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Autore: NoNoNoNoNoNoNo    20/03/2020    2 recensioni
Darcy è appena stato rifiutato da Elizabeth. Se ne va sconvolto, ma quali sono esattamente i suoi pensieri nelle febbrili ore seguenti, fino alla consegna della lettera?
(Ho immaginato di completare quel frammento del romanzo, ma dalla prospettiva di Darcy. Per l'ambientazione, sotto la pioggia, ho pensato però al film del 2005. Spero vi piaccia, anche se temo sia troppo oscuro per chi non conosce a memoria film e libro)
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fitzwilliam Darcy
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Inaudito. Inaudito, inammissibile, e semplicemente incredibile. Dopo quel colloquio così mal sortito, e così lontano, negli esiti, da quanto Mr Darcy si era figurato, egli non poté che allontanarsi a grandi passi da quella creatura che per tutta la mattinata, incurante della pioggia battente, aveva cercato in ogni angolo del parco. Ora, se possibile, badava ancora meno a quegli scrosci che si insinuavano tra i suoi folti capelli neri e gli inzuppavano il bavero; era totalmente assorbito da sentimenti troppo violenti e troppo mutevoli per essere afferrati. Tra questi prevaleva, certo, lo stupore: Mr Darcy, che si era spesso lusingato con se stesso del suo temperamento altero e poco incline ai capricci del cuore, era stato il primo a sorprendersi dell’insorgere della sua infatuazione per Miss Bennet; ancor di più si era stupito di non aver saputo essere padrone di quel sentimento, che nel corso dei mesi si era trasformato in innamoramento; ma mai, mai aveva contemplato l’idea che Elizabeth lo potesse rifiutare, e di ciò non riusciva a farsi ragione. Ma si faceva strada, insieme a quello stupore, un rimorso che l’avrebbe tormentato ben più a lungo: come aveva potuto, nel dichiararsi a Elizabeth, la cui fierezza era stata proprio tra i tratti che più lo avevano ammaliato, indugiare con tanta veemenza nei rimproveri alla famiglia di lei? “se le vostre parole fossero state più degne di un gentiluomo…”. Quel rimprovero gli rimbombava senza sosta nella testa. Camminava senza sapere dove, livido rabbia e di umiliazione.
 
Ci volle un’ora buona perché Mr Darcy ritrovasse un briciolo di lucidità, e si decidesse finalmente ad incamminarsi verso Rosings. E una volta giunto si ritirò nei suoi appartamenti senza darsi troppo peso di giustificare la lunga assenza al colonnello Fitzwilliam, che lo attendeva da tutto il pomeriggio al tavolo da biliardo. La sola persona a cui avrebbe desiderato rivelare i suoi turbamenti era la sorella ma no, non se ne parlava: dalla morte di loro padre, Darcy si era assunto nei confronti di Georgiana tutte le obbligazioni di un genitore, e mai avrebbe potuto condividere con lei una vicenda che lo poneva in così cattiva luce, e che ne offuscava così tanto la capacità di giudizio. Si rassegnò allora all’idea di tenere questi turbamenti per sé, e si costrinse a fare ordine tra i suoi pensieri, ripercorrendo battuta per battuta quella conversazione così penosa con Miss Bennet.
 
Quanto alla questione del matrimonio tra Jane Bennet e Bingley, non poteva che pensarvi con costernazione: si era creduto in buona fede quando, qualche mese prima, aveva dissuaso l’amico da quell’unione precipitosa, e mai prima d’allora aveva dubitato dell’indifferenza della maggiore delle signorine Bennet per il suo amico. Ma le parole di Elizabeth erano state così chiare, ed espresse con una tale concisione, che persino la sicumera di Mr Darcy dovette vacillare, e nel cuore del gentiluomo cominciò a farsi strada del pentimento per il proprio giudizio affrettato. Ma ciò che l’aveva ferito più intensamente, e che occupava ora tutti i suoi pensieri, era l’allusione che Elizabeth aveva fatto a Mr Wickham. Già in passato aveva sofferto nel vederli insieme, e si era tormentato nel sospetto di una possibile simpatia tra i due. Non era ancora diventato padrone del cuore di Miss Bennet, che già lo reclamava come suo privilegio esclusivo: quando, nel corso della loro permanenza a Netherfield, la vedeva danzare o conversare con particolare gusto con altri cavalieri, diveniva subito cupo e irascibile, e si stupiva di scoprire in se stesso la gelosia, un sentimento che tanto detestava nel prossimo. Ma quando si era avveduto della confidenza tra Elizabeth e Mr Wickham, era stato troppo: come osava quell’uomo gretto e meschino approcciare una creatura a lui così superiore? Mr Bennet era amabile e insieme arguta, deliziosa e al contempo sagace, e non si sarebbe fatta ammaliare dalla studiata galanteria di Wickham: questo si era detto nell’Hertfordshire, per costringersi a mettere a tacere quell’oscuro sospetto. Ma questa volta il tono della voce di Elizabeth nel menzionarlo, e il trasporto con cui ne aveva sollevato la causa, tornavano a farlo temere. Era proprio questo il sentimento che più lo infiammava e che l’aveva addirittura spinto, durante quel colloquio sventurato, a farsi più vicino alla sua amata: il timore di trovare in Mr Wickham un avversario, e di tanto spregevole natura, aveva fatto insorgere in lui un subitaneo moto di attaccamento per Miss Bennet. E dimentico delle parole di rifiuto che lei stava ancora proferendo, aveva osato incedere, e avvicinarsi al volto di lei più di quanto fosse conveniente, per indugiare con lo sguardo sulle sue labbra perfette, su cui tanto avrebbe desiderato posare le sue. Ripensare a quel momento lo colmava di vergogna per aver osato tanto, e al contempo faceva riaffiorare in lui lo stesso desiderio che l’aveva pervaso in quei lunghissimi secondi di estatica contemplazione. No, non avrebbe più importunato Miss Bennet con le sue dichiarazioni, ma bisognava assolutamente rivelarle la vera natura di Wickham… se quella donna così incantevole e indomabile non era abbastanza per lui - cominciava a prenderne coscienza -, di certo non poteva esserlo per Wickham. Egli doveva scriverle una lettera. Ma era troppo scosso per rendere giustizia alle sue ragioni, e rimandò il proposito al mattino seguente. Con il pretesto di alcune urgenti lettere d’affari lasciò detto alla zia che non lo si attendesse per cena, e precipitò in un sonno cupo e nervoso.
 
  
L’indomani la sua delusione non era meno cocente, ma quantomeno il suo giudizio gli pareva più lucido. Nel corso della nottata si era tormentato incessantemente pensando a quella lettera, e aveva già soppesato, nella sua testa, ogni parola di cui intendeva fare uso. Si stupì quindi della relativa velocità con cui riuscì a stenderla, e non poté sottrarsi al dovere della colazione mattutina con la compagnia di Rosings. Vi si recò con estrema riluttanza, cosciente che i modi imperiosi di Lady Catherine non avrebbero facilmente acconsentito a una seconda defezione. Nello stato di irritazione in cui si trovata, la banalità dei commenti della zia e gli parve ancor più intollerabile, e persino i modi urbani del colonnello Fitzwilliam, che normalmente apprezzava, gli parvero studiati e affettati. Ma fu sulla cugina, a cui normalmente non dedicava molta attenzione, che concentrò quasi tutto il suo astio. Con l’unico scopo di infliggere maggiore sofferenza a se stesso, si trovava costantemente a paragonarne i modi scialbi con quelli vivaci di Miss Bennet: l’ordinarietà dell’una era una controparte intollerabile alla vivace intelligenza dell’altra; i lineamenti sbiaditi della prima un’inezia a paragone degli occhi splendenti della seconda, dei suoi ricci bruni, di quelle labbra che tanto avrebbe desiderato sfiorare… Trasalì, realizzando quanto poco quei pensieri si addicessero alla circostanza. E d’altronde Lady Catherine lo aveva già rimproverato troppe volte per i suoi silenzi, e Mr Darcy dovette sforzarsi di prender parte alla conversazione.
 
Fuggì dalla villa non appena il decoro e l’etichetta gli permisero di congedarsi, e si diresse verso il boschetto antistante la canonica con l’intenzione di consegnare quella lettera, e poi cercare di dimenticare. Si era detto che quella missiva era assolutamente necessaria: non sperava, con quella, di far mutare Miss Bennet di opinione, ma se anche lei non l’avrebbe mai amato, quantomeno non poteva tollerare che avesse di lui un’opinione così bassa. Bisognava argomentare, e rispondere alle accuse che questa gli aveva mosso. Ma perché, se era stato rifiutato ed era deciso a dimenticare la faccenda, gli premeva così tanto che Elizabeth conoscesse le sue ragioni? Mentre solcava nervosamente il sentiero incorniciato di querce, nell’attesa della dama, prese di colpo coscienza della sua amara condizione: per quanto cocente fosse stata l’umiliazione del rifiuto, per quanto crudeli le parole di lei, egli continuava ad amarla, con un trasporto che si faceva ora doloroso. L’adorava per l’indipendenza del suo spirito e l’indomabilità della sua indole, e il suo rifiuto la faceva apparire ai suoi occhi ancora più integra, più libera, più amabile. Era soggiogato da un incantesimo troppo forte, e provò un moto di profonda disperazione quando realizzò di essere destinato ad ammirare per sempre una donna che lo disprezzava. Questi erano i suoi pensieri quando Miss Bennet comparì dietro la curva del sentiero.
   
 
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