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Autore: Mash    21/03/2020    0 recensioni
Un demone si risveglia dal suo sonno e come ogni 30 anni deve continuare la sua maledizione. Uccidere tutti coloro che professeranno il loro amore per lui per trovare finalmente colei o colui che sarà in grado con i suoi sentimenti di spezzare finalmente il maleficio che lo lega da più di un secolo.
Genere: Malinconico, Sovrannaturale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia partecipa al COWT10
M2: parole che il cuore sussurra
Non sapevo se potevo iniziare con un'introduzione del luogo come faccio negli altri capitoli, in caso ho usato l'iniziale del mio nick in entrambe le frasi iniziali (nick = Renx)

III Capitolo – L’appeso

 

Rivendell, casa Fermian – 24 ottobre 20XX ore 16.20

Respirando una boccata d'aria fresca, il ragazzo si affacciò alla finestra della stanza fissando un punto imprecisato della strada sottostante, sperando di notare un bagliore argenteo. La casa vicina era come al solito imponente, ma decisamente ridotta in pessimo stato. Da quanto tempo i suoi vicini non davano una bella potata agli alberi in giardino? Troppo tempo di sicuro.

A parte le case a schiera, intorno a loro non c’era molto. C’era un piccolo rivo posto a circa cinquecento metri dal complesso residenziale, una vecchia fabbrica ormai inutilizzata da anni e un lungo stradone che portava fino al distretto in cui abitava costeggiato da ogni dove da bancarelle, presenti solo nelle ore diurne, che vendevano ortaggi e oggetti a poco prezzo e da piccoli negozietti che non attiravano molta gente se non gli abitanti della loro zona. Le altre case erano poste a circa 100 metri dalla loro, accoppiate a due a due. Di solito non c’era molta gente da quelle parti, ma quella mattina, così come ogni domenica, la strada e la porta della sua casa erano fastidiosamente affollate.

Pensandoci bene, da qualche mese ormai aveva smesso di considerarlo strano, essendo quello il giorno libero di sua sorella. La domenica la ragazza apriva eccezionalmente la loro casa per offrire predizioni a poco prezzo che le permettevano di divertirsi e di guadagnare qualcosa; dato che si lamentava sempre che quello che guadagnava dal suo lavoro come insegnante in una scuola materna non era abbastanza per iniziare a pensare di mettere su famiglia.

Serin era molto diversa da Daniel. I loro caratteri tanto per iniziare, ma poi c’erano molte altre cose. La ragazza aveva, al contrario del fratello, dei poteri di preveggenza che le permettevano di poter svolgere molto bene il ruolo d’indovina, inoltre era brava con le carte e a dosare le parole quando non le era chiara una predizione. Quindi non era strano che molte persone, soprattutto giovani donne, accorressero per farsi leggere le carte o la mano da sua sorella. Daniel era decisamente contrario alla cosa, ed entrambi non avevano più tirato fuori l’argomento perché lei si divertiva e riusciva anche a pagare una buona parte delle loro spese. Da parte sua, lui non aveva alcuna intenzione di farsi predire il futuro, perché la sorella si faceva troppo influenzare dalla loro parentela quando in passato aveva tentato di fargli le carte. Forse, Daniel nemmeno ci credeva troppo al destino. Era più per l’idea che il futuro di tutti non fosse scritto e che ognuno scegliesse come veramente vivere la propria vita. Scelte giuste o sbagliate che fossero. Sapeva che qualcosa era in serbo per lui, ma pensava fosse giusto poter decidere con la sua testa per quanto poteva.

Sospirando e chiudendo la finestra della propria stanza, decise di scendere di sotto per vedere se potesse essere utile a sua sorella. Non era da lui fare qualcosa durante i giorni in cui sua sorella lavorava, non essendosi mai interessato alla magia o alla predizione, ma, poteva rendersi utile nel distribuire dei talismani che la sorella creava per i suoi clienti, dandoli come omaggio a chiunque la visitasse o vedere se qualcuno voleva un po’ di tè.

“Serin, posso fare qualcosa per–” le parole si fermarono a mezz’aria quando vide l’uomo sorridente girato verso di lui che gli faceva un tranquillo segno di saluto con la mano, come se fossero grandi amici.

“Grazie Dan ma non serve, va tutto alla grande” trillò la ragazza girandosi verso di lui, visibilmente contenta di poter parlare con l’uomo dai lunghi capelli argentei.

“Che piacevole coincidenza.” salutò il cliente rivolgendosi al giovane, alzandosi dalla sedia come se avesse incontrato un vecchio collega di lavoro.

Daniel inghiottì mal volentieri il rospo di essere stato rintracciato così facilmente e cercò di sorridergli, riuscendo unicamente a mettersi sul viso un’espressione che sembrava più di disgusto che di felicità: “K-Kay, che cosa ci fai qui?” domandò avvicinandosi.

Da quando lo aveva avvicinato la prima volta al locale, e aveva sborsato quella terribile cifra, che sarebbe arrivata con lo stipendio del mese successivo, Daniel aveva preso l’abitudine di andare da lui almeno una volta a settimana, per fargli delle domande e per tenerlo d’occhio in qualche modo. Fortunatamente il dipartimento gli rimborsava le spese e anche Kay aveva deciso di fargli un prezzo di favore, così che il suo fastidio di pagare si era un minimo ridotto. Lo aveva visto un paio di volte anche intorno ai posti che frequentava, non aveva certezze che non fossero coincidenze ma adesso era arrivato a un punto in cui non era tanto sicuro su chi stesse effettivamente sorvegliando chi. La faccenda iniziava a essere strana per i suoi gusti. Venire a casa sua era un atto che non avrebbe dovuto fare.

“Volevo una predizione. Ho sentito tanto parlare di lei da una delle mie clienti e non ho resistito alla tentazione di incontrarla.” in realtà si stava riferendo a lui, che gli aveva per sbaglio parlato di ciò che faceva sua sorella.

La ragazza arrossì e sorrise: “Non sono brava come dicono le voci”

Daniel sbuffò a quella falsa modestia di sua sorella. L’aveva sentita troppe volte elogiare le sue doti da indovina per crederle. Kay non sembrava dello stesso avviso, mentre le sorrideva comprensivo.

Le clienti del locale, che avevano creato un cerchio attorno al tavolo, ridacchiarono e una di loro si attaccò al braccio di Serin: “Le tue predizioni non sbagliano mai. Tutti quelli del distretto vengono da te, lo sai.”

Daniel si rivolse, irritato per la piega della situazione, al demone: “Sei quindi venuto per farti predire il futuro da mia sorella?” domandò, calcando la parola “sorella” con fastidio.

“In effetti, notavo una certa somiglianza, il gene della bellezza si tramanda nella vostra famiglia, per caso?” pronunciò quelle parole sorridendo come se avesse appena detto che fuori c’era il sole.

Il giovane arrossì nello stesso modo della sorella, ma al suo contrario sbuffò irritato: “I tuoi complimenti non funzionano, te l’ho già detto, non sono una delle tue clienti.”

Kay si avvicinò appena all’orecchio dell’altro, abbassando il tono della voce per non farsi sentire dagli altri intorno a loro: “Ma lo sei in realtà.” soffiò con il solito tono usato ogni volta apposta per dargli fastidio, guardandolo fissare nervosamente il pavimento.

Daniel non digeriva niente di quello che stava accadendo, a partire dagli sguardi curiosi di sua sorella e gli altri clienti e ingoiò il rospo senza rispondere.

“Non dovevi farti predire le carte da mia sorella? Smetti di perdere del tempo con me e vedi cosa ti riserva il futuro.”

“Ho un’idea migliore, che ne diresti di fare tu la predizione al mio posto?” domandò il demone.

“Tua sorella mi ha già fatto una predizione più che sufficiente, non ho bisogno di altro.” aggiunse, con un sorriso.

“No, non indento assecondarti.”

“Ma come? Hai paura delle carte?” insistette Kay sogghignando divertito.

Daniel si sedette sulla sedia dove poco prima vi era l’altro a parlare con sua sorella, e sbuffò: “Ah! Perché mai dovrei avere paura? Non volevo far perdere del tempo a mia sorella e ai suoi clienti.”

“Non ci vorrà molto.”

Daniel guardò sua sorella, cercando da lei un appoggio che non arrivò.

“Certo che vai proprio d’accordo con questo tuo amico di cui non mi avevi parlato, Daniel.” calcò l’ultima parte della frase e iniziò a mischiare le carte che aveva in mano.

“Non ti ci mettere anche tu.”

“Farò in fretta, siediti.” disse Serin aspettando che si sedesse di fronte a lei. Non amava fare le carte a persone di cui gli importava, perché le sue stesse emozioni potevano influenzare il flusso delle carte, però era anche interessata al perché suo fratello avesse accettato l’invito dell’altro, cosa che non sembrava proprio da lui. Convincerlo a farsi predire il futuro, seppur per semplici frivolezze era pressoché impossibile e doveva lottare per avere da lui qualcosa di più di un grugnito di assenso. Chi era l’altro per lui? Senza accorgersene, quella domanda divenne il fulcro della sua predizione per il futuro di suo fratello.

Iniziò a porre le carte per poi girarle e dare il responso per ognuna.

Erano uscite delle carte banali, Daniel non aveva avuto chissà che predizione, tutto nella norma, tra cui anche un eventuale colpo di fulmine. La penultima carta fu l’inizio della fine.

“L’appeso… Stai affrontando dei pericoli lungo la tua strada. E questi non cesseranno.” sollevò delle carte per capire al meglio quello che intendeva la carta dell’appeso e il suo volto si fece scuro. Stavano uscendo i semi peggiori e le loro caratteristiche singole non preannunciavano nulla di positivo, nemmeno nella risoluzione del conflitto: “Ci sono e ci saranno delle morti.” si fermò un istante girando lentamente un due di spade, una voce dentro di lei le stava intimando di fermarsi.

“Infine…” sollevò una carta per concludere la predizione dell’appeso e uscì l’ultima carta del seme di spade. Era impossibile ricordare tutte le combinazioni delle carte, ma quella era fin troppo chiara. Guardò l’ultima carta e decise che non l’avrebbe voltata.

Avrebbe preferito non sapere, non era il caso andare oltre.

“Infine che cosa?”

Serin deglutì e rifece un piccolo mucchio con le carte che aveva utilizzato, non vedendo la carta che sarebbe dovuta uscire.

“Ehi!” esclamò Daniel, mentre la sua previsione scompariva alla velocità della luce “Non puoi lasciarmi senza una conclusione! Non hai nemmeno guardato la carta!”

Serin ridacchiò: “Non c’è bisogno di farlo, supererai tutti i problemi come sempre, non hai bisogno di una previsione, no?”

Un vociare confuso si levò tra i clienti, non capivano nemmeno loro cosa fosse accaduto, ma non avevano mai visto la ragazza così sconvolta da una predizione.

Kay aveva osservato la scena per tutto il tempo. In realtà grazie ai suoi poteri, era riuscito a vedere la carta che si celava alla fine della predizione, ma non aveva idea di dove avrebbe portato avere un simile arcano nella mano del giovane. Forse però, avrebbe potuto sfruttare la previsione a suo vantaggio e turbare le idee dell’altro.

Daniel si alzò infastidito e scrollò le spalle: “Ecco perché non mi faccio predire il futuro da te, hai sempre paura di arrivare fino in fondo a una previsione, soprattutto se sembra negativa.”

“Mi dispiace, non avrei dovuto chiedere di farti leggere le carte.”

“No, non importa, fatti fare una predizione, compra un amuleto, fai come preferisci, io me ne torno di sopra a lavorare; buona giornata.”

Il demone sorrise.

24 ottobre ore 17.05 – Camera di Daniel

Si era buttato sul letto e osservava da un tempo infinito il soffitto, ripensando nuovamente alla predizione che gli era stata appena fatta. Era abbastanza facile intuire dove dovessero portare quelle carte. Una serie di uccisioni che alla fine sarebbero culminata con la sua. O almeno questo era quello che aveva pensato sua sorella, temendo nel girare l’ultima carta e dar vita alla sua stessa predizione. Odiava quando faceva così. Vedeva delle cose nel suo futuro a metà perché spaventata e lo lasciava con il dubbio di quello che sarebbe successo. Non sempre si trasformavano in cose negative, quindi non sapere la fine di una previsione era sempre quello che più l’aveva portato ad allontanarsi da quel mondo.

Il problema era che adesso non riusciva a smettere di pensarci. Era meglio sapere piuttosto che continuare ad arrovellarsi su quale carta potesse essere.

TOC TOC

“Serin, vattene, a meno che tu non abbia la soluzione alla tua predizione, non voglio vederti.” borbottò il ragazzo non spostandosi da quella posizione.

“Potrei aiutarti.”

“Vattene, con te non voglio avere niente a che fare.” disse, riconoscendo la voce del demone.

Kay, non curandosi di quelle parole, entrò nella stanza del giovane chiudendo dietro di lui la porta.

“Non mi hai sentito? Ti ho detto che con te non voglio parlare” esclamò per poi girargli le spalle, mettendosi su di un fianco. Era proprio l’ultima persona che voleva vedere al momento. Era colpa sua se adesso non faceva altro che pensare a quella mezza previsione e al suo futuro circondato da omicidi. L’altro posò due tazze di tè sul comodino, ignorando le sue parole.

“Mi ha mandato tua sorella… ti ha preparato il tè e ha chiuso la sua piccola attività per iniziare a preparare la cena, pensava ti servisse compagnia.” disse, avvicinandosi al letto, sperando che l’altro gli rivolgesse di nuovo uno sguardo. Non gli piaceva trovarsi in quella situazione.

Era interessante la compagnia di quel ragazzo, ma la situazione era sfuggita di mano e lui non era certo il tipo che voleva consolare qualcuno o rassicurarlo che sarebbe andato tutto bene. Soprattutto perché era probabile che quella previsione fosse legata a lui e a quello che stava facendo. Daniel sarebbe potuto benissimo essere ucciso dalle sue mani, oppure chissà, forse sarebbe successo il contrario e l’altro l’avrebbe finalmente fermato.

“D’accordo, adesso vattene per favore.”

Il demone sospirò. Gli umani erano strani delle volte. Quelle parole non rispecchiavano per niente quello che l’altro voleva in quel momento, lo capiva perfettamente.

“Va tutto bene? Sembri sconvolto dalla predizione di tua sorella.” Kay si era abbassato verso di lui, mantenendo una delle espressioni che più lo infastidiva, il sorriso di cortesia. Daniel sbuffò e si mise a sedere, lasciandogli spazio, nel caso volesse, di mettersi accanto a lui. Apprezzava quello che stava cercando di fare, ma non ne aveva bisogno. Non voleva una spalla su cui piangere o qualcosa di simile, aveva bisogno di sapere cosa avesse visto sua sorella di così grave nel suo futuro.

“Puoi rimanere, ma non azzardarti a infastidire mia sorella.”

“Non preoccuparti, lei non prova alcun interesse nei miei confronti, e nemmeno io; non posso di certo tradire i miei clienti” disse sorridendogli divertito alludendo all’altro, notando la sua espressione infastidita.

“Smettila di parlarmi in questa maniera, ti avrò detto anche troppe volte di non trattarmi come una tua cliente.” sbuffò, sistemandosi meglio sul letto e afferrando una delle tazze fumanti.

“Tua sorella mi ha invitato a cena e mi ha detto di venire a controllare come stavi… ha inoltre aggiunto qualcosa tipo di giocare insieme finché la cena non sarà pronta, o una cosa del genere…” fu interrotto da un borbottio di Daniel.

“Non ci posso credere, mi tratta ancora come un moccioso che porta i suoi amici a giocare a casa con i video giochi, comunque, se la vostra intenzione era di farmi stare meglio, beh, non ha avuto l’effetto sperato, anzi, adesso sono ancora più infastidito di prima.”

Kay sorrise a quelle parole, un sorriso vero, che l’altro non notò sul suo volto, troppo impegnato a soffiare sulla tazza fumante: “Non devi pensare a quella predizione, era incompleta, non necessariamente avrebbe portato a qualcosa di tragico”

Il fatto che dentro di lui pensasse che qualcosa di tragico sarebbe accaduto lo portava a provare una strana stretta al cuore, qualcosa che non provava da ormai troppo tempo. Si stava affezionando a quel ragazzo nonostante tutto, quindi sapere che potesse essere lui stesso la distruzione dell’altro gli faceva provare del rimpianto.

“Non ci sto pensando”

“Ti si legge in faccia che ci stai pensando,” disse tranquillamente l’altro sedendosi sul letto del giovane “ e che la cosa ti preoccupa.”

L’espressione di Daniel si rilassò appena, come un bambino colto in flagrante mentre ruba un biscotto di troppo: “Non sono proprio preoccupato, quanto più curioso da quell’ultima carta.”

“Non eri tu quello scettico, che non credeva nel destino prestabilito e che non apprezzava le doti di preveggenza della sorella perché secondo lui poteva vedere solo in un futuro prossimo e che nonostante tutto poteva essere cambiato?”

“Oh, sono impressionato dal tuo ricordare tutti questi dettagli, quindi mi stavi ascoltando durante l’ora estremamente salata che passavo con te.” ridacchiò.

“Ma certo che ti stavo ascoltando.”

“Sì, va bene.”

“Se ti consola, posso dirti quale fosse l’ultima carta.

Daniel si voltò verso di lui con gli occhi sbarrati: “Come hai fatto a vedere l’ultima carta?” chiese incredulo. Se era un altro dei poteri di quegli esseri, beh, sapevano fare di tutto.

“Quando tua sorella l’ha presa per riporla nel mazzo ho visto il numero dell’arcano, quindi posso dirti quale fosse con precisione.” un sorriso si allargò sul suo volto. Sarebbe stato così facile in quel momento mentirgli, dirgli un numero diverso, fargli credere che i suoi incubi potevano avverarsi da un momento all’altro.

“Voglio saperlo.”

Dirgli che era il numero tredici sarebbe stato un ottimo passo avanti per il suo piano, no? Era facile fargli credere di essere in pericolo, giurargli di rimanere con lui, di aiutarlo e proteggerlo se necessario, come un cavaliere dalla scintillante armatura. Peccato che non avrebbe funzionato con l’altro. C’era una certa fragilità in lui, ma non tale da fargli avere una tale fiducia da credere alle sue false promesse.

“Il mondo.”

“Sono venuta a vedere se serviva qualcosa e portare al mio fratello preferito i suoi biscotti preferiti.” Serin spalancò la porta della stanza del fratello agitando una busta di biscotti al cioccolato, urlando un po’ troppe volte la parola “preferito”.

“Oh, Rin, ci hai interrotti sul più bello” esclamò il demone dai capelli argentati girandosi verso di lei sorridente, mentre si allontanava dall’altro.

La ragazza arrossì terribilmente a quelle parole, pensando al peggio. Cosa aveva interrotto di preciso?

“No! Aspetta! Serin!” esclamò Daniel scivolando via dal letto: “Non stavamo facendo niente!” cercò di urlarle dietro per farsi sentire e per spiegare il malinteso, inseguendola per le scale.

Dal canto suo, Kay ridacchiò divertito.

24 ottobre ore 21.45 – Camera da letto di Daniel

Daniel sbuffava seccato guardando fuori dalla sua finestra la strada sottostante illuminata unicamente da un lampione che si accendeva e spegneva a intermittenza, inutile dire che gli altri fossero tutti fuori uso ma se l’unico rimasto si comportava in quel modo, beh, sperava si fulminasse presto per non dover più avere il fastidio di quella luce che andava e veniva. Per convincere sua sorella che stavano soltanto parlando c’era voluta un’eternità e quel maledetto demone non aveva di certo semplificato le cose con le sue frasi criptiche e maliziose. Ancora non capiva se parlava in quel modo per distrarlo o se cercava veramente di sedurlo, ma non gli doveva importare, lui era soltanto lavoro, niente di più, nonostante si spacciasse per il suo migliore amico. Era riuscito a convincere sua sorella che fosse un semplice conoscente del lavoro soltanto dopo aver giocato tutte le sue carte e fortunatamente la sorella sembrava aver accettato la sua versione.

Anche se quando l’altro se n’era andato lei aveva iniziato a chiedergli se fosse in qualche modo interessato all’altro e fosse un suo interesse amoroso. Negando con tutte le sue forze aveva più o meno convinto la sorella, anche se era rimasto sorpreso da quelle domande, pensava davvero che ci potesse essere qualcosa tra loro? Impossibile, perché avrebbe voluto dire che notava qualcosa nel suo comportamento che glielo faceva intendere. Non si faceva problemi e doveva ammettere che Kay era un uomo veramente avvenente e la sua vicinanza in quei giorni era stata piacevole e divertente, soprattutto parlare con lui; però era una questione di lavoro, non poteva mischiare il privato in quelle questioni, soprattutto perché nulla aveva ancora allontanato i suoi sospetti dall’altro.

“No, non ci posso pensare!” pensò scuotendo la testa, cercando di scacciarlo dai suoi pensieri.

“Che cosa ci facevi insieme a quella ragazza?” urlò una voce femminile giù in strada.

Daniel si sporse affacciandosi alla finestra per vedere meglio, sperando che il lampione non lo abbandonasse in quell’occasione. Una donna di bell’aspetto stava discutendo con qualcuno, coperto dall’oscurità e sembrava davvero arrabbiata.

“Non sono affari che ti riguardano.” quando l’uomo parlò Daniel lo riconobbe immediatamente. Era la voce di Kay. Senza nemmeno pensarci, uscì dalla propria stanza, correndo di sotto per raggiungere i due individui in strada.

Poteva accadere di tutto e se quel malinteso fosse nato a causa di sua sorella, beh, lui avrebbe potuto spiegarlo alla donna, sicuramente una sua cliente.

24 ottobre ore 21.43 – Esterno di casa Fermian, lampione ballerino

Kay incominciava a perdere la pazienza con la donna. Quel giorno era stato piacevole e adesso invece la donna non voleva saperne di smettere di piangere per via di una gelosia del tutto infondata su lui e la sorella di Daniel. L’aveva placcato mentre usciva dal vialetto della piccola villa e aveva iniziato a urlare, costringendolo a spostarsi più lontano dal portone della casa dei due fratelli per mettersi sotto la luce fioca di un lampione che non sembrava molto funzionante: “Adesso basta urlare e piangere Gwen! Calmati.”

La donna smise di singhiozzare e lo guardò infuriata: “Ti ho visto! Che cosa ci facevi insieme a quella donna?!” domandò alzando la voce più del dovuto.

“Non sono affari che ti riguardano, ho una vita fuori dal locale, lo sai.” disse sorridendole e tendendole una mano per portarla con lui in un luogo meno alla vista di tutti: “Non è il caso di parlare qui.”

“E invece è il caso! Voglio sapere tutta la storia… Ora! Qui! Voglio sapere se è qualcosa per te, se io… Se io sono qualcosa per te…” dannazione, se continuava in quella maniera, sarebbe finita molto male. Quella donna non era ancora veramente innamorata di lui, e lo usava solo come scusa per un matrimonio ormai finito da qualche tempo.

Il problema è che la maledizione sarebbe scattata nello stesso modo, anche se ancora non aveva un sincero interesse. Uno spreco e un fastidio se fosse accaduto proprio in quel luogo.

“Te lo dirò al locale… per favore, non aggiungere altro e vieni con me.”

Gwen scostò la mano di Kay più decisa di prima: “Tu non capisci! Io sono innamorata di te, ti amo!” esclamò gettandosi contro di lui.

“Sono trascorse appena… due… s-settimane, tu non mi ami veramente, non è possibile.” mormorò cercando di controllare la maledizione che si stava impadronendo velocemente di lui. Altre volte aveva tentato di controllare il proprio corpo, ma mai era riuscito nell’intento.

“No, io ti amo verament– ” le parole le morirono in gola e il suo petto fu squarciato dalla mano destra di Kay che si portò il cuore della donna alle labbra divorandolo in tre bocconi. Il corpo senza vita cadde a terra rumorosamente, e gli occhi senza vita della donna si posarono su quelli di un intruso inaspettato.

Passarono interminabili istanti, ma, come Kay si aspettava, non successe niente. La maledizione non era ancora stata spezzata. Quel cuore non aveva in sé alcun sentimento che lo potesse aiutare a sconfiggere il potere della maledizione.
“Un’inutile perdita di tempo.” disse il demone.

  
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