La
stazione orbitante medica nota con il nome di
“Relay”, possedeva la peculiarità
di fornire un servizio impeccabile a chiunque avesse abbastanza shanix
da
spendere tra le sue mura. In alternativa, anche con pochi crediti era
comunque
possibile farsi curare qualche malfunzionamento minore, ma certamente
non si
aveva la possibilità di accedere alle strumentazioni
più costose e pezzi di
ricambio vergini.
Ma
c’era una cosa in cui tale clinica si differiva da tutte le
altre sparse per le
varie colonie cybertroiane… ossia quello di garantire
l’anonimato per ogni suo
paziente accolto. Pertanto, in quanto luogo di cura perfettamente
neutrale,
autobot e decepticon potevano curarsi gli uni accanto agli altri senza
timore
di riconoscersi o essere scoperti – questo perché
appena arrivati le insegne
dei rispettivi pazienti venivano nascoste da etichette speciali
– mentre
contrabbandieri e assassini potevano camminare tra le corsie dei lindi
reparti
e scambiare quattro chiacchiere persino con nobiluomini sotto mentite
spoglie.
Quando
Tarn portava ancora il nome e la carrozzeria di Damus – sua
vecchia
designazione – aveva sempre desiderato potersi recare in un
luogo simile per
poter modificare qualcosa di lui
che
proprio non gli piaceva. Ma i crediti in cassa non gli bastavano mai, e
all’epoca, per sua fortuna, ebbe comunque modo di riscattarsi
a livello sociale
incrociando la strada di lord Megatron.
Le
modifiche a cui venne sottoposto – pesanti e definitive. Ben
volute dal suo
lord e supervisionate da Shockwave – trasformarono un timido
e impacciato
ragazzotto di periferia, dal passato difficile, in una macchina di
morte al
soldo dei decepticon. Un cambiamento che venne ben accolto dal
sottoscritto,
pronto a vendicarsi del mondo.
Da
oltre un grande oblò della Paceful Tyranny il leader della
DJD poteva ben
osservare la forma fungiforme della stazione medica nella quiete
fornita dallo
spazio siderale e dalla presenza inquietante di un gigante gassoso alle
spalle
della stessa. Una mossa a dir poco astuta pure quella, nel creare una
stazione
nei pressi di una stella mancata – per quanto comunque
parecchio lontano dal
subirne le radiazioni – così da recuperare nei
suoi gas il giusto carburante
per farla funzionare praticamente a gratis. Tarn non conosceva il nome
di
quell’inquietante pianeta dalle nubi giallastre e grigie, ma
torreggiava sulla
grande stazione medica come se fosse in procinto di inghiottirla.
“Molto
strano… le luci della stazione paiono spente. Ci sono solo
quelle di servizio”
A
dare voce ai suoi attuali pensieri ci pensò il loro medico
di bordo, Nickel,
anche lei intenta ad osservare quello spettacolo insolito accanto al
proprio
comandante.
“hai
ragione… l’ho notato pure io. Secondo te potrebbe
essere un guasto?”
“non
lo so. Non credo… non per una stazione così
grande, Tarn”
Le
preoccupazioni della piccola minicon non erano effettivamente da
sottovalutare,
in quanto già la strana sensazione che permeava la scintilla
del capitano della
nave era presagio che quella che doveva essere una missione di
ricognizione
piuttosto semplice poteva rivelarsi fonte di infinite seccature.
Le
uniche luci visibili erano quelle rosse di segnalazione dei vari
spazioporti presenti
attorno al “gambo” di quel fungo artificiale e
delle guglie più alte, antenne
comprese. Mentre mancavano all’appello quelle di maggior
parte dei locali –
quasi la totalità delle finestre che si affacciavano nel
vuoto siderale – ed
erano completamente assenti quelle della stazione di comunicazione. Una
sensazione pessima che si concretizzò alle parole piatte di
Helex.
“abbiamo
mandato due richieste di attracco ed entrambe le chiamate sono rimaste
inascoltate. Un pessimo servizio, non c’è che
dire”
Il
suo fu un ovvio commento sarcastico, in quanto la situazione appariva
ben poco
chiara persino al resto dell’equipaggio. E la tensione era
ben palpabile nei
loro volti resi duri da un mestiere disumano, seppur piacevole nella
loro mente
malata, consapevoli che una semplice missione di recupero rischiava di
fallire
ancor prima che iniziasse.
Tarn
lasciò perdere il panorama offerto
dall’oblò dell’astronave e
l’inquietante
stazione medica all’ombra di un colosso gassoso per
concentrarsi ora sui suoi
uomini impegnati sul ponte di comando in cerca di un contatto radio che
miserabilmente mancava. Ognuno di loro era nella propria postazione a
monitorare sia i parametri della nave sia quelli di un ospedale che
appariva
come fantasma negli schermi olografici sparsi per tutto il ponte, con
una
tensione ben palpabile in ogni loro movimento su quegli scanni
consumati.
“stando
alle prime scansioni manca l’energia a tutta la stazione. Non
ci sono danni
evidenti come grosse esplosioni per giustificare una carenza energetica
capillare… ma ho appena notato segni di bruciature da plasma
su alcune
piattaforme di atterraggio e credo sappiate tutti cosa
significhi”
Il
lapidario resoconto dettato da un atono Tesarus ricordarono a tutti
quanto le
armi al plasma fossero dannatamente popolari in quell’ultimo
periodo negli
eserciti personali di chi contava veramente, sia per le guardie private
di un
ospedale orbitante sia per eserciti più in carne come quello
decepticon.
“attraccate
su uno dei ponti più vicini alla stazione centrale e prepariamoci allo sbarco. Ciò
che sta accadendo lì non è affar
nostro, abbiamo una persona da recuperare”
Poteva
anche esserci una rivolta interna o una epidemia dettata da
chissà quale virus,
ma gli ordini che Tar aveva appena dettato furono lapidari. La DJD era
preparata a qualsiasi evenienza – da rivolte carcerarie a
pandemie virulente –
dunque la loro “preparazione” prevedeva anche
l’iniezione di svariate sostanze
sotto il controllo diretto del loro medico di bordo.
Un
po’ di nucleon ad inizio missione era ciò di cui
lui e i suoi uomini avevano
bisogno se volevano divertirsi al meglio, soprattutto per una missione
che
ancora lasciava perplessi i più.
Il
briefing che aveva avuto ore prima non aveva riscosso
l’entusiasmo che di
solito si aveva quando veniva scelto un nome della lista di apostati da
eliminare, ma la curiosità di recuperare quella che era
stata la compagna di
lord Megatron c’era eccome. Forse il loro timore era di
finire a far da balia
ad una capricciosa nobile, oppure la lotta era più interiore
e riguardava la
figura di Megatron e della sua arroganza post mortem. Con che coraggio
un
traditore dava loro un ultimo ordine?
Sul
perché poi la nobile femme avesse scelto proprio quella
clinica piuttosto che
una più confortevole su Caminos era uno dei misteri che Tarn
voleva risolvere
al più presto, magari per bocca della ragazza stessa.
[…]
Lo
scenario offerto dallo spazioporto in cui avevano fatto atterrare il
loro
incrociatore era a dir poco desolante. Non vi era nessun tecnico ad
attenderli,
nessun operaio a spostare casse o suppellettili – alcuni di
queste erano, anzi,
riversate a terra – ed il luogo sembrava essere
essenzialmente abbandonato da
secoli.
“una
accoglienza degna
di un sire lontano… una quiete che piange violenza. Quale
ironia”
L’arcaico
linguaggio pronunciato da Vos rispecchiava in modo articolato quello
che
effettivamente il resto dei suoi compagni stava pensando. Una tensione
papabile
e allo stesso tempo strana, in quanto la DJD non era abituata a
situazioni
simili a quella. C’erano stati sicuramente dei tafferugli li
dentro, ma ora era
come se tutti fossero scappati via.
Per
la missione di recupero Tarn aveva deciso di dividere il gruppo in due
parti.
Con lui sarebbero andati prevalente Vos ed Helex, mentre il resto della
squadra
avrebbe operato dalla Paceful Tyranny. Necessitavano che Kaon, abile
tecnico in
comunicazioni, fosse i loro occhi – per usare un eufemismo in
quanto lui di
occhi non ne possedeva –all’interno della stazione
medica. Mentre Tess era
meglio se a quel giro restasse di guardia all’ingresso della
rampa di carico
della nave per evitare spiacevoli disguidi, con buona pace della sua
voglia di
spaccare qualche testa.
Per
quanto riguardava le due donne c’era poco da dire…
Nickel e l’anziana ciclope
avevano il compito di allestire l’infermeria in caso di
pericolo.
Fu
solo una volta superate le porte scorrevoli dell’ingresso
principale che notarono
che qualcosa decisamente non quadrava. La grande reception di quel
piano della
struttura sembrava essere sottosopra, con alcune cartelle mediche
cadute a
terra dai loro ripiani e segni evidenti di bruciature dovute a colpi di
arma al
plasma.
Alcuni
distributori automatici di bevande erano andati in frantumi, riversando
diverse
lattine a terra – una prontamente raccolta da Helex che la
stappò tutto
contento, ruttando di conseguenza in quanto molto gassata –
mentre il pannello
di controllo della reception era andato completamente in fumo.
Risultando così
perfettamente inutili.
“Kaon,
aggiornaci” fece Tarn tramite comm-link, scrutandosi attorno
nella penombra
della stanza disordinata “i computer della reception sono
praticamente
inutilizzabili. Chiunque abbia attaccato la struttura si è
premurato di
impedire che venissero chiamati i soccorsi”
Ci
fu un qualche secondo di silenzio radio prima che la voce del
decepticon si
facesse sentire nei loro trasmettitori interni.
“se
la corrente manca non c’è molto che possa
fare… purtroppo la struttura
garantisce un anonimato capillare ai suoi pazienti e quindi non so
dirvi dove
possa essere al momento, ne se abbia dato delle generalità
diverse dal suo nome
di nascita ma, e dico MA, era stata ricoverata nella zona dedicata al
‘day
hospital’… che, ehm” ci fu un momento di
silenzio dove il leader inquisitore
poté sentire il proprio sottoposto borbottare qualcosa sui
file segretati che
stava esplorando “si trova giusto un paio di piani sopra di
voi, a quanto pare
per un banale controllo di routine… Almeno stando alla
cartella clinica. Questo
è tutto ciò che sono riuscito a scovare prima che
tutta la baracca saltasse”
“era
qui solo per degli accertamenti, quindi doveva essere abbastanza in
salute
anche per potersi mettere al riparo”
Questa
era la speranza che muoveva maggiormente i pensieri di Tarn, in quanto
se i
disastri che avevano colpito la stazione avevano in qualche modo preso
anche il
soggetto del loro recupero allora ogni senso di tutta quella brutta storia avrebbe cessato di
esistere per lui. E l’idea di vedere la propria
sanità mentale colare a picco
avendo tra le mani un cadavere completamente offline – per la
seconda volta –
era ciò che faceva palpitare la sua scintilla di una
impazienza a stento
trattenuta.
“qui
fuori non ci sono astronavi, il che è molto
strano… sicuri che qualcuno non sia
riuscito a scappare? Magari la ragazza ci è
sfuggita”
La
voce un po’ lontana di Tesarus ricordò a tutti che
poteva anche esserci
un’altra opzione a riguardo, ma la risatina un po’
isterica di Kaon lasciava
intendere che la pensava un po’ diversamente.
“Eh,
eh, eh… s-si certo, magari è riuscita a fuggire
ma per saperlo dovremo prima
attivare la corrente elettrica in tutta la struttura. E se qualcuno
è comunque riuscito
a scappare dubito che si sia messo a chiamare soccorsi di alcuni
tipo… gli
affari che si fanno in questa stazione medica non sono propriamente
legali, se
capite cosa intendo”
“magari
la signorina voleva una scatola vocale nuova di zecca” fece
Helex sarcastico,
continuando a guardarsi in giro con il fucile ben puntato in avanti
“so che è
una pratica in gran moda tra le caminoane ma anche vietata
dal loro governo!”
Non
esistevano pratiche illegali in quell’ospedale fluttuante nel
vuoto siderale, poiché
se avevi crediti sufficienti anche una ragazza di apparente buona
famiglia come
Natah poteva permettersi di rifarsi le corde vocali e rendersi
più invidiabile
alle amiche di salotto.
Il
giro di soldi che l’ospedale Relay aveva era a dir poco
sospetto nonché
proficuo per i primari che dirigevano il posto, ed oltre a guadagnare
shanix
grazie alle spese dei facoltosi pazienti che ricoveravano
c’era anche il poco
trascurabile traffico di componenti e organi tutt’altro che
legale. Una
situazione che la DJD conosceva bene, in quanto dedita
all’acquisto di t-cog al
mercato nero, pertanto chiunque varcasse le soglie di
quell’isolato ospedale di
frontiera lo faceva con la coscienza sporca.
Non
c’era da stupirsi quindi che, chi era riuscito a scappare
nella confusione
dell’attacco, tenesse ora la bocca cucita – quale
ironia – per paura di finire
in guai ben più gravi… Relay era questo: proprio
come molti ambienti che
tenevano alla propria facciata brillavano di lustro nascondendo il
marcio sotto
il tappeto.
Poi
un rumore.
Qualcosa
di apparente innocuo, come il suono di una lattina che cadeva a terra
perdendosi nell’eco della grande sala, costrinse gli uomini
all’interno della
hall di ingresso a girare repentinamente lo sguardo verso la fonte di
quel
suono maldestro. E puntare i propri fucili verso un’unica
direzione.
Le
torce di chi era armato di fucile non in dotazione fisica si puntarono
verso un
angolo non illuminato della sala, vicino a quella che era una uscita di
sicurezza che portava ai piani superiori, illuminando una figura minuta
e tesa
come una molla dallo sguardo allucinato come una lepre spaventata.
“Ooops…!”
Un
minicon dall’armatura bianca e nera, e dal volto coperto da
quella che era una
mascherina metallica, si paralizzò dinnanzi a quei sensori
ottici che lo
guardarono malevoli come se fosse stato un ladro intento a rubare in un
pollaio. Tra le sue braccia molteplici lattine rubate ancor prima
dell’arrivo
di quegli energumeni violenti, di cui alcune erano rovinosamente cadute
a terra
a causa del suo nervosismo nel voler scappar via da li il prima
possibile.
“Non…
muoverti!”
La rude voce di
Tarn fu la prima e
unica cosa che riecheggiò per quella
sala deserta e semibuia ingranando con un tono moderato – per
attirare su di se
quel minicon imprudente – per poi abbassarla quel tanto da
rendere impossibile
a quel fuggiasco una fuga precipitosa con le proprie gambe. Il temibile
potere
del comandante della DJD si era sviluppato nel corso dei secoli fino a
raggiungere la sua perfezione nel corso del suo servizio come uomo di
fiducia
di lord Megatron, e se in principio poteva solo fermare macchine non
senzienti
con il solo tocco delle mani – con la conseguenza di provare
forte dolore
fisico nel farlo – ora poteva a piacimento uccidere un
individuo anche
restandone relativamente lontano. L’importante era che la sua
voce raggiungesse
il bersaglio designato e si abbassasse gradualmente portando la
scintilla del
disgraziato a spegnersi del tutto.
Un potere che
ora come ora lo rendeva
particolarmente soddisfatto di se stesso – credendo
così di aver cancellato con
un colpo di spugna il patetico ragazzo qual era stato un tempo
– sentendo di
aver finalmente trovato la propria strada nel marcio della sua
esistenza.
“ecco…
bravo. Rimani dove sei… finché non saremo
vicini del tutto”
Nel mentre che
parlava a bassa voce dette segno ai
suoi uomini di avvicinarsi allo sventurato paziente che stava solo
cercando di
sopravvivere all’inferno. E quelli che dovevano apparire come
i “salvatori” non
sembravano ai suoi occhi essere in modalità benevola, visto
il modo in cui
continuavano a puntargli i fucili contro.
“v-vi
prego… lasciatemi andare! L-lasciatemi andare!!”
Erano
quasi sul punto di perderlo vista la chiara scintilla di pazzia che si
stava
facendo strada nei suoi sensori ottici rossi, perché era
logico che con quelle
sue povere gambe non sarebbe andato da nessuna parte, quindi se
volevano delle
risposte era il caso di fare le domande giuste o si sarebbero ritrovati
con il
terminare la vita di un pazzo isterico.
“nessuno
qui vuole farti del male… la tua designazione?”
“Z-Zipper!”
“bene,
Zipper… qui nessuno vuole farti del male. Ma vogliamo sapere
cosa è successo
alla struttura, o più semplicemente, sapere chi vi ha
attaccati”
Nel
mentre che la voce di Tarn tornava normale il povero minicon
sentì nuovamente
le proprie membra ritornare alla vita così come la sua
scintilla farsi più
presente all’interno del suo piccolo petto, riacquisendo
così maggior lucidità
nel momento in cui il suo processore neurale elaborò le
parole del leader degli
inquisitori. Se erano li per aiutare magari potevano anche
farcela… le armi
pesanti non sembravano mancare così come l’aspetto
pericoloso.
“V-va
bene vi dirò quello che so… cioè, io
non so come hanno fatto, ma so quando
è cominciato”
-
- - - - - - - - - - - - -
Se
non fosse stato per il suo sguardo perennemente spento, al limite del
depresso,
si sarebbe potuto dire che in Tesarus non scorresse nessuna emozione
che non
fosse far letteralmente a pezzi chiunque avesse la sfortuna di
incontrare lui o
più in generale l’intera DJD perennemente in
viaggio. Attualmente a fargli
fremere le membra di pura noia era il dover badare ad un portellone
aperto in
un porto particolarmente deserto e, cosa non da poco, il fatto che non
gli
andasse propriamente a genio fare da balia a qualche figlia di
papà scappata di
casa. Erano esecutori decepticon, non delle guardie del corpo a tempo
perso! E
l’ormai ex lord Megatron aveva ben poco da impartir loro
ordini visto che era
giustamente schiattato per mano del loro leader attuale. Un traditore
rimaneva
comunque un traditore, anche se un tempo poteva coprire il ruolo di
leader di
un intero esercito.
Che
poi, andava precisato, Tess poteva essere annoverato in quella schiera
di
soldati dalla mente “semplice” e dalla mano
ferma… ma non era uno stupido, e
sapeva tenere per se le proprie considerazioni e continuare a fare quel
che
Tarn diceva loro di fare. L’ex demolitore era abbastanza
saggio da sapere che
quello, almeno per ora, non era momento buono per dar noia al capo
inquisitore.
Stranamente
però la presenza di nonna a bordo della Paceful Tyranny non
gli dava affatto
noia per essere una estranea al gruppo, forse perché lo
“spezzatino” che aveva
addentato ieri sera era stato qualcosa di favoloso.
Sorridendo
lievemente in quel suo volto da funerale provò nuovamente ad
immaginarsi il
sapore di quelle polpette in alluminio avvolte da una deliziosa salsa
di
energon rosa, immaginandosi intento a sgranocchiare quelle delizie che
non
sentiva da quando era una protoforma.
Quel
lieve sorriso appena accennato se ne andò via non appena un
rumore non
indirizzò i suoi sensori uditivi verso un cumulo di grandi
casse alla sua
sinistra, precedentemente ignorate dalla sua squadra per via della loro
fretta
nel voler entrare nella struttura.
Il
suono che poteva percepire, ad ogni prudente passo verso quelle casse
pesanti
contenenti chissà cosa, era simile ad un suono ritmico e
umido come se qualcuno
fosse intento a sgranocchiare
qualcosa di nascosto.
Tess
non aveva armi da fuoco con se al momento, gli bastavano i suoi pugni
oltre che
al gigantesco foro dentellato all’altezza del suo petto, ma
ciò che vide una
volta superato l’angolo di quel cumulo di vettovaglie
ammassate alla bell’e
meglio gli fece pensare che forse sarebbe stato il caso di portarsi
dietro un
fucile al plasma.
-
- - - - - - - - - - - - -
“credo
si-sia successo all’incirca ventiquattro ore fa…
All’inizio non abbiamo capito
cosa fosse successo, pensavamo fosse scoppiato un incendio o qualcosa
di simile
in più di un piano… perché, ecco, era
ciò che il personale medico andava a
ciarlare a noi pazienti… ma il casino è
sopraggiunto quando è venuta a mancare
la luce ovunque, neanche dieci
minuti
dopo!”
La
parlantina veloce di Zipper si incrinò come in procinto di
spezzarsi in una risata
nervosa, in quelli che erano ricordi confusi dovuti ad una situazione
di panico
in cui tutti avevano pensato a fuggire e basta.
“cosa
è successo a quel punto? Sei l’unico
sopravvissuto?”
Se
fosse stato per Tarn sarebbe stato molto più incalzante
nelle domande da fare a
quel nanerottolo tremolante, ma se lo avesse fatto lo avrebbe stressato
all’inverosimile. Per l’inquisitore comunque quel
tizio avrebbe dovuto pregare
che la ragazza fosse viva, altrimenti non avrebbe visto altri
sopravvissuti se
non la DJD.
“io,
ecco… n-non ho visto bene chi fossero, per via del buio nel
reparto in cui ero…
ma li ho visti andare a caccia
delle
persone! Cybertroiani come noi, ma così malridotti da n-non
avere neppure il
colore della verniciatura…e il loro odore… per
Primus! Puzzavano di morte!”
cercò di schiarirsi la voce vedendo l’impazienza
negli occhi di colui che
doveva essere il leader di quel drappello di dannati decepticon,
ricordandosi
anche della sua seconda domanda “c-comunque non sono il solo!
Le guardie
dell’ospedale sono riusciti a salvare chi potevano
all’interno del caveau
del secondo piano… s-sembra che
ogni piano ne abbia uno per-per le scorte mediche e-”
“hai
vito questa ragazza, Zipper?”
Da
una mano dell’esecutore mascherato apparve un oggetto rotondo
– un riproduttore
olografico portatile – e dal foro circolare si
proiettò l’immagine virtuale di
una nobildonna caminoana. La sua configurazione veicolare probabilmente
era
quella di una seeker, data la sua evidente eleganza, ma prima di dare
una
effettiva risposta lo sconvolto minicon dovette guardarla attentamente.
“Ah…
si! Certo che l’ho vista. Era nello stesso reparto di mia
moglie. Sapete, la
mia signora si è rifatta la scatola vocale e..
ah-ehm” non stava mentendo, il
suo tono di voce era fermo, per quanto si stesse perdendo in
chiacchiere che
agli esecutori non interessavano “il suo guardiano
è rimasto indietro a
fronteggiare quei pazzi furiosi mentre noi ci siamo rifugiati
all’interno del
caveau, ma li a parte i medicinali non ci sono viveri e
quindi… m-mi sono
offerto volontario per cercare qualcosina per mia moglie e gli
altri”
Era
viva… per Primus, era viva! E per quel piccolo miracolo non
sapeva se
ringraziare i divini – semmai fossero veramente esistiti, e
di questo Tarn non
ne era mai stato certo. Si definiva un agnostico su certi temi
– oppure la
semplice fortuna del caso che un branco di squilibrati non avesse preso
anche
Natah come gioco al massacro. La ragazza aveva scelto un brutto momento
per
farsi un ritocchino alle corde vocali… ma se non era per
capriccio estetico
forse c’era la volontà di non farsi trovare da nessuno? Se conosceva la reputazione
della DJD anche solo di
striscio poteva pure essere logico che cercasse
nell’anonimato una via di fuga
da loro, o dagli individui disgustosi che si erano appropriati di quel
posto.
E
proprio di tali individui parve interessarsi Helex, che ora si stava
occupando
di ispezionare la sala data la noia che gli aveva procurato quella
conversazione, facendo una domanda ben precisa allo sfinito minicon.
“Hai
detto che questi tizi vi stavano dando la caccia… a parte
l’aspetto orrendo
hanno detto qualcosa di interessante?”
Puntò
il proprio fucile contro il soffitto di materiale fragile divelto da
qualcosa
che non sembrava essere un colpo di fucile – troppo grosso
per esserlo –
spingendo un distributore di bevande il più vicino possibile
al foro per
poterlo sfruttare come gradino e scrutare dunque il sottotetto pieno di
cavi e
tubature.
Il
minicon parve momentaneamente pensarci su, massaggiandosi il mento con
una
mano, prima di ricordarsi qualcosa di singolare.
“alcuni
di loro citavano delle litanie simili a quelle che i chierici
pronunciano per
ingraziarsi Primus… l-lo facevano anche mentre uccidevano le
persone! Mentre
altri…”
-
- - - - - - - - - - - - -
Sotto
la maschera di energia che caratterizzava a sua monolitica figura,
Tesarus
arrivò a sgranare i suoi sei
sensori
ottici davanti alla scena grottesca e raccapricciante che a suo
malgrado si
ritrovò ad osservare oltre quel muro di casse.
C’erano
esattamente due individui a terra, di cui uno totalente offline e a
pancia in
giù – senza testa e riverso in una pozza di olio
scuro ed energon violaceo –
mentre un altro, ridotto ad un cadavere ambulante da tanto che era
malridotto,
era intento a continuare a pugnalare la vittima esamine alla schiena
con una
forza tale da separarne il busto dalle gambe. Tra scintille dovute
all’attrito
e morbidi cavi imbrattati di sudiciume nauseabondo.
Divorando
di tanto in tanto quelle viscere metalliche che sporgevano come nastri
insanguinati, facendo scricchiolare i pezzi più duri tra i
denti metallici,
borbottando di tanto in tanto frasi sconnesse di una preghiera
blasfema.
L’esecutore decepticon era sicuro di non aver mai visto nulla
di così
disgustoso e perverso nell’arco della sua lunga vita,
nonostante nella sua
videoteca personale avesse parecchi file riguardanti bondage e sadomaso
– ma
quelli erano feticci a scopo… prettamente personale
– mentre qui aveva di
fronte qualcosa che faceva sembrare il suo stesso mestiere roba da
educande.
Dell’assalitore
non riusciva neppure a capire se fosse un mech o una femme, la
colorazione
della sua carrozzeria era grigia e sporca, scrostata di ruggine a causa
della
scarsa igiene, e il suo aspetto generale era come se
quell’individuo si fosse
inferto per anni ferite contro la sua persona in un gioco masochista
sconosciuto all’inquisitore decepticon.
“ma
cosa cazzo…!”
Il
grottesco toccò il culmine quando quella creatura priva di
senno – con tutta
probabilità sotto gli effetti di chissà quali
potenti droghe – voltò la testa
verso di lui con un sorriso a trentadue denti e due orbite
completamente vuote ad osservarlo
spiritato. Per un
attimo quel particolare portò alla mente di Tess il suo
collega di lavoro Kaon,
ma la similitudine tra i due si concluse quando quel folle
aprì la bocca in
modo spropositato.
-
- - - - - - - - - - - - -
“Mentre
altri… gridavano e basta! Cos… Eeek!!”
Il
tempismo perfetto con cui Zipper accentuò l’ultima
parte del suo discorso
concise con un suono agghiacciante proveniente da oltre le porte
finestra della
sala di ingresso. Un grido metallico – robotico e alieno come
se generato da un
computer – che corrispondeva ad un frenetico rincorrersi di
codici binari atti
ad alimentare menti malate e contorte da chissà quali droghe
ignote.
Il
grido inumano veniva dallo spazioporto, ma fu abbastanza potente da far
tremare
i vetri e vibrare le vettovaglie presenti sopra i mobili ancora
intatti.
Arrivando a costringere i presenti a portarsi momentaneamente le mani
ai
sensori acustici preda di un fastidio primordiale.
Poi
così come era partito, cessò immediatamente.
Portando Tarn ad aggiornarsi
immediatamente sull’accaduto via comm-link, una volta che le
sue orecchie
cibernetiche smisero di ronzargli dal dolore.
“Nhh…
Tess… a rapporto! Cosa è successo?!”
Dovette
attendere diversi secondi di silenzio radio prima di sentire la voce
cavernosa
del proprio soldato. E il suo tono di voce, normalmente piatto e
monotono,
apparve a Tarn come sinceramente preoccupato.
“è
successo che un pazzo furioso è sbucato da oltre le casse
qui presenti e ha
iniziato ad urlare come un matto! Urgh!
Che schifo…” il lord inquisitore non poteva ancora
saperlo, ma al momento
Tesarus si stava pulendo le mani sporche di fluido craniale contro dei
teli di
stoffa che coprivano alcune casse del molo “ho staccato la
testa a quello
stronzo ma temo che i guai siano appena cominciati!”
Era
una sensazione che avevano tutti lì – e persino il
controllato Vos parve essere
piuttosto nervoso nel trovarsi in quella che poteva essere una trappola
per
topi, arrivando a stringere con più sicurezza il proprio
fucile – tanto da
lasciare che fosse il minicon parlare con voce flebile e dare sfogo e
forma ad
un pensiero che ebbero tutti.
“Oh
no… adesso
arriveranno tutti qui…”
Quello
che in principio fu silenzio divenne all’improvviso rumore.
In primordio un
brusio lontano, come echi in alta montagna, e poi solo in seguito suoni
di
passi sempre più frenetici che sembravano arrivare dal piano
superiore –
portando gli sventurati soldati a puntare i loro fucili verso
l’alto – seguiti
da altrettanti rumori molesti da quelli che erano i bui corridoi
laterali che
si affacciavano in quella malsana reception. Passi, calci, grida rauche
e
parole sconnesse… il tutto amplificato dall’eco di
quelle grandi sale che
avevano visto giorni migliori. L’unico che ebbe il coraggio
di parlare, pur
tenendo puntando i propri cannoni a fusione ancorati al braccio destro,
fu lo
stesso leader di quel drappello di uomini sempre più tesi.
“Tess…
rientra nella nave e chiuditi la porta alle spalle”
“cosa??
Ma voi…?”
“è-un-ordine!”
invece di urlare quelle parole furiose le pronunciò in un
labile sussurro,
tanto da riuscire a sentire via radio il proprio demolitore grugnire di
dolore
“chiudetevi nella nave e aprite solo quando torneremo! Voi
invece” e qui si
riferì al resto dei suoi uomini presenti in sala
“verso le scale! Muov-”
“e
infine l’altissimo
dirà: arriverà la notte e avrà i tuoi
occhi!”
Troppo
tardi.
Ovunque
in quel buio opprimente incominciarono a farsi strada sensori ottici
dal
colorito malato o, alle volte, completamente assente in quanto alcuni
volti
mancavano di uno o di entrambi gli occhi. I sorrisi di quelle facce
spiritate –
sussurranti parole spesso incomprensibili persino ad un cultore delle
lingue
arcaiche come Vos, o per un uomo attento come Tarn –
incorniciavano un quadro
malato dato il loro aspetto tutt’altro che rassicurante che
sorgeva da quelle
tenebre spezzate solo dai faretti dei fucili dei soldati. Ad alcuni
mancavano
pezzi di armatura mostrando l’endoscheletro interno, altri
anche un arto,
mentre altri ancora erano così sporchi di lordura da dare
l’idea che sudassero
quello schifo nero dalle pieghe delle loro armature.
“Tarn…
credo che questi
siano mortiliani! Cultisti di un dio cieco e idiota
che…”
“Lo
so cosa sono, Vos!” in quel momento avrebbe ben volentieri
preferito sussurrare
ai suoi uomini ordini di ritirata, ma sapeva che li avrebbe uccisi al
posto di
quegli invasati che aveva di fronte. Maledicendosi, nel mentre, di non
aver
intuito subito cosa avesse potuto causare tutta quella catastrofe,
concentrato
com’era a trovare quella sciagurata ragazza da tralasciare
certi particolari
“avviciniamoci alle scale e continuate a puntare i vostri
fucili contro di
loro! Sembra che la luce dia fast-”
Lo
strillo acuto e inumano che partì dal mezzo di quella calca
che li circondava –
simile a quello che aveva preceduto la loro venuta pochi minuti prima
–
interruppe gli ordini di Tarn e portò il resto di quei
cybertroiani a sorridere
con maggior malizia e follia. Scattando con una agilità e
velocità incredibili
nonostante il loro aspetto emaciato e malridotto, ridendo come
sciagurati, non
lasciando praticamente il tempo a quei drappello di soldati di premere
sui
grilletti dei rispettivi fucili.
Se
Tarn voleva anche solo avere un minimo di sopravvivenza in quella
situazione
allora lui e i suoi uomini dovevano contemplare la fuga.
[…]
Nella
Paceful Tyranny la tensione era per forza di cose palpabile. Il
resoconto
offerto dal gigantesco Tesarus non venne accolto favorevolmente dal
resto della
squadra presente sul ponte di comando, in primis Nickel che voleva
vederci
chiaro il prima possibile. Il grido acuto lo aveva sentito pure lei,
nonostante
fosse ben protetta dalle spesse pareti dello scafo, tanto da farle
abbandonare
l’infermeria per cercare di capire cosa stesse succedendo li
fuori. Ma ciò che
aveva visto una volta raggiunto l’hangar di carico era solo
un demolitore
intento a chiudere in fretta e furia le porte di ingresso
così come gli aveva
ordinato di fare Tarn.
“non
c’è modo di connettersi via comm-link con gli
altri? Perché ora non
rispondono??”
La
preoccupazione dell’energica minicon si era amplificata dalla
seconda sequenza
di strilli meccanici e acuti – roba che aveva fatto vibrare
per un momento la
strumentazione della nave, dando prova di un attacco elettromagnetico
– e da allora,
da dopo la breve conversazione con Tess, sembrava che al momento non
fosse
possibile raggiungere la squadra di ricognizione.
“senti,
sto cercando di fare del mio meglio qui!” il tono con cui
Kaon si rivolse alla
compagna di squadra rasentava la maleducazione, nel mentre che premeva
tasti su
tasti sulla console delle comunicazioni “ma quello che
è successo – quella specie
di “grido” – sembra aver sfasato i
sistemi di comunicazione e sto facendo per
questo un reset ma… credo di potermi connettere ai visori di
Tarn a remoto”
“non
sarebbe come violare la sua privacy?”
La
perplessità di Tesarus era legittima, ma quello era uno di
quei casi eccezionali
in cui determinate cose potevano essere messe da parte per un bene
più comune. Cosa
che gli ricordò anche il tecnico decepticon, mentre riusciva
a mostrare le
prime immagini tremolanti provenienti dalla maschera di Tarn grazie ad
un
hakeraggio senza eguali.
“normalmente
si, ma questa non è una situazione normale, da quel che
potete vedere e… oh merda”
Il
loro leader, assieme al resto della squadra, era intento a darsi alla
fuga in
un ambiente semi buio da quelli che sembravano essere degli zombie
affamati di
energon puro. Le parole letteralmente morirono in bocca a Kaon,
nell’atto di
osservare i suoi colleghi di lavoro farsi strada in
quell’inferno di volti
devastati da ferite autoinflitte e follia procurata da
chissà quali sostanze
tossiche e fanatismo religioso. Alcuni individui mostravano una
verniciatura
ormai sverniciata e irriconoscibile, altri invece erano stati
“iniziati” da
poco… dando dimostrazione che la caccia di quei cultisti
aveva dato buoni
frutti.
Ora
capiva perché le comunicazioni si erano repentinamente
interrotte nel giro di
ventiquattro ore, intuendo che parte di quella feccia doveva essere
arrivata
anche lei in incognito come tutti gli altri pazienti, spacciandosi per
bisognosi in cerca di cure piuttosto che di adepti da convertire.
“Tu…
sai chi sono quegli individui, Kaon?!”
La
preoccupazione di Nickel per la sorte del suo leader e del resto della
squadra
era palpabile, ma vedere il tecnico di bordo così cupo di
fronte a quelle immagini
sgranate la rendeva ancora più inquieta.
“si…
so chi sono” fece funereo lui, non riuscendo a distogliere
l’attenzione da quei
volti folli e contorti “sono seguaci del dio
Mortilus… e l’unica cosa che posso
consigliarvi è di armare le torrette esterne della nave ed
aspettare che i
nostri tornino da li sani e salvi!”
Ma
quando sarebbe avvenuto ciò?