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Autore: katyastark    22/03/2020    1 recensioni
Quando Katsuki lo rivide mentre -come suo solito- era di ronda per le strade della città, rimase un po' di stucco. Non perché Deku avesse un aspetto diverso – ma lo aveva, poco ma sicuro. Neanche perché ora vestiva meglio, o perché sembrasse in salute, in forma e felice. Non era nemmeno dovuto a quella punta di terrore che vide nei suoi occhi quando incrociarono gli sguardi, sebbene la ritenesse ugualmente fuori luogo – anche quando Katsuki era stato meschino, violento e assolutamente spietato con lui, Deku non lo aveva mai guardato in quel modo. No, non era proprio niente di tutto quello. Era per quel bambino avvinghiato al suo fianco, un piccoletto con ginocchia scorticate e il volto coperto di lentiggini, dai ricci capelli biondi e penetranti occhi verdi.
[ KatsuDeku ]
Genere: Angst, Drammatico, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou, Nuovo personaggio
Note: AU, Traduzione, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Buonasera a tutti!

Io sono Lele, la traduttrice di questa storia scritta dalla dolcissima katyastark. Ero al settimo cielo quando mi ha dato il permesso di tradurla, perché mi sono davvero innamorata del suo OC e del suo Katsuki (Io adoro Izuku ma qui il mio amore è tutto per lui ;o; ). Per questo ho deciso di portarla anche su EFP ; sulla traduzione posso dire che, ancora nel breve periodo, riuscirò probabilmente a postare con una certa frequenza, pensavo di postare un capitolo per settimana ma dopo potrei tardare un po' di più. Abbiate pazienza

Non credo di dover dare particolari avvertimenti, se non di fare un po' di attenzione al linguaggio scurrile di Kacchan (che poi qui è appena un assaggio”” ).

Non ho un/una beta, perciò cerco sempre di rileggere con attenzione ma se vedeste lo stesso errori vi prego non fatevi problemi a dirmeli!
Bene, vi auguro una buona lettura!

 

Link al primo capitolo in inglese: https://archiveofourown.org/works/22111321/chapters/52773769

 

 

 

Capitolo 1 - Genesis

 

Katsuki non vedeva Izuku da anni. Lo aveva visto una sola volta, per puro caso, in un supermercato (oppure era al mercato contadino... qualcosa del genere comunque) forse quattro anni prima. Ma prima di allora, non si erano più incontrati da quando avevano terminato le scuole medie. Perciò, quando lo rivide mentre -come suo solito- era di ronda per le strade della città, rimase un po' di stucco. Non perché Deku avesse un aspetto diverso – ma lo aveva, poco ma sicuro. Neanche perché ora vestiva meglio, o perché sembrasse in salute, in forma e felice.

Non era nemmeno dovuto a quella punta di terrore che vide nei suoi occhi quando incrociarono gli sguardi, sebbene la ritenesse ugualmente fuori luogo – anche quando Katsuki era stato meschino, violento e assolutamente spietato con lui, Deku non lo aveva mai guardato in quel modo. No, non era proprio niente di tutto quello. Era per quel bambino avvinghiato al suo fianco, un piccoletto con ginocchia scorticate e il volto coperto di lentiggini, dai ricci capelli biondi e penetranti occhi verdi. Somigliava un po' a-

No, Katsuki si fermò prima di terminare quel pensiero.

“Deku?” riuscì solo a dire. Incontrare di nuovo, per puro caso, il ragazzo dei suoi ricordi d'infanzia, ormai un uomo con una vita splendidamente estranea a quella di Katsuki -e un figlio incluso nel pacchetto-, lo fece sentire profondamente perso, abbandonato alle correnti del mare.

“Ciao, Kacchan,” lo salutò, girandosi palesemente in modo da bloccare a Katsuki la visuale di suo figlio, come se si aspettasse da un momento all'altro un'esplosione del biondo. La rabbia gli montò, giusto un po', sullo stomaco. Era un maledetto eroe. Deku non doveva avere paura di niente.

Eppure-

Katsuki scacciò via i ricordi del passato. Ricordi di esplosioni non trattenute, nudi lembi di pelle coperti di lentiggini e vestiti laceri, di occhi pieni di lacrime e fogli in fiamme.

“Papà, cos'è un Kacchan?” il bambino parlò, rompendo il silenzio, facendo capolino dalla spalla di Deku per osservarlo. Quando i suoi luminosi occhi verdi incontrarono quelli di Katsuki, sussultò. “Ground Zero!”

Katsuki fu colpito dalla somiglianza del bambino con Deku e dal fatto che il piccolo gremlin lo avesse chiamato papà. Katsuki non sapeva che tipo di futuro si era immaginato per Deku– non ci si era mai soffermato più a lungo del pensare non un eroe, non lo sarà mai – ma quello in cui lui faceva il padre non rientrava nelle opzioni. Anche solo l'idea che quel senza quirk di Deku potesse perdere la virginità era una fottuta realtà paradossale per Katsuki.

Il coso – bambino, infante, piccolo essere vivente – si agitò così tanto in braccio a Deku da costringerlo a metterlo giù, permettendo alla sua progenie di sgattaiolare furtivamente verso il biondo e strattonarlo per i pantaloni del suo costume da eroe, guardandolo fisso negli occhi, incurante della reputazione di eroe serio - ma tremendamente irritabile - che Katsuki si era fatto.

“Tu sei Ground Zero,” disse il bambino. “Conosci il mio papà?”

Deku rimase un secondo immobile per lo shock, prima di correre dietro al figlio per tentare di staccarlo dai pantaloni di Katsuki.

“Hisami, che cosa ho detto riguardo all'afferrare le persone?” chiese Deku, lievemente agitato.


“Qualcosa sulle barriere personali” rispose il piccolo, pronunciando piano le parole, come se non ne sapesse il significato.

Katsuki restò in silenzio per tutto il tempo, anche quando divenne una lotta far sì che il bambino mollasse la presa sui suoi pantaloni. Si risvegliò dal suo atipico mutismo poco dopo che la piccola mano avvinghiatasi a lui fu stretta al sicuro in quella del padre.

“Hai un figlio? Come cazz-”

Linguaggio!” il piccolo, che gli pareva Deku avesse chiamato Hisami, urlò. Deku sorrise, guardando con amore suo figlio senza fare caso allo sguardo inquisitore di Katsuki.

“Io sono Midoriya Hisami! Al mio papà tu non piaci!”

“Hisami!” protestò Deku, ripescando suo figlio per metterselo in braccio. Hisami fu tanto sfacciato da ridacchiare allo sgomento del padre.

“Io- noi dobbiamo andare,” gli disse, allontanandosi a passo di marcia da Katsuki, ancora tanto sotto shock per i fatti appena accaduti da non riuscire proprio fisicamente ad andargli dietro.

 

 

Katsuki non era davvero riuscito a smettere di pensare agli eventi della settimana scorsa. Non poteva dire di essere arrivato all'ossessione, o una cosa simile, ma aveva speso una quantità spropositata di tempo a ripensare a Deku e a quel bambino. Soffrì in silenzio con i suoi pensieri. Non è che poteva chiamare Kirishima e spiegargli che una conversazione di dieci minuti con un moccioso gli aveva occupato il cervello per un'intera settimana. Fu soltanto quando andò a fare visita ai suoi genitori che fece saltare fuori il discorso.

“Siete ancora in contatto con i Midoriya?” sputò fuori Katsuki mentre sua madre versava il the del pomeriggio. I suoi genitori lo guardarono con egual stupore, ma non dissero niente finché sua madre non fu seduta comodamente sul divano, una tazza di the tra le mani.

“Un po'. Inko se n'è andata dal vecchio appartamento e si è trasferita in una casa un po' più vicina alla nostra, perciò la vedo di tanto in tanto. Per pranzo e cose simili,” disse lei. Katsuki notò come non gli avesse chiesto il perché stesse facendo quella domanda. Suo padre per evitare di parlare, come faceva spesso, prese un sorso di the.

“Che mi dici di Deku?”

“Cosa c'è da dire?”

“Che cosa fa ultimamente?” chiese Katsuki, cercando di stare sul vago. Mandò giù qualche sorso di the, nella speranza di apparire il più disinteressato possibile.

“Credevo che non foste più amici?”

Katsuki fece del suo meglio per non brontolare platealmente. Sua madre non gli rendeva mai le cose facili.

“L'ho incontrato la scorsa settimana. Ha un-” per qualche motivo la parola gli andò di traverso in gola.

“Figlio? Lo sappiamo,” gli disse lei e suo padre finalmente parlò, con un piccolo sorriso in volto. “E' un tesoro.”

“Avete conosciuto quel coso?”

“Abbiamo conosciuto il bimbo. E' un essere umano, Katsuki, non un maledetto criceto.” Mitsuki roteò gli occhi.

“Come ti pare”, continuò il biondo, impaziente di avere altri dettagli. “Come diavolo è successo?”

“Katsuki... hai ventotto anni. Ormai dovresti sapere come funziona il processo,” gli rispose suo padre con una piccola risata nascosta dalla tazza da the. Katsuki lo fissò a occhi stretti. Suo padre era un uomo calmo, dall'indole pacifica, raramente si metteva a fare battute. Katsuki non apprezzò il suo tentativo di alleggerire gli animi in quel momento.

“Lo so come cazzo funzionano le cose!” strillò Katsuki, accaldato e in imbarazzo. “Intendevo... come- chi- perché Deku ha un fottuto bambino?”

Non era mai stato così tanto bravo ad esprimere le sue emozioni, ma -personalmente- ritenne che in quella occasione stesse davvero toccando i suoi minimi storici. Non aveva idea di come mettere a parole lo shock e lo stupore per il fatto che Deku non solo fosse responsabile abbastanza da avere un figlio, ma anche socialmente in grado di prendersi cura dello stesso. Sentiva come il bisogno di avere tra le mani una spiegazione dettagliata di come tutto era successo, passo dopo passo.

“Non ho idea di dove vuoi andare a parare, o del perché sembri così sconvolto dalla notizia, ma se sei davvero così curioso li incontreremo per pranzo la settimana prossima. Ti va di andare e sproloquiare lì?”

 

“Davvero, qualche volta penso che Hisami sia in grado di formulare frasi meglio di te.”

Il fatto che i suoi genitori parlassero così liberamente dell'esistenza dell'esserino che aveva brevemente incontrato la settimana prima lo lasciò frastornato.

“Quindi... Deku ha un fottuto bebè e a nessuno è venuta in mente l'idea di dirmelo?” era più arrabbiato di quanto avrebbe dovuto essere, più di quanto avesse il diritto di esserlo, in realtà.

Aveva accettato il rimorso per tutto quello che aveva fatto passare a Deku a causa delle sue insicurezze di quel tempo. Non si era mai scusato ma, d'altra parte, non aveva mai pensato in concreto che lo avrebbe mai rivisto. Per lui andava bene così, lasciarsi alle spalle l'immagine di Deku, in un mare di rimpianti e rinneghi.

"Ha tre anni. Perché te la prendi così tanto?"

"Perché..."cominciò, realizzando di non sapere come finire la frase e farla sembrare una di senso compiuto. Katsuki non ne capiva proprio il senso e neache di come una cosa così importante, accaduta ad una persona che la sua famiglia conosceva da una vita, fosse sfuggita alle sue orecchie. Aveva come l'ìmpressione che gi mancassero delle informazioni.

E poi... Poi cosa?

Che cosa c'era di così snervante in quel bambino , da costringere Katsuki a pensare a lui ininterrottamente?

   
 
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