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Autore: little_psycho    22/03/2020    2 recensioni
soulmate!au | Karma/Nagisa | fluff w/ angst
Soulmate!AU in cui si vede il mondo in bianco e nero fino all’incontro con la propria anima gemella.
Nagisa è blu come l’acqua e Karma è rosso come fuoco e sangue – e Karma si ricorda che l’acqua spegne il fuoco e lava via il sangue.
Genere: Angst, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Karma Akabane, Nagisa Shiota
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Red like the flame that burns in you – but the hottest part of it is blue
 
 
Non tutti hanno questo tipo di problema. Non tutti vedono il mondo in bianco e nero come i cani (che poi i gatti riconoscono anche il rosso, quindi Karma si sente profondamente offeso), non tutti devono aspettare l’incontro con una persona (che dicono sia speciale, ma in fondo può essere chiunque e la cosa lo manda sempre un po’ sulle spine) per riuscire finalmente a vedere i colori.
Gli unici colori che Karma abbia mai visto sono appunto il bianco e il nero – e una vastissima gamma di grigi che comunque non saprebbe identificare.
Quindi, tutti quelli che questo problema non l’avevano mai avuto, avevano continuato imperterriti a raccontargli che colore avesse ogni oggetto e nei casi più disperati a descriverlo.
Il giallo è caldo perché è il colore del sole ma questo a Karma non potrebbe importare di meno, perché lui non l’ha mai visto davvero, è una palla bianca che nuota in un oceano grigiastro, ha altro a cui pensare. Non gli interessa capire ciò che non può fisicamente e mentalmente: capisce la matematica, l’inglese, riconosce i kanji più difficili. Perciò andrà alla scuola media più tosta e difficile della zona.
 
Oltre al fatto che il sole è giallo, gli hanno detto che il cielo è blu. Ormai è stanco di dover spiegare che non sa, ovviamente, a cosa associare quella parola, ma sta zitto e annuisce. Poi gli hanno detto che lo è anche il mare – e questo non lo capisce. Il fuoco è rosso, il sole giallo, i fiori di ciliegio rosa.
Riflette la luce e i colori perché è trasparente. Se si mettesse dell’acqua in una bottiglia rossa diventerebbe rossa, ma il mare si trova sotto al cielo quindi è blu.
(Karma ama pensare che “trasparente” sia l’unico vero colore, riflette gli altri e quindi rosso giallo rosa e blu possono sembrargli finti, solo un po’.)
È il principio dell’arcobaleno, crede. Forse al contrario, perché i colori si proiettano nel cielo; non gli è mai importato perché il mare sarà sempre grigio e anche l’arcobaleno. Ma comunque sa che i colori primari sono sette, nel suo stupido bisogno di sapere nonostante non possa. Continua a chiedersi un po’ scioccamente, inutilmente, perché l’acqua non abbia un colore suo. Gli sembra debole in un certo senso, senza forma, senza colore, senza niente.
(Karma non ama prendersi in giro, quindi “trasparente” non è un vero colore e non esistono falsi colori, solo lui e la sua incapacità di vederli.)
 
Nell’estate tra le elementari e le medie, sotto un sole che non poteva vedere ma sentire, nella foga di non voler né sentire vedere un branco di idioti era finito in una rissa.
O almeno, era quello che aveva raccontato ai suoi genitori.
Lui aveva iniziato una rissa e aveva fatto un lavoro con i fiocchi, per essere il primo. Aveva buttato calci, pugni, morsi, testate, con il brivido di star sentendo qualcosa nella sua integrità. Aveva sempre pensato che per sentire totalmente il sole dovesse anche vederlo, mentre per sentire il brivido della lotta, il sangue sulle mani, la testa che pulsa, il sudore che scende tra le scapole, i gemiti di insofferenza, i blandi pugni che non lo scalfiscono, la soddisfazione di averli buttati giù tutti, non servivano i colori. Non serviva sapere di che colore fosse il sangue o la maglietta dell’avversario e il sole perdeva importanza.
 
***
 
È blu. Ha parlato con Nagisa Shiota ed è blu. Non perché se lo senta o altro, ma ha alzato la testa di scatto ed eccolo lì il blu. Poi l’ha riabbassata e lui è ancora blu. È stato il primo colore che abbia mai visto quando ha incontrato i sui occhi.
È bello come una bambola di porcellana, i tratti sottili e i capelli lunghi. Sorride – sorride e lo guarda come se fosse la cosa più bella e interessante che potesse capitargli. Gli sorride e lo chiama Karma-kun con un tono molto più amorevole di quello a cui è abituato. (Di quello che si merita.)
Il primo pensiero coerente è che in realtà è trasparente. È blu perché si trova sotto il cielo ma è così speciale che potrebbe prendere qualunque colore.
Come l’acqua.
(Che non è debole, no, è meravigliosa e magica, può fare quello che vuole, senza limiti.)
Lo dice, perché Karma Akabane è abbastanza egocentrico da pensare che qualunque pensiero gli passi per la testa meriti di essere espresso. Ha l’abitudine di parlare ad alta voce nella sua casa costantemente vuota per coprire il silenzio. Però ha notato che il silenzio con Nagisa non è brutto, anzi. Il silenzio con Nagisa è tranquillo e senza imbarazzi, è placido e immobile; ha l’impressione di star gettando delle pietre sulla superficie di un lago mentre apre la bocca.
«Tu sei come il fuoco» dice lui e sorride, sorride, sorride, sempre. Non mostra i denti e gli occhi non si socchiudono – sorride inarcando delicatamente le labbra, dolce.
«Rosso.»
Karma non ha ancora visto il fuoco. Ma adesso può.
(Karma per ora ha visto il blu di Nagisa – e già gli sembra abbastanza.)
 
Non avendo mai avuto la possibilità di vedere realmente le cose, le toccava. Passava le ore nell’armadio di sua madre percependo sotto i polpastrelli seta, lana, cotone, nylon, licra, cachemire. Lisciava gonne e maglioni, pensando che fosse il massimo a cui potesse aspirare. Una vista parziale e un tatto completo. Li muoveva per sentire i fruscii e allora c’era anche l’udito.
La prima cosa che adesso può vedere, toccare, sentire, assaggiare, annusare, la prima cosa in assoluto è Nagisa. Si sono spostati perché gli ha afferrato la manica sussurrando che dovevano assolutamente andare da una parte e si trovano davanti a uno spiazzale pieno di ciliegi in fiori.
Ecco cos’è il rosa. Il rosa che è anche il colore delle labbra di Nagisa, che si stendono e che lui mordicchia quindi diventano di un colore un po’ più scuro, un po’ più interessante.
Il vento si alza e il contrasto tra i petali rosa e il blu è così perfetto che potrebbe stare male. È tutto troppo – ma al contempo ne vuole ancora e ancora, vuole riempirsi fino a stare male, vuole recuperare tredici anni di vita in un solo istante. Stringe la mano piccola di Nagisa (calda, soffice, quasi bianca) e pensa di averlo fatto. Non ci può essere niente di più perfetto.
Invece, pensa – ed è un fulmine a ciel sereno, una pazzia, è come svolgere l’atto finale dopo aver appena alzato il sipario – che ci può essere qualcosa in più, un gradino superiore.
Si sporge e lo sente tutto. Lo bacia lentamente, saggiando le labbra morbide, sentendo l’odore della sua pelle, assaggiando il latte alle fragole che aveva bevuto prima. E allora può dire che è perfetto.
Quando si allontana cercando di fare la sua migliore faccia da schiaffi, quella sicura di sé mentre internamente sta morendo, contempla le guance rosa scuro (rosse?) di Nagisa, le pupille dilatate dove il nero ha divorato il blu – è rimasta una sottilissima striscia che Karma può solo indovinare essere color crepuscolo, quando il sole muore nel cielo, e adesso è il suo nuovo colore preferito. Perché è di Nagisa. Scommetterebbe che quel colore c’è solo nei suoi occhi.
Ha il respiro accelerato e non spiaccica mezza parola guardandolo con quegli occhi impossibili.
Ride con quel suo modo in po’ sgraziato, sguaiato, stonato.
«Che c’è? Troppo caldo
Nagisa sussurra con il fiatone, stravolto come se l’avesse buttato giù da un’auto in corsa, e con un pizzico di compiacenza può giurare che sembra brillare.
«Bruci.»
 
Il sangue è rosso, ma finché non se lo trova sulle mani non ci crede.
La lotta, adesso che può sentirla con tutti e cinque i sensi, completi, è ancora meglio. Non è un palliativo, non era la mancanza di qualcosa, è lo sfogo animale puro e semplice. Potrebbe paragonarla al baciare Nagisa, ma non reggerebbe. Può paragonarla al prendere i voti più alti della classe e a recepire l’odio che serpeggia tra i suoi compagni. (Tranne Nagisa – ancora prima che lo faccia sente la sua bocca sulla sua guancia e i suoi dolcissimi sussurri che gli dicono quanto sia stato bravo. Fa male essere così felici.)
I due bellimbusti hanno perso i sensi e il rosso del loro sangue si espande come un fiore sul fazzoletto che Nagisa usa per tamponargli la fronte. Lui non fa per gli istinti animali, per le risse, per le cose che non siano delicate come il cristallo.
Dovrebbe calmarsi – lo continua a ripetere il suo professore, lo dovrebbe fare per Nagisa, per la sua condotta scolastica, per Nagisa.
Sente il suo sorriso squarciargli la faccia, l’espressione statica di un pagliaccio da casa degli orrori.
«Sono come il sangue.»
Allarga un altro po’ gli angoli della bocca.
«Rosso.»
E Nagisa sembra svegliarsi da un incubo, sembra aver preso una brutta caduta, spalanca gli occhioni da cerbiatto e scuote la testa, i capelli che gli cadono davanti agli occhi come pezzi di cielo. Dovrebbe accettare tutto, no? Il bello e il cattivo tempo, i baci e i pugni – che però sono per qualcun altro, sempre. (Mai per Nagisa, mai mai mai-)
«Tu sei più chiaro.»
Il tono continua a essere indisturbato, sereno, Karma si accorge di non averlo mai sentito urlare.
«Più bello.»
 
Karma non riesce ad abituarsi subito a tutti i colori – a stento riesce a credere che il mondo possa essere così acceso. Il fast food è un trionfo di giallo e arancione, Nagisa dovrebbe saltare all’occhio immediatamente ma si gira la testa a destra e a sinistra e non lo trova.
Può affermare di avere dei buoni riflessi, di saper lottare, eppure, qualcuno gli tocca il fianco con una precisione e una velocità da terrorizzarlo. Se gli avesse voluto fare male, se fosse stata una rissa e quello fosse stato un coltello, sarebbe morto sul colpo. L’avrebbe trapassato come uno spiedino.
Sente una goccia di sudore attraversargli la schiena e morire sull’osso sacro. Sente il rumore delle posate attorno a lui, il chiacchiericcio della gente, il pavimento saldo sotto di sé. Ha i sensi a mille. Non vuole girare la testa, ha la sensazione infondata (sono in un luogo pubblico, ci sono i camerieri che passano, le sedie che strisciano per terra) che si trovi sul bordo di un precipizio.
Lo fa lo stesso, si gira, ed è Nagisa.
«Non mi avevi notato, Karma?»
È Nagisa, e nella sua mente si sovrappone l’immagine di un serpente dalle scaglie cangianti, velocissimo, velenoso, che striscia e sibila e lui ne ha paura. Quando si ha paura si sente il bisogno di distruggere ciò che la genera, ma lui non lo può fare.
È Nagisa.
È Nagisa che sorride – per la prima volta (Karma si odia per questo pensiero, davvero) si rende conto che è il sorriso di un predatore. Senza emozioni, senza raggiungere gli occhi. Sorride come un alligatore.
È Nagisa – sotto le luci al neon è blu blu blu, è blu da poterci annegare, non può staccargli gli occhi da dosso, blu e familiare da creargli un buco nel petto.
Pensa che non sia né debole né meraviglioso, solo pericoloso.
Ha la bocca secca.
«Non ti ho mai visto meglio.»
 
Karma potrebbe inventarsi un sacco di scuse, ma sa perfettamente perché ha tagliato i ponti con Nagisa, come siano ritornati a una fredda cordialità. Lo guarda negli occhi e ritorna la paura, incontrollabile, insostenibile, soffocante.
Il secondo anno è un supplizio – studia e fa a botte, un ciclo costante, dove l’unica variabile avrebbe potuto essere Nagisa con la sua presenza rassicurante. Ma no. Lui non può.
Il senpai che si trova sotto le mani urla e cerca di graffiarlo, piange. Karma potrebbe dargli una valida ragione per piangere: avere paura della persona che ami.
Quindi, perché è incazzato e frustrato, perché non c’è Nagisa a dirgli che è stato bravo e che è speciale, lo riduce a una sagoma sanguinolenta e piagnucolante.
Stava bullizzando qualcuno di più debole e Karma ha solo adempito al compito di un bravo studente di quella scuola.
Il suo professore gli urla contro, dice che i voti non lo proteggeranno, che sono l’unica cosa buona che ha.
Ha un comportamento violento, scostante.
Sente un ronzio nelle orecchie, come se qualcuno avesse staccato la spina e messo il pilota automatico, rovescia il tavolo e si avventa su di lui.
 
Appena vede una familiare chioma blu aspetta che si avvicini. Non è sano per un quindicenne essere così eccitato dall’idea di uccidere un professore – Karma smania per poterlo vedere e per la sensazione di affondare quegli strani coltelli di gomma nel suo petto.
Lo guarda dall’alto, le mani affondate nelle tasche, controluce, con i capelli mossi dalla brezza. Sa che è una posizione davvero figa – e sa di essere patetico nei suoi tentativi di fare colpo su Nagisa nonostante tutto.
Lo saluta e alla fine della giornata, dopo aver conosciuto il polpo giallo (è grazie a Nagisa che può riconoscere quel colore, se lo ricorda nei momenti più disparati) prende il ragazzo per una manica e tornano a casa insieme.
Nagisa potrebbe protestare, potrebbe rinfacciargli l’anno precedente, potrebbe fare un sacco di cose ma niente. Lo segue docile, sotto il cielo, e gli ricorda ancora una volta l’acqua senza forma né colore, l’acqua che segue la corrente.
È da un anno che non sono così vicini, Karma cerca di rimanere impassibile mentre si rilassa vicino a lui, mentre distende i muscoli e prova a sentire di nuovo l’odore della sua pelle e a riempirsi gli occhi del blu di Nagisa. Un quadro idilliaco. Così piacevole che Nagisa sorride – e Karma si ricorda che l’acqua spegne il fuoco e lava via il sangue.
 
Si allena, si fa ribaltare da Karasuma-sensei come un pupazzo di pezza, si arrampica sulle montagne, rotola nel fango. Fa qualunque cosa pur di diventare in grado di ammazzare il maledetto polpo. Al contempo, però, cerca di diventare forte abbastanza per tenere ancora la mano di Nagisa.
Per guardarlo negli occhi senza voler scappare. Arriva alla conclusione che i due avvenimenti siano strettamente collegati: se riusciranno a uccidere Koro-sensei sarà pronto per Nagisa.  
Quando gli viene quella balorda idea, Karma perde le staffe. Non riesce a trattenersi, non riesce a non pensare che Nagisa si voglia allontanare da lui, che abbia rinunciato.
Vuole salvare Koro-sensei.
Vengono alle mani, perché Karma logora e distrugge e mette sulla cattiva strada, quindi anche il tranquillo e silenzioso Nagisa viene influenzato. Vuole davvero farlo fuori quando percepisce l’aura di morte – non ha paura, no, rabbia cieca. La sua anima gemella (non l’aveva mai detto prima, pensava fosse logico, a quanto pare si deve sottolineare pure l’ovvio) che continua imperterrita ad allontanarsi, sempre di più.
(Sono legati, no? Sembrava l’unica persona che ne fosse contenta, che autonomamente volesse stare con lui. Ma nessuno vuole – Karma disintegra, Karma è il cancro della vita, prova così tanta rabbia.)
Li separano e il polpo dice di non volere scismi nella classe – ma già c’era stato troppo tempo prima, comunque. Usano fucili e coltelli a vernice (blu e rossa), Karma ha una mezza idea di come finirà.
Nagisa salta fuori colpendone quattro alle spalle. Gli occhi elettrici e a mezz’aria – Karma lo paragona a un angelo vendicatore. (Il che fa di lui quello caduto, niente di nuovo sotto al sole.)
Non l’aveva mai sentito urlare, eppure eccolo là a sforzare quella voce abituata ai sussurri a gridare che doveva capirlo, doveva ascoltarlo, doveva…
Lascia cadere il coltello e si butta al suo collo, premendo sull’aorta, non facendo passare il sangue, adesso sussurrando che doveva capirlo, perché non lo ascoltava?
Karma se lo sente addosso dopo un’infinità di tempo che era stato lontano, e si aggrappa, con Nagisa che spinge e urla e singhiozza e ormai non si tratta più di Koro-sensei.
(Forse.)
Non è mai stato bravo a leggere Nagisa.
Vuole abbracciare come meglio può tutta quella sete di sangue e non ne trova.
Non trova altro che tristezza e due braccia sottili. Capisce – con gli occhi spalancati e quasi agonizzante – che non era mai stata per lui.
Karma logora e distrugge e arde e macchia.
Nagisa lenisce, tranquillizza, non brucia, pulisce. Nagisa riflette tutti i colori che ha dato la possibilità di vedere a Karma. Nagisa sorride tra le lacrime blu come l’acqua e lo culla e lo spegne e lo lava.
Nagisa lo fa rinascere. Ancora.
«Mi arrendo.»
(Karma non può essere sangue, ma può essere fuoco – il fuoco è anche blu.)
 

 
 


Notes
Quindi, ho visto Assassination Classroom e ovviamente shippo Karmagisa – sì, sono fin troppo prevedibile. Non pubblicavo qualcosa da decenni (settembre) e l’ho letteralmente scritta tutta in una botta. Senza pause, perché ero contentissima che mi fosse ritornata l’ispirazione.
È la mia prima volta con una Soulmate!au e spero di aver fatto luce sulla mia visione del rapporto tra Karma e Nagisa.
Il titolo è preso dalla canzone “Blue” di Mika. C’erano un sacco di versi che si sarebbero sposati a meraviglia con la fic, e alla fine ho scelto un poco a caso.
Alla prossima
little_psycho ♥
   
 
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