

-Vuoi vendetta. È normale. Ma lascia che sia io a occuparmene. Non sporcare le tue mani prima del tempo. -

Derek alzò il viso per fissarlo, le lacrime che pendevano dalle ciglia scure.

-Lo faresti? Mi vendicheresti? -

Stiles annuì, passando una mano sulla guancia bagnata del ragazzo. Sapeva di avere mani troppo rudi e rovinate per delle carezze dolci, ma Derek chiuse gli occhi e sospirò piano, quindi pensò di star andando bene.

-Al momento opportuno avrai la tua vendetta e il posto che ti spetta. Ma non adesso. Ora è troppo presto, gli Argent sono troppo potenti e tutti ti staranno cercando. E io, anche se sono un witcher, sono solo uno. Ora è importante solo tenerti al sicuro.-

Derek lo guardò. Non piangeva più, stava addirittura sorridendo piano.

-Sai che mentiva, vero? Quel tuo John. E che anche tu mi hai mentito, quando me lo dicesti dodici anni fa. -

Stiles aggrottò la fronte.

-Di che stai parlando? -

Derek scosse la testa, il suo sorriso che si faceva più dolce.

-I witcher non hanno sentimenti. Sai che non è vero, giusto? Sai che non riguarda te? -

Stiles si irrigidì e distolse lo sguardo, mentre Derek ridacchiava piano.

-Non importa – mormorò, sistemandosi meglio sul petto di Stiles, che gli cinse automaticamente la schiena con una presa forte – Te lo farò capire. Con il tempo. -

Stiles brontolò, cominciando a passare la mano libera tra i capelli di Derek.

-Dormi adesso, ragazzino. -

Derek si addormentò in poco tempo, Stiles sentiva il suo respiro arrivargli in tenui sbuffi sul collo.

Quando fu certo che stesse bene, anche Stiles si permise di cedere al sonno.

Derek non ebbe altri incubi per quella notte e dormì pacificamente fino al mattino dopo, la mano stretta sulla camicia di Stiles, proprio sopra il cuore.

 

 

 

Stiles notò con soddisfazione che Derek mangiava decisamente di più quando si trattava di cibo vero e non di conigli arrostiti all'aperto.

Stavano facendo colazione, entrambi immersi in un silenzio confortevole. Non avevano parlato di quello che era successo nella notte e Stiles ne era sollevato.

Non era bravo con le parole.

-Oggi andrò a parlare con il borgomastro – lo informò, quando vide che Derek aveva finito di mangiare – Vedrò se ha un lavoro per me. -

Derek annuì, cercò di allungare una mano verso la birra di Stiles ma alla sua occhiata eloquente la abbassò, con un sospiro e un piccolo sorriso storto.

-Va bene. Quando andiamo? -

Stiles aggrottò la fronte.

Ah. Giusto. Doveva ancora spiegare al ragazzo come avrebbe funzionato la caccia finché sarebbero stati insieme.

-Tu non vieni. Resterai qui. Non so con che tipo di creature dovrei confrontarmi. Potrebbe essere pericoloso.

Prevedibilmente, Derek non sembrava d'accordo.

-Ma questa è una grandissima stronzata! -

Molte persone si voltarono verso di loro e Stiles trattenne un ringhio. Derek non indossava nemmeno il suo mantello ed era più che notabile alla luce chiara che filtrava dalle finestre.

-Abbassa la fottuta voce. E non imprecare! -

Derek gli scoccò un'occhiataccia.

-Tu imprechi sempre! -

Stiles chiuse gli occhi, cercando di invocare pazienza.

-Sì, ma io sono adulto e tu un ragazzino – lo inchiodò con uno sguardo gelido – Ed è per questo che farai quello che ti dico. -

Derek non aveva per niente l'aria di qualcuno disposto a fare quello che gli si diceva.

-Quando vai a caccia di cibo mi permetti di stare lontano con Roscoe. Perché non possiamo fare la stessa cosa? -

-Perché lì vado a caccia di conigli Derek, cervi se sono fortunato! Questa è un'altra cosa. -

Derek non rispose, imbronciato, e Stiles sospirò, sporgendosi sul tavolo per poterlo guardare bene in volto.

-Ascoltami. Lo dico per il tuo bene. Forse più avanti ti permetterò di venire – era una bugia, ma Derek aveva ammorbidito la propria espressione e Stiles non si pentì di nulla – Ma per ora devi stare qui, nella sala da pranzo o nella tua stanza, al sicuro. -

Derek lo guardò ancora un po', poi sbuffò rumorosamente.

-Mi annoierò a morte – borbottò, lasciandosi andare scontento contro lo schienale della panca.

Stiles sospirò sollevato, alzandosi già in piedi.

-Sono sicuro che sopravvivrai – tirò fuori parte delle poche monete che gli erano rimaste e le mise sul tavolo davanti a Derek – Tieni, per prenderti qualcos'altro nel caso più tardi avessi fame. Non uscire di qui per nessun motivo, non parlare con nessuno, non far avvicinare nessuno. Non devi fidarti di nessuno, solo di me. -

-Che palle – brontolò Derek e Stiles decise di lasciar correre visto che, per quanto scontento, Derek sembrava disposto ad obbedire.

-Ci vediamo dopo – lo salutò Stiles, allungandosi per passare velocemente una mano tra i capelli di Derek, scompigliandoli ancora di più. Il ragazzo gli mostrò i denti e Stiles si limitò a un sorriso affilato.

Prima di uscire dalla locanda andò a pagare la colazione che avevano appena consumato.

-Ti pago il doppio se puoi tenere un occhio sul ragazzo, fare in modo che non si allontani – disse Stiles a voce bassa, mentre la locandiera prendeva le monete.

La donna guardò Derek, che stava dondolando i piedi nel suo angolino, imbronciato. Guardò Stiles e sorrise.

-Risparmia i soldi, signore. Baderò volentieri al ragazzo. Ho cinque fratelli minori, posso capire. -

-Lui non è... - cominciò Stiles, inspiegabilmente stizzito, poi lasciò perdere, sospirando irritato – Grazie. -

La donna rise, guardandolo con benevolenza.

-Sembra un ragazzino così tranquillo. Non penso darà problemi. -

Stiles le lanciò un'occhiata eloquente, mentre si allontanava.

-Non ne hai idea. -

 

 

 

Stiles scoprì dal borgomastro che c'era una kikimora che dava problemi nella palude vicina al villaggio. Non ci mise molto a liberarsi del problema, anche se rovinò completamente gli effetti del bagno della sera prima finendo imbrattato di sangue e budella dalla testa ai piedi.

La gente lo guardava disgustata mentre tornava alla locanda.

Non appena aprì la porta puntò lo sguardo sul tavolo che avevano occupato quella mattina e quando lo trovò vuoto il suo cuore accelerò.

-È di sopra – gli disse la locandiera, guardandolo divertita da dietro il bancone – Mi sono assicurata di bloccare le finestre di entrambe le stanze, giusto per precauzione. -

Stiles aggrottò la fronte, mentre il sollievo lo inondava.

-Ti ha dato problemi? - domandò, perché altrimenti non si spiegava perché avrebbe dovuto bloccare le finestre.

Il sorriso della donna si fece appena più forzato.

-Oh, no. È stato bravissimo – mentì, distogliendo lo sguardo.

Stiles sbuffò, ma un sorriso gli tirava già le labbra.

-Grazie, ti sono debitore – le lasciò un paio di monete sul bancone, ignorando le sue proteste, e cominciò a salire le scale per il piano di sopra.

Pensando che Derek fosse nella propria camera, si diresse verso quella porta.

Imprecò piano quando si rese conto che non era chiusa a chiave.

Doveva davvero fare un discorso a Derek sulla sicurezza.

Non appena entrò nella stanza, Derek gli corse incontro, travolgendolo quasi.

Un po' stordito, Stiles fece passare lentamente le braccia intorno alla schiena dell'altro.

-Ehi – mormorò confuso, cercando di guardarlo in viso ma fallendo, visto che Derek teneva con decisione il volto premuto contro il suo collo – Ti sporco tutto così. -

-Ci hai messo una vita, pensavo che ti fosse successo qualcosa – borbottò Derek con voce attutita, appendendosi con più forza al suo collo – E quella donna orribile non mi faceva uscire, ha chiuso le finestre e... -

-Devi toglierti il vizio di scappare dalle finestre – lo interruppe Stiles, ma non riuscì a suonare severo quanto avrebbe voluto. Sorrideva un po', in realtà.

Con un po' di sforzo riuscì a staccare un po' Derek per poterlo guardare in viso. Il ragazzo sembrava preoccupato, ma vide con sollievo che non aveva pianto.

Non gli piaceva quando Derek piangeva, soprattutto se piangeva a causa sua.

-Va tutto bene, piccolo ladro di mele. Sono qui – disse e Derek gli sorrise, un sorriso piccolo ma fottutamente luminoso.

Voleva accarezzargli una guancia, ma non voleva imbrattarlo di sangue ancora di più. Senza pensarci, si sporse e gli baciò brevemente la fronte.

Si scostò subito, preoccupato di essersi preso troppe libertà, ma gli occhi di Derek splendevano fiduciosi e sereni nei suoi.

Da quel giorno, Derek gli sarebbe sempre corso tra le braccia dopo una caccia.

E Stiles gli avrebbe sempre baciato la fronte.

 

 

 

 

Dopo aver messo da parte un po' di denaro, Stiles decise di fare un regalo a Derek.

-È un nuovo castello? - scherzò Derek, mentre camminava cercando di non inciampare, visto che Stiles teneva saldamente le mani sui suoi occhi.

L'uomo sbuffò, le labbra che si arricciavano in un sorriso che l'altro non poteva vedere.

-Sta zitto. Continua a camminare. -

Quando furono nelle stalle, Stiles lasciò finalmente scivolare le mani dagli occhi dell'altro.

Derek sbatté le palpebre per qualche istante, mettendo a fuoco dove si trovava.

Stiles dovette mordersi il labbro per trattenere un sorriso quando Derek spalancò la bocca e gli occhi insieme, il ritratto della sorpresa.

Legato proprio accanto a Roscoe, c'era un bel cavallo nero, con una piccola macchia bianca sulla fronte. Era giovane, a malapena adulto, ma chi glielo aveva venduto aveva assicurato a Stiles che fosse forte e veloce, anche se un po' testardo. Stiles aveva semplicemente pensato che si addicesse a Derek.

-È per me? - domandò Derek incredulo, facendo un piccolo passo verso l'animale.

Stiles grugnì, evasivo.

-Vedi qualcun altro a cui potrebbe appartenere? -

Derek scosse la testa, ignorando l'acidità dell'altro.

-Deve esserti costato un sacco. Io non posso... -

-Sì che puoi – lo interruppe Stiles, deciso – Non possiamo continuare a condividere Roscoe per sempre, hai bisogno di un cavallo. E poi non ho speso molto, non ho comprato nemmeno la sella o le staffe, solo le redini e il morso. -

Gli bruciava ancora il fatto di non essersi potuto permettere di equipaggiare il cavallo come si deve, ma a Derek non sembrava importare.

Sorrideva luminoso, guardando con meraviglia il cavallo.

-Non importa, posso cavalcare a raso, non mi dispiace. -

Stiles lo guardò, poi sbuffò un sorriso.

-Avanti, avvicinati se vuoi. È tuo. -

Derek non se lo fece ripetere.

Con cautela, allungò piano una mano, facendosi annusare dall'animale.

Derek sembrava avere un dono con i cavalli, perché in poco tempo stava già grattando le orecchie del cavallo nero, che lo guardava con una certa soddisfazione.

Stiles si appoggiò a un sostegno di legno, guardando Derek che rideva perché il cavallo gli stava leccando le dita.

Avrebbe dovuto trovarlo ingiusto visto che lui si era quasi beccato un morso quando gli aveva messo le redini, ma non poteva fare a meno di sorridere, tenendosi nascosto nell'ombra.

-Come posso chiamarlo? - domandò Derek d'un tratto, girandosi a fissarlo quasi con preoccupazione.

Stiles si strinse nelle spalle.

-Non lo so. È il tuo cavallo. -

Derek sbuffò, guardandolo un po' male.

Improvvisamente sorrise con aria furba.

-Lo chiamerò Sunflower. -

Stiles inarcò un sopracciglio.

-Girasole? Non sembra un granché per un cavallo tutto nero. -

Derek si strinse con allegria nelle spalle, senza offendersi.

-Voglio portarlo a fare un giro! - esclamò e senza aspettare risposta provò a salire sul dorso del cavallo.

Senza staffe o sella a cui aggrapparsi Derek continuava a scivolare, così Stiles si affrettò ad avvicinarsi.

Senza dire niente lo prese per i fianchi, sollevandolo come se fosse ancora un bambino di cinque anni.

Stiles notò che Derek era un po' rosso in viso e si chiese nebulosamente se avesse fatto qualcosa di sbagliato.

-Dai, prendi Roscoe e facciamo a chi è più veloce – disse però Derek, riprendendo l'aria eccitata e allegra.

Stiles grugnì, ma si diresse comunque verso la cavalla. Salì su Roscoe e poi lanciò uno sguardo severo al ragazzo.

- Derek, non esagerare, non conosci il cavallo, potrebbe essere... -

Ma ovviamente Derek era già partito al galoppo, ridendo forte.

Stiles imprecò ad alta voce, ma non era davvero arrabbiato.

La risata di Derek lo rendeva debole.

Non era sicuro che gli piacesse questa cosa.

Scosse forte la testa, cercando di liberarsi di quel pensiero.

-Avanti Roscoe – mormorò, spronando la cavalla a galoppo e a inseguire la coda nera di Sunflower, sempre più lontano.

 

 

 

 

Giunsero a Kaer Morhen appena prima che la neve rendesse troppo difficoltoso viaggiare.

Stiles era piuttosto sollevato all'idea di potersi fermare in luogo stabile per un po'. Derek aveva avuto l'aria stanca negli ultimi giorni e Stiles non voleva assolutamente passare l'inverno all'aperto.

Derek sembrava contento di vedere dove fosse cresciuto Stiles, era talmente eccitato che nell'ultimo tratto di viaggio spronava Sunflower al galoppo.

Ecco, il cavallo era un altro problema di Stiles.

Aveva un brutto carattere e spesso imbizzarriva, anche se Derek riusciva sempre a gestirlo. Stiles gli aveva proposto – quasi scongiurato – di venderlo e prenderne un altro, più docile, ma Derek non gli aveva parlato per tre giorni dopo quello e Stiles aveva lasciato perdere.

Ma non era solo quello il problema.

Sunflower si era abituato a essere cavalcato a raso, quindi quando Stiles aveva provato a mettergli la stella e le staffe nell'ultima città in cui erano stati, il cavallo lo aveva quasi preso a calci.

Ovviamente, Derek lo aveva difeso, dicendo che Sunflower era solo restio a essere costretto e che voleva sentirsi libero.

Peccato che cavalcare un cavallo in quelle condizioni fosse più difficile del normale e che Derek rischiasse di farsi male così.

Stiles sperava che Derek si sarebbe fatto convincere a prendere uno dei cavalli di John, una volta giunti a destinazione.

Quando finalmente giunsero alla fortezza, era appena calato il tramonto.

Derek sembrava così felice all'idea di non dover dormire di nuovo al freddo, che Stiles non protestò quando propose di andare a galoppo per arrivare prima.

-Non spaventarti per gli altri witcher – disse Stiles, mentre aiutava Derek a scendere da cavallo – Sono meno pericolosi di quello che sembrano. -

Derek gli sorrise, stringendosi nel mantello di Stiles nel tentativo di scaldarsi.

-Stiles, viaggio con un witcher da sei mesi. Se sono tutti come te, non c'è proprio niente di cui avere paura. -

Stiles ringhiò piano, offeso, ma Derek si limitò a sbuffare una risata, mentre lo superava con disinvoltura.

-Dai, andiamo. -

Stiles lo seguì, roteando gli occhi.

Quando giunsero al pesante cancello di ferro, Stiles allungò una mano guantata per suonare il campanaccio.

Non dovettero aspettare molto prima che qualcuno gli venisse ad aprire.

Stiles rilassò un po' il volto quando riconobbe l'altro witcher.

Jackson Witthemore era un idiota, ma non era la persona che Stiles odiava di più, ecco.

-Stilinski, pensavo fossi morto – commentò Jackson in tono burbero, aprendo il cancello, che emise un cigolio spettrale.

Stiles lo fissò, impassibile.

-Pensavo lo stesso di te, Whittemore. Dicevano che un'arpia ti avesse fatto il culo. -

Jackson grugnì, mentre faceva un passo avanti e la luce calante del sole gli illuminava il volto.

Stiles sentì Derek trattenere un gemito, accanto a lui.

Una grossa cicatrice attraversava tutto il lato sinistro della faccia di Jackson, dalla tempia al mento. In qualche modo era molto più spaventosa della cicatrice di Stiles, essendo ancora fresca e non del tutto rimarginata. Non doveva essersela fatta più di un mese prima.

-Mi ha solo lasciato un ricordino, per il resto sono io che ho fatto il culo a lei. -

-Beh, in ogni caso il tuo aspetto non poteva peggiorare – commentò Stiles, asciutto.

Poi si mossero insieme. Fu un abbraccio rapido, più delle pacche sulla schiena e sulle spalle che altro.

Quando si separarono, Stiles colse l'espressione confusa di Derek e sorrise.

-Ho portato una persona – disse, riportandosi al fianco del ragazzo, protettivo.

Jackson lo studiò stringendo gli occhi gialli, il viso inclinato da un lato.

-Lo vedo – lo sguardo gli scivolò sul medaglione che Derek portava al collo e fissò subito Stiles, incredulo e incazzato – Sei fottutamente stupido? John ti ucciderà per questo. -

Stiles si limitò a sbuffare, impassibile.

-Deve solo provarci. -

-Non dovrei tenere il medaglione? - domandò Derek, stranamente timido.

-Sì che puoi tenerlo – lo rassicurò Stiles, nello stesso momento in cui Jackson esclamava “no, cazzo!”.

Stiles lo guardò male e l'altro witcher sbuffò.

-Chi è comunque? Sembra un po' troppo grande per essere una novizia. -

Stiles si irrigidì immediatamente, avvicinandosi ancora di più a Derek, che lo guardava perplesso.

-Non è qui per diventare un witcher – disse, gelido – È sotto la mia protezione. -

Jackson lo fissò per un lungo momento, poi riportò di scatto lo sguardo su Derek, che di riflesso si avvicinò di più a Stiles.

Jackson lo guardò e lo guardò, poi quando capì spalancò gli occhi.

-Porca puttana – mormorò, guardando di nuovo Stiles, incredulo – Non sarà... -

-Lui è Derek – lo interruppe Stiles deciso, mettendo una mano sulla spalla del ragazzo. Il suo petto rombò piacevolmente quando Derek si appoggiò al suo fianco, completamente fiducioso – E starà con noi d'ora in poi. -

Jackson alternò ancora un po' lo sguardo tra i due, con un'espressione sconvolta quasi divertente. Alla fine sospirò, un sospiro che sembrava più un ringhio frustrato.

-Va bene. Venite dentro e sistemate i cavalli, mi si stanno gelando le palle qua fuori. E il ragazzo ha l'aria di qualcuno che ha bisogno di mettere sotto i denti del cibo. -

-In effetti è così – esclamò Derek, già più allegro alla prospettiva di mangiare.

Jackson lo fissò con la coda dell'occhio, poi sbuffò un sorriso. Stiles lo guardò, colpito. Finora l'unica persona in grado di far sorridere Jackson era stata Isaac. Derek doveva avere una specie di dono per addomesticare witcher e cavalli scorbutici.

-Isaac impazzirà per te. Sei finalmente la scusa che aspettava per soddisfare il suo istinto di mamma chioccia. -

-Chi è Isaac? - chiese Derek, curioso.

-Isaac è qui? - domandò invece Stiles, non particolarmente stupito, mentre lui e Derek seguivano Jackson all'interno della fortezza.

Il witcher grugnì, senza guardarli.

-Ovvio. Non è che potessi lasciarlo da qualche parte a morire di freddo.-

-Sono sicuro che questa sia l'unica ragione – commentò Stiles, beffardo.

Jackson lo fulminò e Stiles si limitò a sorridergli, conciliante.

-Chi è Isaac? - insistette Derek a voce più alta, irritato per essere stato ignorato.

-Nessuno – disse velocemente Jackson, mentre Stiles roteava gli occhi.

Guardò Derek, sorridendogli con gentilezza.

-È un bardo – lanciò un'occhiata di sottecchi a Jackson, sorridendo – Ed è amico di Jackson. -

Derek aggrottò la fronte, sempre più confuso, ma Stiles si era di nuovo voltato verso Jackson.

-Chi altri passa l'inverno qui? -

-Solo Isaac ed io. E, beh, voi adesso. E il vecchio John, ovviamente. -

Stiles rimase in silenzio per un po'.

-John? - domandò Derek, accarezzando il muso di Sunflower che gli camminava affianco – Il più anziano dei witcher? Il tuo maestro? -

Jackson lanciò un'occhiata penetrante a Stiles.

-Gli regaliamo medaglioni personali, lo portiamo a casa, gli diciamo di John... poi che altro? Vogliamo pure rivelargli tutti i nostri segreti e lasciare che la gente ci odi? Ancora di più? -

Stiles roteò gli occhi.

-Non essere paranoico – fece una breve pausa – Come sta John? -

-È vecchio – disse burbero Jackson, ma il suo tono era più morbido rispetto a prima – Ma se la cava. Sarà contento di vederti. -

-Non ci siamo lasciati nel migliore dei modi, anni fa – mormorò Stiles, senza guardarlo.

-Beh ci credo, con tutto il casino che hai creato alla festa di fidanzamento della... -

-Jackson – sibilò Stiles, scoccando un'occhiata a Derek, che fissava i due witcher con occhi grandi e interessati.

Jackson si schiarì la gola, distogliendo lo sguardo.

-Penso che Isaac abbia fatto gli gnocchi. Ti piacciono gli gnocchi, ragazzino? - domandò, cambiando bruscamente argomento.

Derek, che stava fissando Stiles con sospetto, si illuminò di nuovo alla menzione del cibo.

-Mangerei qualsiasi cosa adesso! - esclamò, praticamente saltellando accanto ai due witcher.

Stiles sorrise, indulgente, e persino Jackson ridacchiò piano.

Allungò una mano per scombinare i capelli già sconvolti di Derek.

-Mi piaci, ragazzino. Merda, Isaac non ti vorrà mai più far andare via, dammi retta. -

 

 

 

Si scoprì che Jackson non si stava sbagliando.

Stiles non riuscì ad evitare che abbracciasse Derek non appena posò gli occhi su di lui.

-Oh povero caro! Guarda come sei ridotto, le tue vesti sono tutte sporche! E stai gelando! Sei terribilmente magro, hai mangiato di recente? No? Oh, un ragazzo così gentile e beneducato, è una novità dopo un mese con questo lupo scorbutico. Ti ci vuole un bagno e dei vestiti puliti. E poi una bella dose di cibo. Ti piacciono gli gnocchi? Oh, non permetterò più che tu te ne stia per la strada, povero caro! -

Isaac aveva detto circa cento parole in meno di un minuto. Derek aveva l'aria di chi non sa se essere grato per tutte quelle attenzioni o spaventato a morte.

Jackson grugnì al fianco di Isaac, mandando un'occhiata eloquente a Stiles.

-Isaac, lascialo, lo soffochi – si limitò a dire Stiles, asciutto.

Isaac alla fine lo liberò e Derek andò subito a rifugiarsi dietro Stiles, tutto scombinato per gli abbracci di Isaac.

-Non ci posso credere che lo hai costretto a stare in strada per tutti questi mesi, Stiles! -

-Non mi ha costretto - intervenne Derek, accigliandosi – E mi piace stare all'aperto. È avventuroso e forte – storse brevemente il naso – A parte quando piove. -

Stiles nascose un piccolo sorriso, mentre Isaac metteva su la sua miglior faccia angosciata.

-Povero ragazzo. Così confuso dagli stenti. Ti serve un bagno caldo. Perché non vai di sopra? Ti raggiungerò subito. -

Derek si voltò subito verso Stiles, che gli sorrise.

-Vai. Ti verrò a chiamare per cena. -

Derek annuì.

-Controlla Sunflower, okay? Per essere sicuro che si stia ambientando. -

Stiles grugnì.

-È un fottuto cavallo, Derek. Non ha bisogno di ambientarsi -

Il ragazzo inarcò un sopracciglio e Stiles roteò gli occhi al cielo, imbarazzato dagli sguardi di Isaac e Jackson puntati su di lui.

-Va bene. Andrò a controllarlo. Vai adesso. -

Derek gli scoccò un sorriso luminoso e poi si allontanò, quasi di corsa.

Aspettarono tutti e tre di non sentire più i suoi passi echeggiare sul pavimento di pietra, poi Isaac si voltò di scatto verso Stiles.

-Okay. Dimmi che non è chi penso che sia. -

Stiles guardò male Jackson.

-Pensavo che non si dovessero raccontare le cose dei witcher agli estranei -commentò, freddamente.

Jackson grugnì, avvicinandosi ulteriormente al fianco di Isaac.

-Sai che lui è diverso – borbottò, evasivo.

-Grazie, tesoro – commentò distrattamente Isaac, continuando a fissare Stiles ad occhi socchiusi – Allora, Stiles? Hai portato qui il fottutissimo principe di Beacon Hills? -

-Nessuno deve sapere chi è. Solo noi. E John – si affrettò a dire velocemente Stiles, senza riuscire a impedirsi di guardarsi intorno, come se si aspettasse di essere spiato.

Isaac lo fissò, incredulo.

-Pensavo che non volessi... che avessi rinunciato a tutta quella storia del bambino sorpresa, ecco. -

Stiles fece una smorfia, senza guardarli.

-Le cose sono cambiate. -

-Cazzo, si vede – esclamò Jackson, con un sorriso bastardo – Quanti anni ha, diciotto? E già ti tieni in pugno come un cagnolino domestico. -

-Vaffanculo – scattò subito Stiles e Isaac si mise tra loro, sospirando.

-Smettetela tutti e due – guardò Stiles, con occhi più dolci rispetto a prima – Penso che tu stia facendo una cosa bellissima prendendoti cura di lui, Stiles. Sembra molto affezionato a te. -

-Certo, solo lui sembra affezionato – borbottò Jackson, ma tacque quando sia Stiles che Isaac lo guardarono storto.

Stiles alla fine sospirò, esasperato.

-Isaac, vai da Derek. Non mi va che stia da solo. Io vado alle stalle. -

Jackson aggrottò la fronte.

-Pensavo che saresti andato da John. -

Stiles fece una smorfia.

-Sì. Ma devo controllare Sunflower prima. –

Ringhiò, non appena avvertì Isaac e Jackson scambiarsi delle occhiate eloquenti, con degli stupidi sorrisi sul volto.

-Non una fottuta parola – sibilò, dandogli stizzito le spalle non appena quei due coglioni scoppiarono a ridere.

 

 

 

 

Stiles aveva temuto che John si sarebbe arrabbiato per aver portato Derek a Kaer Morhen, tenendo conto di chi fosse.

Invece l'uomo aveva stretto velocemente Stiles, un abbraccio impacciato ma sincero, poi aveva fatto lo stesso con Derek. Aveva osservato con un sopracciglio inarcato il medaglione al collo del ragazzo, ma con sollievo di Stiles non aveva commentato.

I suoi occhi azzurri erano benevoli e tranquilli mentre cenavano tutti e cinque insieme.

Jackson aveva ragione, era vecchio; Stiles sentì una strana fitta al cuore per quello.

Tuttavia, non poteva che essere felice del fatto che Derek sembrasse così rilassato e a proprio agio, mentre chiacchierava con John senza sosta.

-Davvero puoi insegnarmi ad addestrare Sunflower?-

Il vecchio witcher annuì, con un sorriso.

-Certo. Nessun cavallo è indomabile, sono creature buone. Bisogna solo avere pazienza. -

Stiles, dal lato destro di Derek, sbuffò forte.

-Si vede che non hai mai visto quel dannato cavallo. È un diavolo. -

-Confermo – grugnì Jackson, strappando un pezzo di pane con i denti – È stato un fottuto calvario metterlo nelle stalle. -

Derek li guardò un po' storto.

-In realtà è buonissimo. È solo un po' diffidente con le persone. -

Stiles roteò gli occhi, ma John continuò a sorridere con gentilezza a Derek.

-Beh, questo è un bene. Far avvicinare troppo le persone aumenta il rischio di venire feriti. La prudenza è una grande virtù. -

Stiles abbassò un po' lo sguardo sul suo piatto, aggrottando la fronte. Odiava quando John faceva i suoi sermoni ambigui in cui sembrava che parlasse in generale ma in realtà si stava rivolgendo a una persona specifica.

Derek osservò il vecchio witcher, accigliato.

-Questa cosa che hai detto è così fottutamente triste. -

Per un po' gli altri rimasero in silenzio, poi Jackson, John e Isaac scoppiarono a ridere forte, mentre anche Stiles si apriva in un sorriso.

-Non imprecare- gli disse comunque, spingendogli giocosamente la testa con una mano.

-Oh, lascialo stare – si lamentò Jackson, versandosi un po' di vino – È quasi un uomo. Che male c'è a imprecare di tanto in tanto? -

Isaac gli rivolse un sorriso fasullo.

-Non vogliamo che cresca senza nessuna nozione delle buone maniere, Jacks. Ci sei già tu per questo. -

Questa volta furono Stiles, John e Derek a ridere, mentre Jackson mostrava i denti al bardo, non realmente minaccioso.

-Il principino è fortunato ad avermi intorno, invece. Grazie a me non diventerà una totale femminuccia. -

Immediatamente il gelo accolse le sue parole e persino Jackson si rese conto di aver detto qualcosa di sbagliato, perché imprecò e allontanò il proprio bicchiere di vino.

Derek si girò di scatto verso Stiles, incredulo e arrabbiato.

-Glielo hai detto? -

-Sono persone di fiducia, Derek – disse piano Stiles, senza guardarlo – Non hai motivo di preoccuparti. -

-Non ci posso credere! - esclamò invece Derek, ignorandolo – Per mesi mi hai fatto camminare per i boschi e per i campi, facendomi coprire il viso con quello stupido mantello! Mi hai ripetuto fino alla nausea che non dovevo dire chi fossi a nessuno, che dovevo fidarmi solo di te e non permettere alle persone di avvicinarmi! E adesso lo hai detto alle prime persone che incontriamo! -

Stiles finalmente lo guardò, facendo lampeggiare gli occhi gialli verso di lui.

Derek si ritrasse appena, ma Stiles era troppo arrabbiato per farci caso.

-Smettila di fare l'isterico – sibilò, con tono duro – Ti ho detto che queste sono persone di cui ti puoi fidare. Sono più che serio sulla tua sicurezza, quindi non mettere mai più in discussione le mie scelte. E adesso finisci di mangiare. -

Non fu una grande sorpresa quando Derek si alzò di scatto in piedi, rovesciando la propria sedia con un luccichio ribelle e ferito negli occhi. Stiles ringhiò quando Derek corse via dalla sala da pranzo.

-Derek! Derek torna subito qui! - esclamò, ma il ragazzo lo ignorò, uscendo dalla sala e sbattendo forte la porta dietro di sé.

-Beh, ottimo lavoro, Stiles – Isaac spezzò il silenzio pesante che era calato, guadagnandosi uno sguardo di fuoco da Stiles. Poi il witcher guardò male Jackson.

-Vaffanculo, perché non puoi tenere mai la bocca chiusa? -

-Non sapevo fosse un fottuto segreto! - si difese l'altro, avendo la decenza di mostrarsi un po' in colpa – Non è che avessi intenzione di andarlo a dire in giro per tutto il Continente, comunque! -

Stiles strinse gli occhi su di lui.

- Farai bene a non farlo, o finirò il lavoro di quell'arpia. -

Jackson ringhiò, ma fu Isaac a fulminare Stiles con lo sguardo.

- Attento, Stiles. -

-State tutti quanti calmi – intervenne John, con voce profonda e autoritaria, imponendo immediatamente il silenzio – Mi sembra ovvio che la vera identità di Derek non debba mai uscire da questa stanza – lanciò uno sguardo penetrante a Stiles – Né le particolari condizioni della sua nascita. -

Stiles abbassò lo sguardo, mentre Isaac lo guardava con tanto d'occhi.

-Cosa? Non glielo hai detto? Il ragazzo non sa della legge della sorpresa? -

-Non c'è bisogno che lo sappia – sbottò Stiles, brusco – Non cambia niente. Ho promesso a sua madre che mi sarei preso cura di lui. Il destino può andare a farsi fottere. -

- È meglio che il ragazzo non lo sappia – confermò John, in tono grave - È un'informazione troppo preziosa e non può finire nelle orecchie sbagliate, e con orecchie sbagliate intendo quelle degli Argent. Potrebbero usarla per mettere il ragazzo contro Stiles e non può accadere. -

Stiles fece una smorfia, le dita che giocavano distrattamente con il manico del coltello accanto al suo piatto.

-E poi Derek merita una vita normale. Non voglio che si senta influenzato da tutta questa cazzata del destino e delle anime legate in una sola. -

Isaac aggrottò la fronte.

-Non sono cazzate. Lui è il tuo... -

Stiles lo interruppe piantando con violenza la lama del coltello nel tavolo di legno. Si alzò in piedi, gli occhi di tutti piantati su di lui.

-Vado a controllare che stia bene – borbottò, senza guardare nessuno.

Mentre si allontanava, sentì distintamente il profondo sospiro di John.

 

 

 

 

 

 

Stiles si fermò davanti alla porta della stanza che condividevano, esitando.

Non avevano nemmeno dovuto parlare sul fatto di dormire insieme, era una cosa che entrambi davano per scontato, dopo quello che era successo alla locanda.

Pensò a Isaac che gli aveva sibilato di essere gentile poco fa e bussò alla porta, con un grosso sospiro.

-Va via. -

La voce di Derek gli giunse attutita, come se stesse parlando contro il cuscino. Stiles entrò comunque, cercando di essere il meno rumoroso possibile.

Derek era sdraiato sul letto a pancia in giù, ancora vestito, e in effetti teneva il viso schiacciato contro il cuscino, ma lo voltò su un lato per poter fulminare Stiles.

-Ho detto di andare via. -

Stiles si trattenne a stento dal roteare gli occhi. Ignorò l'aria omicida di Derek e andò a sedersi sul bordo del letto, vicino al suo viso.

-Mi dispiace – cominciò, impacciato, evitando gli occhi di Derek – Non avrei dovuto parlarti in quel modo. E non avrei dovuto dire agli altri di te senza dirtelo. -

Beh, tecnicamente non aveva detto niente a nessuno. John e Jackson sapevano di Derek da diciassette anni, avevano solo dovuto fare due più due quando lo avevano visto arrivare alla fortezza con un ragazzino a seguito. Per quanto riguardava Isaac... beh, quella era tutta colpa di Jackson e della sua bocca larga.

Ma Derek questo non poteva saperlo e capiva perché il ragazzo fosse turbato.

-Ma giuro che puoi fidarti di loro, Derek – continuò Stiles, abbassando lo sguardo su di lui e sentendosi sollevato quando notò che il ragazzo sembrasse più calmo – Non ti metterei mai in pericolo. Ti fidi di me, no?-

Derek lo fissò per un po', poi annuì lentamente, la guancia ancora premuta contro la federa bianca.

Stiles gli sorrise, ancora un po' imbarazzato, e allungò una mano per una carezza veloce sui capelli.

-Bene. -

Pensava che avessero risolto, ma Derek manteneva un'aria imbronciata e Stiles non poteva sopportarlo.

-Senti – disse lentamente, mentre nel frattempo imprecava contro di sé – Vuoi ancora che ti insegni a combattere? Perché pensavo che potremmo cominciare domani. Se ti va – aggiunse in fretta e già sperava che non gli andasse.

Ma capì che fosse una speranza vana quando Derek si mise a sedere di scatto, tutto sorridente e luminoso. Sembrava un girasole quando faceva così, e Stiles so trovava a pensare che il nome del suo cavallo non fosse poi così stupido.

-Dici sul serio? -

Stiles annuì, un po' riluttante.

-Sì. Con le dovute precauzioni, ovvio. Non voglio che ti faccia male. -

Derek gli era già saltato addosso, gettandogli le braccia intorno al collo.

-Grazie, grazie! Non te ne pentirai! -

Stiles se ne stava già pentendo. Ma era così bello che Derek non fosse più arrabbiato con lui ed era così caldo e giusto tra le sue braccia, che Stiles non poté fare altro che circondargli la schiena a sua volta, stringendolo a sé.

-Vedrai Stiles, andrà alla grande! -

 

 

 

 

Non andò alla grande.

Stiles doveva ammettere che fosse un po' colpa sua.

Va bene, in realtà era tutta colpa sua.

Derek era un bravo allievo, non aveva mai ricevuto un vero e proprio addestramento militare, ma aveva passato l'adolescenza a cavalcare con Richard per il regno, aveva polpacci e gambe forti, e aveva sempre fatto esercizio e ginnastica. Aveva un fisico asciutto e dei buoni riflessi, che gli permettevano di essere veloce e di schivare con facilità i colpi dell'avversario.

Il problema era che Stiles era così concentrato sul non fargli male, che stava rendendo vano ogni allenamento.

Alla fine Derek lasciò cadere la propria spada sulla neve, guardandolo frustrato.

-Stiles, smettila – sibilò, guardandolo male.

Stiles ricambiò lo sguardo, sulla difensiva.

-Cosa c'è? -

-Non stai nemmeno provando a colpirmi – esclamò Derek, esasperato – Non imparerò mai così. -

Stiles rimase in silenzio, abbassando lo sguardo.

Si sentiva già abbastanza patetico, non avrebbe detto a Derek che ogni volta che provava a colpirlo vedeva un bambino con il sorriso sdentato che gli correva incontro.

Sentì Derek sospirare e quando alzò la testa il ragazzo era vicino a lui.

Non sembrava più arrabbiato con lui, aveva uno sguardo strano e sorrideva, quasi dolce.

-Stiles, non fraintendere. È una cosa tenera che tu non riesca a colpirmi... -

-Io non sono tenero – borbottò Stiles, incupendosi.

Derek lo ignorò brutalmente.

-...ma penso che sia meglio che mi insegni qualcun altro. Tu sei troppo coinvolto. -

Stiles non rispose, gli occhi fissi su qualche punto oltre la testa di Derek.

Non gli piaceva l'idea di Derek che veniva allenato da qualcun altro, ma era abbastanza chiaro che non sarebbe mai riuscito a essere distaccato con Derek. E la prima regola di un buon maestro era non essere coinvolto emotivamente.

-Beh, forse John potrebbe... -

-Gli insegno io! -

Stiles si voltò irritato verso Jackson, che si stava avvicinando a loro con la propria spada in mano, un sorriso sarcastico sul volto. Isaac era dietro di lui e roteava gli occhi con il suo liuto in mano.

-Non hai delle cose da fare con Isaac? - disse freddamente Stiles, accigliandosi quando Jackson scompigliò i capelli disordinati di Derek, facendolo ridere – Tipo cose che potreste davvero fare ora che siete soli, senza qualcuno nella stanza accanto alla vostra. -

Davvero, dovevano darsi una regolata. Stiles era abituato a sentire cose improprie quando soggiornavano entrambi a Kaer Morhen, ma c'era Derek a una porta di distanza dalla loro, cazzo.

Jackson si scambiò un sorriso con Isaac, entrambi lungi dall'offendersi.

-Sentito, songbird? Stiles insinua che sei troppo rumoroso. -

Isaac, che aveva baciato la guancia di Derek prima che il ragazzo riuscisse a scostarsi, sbuffò forte, cominciando a strimpellare distrattamente il suo liuto.

-Già, chissà di chi è la colpa. -

Stiles lanciò un'occhiata a Derek che, a giudicare dal piccolo sorriso divertito sulle labbra, doveva aver capito tutti i sottintesi. Sbuffò, irritato. -Che cosa vuoi, Jackson?-

L'altro witcher si strinse nelle spalle.

-Niente. Ero venuto a fare una passeggiata con il mio bardo e ho sentito per caso la discussione con il tuo ragazzino. -

Stiles strinse le labbra, evitando di precisare che Derek non era il suo ragazzino. In fondo, c'era un po' di verità in questo.

-Allora hai sentito che chiederò a John di allenare Derek. Ora puoi andare a fanculo – lanciò un'occhiata in cagnesco a Isaac, che sorrideva amabile – Letteralmente. -

Jackson corrugò la fronte.

-Oh, andiamo. John ha... un sacco d'anni. È vecchio. Io sarei un insegnante migliore. -

-Jackson ho detto di no – ringhiò Stiles, a un passo dallo squartarlo.

-Perché no? - intervenne candidamente Derek e Stiles avrebbe solo voluto sbattere la testa contro un albero – A me sta bene, davvero! -

Stiles si voltò verso di lui, cercando di essere paziente.

-Dici così solo perché vuoi imparare a combattere, ma Jackson non è la persona giusta, credimi. -

-Fottiti – intervenne Jackson, offeso – Il ragazzo ha detto che va bene. Smettila di fare il papà lupo protettivo. -

-Non faccio il papà lupo protettivo - gli ringhiò addosso Stiles, molto papà lupo protettivo.

-Potrebbero fare una prova – intervenne Isaac, conciliante – Se non va bene può sempre subentrare John. -

Stiles rimase in silenzio, per niente contento.

Conosceva Jackson e sapeva quanto potesse diventare competitivo ed esigente quando era immerso nel suo elemento, cioè qualsiasi cosa riguardasse la lotta e il combattimento.

Non era convinto che ci sarebbe andato piano con Derek solo perché era un umano.

Lanciò un'occhiata a Derek e gli bastò vedere i suoi grandi occhi che lo fissavano imploranti, per capire di essere fottuto.

Imprecò frustrato, odiando lo stupido sorriso che si formò sul volto di Derek.

-Va bene. Una prova – guardò Jackson, minaccioso – Se si fa male giuro che farò in modo che Isaac non riconosca mai più la tua faccia, cazzo. -

La minaccia perse un po' della sua efficacia, visto che Derek gli si buttò addosso tutto felice, ringraziandolo ripetutamente.

Stiles mugugnò e passò una mano sulla schiena del ragazzo, imbarazzato dagli sguardi beffardi di Jackson e Isaac.

Cominciava a rimpiangere la decisione di portare Derek a Kaer Morhen.

 

 

 

 

-...E poi oggi non sono caduto nemmeno una volta dal pendolo! Vero, Jackson? -

Stiles grugnì, spingendo il piatto ancora intonso di Derek verso il ragazzo.

-Mangia, Derek. -

Ma Jackson rise, guardando Derek con indulgenza.

-È vero. Sta migliorando. -

Derek guardò di nuovo Stiles, con un grosso sorriso sul volto.

-Visto? Un giorno potrò venire a caccia con te. Sarò un vero witcher. -

Un brivido attraversò tutto il corpo di Stiles a quelle parole.

-Non sei pronto a venire con me dopo due sole settimane di allenamento – disse, più brusco di quanto avrebbe voluto essere – E ora mangia. Isaac ha cucinato le patate arrosto solo per te. -

Derek lo fissò, il sorriso che si trasformava lentamente in una smorfia delusa. Stiles imprecò mentalmente.

-Dovrai mostrarmi i tuoi progressi un giorno di questi, Derek – intervenne John, sporgendosi verso il ragazzo e parlando con tono gentile – Sono sicuro che sei diventato molto bravo. -

Derek gli rivolse un piccolo sorriso riconoscente, poi riprese lentamente a mangiare.

Stiles si accigliò.

Meraviglioso.

A quanto pareva era l'unico a cui non andasse giù questa cosa di dare a Derek un addestramento da witcher.

Sapeva che senza prova delle erbe Derek sarebbe rimasto un semplice umano, ma gli sembrava comunque di star tradendo Talia, in qualche modo.

E poi, sì, non sopportava l'idea che Derek si facesse male.

Ma non sopportava nemmeno l'idea di Derek triste per colpa sua, quindi si voltò con un profondo sospiro verso il ragazzo.

-Anche... anche a me piacerebbe vedere i tuoi progressi – disse lentamente, con una smorfia.

A giudicare dallo sguardo esasperato che Isaac gli lanciò da sopra il suo calice di vino aveva fatto piuttosto schifo, ma a Derek non sembrò importare. Si illuminò tutto, regalando a Stiles uno di quei sorrisi che lo facevano sentire strano.

-Ti faccio vedere subito! - esclamò, scostando la sedia con entusiasmo – Vado a prendere la mia spada! -

-Derek, stiamo mangiando – provò Stiles, debolmente, perché sapeva che Derek l'avrebbe avuta vinta.

Infatti Derek si morse un labbro, guardandolo con i suoi stupidi occhi grandi e verdi.

Stiles grugnì, chiedendosi quando esattamente aveva smesso di fare paura alle persone. Non che Derek fosse mai stato come le altre persone.

-E va bene. Sbrigati. -

-Grazie! - cinguettò Derek, poi si abbassò a baciargli una guancia, prima di sgattaiolare via di corsa.

Stiles rimase un po' stordito, la forchetta ancora stretta in mano e a metà strada dalla bocca.

Era abituato a Derek che era fisico con lui, soprattutto durante la notte e dopo una caccia, aveva baciato la fronte di Derek centinaia di volte, ma quello era nuovo.

Si riscosse brutalmente dai suoi pensieri quando si accorse di come John, Jackson e Isaac si scambiassero occhiate eloquenti, sogghignando.

-Cosa – sbottò Stiles, sulla difensiva.

-Oh, è così tenero quel ragazzo – mormorò Isaac in tono dolce – Non se ne accorge neppure. -

-Cosa – ripeté Stiles, stringendo la presa sulla forchetta finché le nocche non divennero bianche.

Jackson si aprì in un sorriso sarcastico.

-Il ragazzino. Ha una cotta per te. -

Stiles lo fissò incredulo, senza trovare niente da dire.

-Smettila di dire stronzate! - sbottò alla fine, ma si accorse con orrore che né Isaac né John avessero l'aria di chi pensava che Jackson stesse dicendo stronzate.

-Sinceramente Stiles, è così evidente – disse Isaac, con un piccolo sorriso

-Non è vero, cazzo – protestò Stiles, sentendo improvvisamente l'esigenza di scappare di sopra da Derek - È solo un ragazzino. Non ci pensa nemmeno a certe cose. -

-Stiles, ha diciassette anni – intervenne Jackson, roteando gli occhi – Non puoi seriamente pensare che non ci pensi. -

-Ma non si comporta come se avesse una cotta. Smettetela – esclamò, cercando di essere intimidatorio, ma a giudicare dagli irritanti sorrisi degli altri tre non doveva esserci riuscito.

-Stiles, ti segue tutto il giorno, come un'ombra. Dormite insieme, mangiate insieme, siete sempre insieme tranne quando deve allenarsi. E anche quando è con Jackson tutto ciò che fa è parlare di te e di come non veda l'ora di mostrarti quanto è migliorato. E ti prego, non farmi elencare tutte le volte che ti abbraccia o il modo in cui ti guarda – ribatté Isaac, gentile ma deciso.

-Oserei dire che il motivo per cui è così ansioso di allenarsi e diventare un witcher sia che vuole essere come te – mormorò John, un sorriso che gli illuminava gli occhi azzurri – Ti guarda come si guardano le stelle che ti guidano di notte. -

-Okay – disse Stiles, fissando il suo maestro – Penso che qualcuno abbia bisogno di andare a dormire. Stai delirando, vecchio. -

John si limitò a ridacchiare, prendendo un sorso di vino.

-Non te ne sei accorto perché non sei più abituato a confrontarti con i sentimenti di un'altra persona – lo confortò Isaac, con uno sguardo comprensivo – Voglio dire, quando è finita con Lydia? Sei anni fa? Sette? -

Jackson sbuffò forte, mentre passava quasi distrattamente un braccio intorno alle spalle del bardo.

-Come se fosse mai iniziata. Scopavano e basta. C'era più coinvolgimento emotivo con le puttane del bordello che con Lydia. -

-Chi è Lydia? -

Tutti sobbalzarono al suono della voce di Derek, che era rientrato in quel momento con la sua spada e stava guardando con curiosità i tre adulti.

-Nessuno – si affrettò a dire Stiles, ma sapeva che Jackson non se ne sarebbe stato zitto.

-Una maga con cui scopava Stiles. Ahia! - si passò una mano sulla nuca, guardando indignato Isaac che gli aveva appena tirato una sberla – Che vuoi bardo? Non è che il ragazzino non conosca il significato della parola scopare, no? Avrà fatto qualcosa con qualche ragazza! -

Stiles lanciò uno sguardo a Derek. Aveva un'espressione strana. Non sembrava imbarazzato o altro, ma non era nemmeno più felice come prima. Aveva la fronte contratta e sembrava vagamente infastidito.

-Dai Derek – disse quindi, alzandosi in piedi – Andiamo di là e fammi vedere cosa ti ha insegnato il coglione. -

Derek sembrò riscuotersi, perché gli sorrise luminoso come al solito e si affrettò a precederlo.

Quella sera, quando si sistemarono per dormire, Stiles avvertì subito che Derek fosse strano.

Se ne stava nel suo lato del materasso, sdraiato tranquillo su un fianco con le mani sotto la guancia, quando di solito Stiles non faceva nemmeno in tempo a mettersi a letto che Derek gli si era già rannicchiato contro.

-Ti sento pensare, piccolo ladro di mele – mormorò, mentre si metteva sotto le coperte.

Poteva distinguere in modo nitido il volto di Derek anche al buio, la piccola piega tra le sopracciglia scure, il labbro superiore arricciato.

-Non ho mai fatto niente con le ragazze – sussurrò alla fine Derek, d'un fiato, senza guardarlo.

Stiles rimase a guardarlo, impassibile.

Oh. Allora si trattava di quello.

La cosa in realtà non lo sconcertava affatto. Era piuttosto usuale che i nobili avessero meno libertà sessuali fino al matrimonio, soprattutto le donne. Derek poi era un principe e Talia era stata protettiva con lui fino all'estremo. Non lo stupiva che non avesse avuto esperienza.

In qualche strano modo, era addirittura confortante.

-Va bene – disse lentamente, cercando di essere rassicurante – Non c'è nulla di male. Non ascoltare quel cazzone di Jackson. Fa tanto lo spavaldo e poi scopa la stessa persona da quindici anni. Non devi sentirti in difetto se non hai esperienza, l'avrai al momento giusto. -

-Lo so – disse Derek, poi arrossì appena, facendo aggrottare la fronte a Stiles - È solo che... che non ho fatto niente con le ragazze. Ma con i ragazzi sì.-

Oh.

Okay, quello non era esattamente ciò che si sarebbe aspettato.

Poco prima aveva negato fermamente l'idea che Derek potesse avere una cotta per lui e adesso gli confessava con candore che aveva avuto esperienze con i ragazzi.

-Ah – disse Stiles, incapace di dire altro sul momento.

Se ne pentì quando notò lo sguardo in preda al panico di Derek.

-Ti disgusto adesso – commentò, rassegnato, le labbra che tremavano appena.

Stiles imprecò ad alta voce, strisciando più vicino a Derek sul materasso. Il ragazzo però si ritrasse appena e Stiles si fermò a metà strada, con un sospiro frustrato.

-Non dire stronzate – disse con forza, guardandolo seriamente negli occhi – Non potresti mai disgustarmi. Va bene anche così, va bene se... se ti piacciono i ragazzi. Non cambia nulla. Non cambia ciò che penso di te. -

Derek rimase a fissarlo e Stiles notò con sollievo che il suo battito fosse meno impazzito rispetto a prima.

-Sul serio? Voglio dire, penso mi piacciano anche le ragazze, ma davvero va bene se mi piacciono i ragazzi? - sussurrò Derek, ancora incerto, e a Stiles si strinse il cuore.

La cosa più struggente era che Stiles capiva perfettamente perché fosse così terrorizzato.

Erano rimasti solo loro due, Derek aveva solo lui.

E aveva paura di perderlo, che Stiles lo avrebbe lasciato indietro.

Come se Stiles ne fosse stato in grado.

Come se Derek non fosse stato il suo destino, anzi, molto di più rispetto a questo.

Sei qualcosa di più. Qualcosa di più.

Stiles doveva capire ancora esattamente cosa, ma era così.

Guardò con serietà il ragazzo, mentre lentamente si avvicinava, come se fosse a caccia e non dovesse spaventare un cervo ignaro.

Fu un sollievo quando Derek si lasciò tirare tra le sue braccia, il naso freddo che si incastrava subito nel collo di Stiles.

-Non mi perderai mai, Derek – sussurrò Stiles al suo orecchio, stringendolo forte – Non per questo né per nessun'altra cosa. Siamo tu ed io, saremo sempre tu ed io. -

Derek emise un suono sollevato, mentre si appendeva con forza alle sue spalle. Stiles gli baciò la fronte, pensieroso.

-E... - esitò, grato che Derek non lo stesse guardando in faccia – Sono state esperienze... positive, quelle che hai avuto? -

-Mh? - mormorò Derek, strusciando il naso contro il suo petto.

Stiles emise un suono frustrato.

-Voglio dire... erano tutti rapporti consenzienti, nessuno ti ha costretto a...-

Derek si scostò un po', per poter fissare incredulo Stiles. Il witcher notò che fosse un po' rosso in volto.

-Sì, Stiles. Ovvio. Nessuno mi ha costretto a fare niente. -

Stiles non riuscì a trattenere un sospiro di sollievo, mentre stringeva più forte Derek.

-Scusa. Dovevo controllare. Avevo paura che qualche viscido signore ti si fosse avvicinato durante un ricevimento o una cosa del genere. -

Derek scosse lentamente la testa, intrecciando le loro mani insieme come per rassicurarlo.

-Niente del genere. Mia madre... beh, lo sai. Lei era molto protettiva, non mi faceva uscire molto. Non mi faceva nemmeno partecipare ai banchetti al castello, quando c'erano delegazioni di altri re. Sembrava avesse sempre paura che qualcosa mi avrebbe portato via, se mi avesse perso di vista anche solo un istante. -

O qualcuno, pensò amaramente Stiles, lo sguardo fisso sulle loro dita intrecciate.

-Ma mio padre sapeva quanto mi annoiassi, così mi portava a cavalcare quasi tutti i giorni. E quando era impegnato andavo da solo, lui mi copriva con mamma. E... - Stiles vide di nuovo Derek arrossire e provò una strana sensazione di fastidio – C'era questo ragazzo, nelle scuderie. Aveva la mia età ed era gentile, mentre io... - Derek guardò Stiles, ansiosamente – Non sono nemmeno sicuro che mi piacesse davvero. Voglio dire, era carino e dolce, ma penso di averlo fatto principalmente perché mi sentivo solo. Sono una brutta persona per questo? -

Stiles scosse con decisione la testa, guardandolo con serietà. In quei momenti avrebbe solo voluto tenere stretto Derek e non lasciarlo mai più andare, proteggere la sua anima pura dai mali del mondo.

-No. Sei il contrario di una brutta persona. E la solitudine porta le persone a cercare un contatto, un conforto. È normale. -

Derek lo guardò intensamente, gli occhi verdi che brillavano nel buio.

-Per questo sei stato con... Lydia? -

Stiles sorrise appena, inarcando un sopracciglio. Aveva avvertito una punta di gelosia condire il tono del ragazzino e questo riempì il suo cuore di divertimento e tenerezza.

Era chiaro che Derek temesse di perderlo.

Se c'era dell'altro, Stiles non se ne accorse.

-È stato molto tempo fa. È una storia chiusa ormai. Siamo tu ed io adesso. -

Derek lo guardò, non del tutto convinto.

-E se ti sentissi di nuovo solo? -

Stiles scosse la testa e si sporse per baciargli di nuovo la fronte.

- È impossibile sentirsi soli con te sempre intorno – e sono contento di questo – Adesso cerca di dormire, ragazzino. -

Le cose tornarono perfettamente normali tra loro, dopo quella sera.

Non parlarono più del fatto che a Derek piacessero i ragazzi o di Lydia.

Si comportavano come al solito, dormivano insieme e stavano sempre insieme.

Solo che ogni tanto Stiles ci pensava.

Pensava a Jackson che gli diceva che il ragazzino avesse una cotta per lui. Guardava Derek allenarsi, diventare ogni giorno sempre più forte e veloce e cercare con lo sguardo la sua approvazione, e gli tornavano in mente le parole di John.

Ti guarda come si guardano le stelle che ti guidano di notte.

Ora stava attento alle reazioni di Derek quando si trovavano insieme. Notava come Derek cercasse il suo tocco, quasi inconsciamente. Notava come arrossisse ogni volta che lo aiutava a montare su Sunflower. Registrava il suo battito un po' accelerato quando Stiles gli passava distrattamente una mano tra i capelli o gli stringeva una spalla.

E la cosa cominciò a spaventarlo.

Aveva promesso a Talia di prendersi cura di suo figlio, non di approfittarsi di lui.

E Derek era così giovane, così umano, così innocente.

Non era adatto a stare con qualcuno come Stiles. Qualcuno così vecchio, un mutante, uno con le mani sporche di sangue.

Cominciò a stare più attento, a toccare meno Derek e solo quando strettamente necessario. Anche di notte, a letto, cercava di stare dalla sua parte del letto, anche se non scacciava mai Derek quando lo cercava per un abbraccio.

Mantenne le distanze per circa due settimane, poi non funzionò più.

Derek un giorno venne nelle scuderie dove Stiles stava curando Roscoe, la testa bassa, un'insopportabile odore di infelicità ad avvolgerlo.

Gli chiese se avesse fatto qualcosa di sbagliato, se c'era un motivo per cui Stiles lo stesse evitando.

E Stiles imprecò e non poté fare a meno di abbracciarlo. Andarono a cavalcare insieme quel giorno e la notte fu Stiles ad avvicinarsi per primo e ad abbracciarlo.

Stiles poteva sentire il giudizio silenzioso di John quando Derek gli saltava addosso e gli baciava una guancia, ma non importava.

Derek era felice e questo era tutto ciò che importava a Stiles.

 

 

 

 

A primavera Stiles decise che era tempo che se ne andassero.

Kaer Morhen era un luogo sicuro e Stiles avrebbe voluto che Derek ci potesse rimanere per sempre, ma lui era un witcher. Apparteneva alla strada e aveva un compito da svolgere. E Derek non sarebbe mai rimasto senza di lui, come Stiles non se ne sarebbe mai andato senza Derek.

Fecero una sorta di festa d'addio, una cosa ridicola voluta da Isaac.

Nessuno di loro ne aveva davvero voglia, ma Isaac aveva passato tre ore a piangere per il fatto che Derek se ne sarebbe andato chissà dove, quindi tutti lo avevano assecondato piuttosto alla svelta.

Isaac aveva cucinato tutto il giorno, John e Jackson avevano raccolto legna e preparato le provviste per la partenza del giorno dopo, mentre Derek e Stiles erano andati a cavalcare insieme, godendosi l'ultimo giorno alla fortezza. Sunflower era molto più docile adesso, non si era ancora abituato alla sella, John sosteneva che probabilmente non l'avrebbe mai fatto, ma l'addestramento del vecchio witcher lo aveva reso molto più gestibile. Già che c'erano ne avevano approfittato per cacciare qualcosa per la cena di quella sera e Stiles aveva riscontrato con orgoglio che gli insegnamenti di John sul tiro con l'arco avessero dato i loro frutti con Derek.

A dire il vero, il ragazzo era diventato piuttosto abile in ogni branca del combattimento, grazie all'addestramento di quei mesi. Stiles aveva quasi ucciso Jackson la prima volta che Derek era tornato con un livido sotto un occhio (e uno stupido sorriso soddisfatto in faccia, per giunta), ma infine si era dovuto rassegnare all'evidenza: Derek era maledettamente portato per quello. E né lui né Talia potevano farci niente.

Il cucciolo di Lupo era cresciuto, e stava prendendo la sua strada.

Stiles poteva solo vegliarlo da lontano, senza interferire, ma sempre pronto a ruggire in sua difesa.

Dopo cena uscirono nel cortile e accesero un fuoco. Avevano vino e birra a volontà e Isaac si sedette all'ombra di un albero e cominciò a suonare qualche ballata.

Stiles era seduto in disparte, con John, e osservava oltre il suo boccale di birra Derek ballare con Jackson, intorno al fuoco.

Più che ballare, il witcher faceva girare in continuazione il ragazzo, che rideva forte e si lamentava che gli girasse la testa.

Era bello vedere Derek così spensierato, così privo di incubi. Il cuore di Stiles era caldo e soddisfatto.

-Dove andrete ora, tu e il ragazzo? - chiese John d'un tratto, con voce troppo pacata per rovinare la quiete di quel momento.

Stiles si strinse nelle spalle, prendendo un sorso di birra. I suoi occhi non abbandonavano Derek nemmeno un secondo.

-Non lo so. Dove ci sono mostri da uccidere, immagino. -

John rimase un po' in silenzio. Guardavano entrambi Derek volteggiare intorno al fuoco, i capelli disordinati come sempre, gli occhi verdi scintillanti di rosso. Era la perfetta unione di Richard e Talia in quel momento.

-Pensi che sia saggio? - domandò piano John – Portarlo con te? Qua sarebbe al sicuro. Nessuno oserebbe fargli del male. Nemmeno gli Argent. Non finché sarò vivo per proteggerlo. -

Stiles gli rivolse un sorriso sarcastico, ma gli occhi erano morbidi.

-Non è una gran garanzia, vecchio – sospirò, svuotando il suo boccale e lasciandolo cadere sull'erba – Non posso lasciare Derek. Lo conosco, non lo accetterebbe. -

John inarcò un sopracciglio, lanciandogli uno sguardo penetrante.

-È solo questo il motivo? -

Stiles lo guardò, sulla difensiva, e John sospirò.

-Sai perché mi sono arrabbiato così tanto con te, quando hai ottenuto Derek come bambino sorpresa? Perché un witcher non dovrebbe avere legami. E tu adesso ne hai uno indissolubile – John sorrise, vecchio e triste – Tieni così tanto a quel ragazzo e nemmeno te ne rendi conto. -

Stiles distolse lo sguardo dal witcher più anziano. I suoi occhi trovarono automaticamente Derek. Adesso ballava da solo, Jackson era sdraiato accanto a Isaac, la testa in grembo al bardo.

-Ho promesso a Talia che lo avrei protetto. Tutto qui – rispose Stiles dopo un po', asciutto.

John scosse la testa, guardandolo con pazienza.

-Sei sempre stato il mio allievo più esasperante, sai Stiles? Più dicevo che un witcher non doveva intromettersi nelle questioni umane, più tu ti lasciavi coinvolgere, se significava aiutare qualcuno. E più dicevo che i witcher non dovevano provare emozioni, più tu mi smentivi, mostrandomi tutto un arcobaleno di emozioni, così tante da farmi girare la testa. -

-Ma avevi ragione tu – disse Stiles, la bocca insopportabilmente asciutta – I witcher non provano emozioni. -

John rise leggermente.

-Sai che non è così. Basta guardare Jackson – gli sorrise – Basta che ti guardi allo specchio dopo aver visto Derek. -

Stiles si voltò a guardarlo di scatto, infastidito.

-Questo discorso ha un punto o vuole solo essere uno dei tuoi soliti sermoni ambigui, con una morale nascosta? -

Il sorriso di John divenne un po' triste.

-Nessuna morale. Ciò che voglio dire è solo: stai attento. So che pensi che proteggere Derek sia un compito come un altro, di non essere coinvolto emotivamente, ma non è così. E quando c'è il cuore di mezzo, la ragione ci rimette. E le cose vanno male. Dici che il destino può andare a farsi fottere. Ma quel ragazzo non è solo questo, non più. È qualcosa di più. -

Stiles deglutì, sentendosi d'un tratto terrorizzato. E per lui, che non aveva mai paura di niente, la cosa era piuttosto destabilizzante.

-Cosa? - domandò piano, quasi sperando che John non rispondesse.

Il vecchio witcher gli sorrise con affetto, allungando una mano verso il suo viso, in una carezza veloce e ruvida.

-Questo lo puoi sapere solo tu. -

Stiles stava per dirgli che fosse una risposta del cazzo, ma in quel momento Derek piombò su di loro.

-Stiles! Vieni a ballare con me! - strillò a voce troppo alta, chinandosi e tirando il witcher per un braccio per farlo alzare.

Stiles inarcò un sopracciglio, osservando le guance rosse di Derek e gli occhi lucidi.

-Quanto hai bevuto, piccolo ladro di mele? -

Derek rise, tirandolo con tanta foga che Stiles fu costretto ad alzarsi, per non farlo cadere.

-Solo un goccio di questo e un goccio di quello! -

Okay, Stiles avrebbe ucciso Jackson. I suoi propositi omicidi dovettero essere rimandati quando Derek barcollò pericolosamente e Stiles dovette prenderlo tra le braccia per sostenerlo.

Derek ne approfittò per appendersi al suo collo e trascinarlo verso il fuoco.

-Dai balliamo! -

Stiles sbuffò, ma i suoi occhi erano morbidi e le sue mani stavano già accarezzando delicatamente la schiena dell'altro.

Impacciato, cominciò ad ondeggiare piano con Derek tra le sue braccia, sentendosi assolutamente ridicolo.

-Sei un ballerino nato, Stilinski! - urlò Jackson e Stiles gli ringhiò contro da sopra la spalla di Derek. Il ringhiò si trasformò in un rumore sordo e soddisfatto quando Derek posò la testa contro il suo petto.

Stiles guardò con affetto i suoi capelli arruffati per un istante, poi ci appoggiò il mento, continuando a dondolare piano.

-Sei triste? - sussurrò Stiles dopo un po', gli occhi fissi su Isaac e Jackson, che si stavano scambiando un bacio – Sei triste all'idea di andartene? -

Sentì Derek scuotere la testa.

-No. Non finché noi due staremo insieme. -

Stiles sorrise, abbassandosi per lasciare un bacio sui capelli del ragazzo.

-Staremo sempre insieme. È una promessa. -

-E tu mantieni sempre le promesse – sussurrò Derek, strofinando assonnato la guancia contro il cuore di Stiles.

La stanchezza doveva avere avuto la meglio sulla sbronza, alla fine.

Stiles lo strinse forte, il petto pesante per le parole di John.

E quando c'è il cuore di mezzo, la ragione ci rimette. E le cose vanno male.

-Sì – sussurrò, abbassando la testa per poter incrociare gli occhi scintillanti di Derek, che aveva alzato la sua – Sì, sempre, piccolo Lupo. -

 

 

 

 

 

ANGOLINO

 

 

Ciao a tutti <3

Come state?

So che è un momento difficile per tutti e non sono certa di fare un favore pubblicando questo polpettone melenso, ma ho pensato che in questo momento sia importante anche distrarsi un po'. Questo è il mio contributo, non è un granché ma spero che la storia vi faccia passare il tempo, sia che vi piaccia sia che la odiate <3

La seconda parte arriverà presto, è quasi finita ma manca l'ultima scena e avendo anche le lezioni online da seguire cercherò di fare il possibile.

Questa fic è dedicata alle mie cicce, Giuls e Rach. Vi amo tanto e vi abbraccio fortissimo (virtualmente, tanto noi ci siamo abituate).

Essendo la prima parte molto lunga può darsi che mi sia sfuggito qualche orrore grammaticale, quindi non esitate a segnalarlo!

Grazie a chiunque leggerà, a presto <3

Un bacio,

Fede <3

  
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