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Autore: Alienatio Completiva    22/03/2020    2 recensioni
'Di maniera che non è un sol mondo, una sola terra, un solo sole'. (Giordano Bruno)
Daniele e Viviana sono due studenti che passano le loro giornate tra lezioni di fisica dell'universo e serate assieme. Vivono ogni attimo della loro relazione totalmente immersi l'uno nell'altro, legati da un profondo affiatamento che dissolve qualsiasi turbamento si crei. Durante una gita fuori porta faranno un incontro che cambierà la loro vita.
Genere: Mistero, Science-fiction, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Ricapitolando, con la sua 'interpretazione a molti mondi' Everett III è stato il primo a introdurre il concetto di multiverso e universi paralleli. Come abbiamo formalizzato poco fa, secondo la sua teoria, qualsiasi fenomeno quantistico origina tanti universi paralleli quanti sono i possibili risultati di tale fenomeno. Assumendo che ciò avvenga dal principio della materia, il multiverso così via via generatosi ha dimensioni talmente grandi" fece una pausa, forse rendendosi conto che la sua lezione assomigliava sempre di più a un racconto fantascientifico, poi riprese: "da rendere praticamente inevitabile l'esistenza, in uno di questi universi, di esseri uguali a noi, della nostra stessa età, se non anche più giovani o più vecchi. Per dirla in maniera romanzata, se esistono gli universi paralleli, in almeno uno di questi esisterà una copia di noi stessi, che può aver fatto le nostre stesse scelte o averne fatto di diverse." Il professore raccolse i suoi fogli e li mise insieme al computer nella borsa, quindi si rivolse di nuovo ai suoi studenti: "Scommetto che quando avete scelto di iscrivervi a fisica non immaginavate che avreste seguito corsi così affascinanti." Rise; "bene ragazzi, per oggi terminiamo qui. Proseguiremo nella prossima lezione introducendo un’estensione alla teoria affrontata oggi e, in generale, al concetto di multiverso." Le ultime parole del professore scatenarono una confusione generale tra i banchi dell’aula. C’era chi, appostato alla porta, aveva atteso con ansia la fine della spiegazione per uscire di corsa verso la stazione, chi si fermava a discorrere con i compagni di corso prima di incamminarsi; e in mezzo a tutto il brusio, Viviana vide Daniele venire verso di lei. Erano soliti incontrarsi a fine lezione, ormai era diventato una specie di rito. Un’abitudine che non si stancava mai di rinascere. Ogni volta sembrava che, qualunque appunto di meccanica quantistica avessero preso dentro le mura universitarie, sarebbe stato comunque meno interessante del vedere nuove sfumature nello sguardo dell’altro. O meno elettrizzante delle loro passeggiate per i vicoli di Padova; in cui si divertivano ad elaborare insieme teorie infondate, per poi svuotare la mente di tutti i pensieri accumulati, abbracciati dentro le coperte del letto. “Hai sentito che figata la lezione di oggi?” Daniele era di buon umore quel venerdì. L’idea di avere davanti un nuovo weekend libero lo caricava di energia positiva. “Rinaldi riesce sempre a coinvolgere come nessun altro” gli rispose lei “Sembra sia volata quest’ora...” “e per fortuna” ammiccò Viviana, “vieni da me stasera vero?” Non perdeva mai occasione per imbarazzarlo davanti ai compagni di corso e scomporre quella timida freddezza che Daniele preferiva mostrare davanti agli amici. Sulla strada verso casa erano meno loquaci del solito, come se stavolta la spiegazione li avesse particolarmente toccati. Il silenzio invadente di tutte le idee che passarono loro per la testa, fu interrotto improvvisamente dalla vicina di casa, che li salutava, lasciando socchiusa la porta di casa e reggendo con l'altra mano il guinzaglio del cane. Daniele ormai conosceva bene quel condominio. Saliva i tre piani di scale e imboccava il portone dell'appartamento meccanicamente, vivace e deciso come sempre; tenendosi dietro Viviana che a volte si perdeva nel guardare il soffitto opaco e pieno di muffa illuminato dai raggi del sole. "Ciao!" Urlarono. "I tuoi coinquilini sembrano non dare segni di vita" rise Daniele. Così rimasero a lungo sul divano a godersi quella luce solare che la porta-finestra faceva entrare copiosa in tutta la stanza, aspettando che l’astro si nascondesse dietro i rami degli alberi privi di foglie. Sapevano entrambi quanto fosse bello quel momento, e ogni volta che si vedevano a casa di lei non potevano evitare di cercarlo nuovamente. Si misero quindi anche quel giorno sul balcone, con una sigaretta fra le dita a guardare il sole scendere oltre l'orizzonte urbano. Non c'era nemmeno bisogno di parlarsi, di stare abbracciati o di guardarsi, come in uno di quei silenzi che parlano da soli. Rompendolo fastidiosamente , Daniele disse: "Era già l'ora che volge il disio ai navicanti e...", ignorando completamente la sua uscita poetica, Viviana lo interruppe: "Dovremmo andare a vedere il tramonto sui Colli, dev'essere bellissimo lì." Daniele, sorridendo, replicò: "Sai, è da un sacco che pensavo di andarci, è un'ottima idea." E dopo averci riflettuto un attimo aggiunse: "se ti va possiamo andarci domani, prendiamo il bus e in meno di un'ora siamo lì." Senza pensarci due volte, Viviana, stringendogli la mano, disse: "Va bene, Daniele." Tornarono a guardare il tramonto, adesso però erano abbracciati. Quando il sole fu completamente scomparso dietro i grigi palazzi patavini rientrarono in casa, portandosi fino al letto quella sensazione di leggerezza e distacco dal mondo che insieme inevitabilmente provavano. “Colazioncina al bar prima di incamminarci?” "Se ci alziamo in tempo volentieri." Arrivarono in anticipo alla fermata. Il freddo pungente contrastava il calore della serenità che entrambi sentivano nell’animo; come se si fossero portati dentro, per tutto il tragitto, il tepore della notte precedente. L’autobus raggiunse la fermata e, saliti a bordo, i due ragazzi furono immersi da un bagno di aria calda ed essenza profumata. Il pullman era quasi vuoto e non fu difficile trovare due posti vicini liberi. “...in almeno uno di questi esisterà una copia di noi stessi, che può aver fatto le nostre stesse scelte o averne fatto di diverse." Ripeté Viviana, trovando negli occhi di Daniele la stessa scintilla di curiosità e stupore che anche a lui aveva scaturito l'affermazione del professore, il giorno precedente. "Ti immagini quanto sarebbe sbalorditivo, e inquietante al tempo stesso, provare l'esistenza di un universo con degli individui identici a noi?”. Il tono concitato del ragazzo si smorzò non appena sentì la pressione della testa di lei accasciata sopra la sua spalla. 'Scelte diverse', a questo iniziò a pensare Daniele, e subito la sua mente tornò a quella serata di inizio autunno in cui, dopo qualche bicchiere di troppo con gli amici, propose con successo di andare in discoteca. Ormai non ricordava più come successe, ma ancora rammentava che mentre si faceva largo in quella musica assordante, si trovò di fronte a Viviana. Non si erano mai parlati a lezione, ma non appena si riconobbero passarono il resto della nottata assieme, complice anche l'ebbrezza disinibitoria. Non fu niente di serio, ma quando si salutarono qualcosa era rimasto, qualcosa che ormai era destinato a compiersi e a dar loro quel legame che adesso li spingeva a cercarsi ogni volta che potevano. Fu in quella sera, in quella prima sera, che vennero gettate le fondamenta di questo tanto vagheggiato presente. Ecco perché la lezione del professor Rinaldi lo turbava tanto: se all'epoca avesse scelto di non uscire? Se fosse arrivato nel locale un poco prima o un poco dopo? Tutta la loro odierna felicità si basava su un momento così incerto, così casuale. Adesso aveva paura: si trovava di fronte, d'ora in avanti, infinite scelte, e qualunque di queste poteva in un istante stravolgere completamente la sua vita, persino il suo stesso rapporto con Viviana. “Quid sit futurum cras, fuge quaerere" abbandonò i suoi pensieri citando con soddisfazione Orazio, ma ancora una volta Viviana lo ignorò, anch'ella completamente assorta nei suoi pensieri. ‘...la coesistenza di mondi paralleli, o di individui identici, non oscurano la stranezza della vita’ pensava lei. Non potè fare a meno di pensare al modo caotico e assurdo con cui si erano conosciuti lei e Daniele. Quel sabato di ottobre la sua coinquilina l’aveva quasi forzata a festeggiare il suo ultimo giorno da teenager. Non fosse stato per il vino scadente del supermercato, Viviana non avrebbe neanche pensato di metter piede fuori casa. Bastarono la compagnia solita di amici e qualche tiro di canna a portarla nella solita discoteca, che ormai non le riservava più sorprese. Insomma; quella noiosa serata si era trasformata in una giostra di incontri casuali, baci ciechi ed emozioni indifferenti. In quel buco di locale ognuno, come una mina vagante, poteva schiantarsi al muro come trafiggere il cuore di un uomo. Per caso lei si era ritrovata stretta alla mano di Daniele mentre si trascinava facendosi spazio tra i volti confusi del locale. Daniele non era che un’immagine qualunque, poco nitida, riconosciuta per caso da un paio di occhi poco lucidi; e sarebbe potuto rimanere tale. Alzò la testa, come destata improvvisamente da un sonno turbato, per avere la certezza che quei capelli mossi e occhi azzurri fossero ancora vicini a lei. “Hai finito di fare il latinista, Dani?!” gli scompigliò i capelli ridendo. “Sai dove siamo?” “Dovremmo essere vicini a Luvigliano” Da lì si sarebbero incamminati verso i Colli Euganei. La giornata passò in fretta; per evitare di percorrere i sentieri al buio s'incamminarono verso la fermata quando il sole non era ancora calato, e i suoi ultimi arancioni raggi proiettavano lunghe le ombre, mentre lo sterrato si trasformava in asfalto man mano che si avvicinavano a Luvigliano. Con quella luce, pensò Daniele, gli occhi di Viviana sembravano più verdi del solito, cosicchè il piccolo cerchio castano attorno alla pupilla risaltava meravigliosamente. L'euforia di quel momento venne rovinata dalla vista in lontananza dell'autobus che abbandonava la fermata senza di loro: "Che palle!" Esclamò Daniele, Viviana rideva; alla fine non era una tragedia, significava soltanto che avrebbero passato più tempo assieme. Raggiunsero la fermata mentre dalla parte opposta vi si era avvicinata anche una signora anziana, a cui apparentemente non importava aver perso l'autobus. Dopo qualche istante la donna si voltò verso di loro e vi si accostò sorridendo. Il suo viso era dolce e colpì immediatamente entrambi; una lieve coltre di nebbia invernale regalava ancora più brillantezza agli occhi dell’anziana signora. Le loro venature verdi e azzurre coesistevano e si intrecciavano con l’alone giallo che si apriva dalla pupilla e la circondava. ‘Sembrano la fusione dei nostri’ pensò Viviana, guardando ancora una volta l’iride di Daniele, celeste; così chiara e trasparente quanto intensa e accesa. “Il prossimo autobus passa tra mezz’ora.” Quel volto amichevole mostrò le rughe che il tempo aveva inciso agli angoli della sua bocca. “Dove siete diretti?” “Stiamo tornando a Padova”. I due giovani cercavano di ricambiare con altrettanta solarità il sorriso che, sconosciuto, si era presentato loro inaspettatamente. “Ah! è sempre bello vedere due volti così giovani dalle mie parti” continuò la signora. Sembrava come se avesse bisogno di parlare con qualcuno, per rivelare una grande verità, o forse semplicemente per ingannare il tempo dell’attesa. Caso volle, che quegli occhi brillanti avessero scelto proprio Daniele e Viviana. Daniele continuò la conversazione: "abita qua vicino?" "In un certo senso, sí." I due ragazzi si lanciarono un rapido sguardo per vedere se anche l'altro era rimasto confuso, ma la signora proseguí: "In realtà sono qui solo di passaggio, un po' come voi. Piuttosto ditemi, come mai questa gita sui Colli?" Rispose Viviana: "Avevamo voglia di fare qualcosa di diverso, e di vedere un diverso tramonto assieme" "Quindi siete già una coppia!" Disse radiosamente, per poi continuare: "Che belli che siete. Sapete, non siete poi così diversi dai miei genitori, anche loro erano belli come voi." Improvvisamente il suo contagioso sorriso le scomparve dal volto, quindi, con un tono di voce più cupo, continuò: " Loro purtroppo sono morti da tempo, ma non passa giorno in cui io non pensi a loro, e non preghi di rivederli." Alzò gli occhi verso Daniele e Viviana e tornò a sorridere come prima: "Volete sapere come si sono conosciuti?" "Certo!" Risposero all'unisono; quell'anziana signora aveva qualcosa che non solo li spingeva a volerla conoscere meglio, ma faceva anche sentire ciascuno dei due più legato all'altro. “Quando ero giovane chiedevo sempre ai miei genitori di raccontare la loro storia, mi sembrava così romantica! Si conobbero in treno quando ancora erano molto giovani. Non era raro che viaggiassero; erano studenti fuorisede, e bastò solo uno sguardo perché nascesse in loro un sentimento, quasi si fossero già conosciuti in passato. Ogni tanto mi domando cosa sarebbe successo se quel giorno fossero saliti in vagoni diversi, probabilmente adesso non sarei qui a parlare con voi." Rise, quindi continuò: "per questo ho sempre pensato fosse stata una fortuna il loro incontro.” interruppe il racconto “beh, vi ho già annoiato abbastanza. Che Dio vi benedica ragazzi, mi raccomando, non fermatevi mai!” e si allontanò. Daniele e Viviana non si accorsero che era appena arrivato il bus, gridarono alla signora per avvisarla, ma lei non si voltò. Salirono in fretta, un po' straniti dal fatto che evidentemente la signora era rimasta alla fermata solo per parlare con loro. Si sedettero nell'autobus nuovamente semivuoto; erano stanchi, soddisfatti e felici, ma soprattutto erano pensierosi, ancor più di quanto non lo fossero nel viaggio di andata: quella donna li aveva colpiti profondamente. Era come se, guardandola, entrambi riuscissero a rispecchiarsi, come se una parte di loro stessi fosse parte di lei. Questi pensieri furono superati da quell'appagamento che è solito accompagnare ogni faticato ritorno a casa; Viviana si addormentò appoggiata alla spalla di Daniele, che intanto la guardava teneramente. Una volta tornati a Padova, cenarono a casa di lei e, poco dopo, senza nemmeno chiederselo, si misero nel letto, dimenticandosi di qualsiasi pensiero avessero avuto in quel surreale pomeriggio. Le giornate scorrevano spensierate. Il cielo grigio invernale si stava addolcendo, come il ricordo di quella gita fuori porta. Gli incontri a fine lezione, le lenzuola del letto ritrovate a terra, le sigarette in balcone si ripetevano, incastrandosi con gli impegni giornalieri, come un rifugio desiderato e necessario. Ognuno era per l’altro una fonte inesauribile di nuovi modi per stupirsi, ma anche di soliti aspetti, conosciuti fin troppo bene. Con lo spuntare dei fiori primaverili e delle giornate più calde, come una stretta di mano che piano piano lascia la presa, tutto ciò che prima era stato per i due una nuova scoperta, diventò un’abitudine senza stupore, o sorprese. Sapevano che era stata la scelta giusta. Per quanto ne avessero sofferto, separarsi era diventato inevitabile. Entrambi avevano bisogno di andare oltre, di vivere nuove esperienze, di cambiare vita. Ciascuno dei due aveva sempre apprezzato la dolce e positiva monotonia che tanto ricercavano, ma ultimamente una nuova sensazione li aveva assorbiti: non era più rivivere volutamente momenti già piacevolmente esperiti, era come se stando assieme ripetessero una vita che già avevano vissuto. Nessuno dei due sapeva spiegare con esattezza come fosse possibile questo loro stato d'animo, ma entrambi lo provavano; e così il loro allontanamento era stato inesorabile. Erano passati sei mesi da quando Daniele e Viviana si erano lasciati. All'inizio era stata dura per entrambi, e incontrarsi ogni giorno a lezione non aiutava; ma con l'arrivo della loro ultima sessione d'esami, il non vedersi più aveva portato un po' di sollievo, anche se il ricordo dell'altro non era ancora del tutto svanito in nessuno dei due. Ciascuno era tornato dalla sua famiglia per passare un po' di tempo con i propri cari mentre veniva ultimata la tesi. Quando la scadenza per la consegna fu resa pubblica, venne per entrambi il momento di tornare a Padova. Viviana era sempre combattuta al momento di mettersi in viaggio; felice di tornare alla vita frenetica padovana, ma nostalgica alla sola idea di abbandonare le sue colline con i loro dolci pendii. L’avevano accompagnata negli anni più spensierati della sua vita; la loro vista le trasmetteva sempre pace nell’animo, e se la sarebbe portata sempre dietro. Anche quando il vento estivo consumò la sua vacanza in compagnia della famiglia, in quel settembre si sentì investita da questa serenità malinconica. In stazione, mentre aspettava il treno, rifletté su tutto ciò che si era lasciata dietro; alla necessità inevitabile di perdersi qualcosa per continuare a vivere seguendo la propria strada. ‘Certo che è buffo,’ fissava il vuoto ‘si aspetta una vita intera per costruire qualcosa, o raggiungere un obbiettivo, ma una volta che lo si ha tra le mani non si è mai felici completamente. Com’è possibile abbracciare tutto ciò che ci rende felici?’ Avrebbe voluto avere quel ‘tutto’ in valigia, da portare sempre con sé. Ma le rimaneva la sensazione di aver dimenticato qualcosa. Finalmente l’arrivo del treno le impedì di ritornare sui suoi passi e la costrinse a focalizzarsi sul suo ritorno a Padova; sulla sua laurea. Aveva un cambio a Bologna, poi sarebbe arrivata direttamente alla meta. Non vedeva l’ora di sedersi nel secondo treno per rilassarsi e concedersi unicamente alla vista oltre il vetro. Trovò posto vicino al finestrino. Stava per prendere le cuffiette dalla borsa quando la sua attenzione cadde sul posto occupato davanti a lei, e una scossa le pervase le membra. Si era alzato presto quella mattina: i suoi genitori erano già svegli: "In bocca al lupo, ci vediamo alla proclamazione." Dopo averlo abbracciato, la madre lo salutò e Daniele uscí di casa diretto verso la stazione. Era in anticipo, decise quindi di andare a piedi. Fra lo scrivere la tesi e studiare per gli esami, negli ultimi tempi non aveva mai avuto veramente un momento per riflettere. Mancava ormai poco, presto si sarebbe laureato e la sua vita sarebbe completamente cambiata. Ripensò ai primi giorni di università, agli amici che aveva avuto la fortuna d'incontrare; ripensò a Viviana: in così poco tempo era diventata una parte importante della sua vita e ancora, nonostante la storia con lei fosse ormai finita, il suo ricordo indugiava nella sua mente. Non aveva più importanza, si sarebbe lasciato ogni cosa alle spalle, pronto a iniziare la sua vita da adulto, fiducioso di qualunque cosa il futuro volesse riservargli. Arrivò in stazione con qualche minuto di anticipo; aspettò un poco, quindi potè salire sul treno che lo avrebbe portato a Bologna, dove avrebbe preso il cambio per Padova. Passò il viaggio verso la sua prima tappa leggendo di Giordano Bruno. Arrivato a Bologna, comprò una bottiglietta d'acqua alle macchinette della stazione, e salí sul diretto per Padova. Trovò subito un posto, vi si sedette, tirò fuori immediatamente il libro e riprese a leggerlo. Dopo un poco, alzò la testa. Bastò solo uno sguardo.
   
 
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