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Autore: Shikayuki    21/03/2020    3 recensioni
La BakuDeku Arabian!Au con matrimonio politico che nessuno voleva.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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DISCLAIMER: purtroppo i personaggi e le ambientazioni non mi appartengono!

 

• Iniziativa: Questa storia partecipa al "COWT10" di Lande di fandom

• Settimana: 6

• Missione: M4

• Prompt: Storia divisa a metà+matrimonio combinato

• Numero Parole: 1274 (634+640)

 

 

 

I'm yours

 
Uraraka finì di sistemargli il drappeggio del velo intorno ai capelli ribelli e poi si allontanò estasiata, permettendogli di guardarsi nello specchio.

«Sei stupendo, il principe cadrà ai tuoi piedi.»

La veste era di un meraviglioso verde sgargiante, decorata d’oro e piena di placchette pendenti, che tintinnavano ad ogni suo movimento. La pelle che rimaneva scoperta era adornata da tatuaggi rituali, che risaltavano scuri contro il suo colorito pallido. Era ammaliante e non avrebbe mai pensato di poter dare quell’aggettivo a se stesso, completamente privo di grazia come si era sempre considerato.

«Uraraka, pensi che non mi ripudierà? Da questo dipende il futuro del nostro regno, se mi rifiuta scoppierà una guerra, se invece mi accetta io...»

«Izuku, calmati.»

Ochako gli afferrò le mani, impedendogli di continuare a torcersele per il nervosismo.

«Appena il principe ti vedrà, si innamorerà perdutamente, acconsentirà al matrimonio e i vostri regni si uniranno, mettendo fine a questa guerra insensata che dura da troppo. E poi è stato lui a proporre il matrimonio, rifiutarti sarebbe la definitiva dichiarazione di guerra.»

Izuku annuì, ma non era pronto, pensava che quella era una responsabilità troppo grande per lui, che stava meglio su un campo di battaglia o nel suo laboratorio delle erbe a creare intrugli medicamentosi, ma sapeva che quello era l’unico modo. Il regno di Zero era troppo sanguinoso e sui confini le battaglie erano ormai diventate sanguinose, capitanate sempre dal riottoso principe che quel giorno avrebbe dovuto sposare… se tutto fosse andato liscio. Il principe Bakugo non sembrava una persona con la quale fosse facile andare d’accordo, Izuku non lo aveva mai incontrato sul campo di battaglia, forse per fortuna a detta dei più, ma comunque chiunque lo aveva fronteggiato, non aveva una buona impressione su di lui. Il ragazzo tremava al solo pensiero che avrebbe dovuto condividerci il letto e la vita.
Quando un eccentrico messaggero dai ribelli capelli rossi e i denti a punta era venuto a portare un messaggio direttamente dai sovrani del regno di Zero che proponeva un accordo matrimoniale per porre fine ai conflitti, tutti erano rimasti sbalorditi e si erano chiesti se il principe fosse al corrente di quello e lo avesse accettato, ma sulla pergamena figurava anche la firma del principe, vergata di rosso, come il sangue, e Izuku aveva dovuto prendere una decisione. Ci aveva pensato tutta la notte, restando sveglio a valutare pro e contro, nessuno gli aveva messo pressione, ma alla fine aveva deciso di sacrificarsi per il bene del suo popolo e la data del matrimonio venne fissata per la settimana seguente, e ora si trovava a rimirarsi nello specchio, pregando di fare una buona impressione sul principe Bakugo.
Non lo aveva mai confessato a nessuno, nemmeno a Ochako che era la sua migliore amica e confidente, ma il suo cuore apparteneva già a qualcuno, qualcuno che aveva incontrato nel bosco tempo fa e che lo aveva rapito, infilandosi nella sua mente, nei suoi sogni, e non lasciandolo mai andare. Probabilmente scegliendo di sposare il principe stava andando incontro a una vita infelice, ma almeno il suo popolo sarebbe stato bene e questa era l’unica cosa che gli importava, in fondo fin da piccolo si era prefissato di mettersi sempre dopo i propri sudditi e per questo si era allenato e aveva studiato fino allo sfinimento. Non avrebbe mai pensato invece che avrebbe salvato tutti semplicemente entrando a far parte probabilmente di un harem di un principe sanguinario sconosciuto. Rise nervoso a quel pensiero, ma ormai era fatta.

«Vostra maestà, la portantina è qui.»

Il ragazzo si guardò per l’ultima volta allo specchio, sospirò e poi salutò per sempre la sua stanza, seguendo Iida verso il cortile, camminando a testa alta verso il suo destino. Sarebbe stato il principe che avrebbe riportato la pace a tutti i costi.

~

Katsuki se ne stava sul trono, seduto scomposto, come sapeva dare fastidio a sua madre la regina, che infatti fece il suo ingresso nella sala rimproverandolo, la pesante veste cerimoniale che strusciava dietro di lei.
«È stata una tua idea, vedi di far filare tutto liscio alla cerimonia e ritira tutti i tuoi cavalieri dal confine. Ti abbiamo lasciato fare per troppo tempo, spero che il matrimonio ti faccia tornare un po’ di sale in zucca, soprattutto considerando che il principe consorte sarà un ottimo compagno, viste le sue qualità.»
Katsuki schioccò la lingua e ignorò come sempre la vecchia arpia. Aveva voluto lui quel matrimonio e no, non si sarebbe tirato indietro, perché nessuno lo sapeva o doveva saperlo, ma lui aveva perso la testa per Izuku, il suo futuro sposo.
Durante una ricognizione in solitaria sui confini una sentinella avversaria piena di energia era riuscito ad infilzargli una una freccia spezzata a fondo tra le costole. Ovviamente il soldato non era vissuto tanto a lungo da bearsi di quella pseudo vittoria, ma lui era stato male ed era caracollato in mezzo al bosco, con la vista offuscata. Aveva raggiunto un laghetto ed era stramazzato al suolo, cercando l’acqua per bere ed ipotizzando una qualche ferita ai visceri profondi, e in quel momento lo aveva incontrato.

«Oh mio dio, fermo, non muoverti, ti aiuto io!»

Due occhi verdi e grandi erano entrati nel suo campo visivo e delle mani fresche avevano preso ad armeggiare sul suo addome, non sapeva quello che stava facendo, ma tanto in qualche modo sarebbe morto quella volta e quindi lo lasciò fare.

«Ho raccolto queste erbe da poco, sei molto fortunato, sono scappato dal castello appunto per venire qui ai confini, crescono solo qui. La tua ferita è brutta, la freccia ha reciso in profondità, ma posso aiutarti.»

Il ragazzo blaterava e Katsuki non riusciva a seguirlo, ma man mano che il tempo passava, la vista riprendeva il suo fuoco e il dolore scemava appena un po’. Il ragazzo che lo stava aiutando era concentrato, parlava da solo mentre usava le erbe e Katsuki lo guardò bene, imprimendosi nella mente la pelle candida, i capelli disordinati, le vesti di buona fattura e la galassia di lentiggini che gli abbelliva il naso e le gote. Proprio mentre si perdeva tra quei puntini irregolari, capì chi doveva essere il ragazzo e un’idea malsana gli fiorì nella testa, ma non fece in tempo a parlare, che svenne.
Quando rinsavì era ormai il tramonto e del principe nemico non c’era più traccia, aveva solo lasciato un foglietto vergato con un grafia disordinata in cui si scusava per essere andato via, ma quello alimentò solo l’idea che vorticava ancora nella sua mente e appena tornò a palazzo, informò i suoi genitori della sua scelta. Lo presero per pazzo, ma a lui non importava.

«Vostra maestà, il consorte è qui.»

Katsuki saltò sull’attenti, sistemandosi il mantello e i bracciali cerimoniali che portava ai polsi. Era a torso nudo, ma la tradizione voleva così, per mostrare le cicatrici di battaglia e i tatuaggi rituali che aveva conquistato nel corso della sua vita.

La portantina riccamente decorata si fermò davanti a lui e le ancelle aprirono le tende, lasciando scendere il suo futuro sposo. Katsuki rimase abbagliato nel vederlo nella veste cerimoniale e si inginocchiò davanti a lui, così come non aveva mai fatto davanti a nessuno.

«Ma tu sei...»

«Diventa mio.»

Gli occhi verdi del ragazzo si sgranarono dalla meraviglia, ma poi sorrise radioso, inginocchiandosi davanti a lui.

«Sono già tuo.»

Sua madre si riprese dallo stupore e con voce tonante annunciò l’inizio del matrimonio e della pace tra i due regni, ma a Katsuki non importava quello che diceva la vecchia megera, gli importava soltanto delle mani dell’altro strette tra le sue e di quegli occhi verdi persi nei suoi.
  
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