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Autore: nikita82roma    22/03/2020    8 recensioni
Kate nella sala interrogatori si rende conto di aver appena detto che ricordava tutto del giorno in cui le hanno sparato.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Rick Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quarta stagione
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Se ne era resa conto un secondo dopo averlo detto, anche nella foga dell’interrogatorio. Per la prima volta, fuori dallo studio del dottor Burke, aveva ammesso ad alta voce che lei si ricordava tutto del giorno che le avevano sparato.

Aveva alzato lo sguardo verso il vetro ed era stato solo un flash nella mente l’idea che Castle potesse essere dall’altra parte. Ma no, lui non doveva essere lì. Se lo era detto per tranquillizzarsi, per focalizzarsi di nuovo subito in quell’interrogatorio. Con le spalle appoggiate al muro, dietro il sospettato, fissava il vetro mordendosi nervosamente il labbro. Era inquieta e non solo per il caso.

Ed era bastato ancora solo un secondo, quando aveva visto la tazza di caffè sulla sua scrivania e la sedia vicino vuota, le parole di Esposito. Lui era lì. Dove lei aveva sentito che fosse, dove lui aveva sentito rivelare nel peggior modo possibile che lei ricordava tutto. Erano mesi che cercava il modo di dirglielo e di spiegargli quello che aveva provato, come si era sentita, perché aveva reagito così. Ancora non aveva tutte le risposte per se stessa, figuriamoci se poteva darle a lui. Sapeva di avergli sbattuto in faccia la realtà in modo crudele e meschino. Provò a sorseggiare il caffè ed anche se era il solito caffè che lui le portava non aveva lo stesso sapore, ad ogni sorso sentiva il bocca il retrogusto amaro delle sue bugie e del dolore che aveva provocato a Castle, testimoniata dalla sua assenza. Non poteva essere tutta una coincidenza, sarebbe stata la prima cosa che le avrebbe detto proprio lui, esaminando i fatti.

Prese il cellulare e gli inviò un messaggio. Ora e luogo, con una preghiera finale. Era importante. Se lo conosceva, non gli avrebbe negato quell’incontro, nonostante tutto. Almeno lo sperava. 

Attese qualche istante, le rispose solo con un freddo “Ok”. Le bastava.

 

Beckett arrivò con qualche minuto di anticipo. Lui era già lì, in piedi, immobile, a fissare il marmo bianco davanti a lui.

“Perché qui?” Le chiese appena percepì la sua presenza.

“Qui è cominciato tutto. Qui poteva finire.”

“Era un po’ che non venivo a trovarlo.” Le disse togliendosi gli occhiali da sole.

“Io non ci sono mai venuta.” 

Si voltò a guardarla stupito. Lei gli allungò uno dei due caffè che teneva in mano e quando lui lo prese si sedette sul prato. Rimase a guardarla interdetto prima di sedersi anche lui.

“Cappuccino” le disse quasi stupito dopo il primo sorso.

“Dopo 4 anni non sei l’unico che sa quale caffè beve il proprio partner.” Abbozzò un sorriso poi tornò seria.

“Io non so come ci si sente a vedere la vita scivolare via da qualcuno che... da qualcuno che ami.” Deglutì facendo fatica a parlare.

“Kate...”

“No, Castle, aspetta. Fammi finire. So che probabilmente impazzirei se dovesse accadere a te. Quando c’è stata l’esplosione nella banca ed eri dentro io... volevo solo rivederti, rivedere i tuoi occhi, sapere che stavi bene.” Fece una pausa guardando davanti a sé, mentre con le mani accarezzava l’erba. “Ho lavorato in questi mesi, su me stessa. Per abbattere tutti quei muri che non mi fanno essere chi vorrei, che non mi fanno sentire libera di vivere la vita che vorrei, con chi vorrei. Sto vedendo una persona, il dottor Burke. Abbiamo delle sedute tutte le settimane, mi sta aiutando.”

Castle respirò di nuovo. Aveva in pochi istanti già creato un film nella sua mente dove al posto di Josh c’era un altro dottore. Rabbia e amore si mescolavano dentro di lui vorticosamente.

“Mi hai mentito Kate. Per mesi. Mi hai detto di non ricordare nulla. Perché?”

“Perché non ero pronta ad accettare quello che era successo e nemmeno quello che avevi detto.” Accarezzò ancora l’erba. Era fresca sotto le sue dita. “Eravamo proprio qui, vero?”

“Più o meno”

“Ho sentito ogni parola, Castle. Anche io ero convinta che stavo per morire ed ho provato a risponderti, a dirti che ti amavo anche io. Ma le parole non uscivano e mi veniva solo da piangere.”

“Perché mi hai mandato via allora?”

“Non è facile lasciare che qualcuno ti ami come fai tu. Potevi morire quel giorno. Potevano colpirti.”

“Lo rifarei, Kate.”

“Lo so. Ed è per questo che è difficile. Perché è difficile accettare che qualcuno sia disposto a tanto per me. Le tue parole, il tuo sguardo, le tue carezze, sono state un appiglio ed una tortura. Da quando sono tornata in città, da quando ci siamo rivisti, ho capito che dovevo lavorare su me stessa per meritarmele. Per essere pronta, per te. Per noi. Forse ho sbagliato tutto, non lo so...” Si alzò lasciandolo seduto, mentre la guardava avvicinarsi alla lapide di Montgomery.

“Lui lo sapeva.”

“Cosa?” Le chiese Rick.

“Che eri tu. E lo sapeva anche Royce. Forse lo sapevano tutti, tranne io. Fino a quella sera nell’hangar.”

“Non mi eri sembrata così felice di vedermi...”

“No. Ma mentre mi tenevi stretta, mente Roy veniva ucciso, mentre ero disperata e avrei voluto spaccare il mondo, ho capito che non avrei voluto nessun altro al mondo a tenermi, a stringermi, a rassicurarmi.”

Castle non sapeva cosa dire. La raggiunse, mettendosi in piedi vicino a lei.

“Forse sì, forse lo sapeva...”

“Oggi quando ho visto il caffè e tu non c’eri, ho capito cosa avevi sentito e non volevo che lo sapessi così.”

“Non c’è un modo carino per saperlo.”

“Già, ma forse quello è stato proprio il peggiore. Ho avuto paura di perderti”

“In realtà quando mi hai mandato il messaggio stavo pensando che questo sarebbe stato il mio ultimo caso al dodicesimo.” Kate si voltò e Rick potè leggere la paura nei suoi occhi. “Non avrei resistito ancora a lavorarti vicino sapendo che tu eri a conoscenza di quello che provavo per te lo ignoravi”

“Provavi?” Gli chiese con la voce tremante.

“Sono arrabbiato, Kate. Sono deluso. Ma non posso decidere quando smettere di amare qualcuno.” Le sorrise ed anche lei abbozzò un sorriso, ma non riuscì a sostenere il suo sguardo. Rimasero in silenzio. Abbastanza vicini da sentirsi e abbastanza lontani per non toccarsi. 

“Vuoi venire con me?” Gli chiese dopo qualche minuto. Cominciò a camminare e Castle la seguì. Osservava i nomi sulle lapidi mentre le andava dietro.

“Dove stiamo andando Kate?” Lei si fermò e gli prese la mano stringendola con vigore. Lui osservò le loro mani unite, stupito di quella vicinanza e di quel contatto improvviso.

“Un po’ più avanti.” E non sapeva se intendeva fisicamente o metaforicamente. Ma la seguì, lasciandosi trasportare.

Quando si fermò rimase ancora una volta senza parole. Lesse il nome sulla pietra. Johanna Beckett. Fu lui a faticare a respirare in quel momento, mentre Kate sembrava molto più a suo agio. Pensò a quante volte, da quando era solo poco più di una ragazzina, doveva essere stata lì, in quel luogo ormai familiare.

“Non vorrebbe questo per me. Lo so. Eppure a volte mi sembra di non poterne fare a meno. Di farle un torto a non scoprire la verità, di deluderla”

“Io sono convinto che tu non potresti mai deluderla.”

“Quando ti avevo chiesto di non riaprire il caso di mia madre, di non indagare, era perché lo sapevo cosa sarebbe accaduto...”

“Aveva ragione Josh... è colpa mia...” disse affranto.

“No, no Castle. Non è colpa tua e Josh è un idiota, so tutto.” gli strinse la mano e cercò il suo sguardo. Doveva essere certa che sapesse che lei non lo pensava, rassicurarlo almeno in questo. “Sarebbe accaduto prima o poi, qualcosa mi avrebbe fatto di nuovo precipitare dentro, ricadere nella mia ossessione. E mi sento come se la mia vita dipendesse da questo, che non posso andare avanti se prima non chiudo questa storia che sta condizionando tutta la mia vita. Ma ho capito che voglio di più, voglio altro. Ma non so come fare per non sentirmi inadeguata”

“Tu sei la persona meno inadeguata del mondo, Katherine Beckett, qualunque cosa tu decida di fare”

“Le saresti piaciuto, sai?”

“Perché so adulare bene le persone o perché piaccio alle donne adulte?” La fece ridere e con il pollice Kate accarezzò il dorso della sua mano. Non l’aveva più lasciata.

“A mia madre saresti piaciuto molto. Era lei che leggeva tutti i tuoi libri. Io ho cominciato dopo che... è stata uccisa. Era un modo per condividere qualcosa con lei.”

“Non me lo avevi mai detto.” Era stupito e lusingato. In un altro momento se ne sarebbe vantato a lungo, ma non era quello adatto.

“Già una delle tante cose...”

“Non sei l’unica.” Sputò fuori Castle. Aveva bisogno anche lui di essere sincero.

“L’unica cosa?”

“Ad avere delle cose non dette.” Decise di rischiare anche lui.

“Prima di morire Roy aveva inviato un fascicolo ad una persona di fiducia. Quel dossier era un’assicurazione sulla vita. Tua e della sua famiglia. È arrivato tardi.”

“Cosa stai dicendo?”

“La persona lo ricevuto solo dopo che ti avevano sparato, ma l’accordo è ancora valido. Ti avrebbero lasciata in pace a patto che tu non avessi più indagato.”

“E tu cosa ne sai?”

“Mi hanno contattato. Io dovevo essere la persona che si assicurava che tu non avessi indagato ancora.”

Kate gli lasciò la mano; in quel momento le sembrava di tenere tra le dita un ferro rovente. Si allontanò un passo da lui, andando ad appoggiarsi sulla pietra fredda con il nome di sua madre inciso sopra.

“Perché Castle? Perché non mi hai detto nulla?”

“Perché ti amo, Kate. Perché ti ho già vista morire una volta. Perché le tue lacrime sull’erba non riesco a dimenticarle. Perché avuto incubi per mesi che tu non ti risvegliavi. Perché volevo tenerti al sicuro da te stessa.” La stava quasi supplicando.

“Sai quanto è importante questo per me, lo sai Castle!” Avrebbe urlato se avesse trovato la voce in gola.

“So anche quanto è pericoloso, quanto ne sei ossessionata. Lo hai detto tu adesso.”

“Non è così semplice, Castle...”

“Io voglio solo che tu sia al sicuro, Kate. E vorrei anche io di più, per me, per te, per noi. Ma devi essere tu a volerlo veramente. Pensi che tua madre sarebbe felice di vederti mentre ti fai uccidere per lei? O preferirebbe che tu vivessi, Kate? Vivere non sopravvivere. Non ti dico di rinunciare per sempre. Troveremo altre piste, altre strade. Ma non ora. Non così. Non voglio perderti Kate ma... non posso nemmeno vederti morire ancora. Ti racconterò tutto, ma se vuoi andare avanti nella tua lotta, adesso, io non potrò esserti vicino. Non ce la faccio.” Le ultime parole furono solo un sussurro, vide le sue spalle crollare in basso. Sembrava piegato dal peso di un macigno insostenibile, lo stesso che stava affliggendo anche lei da anni.

“Pensaci Kate, ok? Sai dove trovarmi.”

Si allontanò facendo qualche passo indietro, guardandola, sperando che lei lo chiamasse. Ma lo osservò solo allontanarsi e non disse nulla. Si ritrovò presto sola, con la fredda presenza di sua madre e le sembrava di poter sentire la sua voce rimproverarla come quando era piccola. “Te lo avevo detto Katie!”

Era andata lì con l’idea di farsi perdonare e la paura di perderlo, decisa a fargli capire che aveva capito che veniva prima delle sue paure e delle sue ossessioni e lo aveva di nuovo allontanato, lo avevo ferito e deluso.

 

Non era bastato un bagno caldo a calmarla, né a farle decidere cosa fare. Sarebbe dovuta andare da lui, scusarsi ancora una volta, raccontargli di quel senso di vuoto che la assaliva ogni volta che lui si allontanava e temeva per sempre. Avrebbe dovuto dirgli che non era ancora guarita, di avere pazienza, ma che era lui quello per il quale voleva essere di più.

Era rannicchiata sul divano, le gambe strette al petto in una tuta informe. Sobbalzò quando sentì il campanello suonare. Non aspettava nessuno.

“Castle!” Aprì la porta ma lui non entrò. Allungò una mano con una penna Usb. Non capì.

“Qui ci sono tutte le mie ricerche. Tutte le cose che so sul caso di tua madre. Tutte le informazioni che ti mancano. I miei contatti... Cerca solo di non farti uccidere.”

Guardò la penna piccola nella sua mano grande e poi lui, dritto nei suoi occhi blu troppo seri, troppo tristi. Gli accarezzò il viso e lui si appoggiò sulla mano di lei.

“Ti prego, Kate non farlo. Prendi le tue informazioni e lasciami andare”. Le sue parole dicevano il contrario di quello che il suo corpo faceva, indugiando sulle dita morbide di Kate che scesero ad accarezzargli la nuca. “Per favore...” la implorò di smettere, impossibilitato a separarsi.

“Non voglio quelle informazioni. Voglio te.” Lo guardò ancora e sembrava non aver capito. Beckett annuì ripetendoglielo quando le loro labbra erano così vicine da sentirne il respiro. “Voglio te, Castle.”

Rick si lasciò trascinare dentro l’appartamento di Kate, ipnotizzato dalla sua vicinanza. Non sentì nemmeno il rumore della porta che si chiudeva mentre le labbra di lei raggiungevano le sue. La strinse a se, lasciando la pendrive cadere a terra, mentre non poteva fare a meno di baciarla, ancora. Sempre. 

“Lo faremo insieme. Qualsiasi cosa sia, Kate. Lo faremo insieme.” Le disse accarezzandole il volto. “Scalare una montagna, arrestare i cattivi, scoprire chi ha ucciso tua madre...”

“Va bene Castle. Insieme.”

“Ma senza missioni suicide. Non voglio perderti Kate. Ho una lista infinita di cose che voglio fare con te.”

“Oltre scalare una montagna?” Disse ridendo appoggiandosi alla sua spalla.

“Direi che non è proprio al primo posto delle cose che pensavo di fare con te...” Sorrise ammiccante e poi tornò serio, le prese il viso per guardarla ancora. “Lascia che ti protegga, che la morte di Roy non sia stata vana.”

“Solo se prometti che lascerai che io faccia lo stesso, che non sarai avventato... non me lo perdonerei mai se ti succedesse qualcosa io...” le mise un dito sulle labbra per farla tacere, lei lo baciò e proseguì. “Ti amo, Rick.”

“Ti amo, Kate”. La strinse a se e lei si appoggiò sulla sua spalla lasciandosi cullare nel suo abbraccio, sentendosi per la prima volta dopo tanto tempo, in pace.

   
 
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