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Autore: _BlueLady_    21/03/2020    5 recensioni
Fine e Rein: due ragazze come tante, un pò maldestre, esuberanti, con un pizzico di vitalità in più.
Due ragazze come tante, solo gemelle. Una fortuna per molti, una sfortuna per loro.
Soprattutto quando i ragazzi da loro amati dimostrano ogni volta di avere una preferenza per la gemella opposta, anche in estate, in occasione di una vacanza col loro gruppo di amiche.
La domanda sorge spontanea: "Perchè preferiscono sempre lei a me? Cos'ho io di sbagliato?"
Sorgono così gelosia, invidia, frustrazione, rammarico.
"Sarebbe bello, almeno per una volta, essere come lei"
Il desiderio nasce spontaneo, quando prima era soltanto semplice curiosità.
Grazie ad una singolare successione di eventi, che comporterà la realizzazione di un episodio a dir poco straordinario, Fine e Rein capiranno che non è sempre la bellezza fisica la carta vincente che ci rende amabili agli occhi di una persona, e che essere se stessi nell'anima e nel corpo, conservando la propria integrità, è il principio più importante.
Perchè essere amati per ciò che si è, è la cosa più bella che ci possa mai capitare.
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bright, Fine, Rein, Shade
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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~ CAPITOLO 25: IL CORAGGIO CHE MI MANCA ~
 
Rein si svegliò miracolosamente presto per la seconda mattinata di fila, senza bisogno che la sveglia suonasse per lei. Ormai ci aveva quasi preso l’abitudine, ad essere mattiniera. Se fosse colpa o merito di Shade e delle sue lezioni di nuoto, questo non seppe dirlo con certezza.
Lasciandosi come al solito la sagoma della sorella avvolta tra le lenzuola alle sue spalle, raccattò in fretta e furia un costume dal cassetto, per poi dirigersi in bagno a darsi una rinfrescata con il cuore in gola, ed una strana agitazione addosso.
Erano passati due giorni dal suo incidente in mare con Shade, e ancora ne portava le cicatrici addosso.
Non per la paura. Non solo, almeno.
Sicuramente entrare in acqua da sola, dopo aver nuovamente rischiato di morire affogata, le creava non pochi problemi. Ma la vera preoccupazione era un’altra.
Corse in fretta e furia giù per le scale, constatando che Altezza come al solito era uscita prima di lei per la sua solita corsa mattiniera, e si diresse con furia verso il cancello della villa.
Mentre si avvicinava, avvertì il groppo in gola strozzarle sempre di più le corde vocali, ed il cuore scalpitarle feroce in petto.
Si appigliò con forza alle sbarre del cancello, e lo aprì. Si fiondò in strada con un sentore di speranza a pizzicarle la coscienza, ma subito quello si spense quando constatò con amarezza che nemmeno quella mattina, lui si era presentato all’appuntamento.
L’ombra del sorriso che le aveva velato le labbra un minuto prima, si spense del tutto sotto il peso di un’amara delusione.
Ormai era da due mattine consecutive che Shade non si faceva vivo. Dopo l’incidente, non avevano più avuto occasione di parlarne faccia a faccia.
Temeva di avere fatto qualcosa che poteva averlo ferito. Poi si disse che forse, più che averlo ferito, probabilmente lo aveva deluso.
Sospirò, sconsolata.
Mai avrebbe pensato, dopo tanto tempo passato a desiderare di toglierselo definitivamente dai piedi, che la sua assenza avrebbe potuto farle così male.
Si avviò mogia verso la spiaggia. Ormai aveva imparato la strada.
Si disse che, con o senza l’aiuto di Shade, lei sarebbe andata avanti fino in fondo. Non poteva fermarsi proprio ora che le sembrava quasi di poter tornare a respirare.
Per quanto riuscirci da sola fosse sicuramente più rischioso e difficile, sia da un punto di vista pratico che da un punto di vista motivazionale, lei non si sarebbe data per vinta. Lo avrebbe fatto per se stessa, prima di tutto, perché ora che era sulla strada del cambiamento era ancora più disposta a mettersi in gioco per riuscirci, e anche un po’ per Shade. Lo avrebbe fatto per dimostrargli il suo coraggio nel non lasciarsi abbattere dalle difficoltà che avrebbe incontrato lungo il percorso, e un po’ per ripicca nei suoi confronti per averla abbandonata così di punto in bianco da un giorno all’altro, senza una valida motivazione.
Sospirò. Più ci pensava, più non riusciva a darsi una spiegazione. Non era da lui sparire in quel modo. O almeno, non nell’immaginario che si era creata a suo riguardo.
Per quanto fastidioso ed insopportabile fosse nei suoi confronti, lo aveva sempre ritenuto una persona affidabile, e soprattutto leale. Uno che non si arrende. Uno che persegue l’obiettivo, anche a costo di fallire cento volte.
Se non l’avrebbe fatto con lui, si disse, lo avrebbe fatto lei. Da sola.
Con queste motivazioni tornava ad alzarsi presto ogni mattina, sempre più determinata. Anche se la sua mancanza la faceva morire dentro.
Raggiunse la spiaggia in meno di un quarto d’ora, e subito si preparò per tuffarsi in acqua ed eseguire gli esercizi di riscaldamento che Shade le aveva insegnato tempo addietro.
Coraggio, Rein – si disse, osservando le onde con aria di sfida – puoi farcela.
Accennava sempre due passi in direzione del mare. Poi istintivamente si paralizzava ad osservare le onde di fronte a sé, ancora distanti, sentendo il groppo in gola ingigantirsi sempre di più.
Allora scuoteva la testa, risoluta.
Non fare la stupida. È solo acqua.
E tentava un altro passo, ma il respiro le si mozzava in gola.
Le tornavano alla mente le immagini di Eliza che la spingeva a forza sott’acqua. Più sfocate, meno nitide, ma sempre presenti nei meandri della sua memoria.
Scrollava le spalle, stizzita.
A quell’ora, Shade l’avrebbe già rimproverata di metterci troppo a tuffarsi.
Avanti, stupida. Vai, buttati! Cosa ci vuole? Sei proprio un’incapace.
E imponeva alle gambe di muoversi senza che quelle le dessero retta, mentre le lacrime cominciavano ad appannarle la vista.
Se solo lui fosse qui… pensò. Ma lui non c’era.
Non aveva mai percepito la mancanza di una persona così forte come in quel momento. Perché, perché era sparito così all’improvviso, lasciandola sola in balia di se stessa? Dove aveva sbagliato?
- Hai intenzione di entrare, o pensi di restare a contemplare l’orizzonte per tutto il resto del giorno?-
Una voce sarcastica alle sue spalle la colse di sorpresa, facendola sussultare di spavento.
Quando indirizzò lo sguardo nella sua direzione, trovò il conforto di un paio di occhi scuri ad accoglierla in un abbraccio che non le sembrò mai così caldo.
- Shade – mormorò, sciogliendosi in un sorriso che non voleva dare a vedere quanto fosse felice di trovarselo nuovamente accanto. Se solo si fosse lasciata andare, le sarebbe corsa incontro per abbracciarlo.
Lo guardò negli occhi, trattenendo in gola mille domande.
Lui ricambiò, domandandole scusa del suo comportamento scostante con lo sguardo.
Bastò un istante, per far pace con la tempesta che implodeva dentro di loro.
Il moro sospirò, sgranchendosi le spalle.
- Scusa se ci ho messo tanto – le disse, affiancandola poi sul bagnasciuga prima di incominciare la loro sessione mattutina – ma direi che, dopo tutte le mattine passate ad aspettare i tuoi infiniti ritardi, un piccolo sgarro puoi anche concedermelo, no? – e le fece un occhiolino, sorridendo malizioso.
Rein sospirò, sentendo il cuore farsi più leggero. Avrebbe voluto confessargli che le era mancato, ma non lo fece.
- Che razza di insegnante si presenta in ritardo a lezione?- lo canzonò. Improvvisamente le parve di essere tornata a respirare.
Lui alzò le spalle, beffardo.
- Vedila così: se fossi io l’allievo, e tu la maestra, direi che sono sulla buona strada per fare enormi progressi in poco tempo –
Si sorrisero, una sensazione di calore confortante a pervadere loro il petto.
Rein avrebbe voluto domandargli molte cose, a cominciare del perché di quel lungo silenzio tra loro. Poi si disse che alla fine, quello che importava per davvero, era che lui alla fine fosse tornato da lei. Per tutto il resto ci sarebbe stato tempo. Ma quell’istante insieme non sarebbe tornato mai più, come tutti quelli già vissuti.
- Allora: dove eravamo rimasti?-
 
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Il tenue caldo di giugno lasciò presto spazio al tepore più saturo e deciso di luglio.
A circa un mese dalla loro stretta convivenza, le cinque ragazze avevano ormai imparato a starsene in gruppo, tra alti e bassi dovuti soprattutto agli sbalzi di umore di Altezza, e nonostante qualche piccolo litigio di tanto in tanto, la loro vacanza assieme stava procedendo nel migliore dei modi.
Fine e Rein, nonostante la loro ormai consolidata crisi di identità, avevano imparato a tenere sotto controllo le emozioni per non tradirsi più così spesso come all’inizio. Ogni tanto qualche piccolo errore capitava, soprattutto quando c’erano di mezzo Shade e Bright, ma nel complesso il loro modo di affrontare il problema era migliorato.
Se da una parte le due cominciavano ormai ad abituarsi alla stranezza di quella situazione paradossale, dall’altra però desideravano ancora con tutte se stesse riappropriarsi della loro vita.
Il problema era uno soltanto: non sapevano ancora come. Grace non si era più palesata davanti a loro da quel giorno dopo la festa in spiaggia, e tutto taceva nel più inquietante silenzio. Il loro unico indizio per sbrogliare quella matassa intricata si era dissolto nel nulla, e le due cominciavano a temere di restare intrappolate nei corpi della rispettiva sorella per sempre.
C’erano giorni in cui la cosa non sembrava dar loro troppe preoccupazioni. Vivevano alla giornata, fiduciose che prima o poi una soluzione si sarebbe trovata. Altri giorni, invece, il pessimismo si impadroniva di ogni loro pensiero, e le due per poco non finivano per essere insofferenti perfino con Lione, la più buona e paziente del gruppo, tanto era il loro malumore.
C’era stato un giorno in cui insieme si erano accordate per fare un giro per tutto il paese, alla ricerca di un segno della presenza di Grace. Avevano perlustrato ogni angolo della città: dal parco, alla spiaggia, dai vicoli più stretti e nascosti, alla Torre Est.
La cercavano con la coda nell’occhio nella sagoma di un gatto bianco spanciato al sole, o in un cucciolo di cane addormentato nella propria cuccia.
Grace si sarebbe palesata a loro soltanto quando lo avrebbe voluto lei.
Se hai bisogno, so dove cercarti.
Loro avevano bisogno, eccome. Eppure la loro unica speranza di tornare normali pareva averle abbandonate a loro stesse.
Tra dubbi esistenziali e crisi sentimentali dovute al rapporto con i rispettivi ragazzi, giunse finalmente una calda mattinata di inizio luglio.
Le cinque amiche erano appena arrivate in spiaggia complete di tutto il loro armamentario di ombrelli, teli, palle da gioco e riviste, e presto anche Shade, Bright, Auler e Sophie le raggiunsero per trascorrere la mattinata tutti insieme.
Altezza, dopo mezz’ora passata al sole ad abbronzarsi, sbuffò irritata.
- Oggi fa un caldo terribile – sentenziò, cercando con la coda dell’occhio un angolo di ombra dove appoggiarsi per rinfrescarsi un po’.
Lo trovò, casualmente, proprio accanto ad Auler. Fece sembrare il tutto come una pura coincidenza.
Il ragazzo stava giocando una partita di carte decisamente noiosa in compagnia di Shade, che lo stava letteralmente stracciando.
Mirlo e Lione erano a riva a godersi la carezza delle onde sulle dita dei piedi, mentre Fine e Rein se ne stavano in disparte, concentrate sulla risoluzione di un cruciverba a dir poco impossibile. Anche Bright, vedendole così coinvolte, si avvicinò a loro per partecipare.
Nel ritrovarsi la bionda accanto, praticamente ad un centimetro di pelle, Auler arrossì.
- A cosa state giocando?- domandò la bionda fintamente interessata, allungando un poco il collo per sbirciare le carte del ragazzo.
- Pinnacolo – balbettò Auler, arrendendosi di fronte all’ennesima vittoria del moro.
Altezza annuì, passiva.
- Vi state divertendo? – domandò, come se non ci credesse neanche lei.
I due alzarono le spalle.
- Hai alternative migliori?- le domandò il moro, e subito si pentì di averle fatto quella domanda. Altezza sogghignò. Lei aveva da sempre le idee migliori di tutti. Aspettava soltanto che qualcuno glielo chiedesse.
- Pensavo - cominciò lei, con fare quasi vago – che oggi il mare è più calmo del solito. Non c’è un’onda. La giornata è piuttosto bella: non c’è una nuvola in cielo. E fa un gran caldo. Starsene a riva a nuotare non rinfrescherebbe a dovere –
I due si guardarono negli occhi, capendo già dove volesse andare a parare. Nel frattempo anche Mirlo e Lione li avevano raggiunti sotto l’ombrellone, e Bright e le gemelle dal telo di fianco avevano drizzato l’orecchio nella sua direzione.
La bionda schioccò la lingua, soddisfatta. Le piaceva creare la giusta suspence, prima di enunciare una delle idee migliori che le fossero mai venute in mente fino a quel momento – non che ne avesse mai proposte di indecenti. Le sue proposte non venivano mai rifiutate, era un dato di fatto.
- Che avevi in mente, sorellina?- la incitò Bright, sempre pronto a darle man forte.
La bionda sogghignò, impettendosi un poco.
- Perché non facciamo tutti una gita in pedalò?- sentenziò poi, osservando gli amici uno per uno negli occhi in attesa di una loro reazione. Amava l’istante di indecisione che precedeva il momento della conferma. Era proprio in quelle occasioni che adorava crogiolarsi negli elogi che indubbiamente sarebbero susseguiti alla sua proposta a dir poco geniale. Modestia a parte, era l’anima del gruppo, colei che dava sempre inizio alle danze.
Se da un lato la sua proposta fu accolta con entusiasmo da Mirlo, Lione, Auler, Sophie, Bright e Fine, dall’altro Shade e Rein sussultarono scettici, lanciandosi un’occhiata di intesa prima di dare il loro consenso.
Mentre parte del gruppo si avviò a riva per affittare una coppia di pedalò, i due rimasero in disparte, confabulando tra loro con fare sospetto.
- Altezza ne ha trovata un’altra delle sue. Te la senti di spingerti così a largo?- chiese il moro alla finta rossa, quasi con fare premuroso. Dal giorno dell’incidente, pareva farsi più scrupoli del dovuto nei suoi riguardi. Non che le dispiacesse. Ma indubbiamente lo trovava strano, dopo tanto tempo passato a battibeccare con lui.
Rein alzò le spalle, disinvolta. Ne aveva passate tante, una in più non avrebbe fatto la differenza.
- Basta reggersi forte ed evitare di cadere in acqua – gli rispose, convincendo anche se stessa che la cosa poteva funzionare.
- Lo sai che ci spingeremo ben oltre la secca, vero? Sei sicura di esserne in grado? O a metà strada mi costringi a riportarti di peso a riva? – le chiese ancora lui, con un piccolo tono di provocazione nella voce.
Lei lo guardò negli occhi, orgogliosa.
- Voglio provarci – gli disse – non voglio essere un peso per niente e nessuno - e si avviò a grandi passi a riva per sistemarsi sull’imbarcazione dai toni sgargianti, che già era stata presa in possesso dal gruppo.
Shade l’osservò procedere fiera, con l’ombra di un sorriso a velargli le labbra.
Solo una settimana prima, al suono di parole come “pedalò” e “giro al largo” nella stessa frase, Rein si sarebbe abbandonata a vere proprie crisi di iperventilazione, e ci sarebbero voluti giorni per convincerla a muovere anche un solo passo verso riva.
Adesso, invece, era diversa. Più consapevole e sicura di sé.
Non seppe dire a cosa dare il merito di quel cambiamento. Ma non doverla più vedere piangersi addosso, intrappolata in una paura alimentata da un dolore del passato, lo fece sospirare di sollievo.
Forse Rein stava finalmente imparando ad accettare vecchi errori, e ad accettarsi.
Sospirò, rabbuiandosi un poco.
Avrebbe voluto sentirsi responsabile almeno in parte di quel cambiamento, ma percepì di non meritarsi un simile riconoscimento. Non dopo quello che l’aveva spinta a fare in maniera così dannatamente sconsiderata. Ancora non ci dormiva la notte, al pensiero di averla buttata in un pericolo così grande.
Shade non faceva che pensarci. A come avrebbe potuto concludersi la triste vicenda nel golfo della Torre Est. Alla paura di avere rischiato di perdere Rein per sempre. E la colpa di tutto quello, era solo e soltanto sua.
Si domandò se davvero era la persona indicata a starle accanto, in un momento così delicato della sua vita. Se davvero sarebbe stato in grado di guarirla dai suoi demoni interiori.
Prendersi cura delle persone, anche se nessuno lo avrebbe mai detto sul suo conto, faceva parte di lui. Era una responsabilità che si era sempre sentito pesare sulle spalle, fin da quanto era un bambino.
Si era sempre sentito in dovere di prendersi cura della madre e della sorella più piccola, senza la minima esitazione. Era da sempre stato lui, l’uomo di casa. Certe responsabilità, all’epoca, gli sembravano più giganti di lui. Perché anche se la madre non aveva mai voluto che il peso dell’assenza del padre incombesse su di lui, Shade non era mai riuscito a fare finta di niente.
La vedeva, sola, lottare contro le difficoltà della vita, e l’aveva ammirata come non aveva mai ammirato nessun altro. Era il suo esempio, il suo modello da seguire.
Poi però le difficoltà avevano finito per inghiottire anche lei, fino a giungere ad un punto di non ritorno. Ed era lì, che si era definitivamente imposto di imparare ad essere indipendente, e saper contare soltanto su se stesso per far fronte alle esigenze della famiglia, il prima possibile.
Nella sua vita era andato incontro a numerosi sacrifici. Ma non aveva mai rimpianto la sua scelta.
Più volte si era imposto di non dover sbagliare. Di non poter fallire. C’erano persone che contavano su di lui, e il tempo per gli errori non doveva esistere.
Anche con Rein, per quanto l’assurda proposta di insegnarle a nuotare fosse cominciata più come un gioco, sentiva di non potersi concedere il lusso di uno sbaglio. Non era abituato a deludere le poche persone che credevano in lui. E per quanto lei all’inizio si dimostrasse diffidente nei suoi confronti, si era aggrappata alla sua proposta di aiuto con tutte le sue forze, e quello era bastato per spingerlo a dedicarsi a lei anima e corpo. Quando prendeva un impegno, era abituato a mantenerlo fino in fondo.
Quello che all’inizio era cominciato come un passatempo, per lui, si era a poco a poco trasformato in un vero e proprio obiettivo da perseguire. Perché vedere Rein soffrire sotto il peso di un fantasma del passato che le aveva lasciato fin troppe cicatrici addosso, impedendole di vivere la sua vita nella piena libertà che le spettava di diritto, lo faceva imbestialire.
Nessuno aveva il diritto di portarle via la possibilità di essere felice. Nemmeno l’amore della sua vita, se Fango veramente lo era stato.
E così si era buttato a capofitto in una missione di recupero che aveva finito per coinvolgerlo più del dovuto, e in maniera del tutto inaspettata. Perché per quanto lui e Rein fossero incompatibili, da un certo punto di vista, si era ritrovato da un giorno all’altro con la consapevolezza di non poter più fare a meno di lei.
Per questo averla esposta così inconsciamente ad un pericolo, lo aveva profondamente ferito nell’orgoglio. Si sentiva come di aver tradito la sua fiducia. Improvvisamente ritenne di non essere degno di ricoprire il ruolo di guida che aveva deciso di occupare per lei.
Voleva essere il suo punto di riferimento, la sua certezza. E invece aveva quasi rischiato di lasciarsela sfuggire dalle mani per sempre, con una paura di perderla che non aveva mai sentito così forte in tutta la sua vita. Gli riempiva il petto e lo stomaco, non lasciandolo dormire la notte.
Così si era allontanato da lei, percependo l’ombra del fallimento incombere su di sé. Rein, si convinse, sarebbe stata sicuramente meglio senza di lui.
Si svegliava la mattina con la consapevolezza di saperla fuori dal cancello di Villa Ishijiama ad aspettarlo, ma non riusciva a muovere un muscolo per alzarsi e correre da lei.
A poco a poco si era chiuso in se stesso, senza una ragione, senza darle una spiegazione. Si sentiva vuoto, incosciente, inutile. Ritenne di non meritare perfino il suo affetto, se quello tra loro si poteva considerare tale.
Per un istante, si era lasciato convincere da se stesso che le cose andavano bene così. Il tempo avrebbe aggiustato quell’assordante silenzio tra loro, consolidando il muro che si era imposto di frapporre fra lui e Rein.
Ma saperla ogni mattina davanti a quello stupido cancello, attendendo trepidante il suo arrivo, faceva nascere in lui il sentore di un senso di colpa, misto a qualcos’altro a cui ancora non sapeva dare un nome.
Così l’aveva seguita, quella mattina, dopo che le aveva visto spegnersi il sorriso in volto in seguito alla sua assenza ingiustificata sentendo una stretta lancinante al cuore che mai avrebbe pensato potesse fargli così male, e aveva sorriso commosso ed ammirato non appena l’aveva vista dirigersi in spiaggia con il peso della sua assenza a gravarle sulle spalle, per continuare come tutte le mattine le sue sedute di lezioni di nuoto anche senza di lui.
L’aveva vista avvicinarsi all’acqua, impacciata e titubante, con un nodo in gola ad aggrovigliargli le corde vocali.
L’aveva osservata irrigidirsi spaventata di fronte a delle onde che immaginava le sembrassero giganti. Aveva percepito le lacrime inumidirle gli occhi, ed il cuore farsi piccolo, inaridito di un coraggio che faticava a fuoriuscire.
Se avesse davvero ceduto al suo istinto come in un primo momento di mancanza di lucidità aveva pensato di fare, si sarebbe fiondato da lei di corsa, per soffocarla in un abbraccio che voleva dire più di quanto sarebbe mai riuscito a dimostrarle a fatti e a parole. Ma la razionalità aveva preso presto il sopravvento.
Con il cuore che si era sciolto, facendosi piccolo piccolo dalla vergogna di se stesso per averla abbandonata senza un come né un perché – una vergogna più grande di quella che aveva provato quando l’aveva esposta al pericolo – si era avvicinato in punta di piedi, quasi trattenendo il respiro, per poi sciogliersi nella bellezza del suo sorriso velato di lacrime che voleva celare un sollievo ed una felicità più grande di ritrovarselo finalmente accanto.
In quel momento aveva fatto pace con se stesso e con il mondo, e pensò che non v’era altro luogo in cui volesse stare, se non accanto a Rein.
E vederla, fiera ed orgogliosa, accettare una sfida che andava oltre il suo controllo, gli fecero capire quanto la sua scelta di accollarsi la sua paura, e farla sua per poi guarirla del tutto, era stata la migliore che avesse mai preso in tutta la sua vita.
 
Il gruppo di amici solcò presto il largo a cavallo di un paio di pedalò dai colori rosso e giallo, desiderosi di tuffi e divertimento.
Fine e Rein erano salite a bordo in compagnia di Shade e Bright, i quali, da bravi cavalieri quali erano, si erano offerti da subito di pedalare per il turno all’andata, facendosi promettere dalle due gemelle che avrebbero dato loro il cambio al ritorno.
Le due accettarono di buon grado il compromesso, ben consapevoli che nell’altro pedalò c’era chi sicuramente sarebbe stato più sfortunato di loro.
Altezza, difatti, si era comodamente appollaiata sul retro dell’imbarcazione con atteggiamento da diva, senza offrire la sua disponibilità nel pedalare in nessuno dei due turni. Il primo giro era toccato ad Auler e Sophie.
- Facciamo una gara! – aveva proposto Sophie su di giri, già sentendo l’eccitazione della competizione infiammarle le vene.
- Ok, ma non andate troppo veloci. Mi si scompiglieranno i capelli – aveva sentenziato Altezza, occupando mezza porzione della barca per non perdere l’occasione di abbronzarsi nemmeno in quel frangente.
- A chi arriva primo oltre la boa?- avevano domandato i due ragazzi dall’altra parte.
- Andata! – esclamarono i due fratelli, mettendosi a pedalare a più non posso con il forte desiderio di vincere.
Mirlo, Lione, Rein e Fine incitavano la propria squadra da una parte e dall’altra per dar loro la giusta carica ai timonieri che li stavano trainando veloci tra le onde del mare.
Altezza sonnecchiava placida in attesa di giungere a destinazione, indifferente a quei giochi da bambini troppo cresciuti.
- Bah, che gioco idiota – borbottava tra sé e sé, cercando la giusta angolazione per catturare al meglio il massimo della radiazione dei raggi solari, e goderne appieno.
I due pedalò si scontrarono in un testa a testa fin quasi al traguardo. Poi la coppia dei due fratelli, con l’adrenalina a mille, scattò con uno slancio fulmineo poco prima dell’arrivo per tentare il sorpasso.
Da entrambe le parti si udivano grida e schiamazzi di incitamento.
- Dai, forza! Il traguardo è vicino! –
La stessa Altezza, odorando il sentore di una vittoria, aveva improvvisamente lasciato perdere la sua seduta di arrostimento per dare manforte al tifo di Lione e Mirlo.
- Avanti, coraggio! Facciamogliela vedere a quella coppia di parenti infami! – strillava euforica, lanciando occhiate di sfida alla coppia fratello-cugino poco distante da loro.
Shade e Bright accolsero la provocazione, mettendosi a pedalare più forte.
Dietro di loro, Fine e Rein strillavano eccitate.
Nonostante la paura di un tuffo improvviso in acqua, la finta rossa si reggeva saldamente al bordo dell’imbarcazione con entrambe le mani, lasciando che il vento le scompigliasse i capelli. Non permise alle onde e al vuoto che percepiva ingigantirsi nello stomaco di impedirle di godere di quel piccolo divertimento.
In poco tempo, Shade e Bright furono alle calcagna dell’altro pedalò.
- Metteteci più forza, più forza! Non vedete che ci stanno raggiungendo?- strillava Altezza assatanata, ormai in preda al fuoco della competizione.
La grinta che ci misero i due ragazzi per raggiungere l’altra imbarcazione li fece leggermente sbandare contro il pedalò della squadra avversaria.
Rein per un attimo sentì balzarle il cuore in gola in seguito alla sorpresa di quel contraccolpo imprevisto.
- Ehi! Non vale!- brontolò Altezza con decisione, mentre il cugino ed il fratello tagliavano il traguardo poco prima di loro, gridando alla vittoria.
- Game over! – esclamarono, euforici – Chi perde paga pegno!-
L’altro pedalò si affiancò al loro, portando su di sé il peso della delusione dei suoi passeggeri sconfitti.
- Game over? Neanche per sogno! Avete palesemente barato! Tocca a voi pagare pegno!- sentenziò Altezza stizzita per la sconfitta, incapace di perdere.
Quello che ne susseguì fu una discussione su chi dovesse far penitenza e come, che si concluse con un tuffo in acqua non voluto da parte della bionda – qualcuno l’aveva urtata inavvertitamente e l’aveva fatta cadere. Un incidente o, almeno, così sembrava – ed un susseguirsi di risate, schiamazzi, trascinamenti in acqua e tuffi contornati dalla spensieratezza tipica del divertimento.
Shade e Bright furono da subito costretti a gettarsi nella mischia, essendo stati trascinati in acqua a forza da una vendicativa Altezza ed un Auler su di giri.
Fine e Rein, invece, si ritrovarono ad osservare quella scena dall’alto dell’imbarcazione, sedute ai posti di guida.
Fine osservava divertita il gruppo di amici, con la voglia prepotente di tuffarsi anche lei a grattarle la gola.
Rein buttava l’occhio prima sul gruppo, poi sulla sorella, con l’ombra di un sorriso a velarle le labbra ed il sentore di un senso di colpa nel petto.
Era principalmente colpa sua se entrambe erano costrette a rinunciare a tutto quello spasso, in quel momento. Si sentì terribilmente in colpa nel costringere Fine ad un simile sacrificio per lei.
Come il viso prese a rabbuiarsi, Fine gettò l’occhio furtivo su di lei, accorgendosene.
Allungò delicatamente una mano verso di lei col tentativo di distrarla dai suoi pensieri. La gemella sussultò.
- Rein, tutto bene?- le chiese, premurosa. L’altra annuì, senza guardarla negli occhi.
- Mi dispiace – disse solo, sincera – non era questa l’estate che speravo per te – concluse, rivolgendole un sorriso amaro che pareva volerle chiedere scusa per tutto.  Dal loro primo litigio che era stato origine del loro scambio, a quell’ennesimo bagno mancato in seguito ad una paura ingiustificata.
Fine le sorrise, intenerita.
- Non devi preoccuparti – le disse in risposta, docile – alla fine l’importante è stare insieme, no?-
Rein annuì, malinconica.
- Sì, hai ragione – rispose, ma il senso di colpa non accennava ad abbandonarla.
Avrebbe voluto trovare in se stessa quel poco di coraggio che le bastava per immergersi in compagnia della sorella. Ma per quanto la sua determinazione fosse salda ed incrollabile, e il mare calmo, sapeva perfettamente che tentare un’immersione così distante da riva, senza che né Shade né Fine avessero pieno controllo della situazione qualora fosse capitato un imprevisto, significava abbandonarsi ad un desiderio sconsiderato e profondamente egoistico che la facevano vergognare di se stessa.
Aveva già costretto gli altri ad adattarsi alla sua paura, non poteva anche chiedere loro di accollarsi la responsabilità della sua incolumità. Se doveva tentare quel passo, voleva farlo nel pieno controllo delle sue capacità. Rischiare in quel momento, con lo spavento dell’incidente a soffiarle ancora nell’incavo del collo, era da pazzi sconsiderati.
Se ne sarebbe stata seduta, invisibile, a maledirsi per il resto della giornata della sua inutilità.
Fine l’osservò farsi piccola piccola travolta da pensieri cupi, e subito si rabbuiò.
Non le importava niente di rinunciare a quel bagno a largo, in compagnia degli amici. Avrebbe voluto tuffarsi, eccome. Ma divertirsi alle spalle di Rein sarebbe stato peggio che starsene seduta osservando gli altri farlo al posto suo.
Rein sospirò, avvicinandosi le ginocchia al petto. Per un momento desiderò non essere mai salita su quel pedalò.
- Come ci si sente – domandò ad un tratto alla sorella, pensierosa – a sentirsi liberi?-
Fine, nell’udire quella domanda, si irrigidì.
Le tornò alla mente il pomeriggio passato in spiaggia assieme a Bright, e tutto ciò che aveva taciuto alla sorella convinta che fosse meglio per lei non sapere. Arrossì involontariamente, sentendosi terribilmente meschina e traditrice nei suoi confronti.
Perché aveva così paura a dirle la verità?
Aveva rimuginato spesso su quel bacio mancato, e le sensazioni che le aveva suscitato. Forse era tempo di ammettere perfino a se stessa che per Bright provava di più di una semplice amicizia.
Ma se ammetterlo a se stessa le faceva così male, doverlo confessare alla sorella la terrorizzava ancora di più. Sbatterle in faccia l’evidenza che i suoi sforzi non erano serviti a nulla, nella sua impresa di indirizzare l’interesse di Bright verso Rein, come le aveva chiesto di fare… non era sicura sarebbe mai riuscita a sopportare di doverle dare una simile delusione.
Non dopo quello che si erano dette nel silenzio di quella notte decisiva.
Provò ad aprire la bocca per risponderle, ma non riuscì a produrre alcun suono.
Rein, ancora una volta sospirò. Questa volta guardandola negli occhi.
- Sai Fine – mormorò, malinconica – a volte penso di mentire perfino a me stessa – e sorrise, un sorriso inumidito di lacrime.
Fine trasalì, sentendosi punta nella coscienza. Doveva dirglielo, era deciso.
Se avesse aspettato oltre, sarebbe esplosa.
Prese il coraggio a due mani, inspirando forte prima di parlare.
- Rein – riuscì a dire infine, la voce arrochita dalla tensione – devo confessarti una cosa…- e proprio mentre stava per riversare su di lei il peso di ogni verità, il gruppo di amici in acqua richiamò la loro attenzione, incitando proprio Rein, nei panni di Fine, a tuffarsi.
- Che stai aspettando? Non ti butti?- le domandavano, increduli.
Rein fece spallucce, simulando un sorriso forzato.
- Preferisco far compagnia a mia sorella – si giustificò, senza sforzarsi più di tanto di trovare una scusa credibile. Era così stanca di mentire a tutto e tutti.
Gli amici si levarono in un coro di polemica e indignazione.
- Ma che ti prende ultimamente, Fine? Non tocchi un’onda da settimane – osservò Altezza inacidita, facendo sentire entrambe le gemelle terribilmente inadeguate alla situazione, l’una per la cattiva immagine che stava gettando sulla gemella, l’altra per il senso di colpa che sapeva albergare in lei, accentuato dalle parole inconsapevoli della bionda.
Il tempo dei rimproveri durò poco, poiché presto si fece l’ora di tornare a riva per restituire le due imbarcazioni al legittimo proprietario. Il tempo a loro disposizione era terminato.
Tutti tornarono sui rispettivi pedalò, fradici e stanchi per la nuotata.
- Sicura che non vuoi fare neanche un tentativo?- sussurrò Shade a Rein, percependo il suo turbamento. Si domandò se davvero permetterle di scegliere di unirsi a loro senza farla ragionare sulle conseguenze fosse stata davvero la scelta giusta da fare.
La finta rossa scosse la testa, risoluta.
- È già un traguardo essere salita qui sopra senza lasciarmi vincere da una crisi di panico. Per oggi va bene così – asserì in un sorriso, ma il moro non seppe se credere o no fino in fondo alle sue parole.
Il gruppo cominciò a pedalare stanco verso riva.
- Cosa stavi per dirmi, prima che gli altri ci interrompessero?- domandò Rein a Fine, riallacciandosi al loro discorso in sospeso.
La finta turchina scosse la testa, lasciva.
- Nulla – rispose, mentre deglutiva l’ennesima bugia pesante come un macigno, e la faceva sprofondare nei meandri della sua coscienza sporca. La determinazione che le aveva acceso le intenzioni poco prima si era dissolta del tutto.
Le due continuarono a pedalare immerse nei loro pensieri, l’imbarcazione di Altezza e compagni a pochi metri davanti a loro.
Si accostarono vicino alla corsia che segnalava l’ingresso delle barche, ancora piuttosto lontane da riva. Improvvisamente un richiamo lontano catturò l’attenzione dei quattro ragazzi, che subito volsero lo sguardo nella direzione da cui proveniva.
A chiamarli era stata un’anziana signora sulla settantina d’anni, appesa ad una boa a diversi metri da riva.
- Scusate!- disse – potreste gentilmente darmi un passaggio? Ho nuotato fin qui, ma poi le forze mi sono venute meno. Non ce la faccio a tornare indietro da sola –
- Ce la fa a nuotare fin qui per aggrapparsi? – chiesero.
La signora scosse la testa, affaticata. Annaspava ed aveva il fiatone.
I quattro manovrarono il pedalò in maniera tale che il retro dell’imbarcazione si trovasse a portata della signora. Fine le lanciò un salvagente, perché potesse aggrapparsi in modo da trainarla fino a loro, e tirarla su di peso.
Quando però la signora tentò di allungare una mano per appendersi al galleggiante, le forze le vennero meno.
- Non mi sento bene…- biascicò, la vista appannata e la tachicardia.
- Vado a riva a cercare soccorso – disse Bright a quel punto, tuffandosi in acqua e muovendo ampie bracciate verso riva, strillando qualcosa al gruppo sul pedalò davanti a loro perché corressero a cercare aiuto prima di lui.
Rein e Fine si osservarono preoccupate. L’anziana signora era pallida, quasi cianotica. Si domandarono se avesse davvero resistito fintanto che non fosse arrivato qualcuno a prenderla.
- Tenete il pedalò in posizione – ordinò loro Shade, tuffandosi a sua volta per raggiungere la signora e darle un aiuto a sorreggersi. Pareva non fosse in grado di fare nemmeno quello da sola.
Non appena le arrivò accanto, si rese conto che era in iperventilazione. Non sapeva se dare la colpa ad un attacco di panico, o a qualcosa di peggio.
- Non riesco a stare a galla – biascicò, senza forze.
- Stia tranquilla, signora. Si regga a me e al salvagente, e provi a nuotare per tenersi a galla – le disse lui, sorreggendola per un braccio e guidando la sua mano in direzione del galleggiante perché Fine e Rein potessero successivamente provare a trainarla.
Fine, dal posto di guida, pedalava per tenere in posizione il pedalò perché non si allontanasse troppo, mentre Rein dal retro era pronta a tirare la corda che teneva il salvagente legato all’imbarcazione per riportare la coppia verso di loro.
- Non so se ce la faranno…- disse in direzione della sorella con il presentimento di un pericolo a pizzicarle i sensi. La signora era piuttosto pesante, e poco collaborante. Shade da solo non ce l’avrebbe mai fatta a sorreggerla quel poco che bastava per portarla a nuoto fin dov’erano loro. Era chiara l’espressione affaticata sul suo volto nel tentativo di non farla affondare. Come se non bastasse, non era nemmeno sicura che in tre sarebbero riusciti a caricarla a peso morto sul pedalò.
Volse uno sguardo allarmato verso riva, constatando che il gruppo di amici era appena sbarcato a terra, e si era diviso per andare a cercare qualcuno che potesse aiutarli.
Si morse il labbro, tentennando.
Fine, dietro di lei, si trattenne dal tuffarsi in acqua per dare una mano a Shade, visibilmente provato.
- Cosa possiamo fare? Shade da solo non può farcela… è troppo pesante! – sentenziò preoccupata, mentre dall’acqua provenne un urlo angosciato, che diede inizio al delirio.
Le gemelle si voltarono di scatto allarmate, osservando la scena inorridite.
La signora, debole e completamente nel panico, aveva preso ad agitarsi non riuscendo a restare a galla. Shade lottava con tutto se stesso per non farla affondare, ma il corpo era pesante, e il mare fondo.
- Signora, non si agiti! Si tenga stretta in attesa che arrivino i soccorsi! – le diceva tra una boccata d’aria e l’altra, mentre inglobava litri di acqua affondando e riemergendo dalla superficie dell’acqua con la vecchia signora a peso morto su di lui.
- Non ce la faccio! – biascicava quella, completamente nel pallone.
- Santo cielo, affogheranno! – sentenziò Rein, agitata – Fine, prova ad avvicinarti ancora un po’! Devo riuscire ad afferrare almeno uno dei due! – ordinò alla sorella, che subito eseguì.
- Come pensi di tirarli su? Sono entrambi stanchi e pesanti!- asserì la finta turchina, alla guida.
- Ancora un po’!- disse Rein, allungando la mano verso Shade per cercare di afferrarlo – Voglio fare tutto il possibile al massimo delle mie capacità per aiutarli! –
Nella confusione generale, riuscì a sfiorare il braccio della signora che per poco non la strattonò facendola cadere in acqua.
Rein avvertì una voragine aprirsi in petto dallo spavento.
- Fine, allontanati da lì! – le intimò Shade, autoritario - Spingetevi con la fiancata del pedalò verso di me! Voglio riuscire ad aggrapparmi! – asserì, immerso in una miriade di schizzi e schiuma, non mollando la presa. Non fece nemmeno in tempo a dirlo, che la signora in un moto di panico dettato dal malessere, lo trascinò con se a fondo, non riemergendo per diversi minuti.
- Dio mio, morirà!- esclamò Rein sull’orlo delle lacrime. Fine, troppo impegnata nella guida dell’imbarcazione, non ebbe tempo di accorgersi di quello che accadde nel giro di un singolo istante.
Bastarono pochi secondi di riflessione perché Rein decidesse come agire.
Combattuta tra il terrore per l’acqua ed il ricordo che quella scena aveva riacceso il lei di quel giorno con Shade alla Torre Est, e il forte desiderio di salvarli, impiegò un istante ad agire di istinto, senza riflettere, d’impulso.
Senza neanche ragionare sulle conseguenze, e prima che Fine potesse accorgersene, accesa di una determinazione che cancellò dalla sua mente tutto il resto, si preparò a buttarsi, decisa a spingersi a fondo sott’acqua nel tentativo di recuperarli entrambi.
Niente e nessuno.
Fine non ebbe nemmeno il tempo di voltarsi interamente che, scorgendola con la coda dell’occhio un secondo prima di vedersela sparire da sotto gli occhi, spalancò la bocca incredula, tentando di fiondarsi su di lei per impedirle di tuffarsi.
- Rein! NO!- strillò, ma non fece nemmeno in tempo a pronunciare quelle due semplici parole, che la sorella era già scomparsa sotto la superficie dell’acqua, in una miriade di schizzi ed onde che allontanarono di qualche centimetro il pedalò dalla posizione.
Fine rimase ciondoloni sull’orlo dell’imbarcazione ad osservare tramortita la superficie dell’acqua incresparsi, il fiato sospeso e le lacrime agli occhi.
Roteò lo sguardo in ogni direzione alla ricerca di un segnale che la facesse tornare a respirare, ma nulla accadde per diversi minuti.
Tentennò sul da farsi, presa dal panico. Avrebbe potuto tuffarsi anche lei, ma poi chi sarebbe rimasto ancora che sarebbe potuto venire in loro soccorso? Sicuramente da sola non ce l’avrebbe fatta a sorreggerne tre, anche con l’aiuto del salvagente. Se Shade non fosse stato in grado di aiutarla, come avrebbe potuto lei da sola sorreggere la vecchia signora e sua sorella?
E, ammesso che fossero riemersi, come avrebbero fatto a raggiungere il pedalò, allontanatosi da loro spinto dalla forza della corrente? Sarebbe stato come condannare tutti e quattro al suicidio.
Annaspò, cercandoli per tutta la superficie dell’acqua con lo sguardo.
Avanti, vi prego – pregò, col cuore in gola.
Passò un minuto, poi due, poi tre.
Proprio nell’istante in cui si decise anche lei a tuffarsi, notò la superficie dell’acqua incresparsi di bolle, e dopo un istante la sagoma della signora sorretta da una parte dal Shade, e dall’altra da Rein, si fece di nuovo visibile ai suoi occhi.
Per Fine, fu come tornare a respirare.
- Rein!- chiamò la sorella in un sospiro di sollievo, che aiutò concentrata la signora ancora cosciente ad aggrapparsi al salvagente.
Una volta constatato che tutti e tre stessero bene, si rimise al posto di guida avvicinandosi quel poco che bastava per permettere a Shade e Rein di aggrapparsi ai lati dell’imbarcazione.
Fu questione di pochi istanti prima che una seconda imbarcazione, con a bordo Bright ed un paio di bagnini venuti in loro soccorso, li raggiungesse affiancandosi a loro, e traendo finalmente la signora in salvo, lontano dall’acqua.
Shade e Rein risalirono sul pedalò con l’adrenalina a mille, mentre Fine pedalava decisa fino a riva per seguire l’imbarcazione di fronte su cui la signora giaceva ormai inerme.
Quando attraccarono sulla spiaggia, Altezza ed il resto del gruppo erano ad attenderli con una troupe di paramedici che era arrivata fino in spiaggia con una barella.
I due bagnini fecero scendere la signora dalla barca con le sue gambe, sorreggendola di peso. Lei mosse qualche passo scoordinato sulla sabbia, prima di accasciarsi definitivamente al suolo, incosciente, davanti agli occhi di tutti.
I paramedici le furono subito attorno per monitorare i parametri vitali. Aveva ingerito un notevole quantitativo d’acqua, e nonostante la debolezza fisica e lo svenimento improvviso, aveva una forte tachicardia.
Urgeva portarla subito in ospedale.
Senza temporeggiare, la caricarono di peso sulla barella, portandola a sirene spiegate verso il pronto soccorso più vicino.
I due bagnini, una volta terminato il loro compito, si avvicinarono ai tre ragazzi, Bright compreso, facendosi spiegare la dinamica dell’accaduto.
- È stata una vera fortuna che voi passaste di lì per caso – dissero – distante com’era dalla riva, e un solo minuto in più di ritardo, sarebbero bastati perché l’incidente si trasformasse in una vera e propria tragedia. Probabilmente senza il vostro intervento la signora non ce l’avrebbe fatta –
Al suono di quelle parole, Fine e Rein sussultarono, ancora percosse da profondi tremiti di spavento.
I due bagnini sorrisero ai quattro ragazzi, congratulandosi dell’ottimo lavoro svolto.
- Avete rischiato grosso – dissero poi, in tono di rimprovero – la prossima volta limitatevi ad avvisare, e lasciate fare a noi tutta la parte pratica –
Infine si congedarono, lasciando i quattro in balia degli schiamazzi della piccola folla di curiosi che era accorsa ad acclamarli, fra i quali c’erano anche Altezza e tutti gli altri.
Il gruppo si fiondò da loro, ancora agitato.
- Mi avete fatto prendere un colpo!- rimproverò Altezza ciascuno di loro, trattenendo a stento le lacrime dallo spavento.
Quando la folla cominciò a diradarsi, e gli animi presero a tranquillizzarsi, tutti tornarono col fiatone verso gli ombrelloni. Nessuno avrebbe mai potuto immaginare che una giornata iniziata come tante altre potesse prendere una piega simile.
Fine si accostò a Rein, con aria di rimprovero.
- Sei completamente fuori di testa! Hai idea del colpo che mi hai fatto prendere quando non ti ho vista più riemergere dall’acqua?! – mormorò nera, cercando di non farsi sentire dai due ragazzi.
Rein abbassò lo sguardo, colpevole.
- Lo so, scusami… non so cosa mi sia preso – disse – ma quando non ho più visto Shade riemergere dall’acqua, io…-
La sorella sbuffò, agitata, bloccandole le parole in gola.
- Hai già rischiato una volta di morire annegata! Mi pare che basti, no? Ma che diavolo ti è saltato in mente?! Potevate morire tutti e tre, e io non avrei potuto fare niente per aiutarvi! Vuoi pensare prima di agire, almeno per una volta?! Non esisti solo tu, Rein! –
Fine le sibilò quelle parole avvelenate con un misto di rimprovero e preoccupazione negli occhi. La lasciò indietro, a rimuginare sulle parole che le aveva appena detto in un moto di rabbia improvvisa, senza darle il tempo di controbattere.
Rein osservò la sorella allontanarsi a grandi passi, per affiancarsi a Bright poco distante. Deglutì un boccone amaro, sentendosi in colpa per averla fatta preoccupare di nuovo.
Nemmeno aveva ancora metabolizzato del tutto quello che era realmente successo.
Improvvisamente, avvertì una presenza alla sua sinistra affiancarsi.
Alzò lo sguardo in quello di Shade, che l’osservava con un’espressione indecifrabile in volto.
- Ti sei resa conto di quello che hai appena fatto, vero? – le domandò, un misto di stupore ed ammirazione che trapelava dagli occhi.
Fu allora che Rein si fermò realmente a pensare. E non poté fare a meno di sbiancare, incredula, nel realizzare quel piccolo miracolo che era stata in grado di far succedere.

Angolo Autrice:

Buonasera a tutti. Come state? In questi tempi, è la domanda più importante da fare.
Giusto un mese fa, più o meno, scrivevo di avere avuto un 2019 non proprio esaltante, e sinceramente speravo in un 2020 migliore. Si vede che bisogna pazientare ancora un pò per un pizzico di fortuna, e allora pazienteremo.
Mi auguro sinceramente che ognuno di voi stia bene. Che di questi tempi è la cosa migliore. Lavorando in ospedale, so perfettamente cosa stiamo passando, e nemmeno immaginate la lotta che stiamo intraprendendo per salvare quante più vite possibile. Non scherzo. Mi auguro che chiunque legga queste mie parole, sia in grado di assumere un comportamento responsabile nei confronti di questa emergenza. E' un appello che faccio col cuore.
Detto questo, nonostante le brutte notizie che continuano ad affiorare da ogni dove, bisogna cercare anche di cogliere un pò di positività, per quel che resta. E la cosa positiva è che avevo in cantiere questo capitolo da ben prima che giungessero questi tempi bui. Ciò significa che la situazione attuale non ha influito sulla stesura del capitolo, che ho pensato di regalarvi per darvi qualche minuto di evasione dalla monotonia di questa quarantena forzata. Sempre sperando di fare cosa gradita.
Come potete vedere, c'è un colpo di scena, e Rein finalmente ci sorprende tutti quanti. Doveva succedere, prima o poi. Questa cosa riuscirà a cambiare in positivo la complessa situazione che stanno vivendo le due gemelle?
Spero davvero di poter tornare a scrivere al più presto. Al momento le mie giornate sono abbastanza concitate, sempre di corsa, con alti e bassi emotivi che ti distruggono anche fisicamente. E' un miracolo che oggi sia riuscita a stare sveglia fino a quest'ora per postare, di solito crollo molto prima dalla stanchezza.
Vorrei poter essere più serena di così, ma data la situazione tragica in cui siamo, per una volta accontentatevi di una Vale malinconica, ma che non si arrende.
Torneranno giorni migliori. Credeteci e crediamoci. E che ognuno sia responsabile di se stesso e degli altri, che questa battaglia si vince insieme e soprattutto uniti. Non è solo chi è in prima linea a lottare. Ricordatelo sempre.
Oggi va così. 
Forza e coraggio

_BlueLady_

 
  
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