Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Napee    22/03/2020    0 recensioni
Questa storia è stata scritta per l’advent calendar indetto dal gruppo facebook hurt/comfort Italia.
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Tratto dalla storia:
“Non so dove altro andare… i-io… non-...” non riuscì nemmeno a concludere la frase, i singhiozzi del violento pianto che aveva preso in ostaggio i suoi occhioni bellissimi non gli dettero alcuno scampo.
“Eren.” Lo chiamò per attirare la sua attenzione.
Il ragazzo alzò il viso e finalmente rivelò l’occhio gonfio e rosso che presto sarebbe divenuto nero.
A levi si strinse il cuore.
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Eren Jaeger, Levi Ackerman
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Un bussare leggero e incerto aveva sottratto l’attenzione di Levi dal suo libro preferito.
Si era alzato ed aveva attraversato tutto il corridoio con gli occhiali ancora sul naso.
Non aveva guardato neppure chi fosse, già lo sapeva.
Lo aveva riconosciuto dal modo timido e colpevole con il quale aveva picchiettato le nocche sul portone di casa sua.
Sapeva già che sarebbe andata in quel modo. Già conosceva i tragici risvolti che l’ennesimo colpo di testa di Eren avrebbe scatenato.
Aprì il portone pronto a sfoggiare il suo ghigno vittorioso e tracotante, ma appena notò lo spettacolo disastroso in cui verteva il più giovane, quell’espressione s’incrinò sul suo viso prima ancora di nascere.
I lacrimoni che solcavano le sue guance erano una conferma decisamente non necessaria: il coming out con i suoi genitori bigotti e all’antica non era stato quel successo che Eren pensava.
E quello Levi già lo sapeva. Poteva gestirlo. Era preparato per quello.
Ciò che lo colse alla sprovvista facendolo impazzire di preoccupazione, erano stati i graffi, i lividi e i vestiti stracciati con il quale Eren si era presentato alla sua porta. E quella valigia che tentava blandamente di nascondere dietro di sé.
“Non so dove altro andare… i-io… non-...” non riuscì nemmeno a concludere la frase, i singhiozzi del violento pianto che aveva preso in ostaggio i suoi occhioni bellissimi non gli dettero alcuno scampo.
“Eren.” Lo chiamò per attirare la sua attenzione.
Il ragazzo alzò il viso e finalmente rivelò l’occhio gonfio e rosso che presto sarebbe divenuto nero.
A levi si strinse il cuore.
“Cosa ti hanno fatto?” Non seppe perché lo chiese. Forse era una domanda retorica e non si aspettava nemmeno di ricevere una risposta.
E quando questa arrivo, Levi fu costretto ad aggrapparsi allo stipite della porta per non barcollare e cadere.
Si ritrovò a domandarsi quale genitore cacciasse il proprio figlio, quale essere abominevole potrebbe mai scaraventarlo a terra e prenderlo a calci. Ma la faccia del suo collega professore all’università di medicina si palesò fin troppo dettagliatamente dietro ai suoi occhi serrati.
La vicina di casa di Levi aprì la porta giusto in quel momento, pronta a farsi gli affari degli altri con i suoi occhietti spenti e le orecchie da pipistrello che captavano ogni cosa.
Allora Levi allungò il braccio e gli sottrasse la valigia da dietro le gambe. Lo cinse con l’altro braccio e lo invitò ad entrare senza troppe cerimonie.
“Qui diamo spettacolo.” Si sentì in dovere di giustificarsi. Forse per via del suo orgoglio vanaglorioso che nonostante tutto cercava di mantenere i baluardi della loro litigata ancora ben eretti.
Eren lo seguì senza fiatare. Si tolse il cappotto mezzo rotto e fece per poggiarlo sull’attaccapanni, ma una fitta alla spalla glielo fece scivolare di mano.
Fece per raccoglierlo, ma Levi fu di nuovo da lui e glielo impedì.
“Domani te ne compro uno nuovo.”
“Non serve.”
Si guardarono qualche secondo negli occhi. Nessuno dei due voleva cedere, nessuno dei due aveva intenzione di abbassare la testa e chiedere scusa.
Eren si era trascinato fin lì perché realmente non aveva altro luogo dove passare la notte e sapevano entrambi che quella era la scelta più saggia da fare. Ma sapevano anche entrambi che le basi della loro litigata erano ancora lì, ancora vive e fresche come braci che attendono solo un po’ di vento per scatenare un incendio.
Levi sospirò e si tolse gli occhiali. Dissimulò un fastidio agli occhi, ma la realtà era che non ce la faceva più a vederlo così, ridotto in quelle condizioni.
Il secchio con l’acqua per spegnere le braci lo mise lui fra loro, ma lo avrebbero rovesciato insieme.
“Non voglio sapere i dettagli, anzi non voglio nemmeno sentirtelo dire che avevo ragione io e che i tuoi non avrebbero approvato la nostra storia.” Espirò tutto d’un fiato, liberandosi del macigno che sentiva opprimergli il petto.
Eren rimase in silenzio in attesa. Non piangeva più, ma aveva il viso tumefatto e stravolto di chi ha combattuto una battaglia ardua e ha perso.
“Dimmi solo che stai bene…” lo chiese supplicando, con una voce strascicata e esausta. Arresa.
Ad Eren si inumidirono di nuovo gli occhi. Non rispose, si limitò ad azzerare la loro distanza e lasciarsi abbracciare dall’uomo che amava.
Lasciò che le sue braccia forti lo cullassero e lo amassero. Lasciò che lo proteggessero, che lavassero via ogni insulto, ogni lacrima ed ogni offesa che aveva dovuto subire.
Lasciò che Levi si prendesse cura di lui come nessuno aveva mai fatto. Lasciò andare la sgradevole sensazione di sentirsi sbagliato perché fra le braccia di Levi si sentiva perfetto. Si sentiva a casa.
 
 
  
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