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Autore: MauraLCohen    21/03/2020    1 recensioni
[Missing moment ambientato dopo la S1EP3]
Kirsten e Sandy non possono cancellare il passato di Ryan né possono fingere di averne fatto parte. Kirsten lo sa bene, ma questo non le ha impedito di affezionarsi a quel sedicenne con lo sguardo assente che il marito aveva portato a casa. Perché Ryan era suo figlio e lo sarebbe stato per sempre.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Kirsten Cohen, Ryan Atwood
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
- Questa storia fa parte della serie 'Cuore di mamma'
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Erano passati diversi giorni da quando Dawn aveva lasciato Newport, Ryan non lo dava a vedere ma quell’ennesimo abbandono della madre lo aveva devastato, di nuovo. Anche quella mattina, sceso giù dal letto, Ryan non faceva che pensare a quel taxi che si allontanava e lui ancora con la mano alzata in segno di saluto. Se non l’avesse fermata Kirsten, Dawn sarebbe partita senza salutarlo. Se ne sarebbe andata ancora una volta di nascosto, lasciandolo senza un motivo né giustificazioni. Ma in fondo, si disse Ryan, che giustificazioni può avere una madre che non ha mai lottato per il proprio figlio? Cercando di scacciare quei pensieri dalla testa, il ragazzo si buttò sotto la doccia, in attesa che Seth arrivasse a chiamarlo per la colazione. Apprezzava la sua compagnia, ma, quella settimana, reggere gli sguardi compassionevoli che gli rivolgevano Seth e Sandy, nella speranza di fargli esternare chissà quali sentimenti, era diventato estenuante e, sinceramente, sapeva che la situazione sarebbe potuta essere anche più snervante se Kirsten non fosse stata in grado di arginare il loro desiderio di psicoanalizzarlo. Non che lei non volesse sapere come stesse Ryan, lo voleva e tanto, ma era consapevole che parlarne non avrebbe cambiato le cose e quando lui si sarebbe sentito pronto, avrebbe esternato quello che sentiva, senza forzature. 

Uscito dalla doccia, Ryan si avvolse in un asciugamano per andare alla ricerca di qualcosa da mettersi. Vista l’ora, rimase sorpreso di non trovare Seth ad aspettarlo seduto sulla poltroncina vicino alla porta della casetta in piscina. Starà ancora dormendo, pensò Ryan, infilandosi una felpa; prese lo zaino ed andò in cucina, dove Kirsten stava finendo di fare colazione. 
« Buongiorno » disse lei, vedendo entrare il ragazzo. Vicino a lei una tazza di caffè fumante e il quotidiano ripiegato su se stesso. Ryan fece un cenno in segno di saluto e aggiunse « Sola? » Kirsten rispose con un rapido sì della testa e sorrise « Sandy è uscito presto per andare in spiaggia… Cosa ci troverà mai nell’alzarsi all’alba per stare in mezzo ai pesci… Non lo capirò mai. » Risero entrambi, mente Kirsten gli porgeva una tazza di caffè e un piatto di uova strapazzate con una ciambella imburrata. Ryan la ringraziò e dopo aver preso un avido sorso di caffè, chiese: « E Seth? Non l’ho visto stamattina. » La donna fece spallucce  « Nemmeno io » aggiunse. Ryan assunse un’espressione stranita che la fece ridere. « Hai creato un mostro, ora non lamentartene » gli disse Kirsten. 
« Io che c’entro? » Ryan rise. 
« Io ho cresciuto un nerd asociale, tu lo hai trasformato in un adolescente » scherzò lei, agitando la tazza a mo’ di brindisi. Ryan alzò le mani in segno di resa e finì di mangiare. Tolse di mezzo sia il proprio piatto che quello di Kirsten e recuperò lo zaino, pronto per andare a scuola. Nel frattempo Kirsten era rimasta a guardalo di sottecchi da dietro il giornale. Era davvero un bravo ragazzo e con tutto quello che gli era capitato sembrava quasi impossibile che potesse aver conservato un’anima così buona. Lei non era sicura che avrebbe saputo fare lo stesso. In fondo, quando cresci con un padre violento e una madre alcolizzata, nessuno ti biasimerebbe se ce l’avessi contro il mondo. Ryan, invece, no. Lui aveva imparato a stare in strada per sopravvivere, ma non era quello il suo posto. Aveva solo bisogno di qualcuno che si prendesse cura di lui come meritava, come tutti del resto. Solo che per qualche strano motivo la vita è la prima a fare figli e figliastri. 
« Io vado » la voce di Ryan la riportò alla realtà. « Prendo la macchina o mi accompagni? » 
Kirsten assottigliò gli occhi e lo guardò sorridendo, Ryan non capì e assunse un’espressione perplessa. 
« Ho un’idea migliore » spiegò, allora, lei. « Prendi le chiavi. »
Ryan obbedì e mise in moto la macchina. « Dove andiamo? » chiese.
« A lavoro » rispose Kirsten, mettendosi la cintura. 
Ryan continuava a non capire. 
« Oggi iniziamo a preparare un progetto per un nuovo tipo di abitazione. Potrebbe servirmi una mano » si voltò a guardalo « Non è esattamente una gita al Luna Park, ma se ti interessa l’architettura potrebbe essere comunque divertente »
Ryan sorrise, mentre uscivano dal vialetto di casa « Non sono mai stato un grande amante dei Luna Park » disse. 
« Nemmeno io, ma per carità, non dirlo a Sandy… Ne morirebbe. »
Risero entrambi.

Al Newport Groupe la mattinata passò in fretta, il progetto stava procedendo bene e nonostante Caleb non approvasse granché la presenza di Ryan lì, anche lui dovette constatare che il ragazzo aveva del talento. Lo avrebbe esternato alla figlia, se non fosse stato certo che in risposta, Kirsten, gli avrebbe presentato un canzonatorio te l’avevo detto
All’ora di pranzo gli uffici iniziarono a svuotarmi ma gli occhi di Ryan erano ancora puntati sui vari plastici. Kirsten non poteva esserne sicura, ma avrebbe scommesso che quello sguardo adulante che Ryan riservava a quei modellini era lo stesso che da bambino rivolgeva alle cose che amava. Le fece una grande tenerezza. Le tornò alla mente quando, con Sandy, presero Capitan Avena a Seth. Era così piccolo… 
Chi l’avrebbe mai detto che dodici anni dopo si sarebbe ritrovata a guardare quello stesso sguardo su un ragazzo di cui aveva ignorato l’esistenza per tutti quegli anni e che, soprattutto, quegli occhi contenti le avevano fatto lo stesso effetto di quelli di Seth. Se le avessero detto, quando Sandy portò Ryan a casa per la prima volta, che si sarebbe affezionata così tanto a quel teppistello biondino non ci avrebbe mai creduto, anzi… Quando Sandy le propose di farlo stare da loro non avrebbe mai creduto che sarebbero arrivati al punto di adottarlo. Eppure… Il destino ha modi davvero bizzarri di mettere in ordine.
Kirsten si avvicinò a Ryan e gli posò una mano sulla spalla, sedendosi vicino a lui. 
« Tra qualche settimana inizieranno i lavori. Mantieni la media che hai adesso e forse potrei convincere Sandy a farti saltare la scuola qualche volta per venire a vedere i cantieri. »
« Mi piacerebbe molto » disse Ryan sorridendo dolcemente. 
Kirsten si alzò per prendere la borsa. « Andiamo a mangiare qualcosa! »

A pranzo la conversazione proseguì da dove l’avevano interrotta. Kirsten era molto curiosa di capire da dove fosse nato l’interesse di Ryan per l’architettura, così lui le spiegò che prima del furto d’auto, di Sandy e Newport, quando ancora Trey era in carcere, i soldi che entravano a casa non erano sufficienti per arrivare a fine mese, soprattutto quando in casa hai una madre alcolizzata sempre impegnata in relazioni con tossicodipendenti sfaccendati. Qualcuno, insomma, doveva preoccuparsi di mettere il pane in tavola e l’unico posto in cui si poteva trovare lavoro a Cino era nell’edilizia. « Imparo in fretta » disse « questo mi è servito per trovare lavoro come muratore. » Il racconto proseguì. Ryan ricordava il suo primo incarico: non era certo il massimo del divertimento, ma era comunque l’ambiente più sano con cui era entrato in contatto. Il capo cantiere era il padre di Teresa, lo aveva preso con sé perché sapeva che era uno a cui il lavoro non spaventava e che soprattutto aveva bisogno di quei soldi. « Quando cresci in zone come Cino, capisci presto che l’unica cosa che può salvarti è il lavoro. Prendi quello che puoi e così ti mantieni lontano dalla strada. »
Kirsten non aggiunse nulla, buttô giù un sorso di vino e continuò ad ascoltarlo. Era impensabile che con tutto quello che Ryan aveva dovuto passare, potesse ancora desiderare di dare una possibilità a Dawn. Avrebbe voluto definirla la madre, ma non ci riusciva. Quale madre permette ad un uomo qualunque di pestare a sangue il proprio figlio? Quale madre poteva anteporre se stessa al proprio bambino? Forse Kirsten ignorava tanto di quel mondo, complice l’aver sempre vissuto in una condizione tale che la maggior parte dei problemi legati al denaro non l’avevano mai sfiorata, ne era consapevole, ma comunque non si sentiva in grado di giustificare Dawn. Anzi, pensava proprio che un figlio come Ryan non lo meritasse. 
« Non hai mai pensato di andartene? » gli chiese. 
« E per andare dove? Ci pensavo, da bambino. Crescendo mi son reso conto che non era possibile. Con Trey che faceva dentro e fuori la prigione di continuo, Dawn che non riusciva a tenersi un lavoro ed era sempre impegnata in relazioni con uomini che o la picchiavano o le prosciugavano quei pochi risparmi che riusciva a procurarsi, qualcuno doveva preoccuparsi di entrambi ed ero rimasto solo io. » 
Le si spezzò il cuore a sentirlo parlare e il primo istinto fu quello di prenderlo tra le braccia e stringerlo forte. Quando Sandy lo portò a casa per la prima volta non immaginava che Ryan avesse vissuto tutto quello e forse il primo periodo aveva cercato di ignorare il suo passato per evitare di affezionarsi a lui, ma era stato inevitabile. Ora rimpiangeva solo una cosa: di averlo incontrato così tardi. Era suo figlio. Lo sentiva suo e avrebbe tanto voluto godersi la sua infanzia, vederlo felice. Se solo ne avesse avuto il potere, avrebbe cancellato con un colpo di spugna tutto quello che di brutto aveva dovuto vivere prima di arrivare da lei e Sandy, ma non poteva. L’unica cosa che le era concessa? Limitare i danni e fare in modo che mai Ryan dovesse rivivere quell’inferno. Ryan aveva passato gran parte della propria vita a prendersi cura degli altri, era tempo che qualcuno si prendesse cura di lui. 
Il conto fu servito, Kirsten lo pagò e senza più dire nulla si rimisero in macchina. Si era fatto tardi e probabilmente Seth e Sandy si stavano chiedendo che fine avessero fatto lei e Ryan. Decise di chiamare il marito per avvisare che stavano tornando. Chiese a Ryan di prendere la macchina e di aspettarla lì: ci avrebbe messo cinque minuti. E così fu. Giusto il tempo di dirgli che stavano arrivando e che Ryan era stato con lei quella mattina, quindi di non preoccuparsi se a scuola non lo avevano visto. 

Nella strada di ritorno nessuno dei due aveva voluto ricacciare fuori l’argomento, avevano parlato di Seth, del lavoro al Newport Groupe, nulla di più.
Sul vialetto di casa, Ryan spense la macchina e si slacciò la cintura. Kirsten, invece, non si mosse; rimase a guardarlo. 
Ryan fece per chiedergli cosa non andasse ma la voce della donna lo anticipò. « Sai? Quando con Sandy abbiamo deciso di farti da tutori legali, ero sollevata. Lo eravamo entrambi. Quando Seth era piccolo avevo il terrore di lasciarlo solo con qualcun altro, anche se era Sandy. Nel momento in cui hai un figlio, quando lo realizzi, capisci che non passerai più un secondo della tua vita senza preoccuparti per lui e ancora prima di firmare quelle carte, già sapevamo che non sarebbe trascorso un solo giorno senza che noi rimanessimo in pena per te, nel non sapere dove fossi e se stessi bene… Poi le abbiamo firmate e l’ansia non è certo sparita, ma almeno ora, quando torniamo a casa, vediamo la luce della casetta in piscina accesa, sappiamo che stai bene e che sei al sicuro. Questo è tutto quello di cui ha bisogno un genitore per andare a letto sereno » fece una pausa, distogliendo lo sguardo da Ryan. « Né io né Sandy potremo mai cancellare quello che hai passato, né mi sarà mai concesso recuperare gli anni persi: vederti camminare per la prima volta, vederti preparare per il primo giorno di scuola… Le tue prime volte non ce le ridarà nessuno, ma questo non cambia il fatto che tu sei mio figlio. Lo sei a tutti gli effetti. Che lo attesti o meno il sangue o una carta di tribunale, poco importa… Qualsiasi cosa succeda, ti vorrò sempre bene e noi saremo sempre la tua famiglia. » Glielo disse guardandolo dritto negli occhi e Ryan ne rimase spiazzato. Le grandi conversazioni a cuore aperto se le aspettava da Sandy, non da Kirsten. Ryan sapeva che lei sotto sotto era come lui: poco avvezza ai sentimentalismi e totalmente incapace di esternare senza remore ciò che provava. Perciò quelle parole, per lui, valevano ancora di più, perché sapeva quanto costava dirle ad alta voce.  Sorrise. Non disse nulla. Si protese verso Kirsten e l’abbracciò. Nessuno aggiunse altro. Qualsiasi parola, in quel momento, sarebbe stata superflua.

 


N.d.A. 
Sono anni che non scrivo nulla, proprio niente di niente e solo il Cielo sa quanto mi è mancato. In questi giorni in cui il nostro Paese vive un così fragile momento, potermi distrarre con qualcosa che sento così mio è bellissimo. The O.C. è stata la prima serie TV che ho visto: avevo tre anni e la trasmetteva Mediaset. Mia zia, allora poco più che quindicenne, mi obbligava a vederla con lei. Nei successivi quattro anni, Ryan e Seth furono l'unica cosa che aspettavo. Quindi ritornare a scrivere proprio grazie a questa serie per me ha un significato speciale. Soprattutto, scrivere di Kirsten, che è uno dei personaggi che negli anni mi ha maggiormente influenzata (e poi Kelly Rowan è stata il mio primo grande amore, quindi che ricordi!). 
Il prompt della storia mi è arrivato grazie al gruppo Facebook
We are out for prompt - se siete amanti della scrittura, vi consiglio di farci un salto. 
   
 
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