Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
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Autore: _aivy_demi_    22/03/2020    20 recensioni
Era stato l’ultimo ad essere accolto all’agenzia di ricerca di nuovi talenti nel mondo della musica, l’ultimo di conseguenza ad essersi unito al gruppo.
Park Jimin, questo il suo nome: un nome che Jeon Jungkook, neppure con tutta la forza di volontà del mondo avrebbe potuto dimenticare. Un nome che già conosceva, e che aveva imparato a detestare.
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Kim Taehyung/ V, Park Jimin
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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No time for Regrets

Sweet chocolate biscuits 


Per quanto stranamente inquieta, la domenica era trascorsa rapida: Yoongi e Jungkook non s’erano fatti vedere tutto il pomeriggio, presentandosi solamente per un rapido saluto e un caffè condiviso in sala comune. Nulla di più.
Namjoon sperava in un lavoro collaborativo, una distanza portata da ispirazione, complicità e creatività, ci sperava sul serio ma era il primo a sapere che non sarebbe stato proprio così: quei due si mostravano lo stretto necessario per mantenere le distanze da Jimin. Non era certo l’unico a chiedersi costantemente il motivo di questa scelta, ma era il primo a preoccuparsene ed aveva il gran bisogno di doverne parlare con qualcuno. Ci provò a bruciapelo proprio quel pomeriggio, conversando con Jin, il più anziano del gruppo.
«Senti, so che non è un mistero l’attrito tra loro, ma vorrei evitare che questa storia vada avanti per troppo tempo. Siamo tutti nella stessa barca, dovremmo imparare a darci una mano e collaborare civilmente. Prima di parlarne con i ragazzi preferirei avere un tuo parere. E per una volta tanto cerca di essere serio.»
L’altezzosa tipica espressione di Jin lasciò il posto ad un volto accigliato; abbandonate le battute di basso livello e le risate forzate, caddero anche i tentativi di distrarre gli altri attirando costantemente l’attenzione. Si distanziò dal resto dei presenti di modo da concentrarsi solo e soltanto su Namjoon.
«Io la penso così: ho rinunciato alla mia strada, ho cambiato le mie aspirazioni e puntato ancora più in alto per essere qui. Se dovessi andarci di mezzo perché due coglioni non vanno d’accordo…» si bloccò senza aver bisogno di finire la frase, non avrebbe permesso a nessuno di veder sfumare ciò che voleva ottenere nella vita: diventare famoso, finire tra i volti più conosciuti dell’intero panorama internazionale e godere di tutti i frutti del duro lavoro, in ogni modo possibile.
«Capisco. Io vorrei andassero d’accordo.»
«Ed io che non mi rovinino la carriera ancora prima di cominciarla.»
«Beh, direi che il fine è lo stesso, no?»
Taehyung si avvicinò curioso, stringendo tra le mani un pacco di biscotti con cui si stava ingozzando senza alcun pensiero; indicò l’orologio da parete con le dita imbrattate di cioccolato.
Allenamento.
Voleva dire soltanto una cosa: la prima sessione di esercizio in sette, il gruppo al completo. Jimin deglutì rumorosamente sentendo la mano amichevole di Hoseok frizionargli la spalla con energia.
«Andiamo?»


La fronte imperlata di sudore, i capelli disordinati sparsi su di essa fino a sfiorare le palpebre ed in certi punti il naso.
Fatica.
Muscoli doloranti.
Fiatone.
Non scherzavano affatto quei sei, pensava il nuovo arrivato passandosi il polsino sulla pelle umida: certo, la metà non aveva un ottimo livello di preparazione alla danza, anzi. Sembrava di aver a che fare con tre estranei alla pratica, però ce la stavano mettendo tutta tentando di recuperare le varie lacune. I passi non erano tra i più complessi, ma ripeterli per così tante volte di seguito sfiancava a sufficienza. Jimin si stese sul parquet della sala prove socchiudendo gli occhi e distogliendo lo sguardo dai neon appesi al soffitto ingrigito dal tempo. La stanza non era molto grande ma era sufficiente a contenerli e ad imbastire i movimenti più semplici.
Abbastanza, anche se non molto. Scacciò quei pensieri infelici rilassando le spalle e la fascia lombare sul pavimento duro, inspirando lentamente dalla bocca per rallentare il ritmo accelerato dato dalla fatica, ed un’ombra si intromise tra il corpo sfinito e lo spazio vitale improvvisamente violato. Spalancò le iridi issandosi a sedere immediatamente e coprendosi in fretta il ventre lasciato all’aria dalla maglietta oversize.
«Complimenti, sei davvero bravo.» Namjoon gli si era seduto accanto smuovendo i polpacci tesi ed affaticati. «Non potevo aspettarmi di meglio per il gruppo. Hai superato le mie aspettative, sappilo.»
Un sorriso cordiale e luminoso, le gote leggermente arrossate dal complimento ricevuto. Ne era certo, quel ragazzo stava facendo di tutto per riuscire a metterlo a proprio agio.
«Senti, non è che…» si avvicinò con fare complice al ballerino, coprendosi le labbra con il palmo della mano, «non è che potresti darmi qualche lezione?»
Risero entrambi. Si premurò di rassicurarlo e promise di dargli una mano nelle parti più difficili. Non gli avrebbe fatto certo male un po’ di allenamento in più, anzi; avrebbe familiarizzato con Namjoon concentrandosi su qualcosa che gli piaceva fare. Chiacchieravano seduti mentre la musica era ripartita scatenando l’ilarità di Hoseok e Taehyung che ballavano a ritmo incalzante, saltellando e cantando come bambini arrivati ad un parco giochi. Attorno gli altri battevano le mani a tempo, intervenivano, si lanciavano uno sull’altro per poi riprendere a giocare.
Un’atmosfera leggera, condivisa da tutti.
Jimin osservava la scena, stavano divertendosi tutti, nessuno escluso. Si rabbuiò, quando c’era lui l’atmosfera non era così festosa, e si sentì nuovamente fuori posto e fuori tempo. Nam lo notò osservandone le reazioni stampate in viso e si mise a ridere. «Non devi preoccuparti, non è facile inserirsi ma nemmeno impossibile. Ci è voluto un po’ anche per loro, cosa credi? Dai tempo al tempo, e a loro di crescere. Andiamo? C’è un distributore automatico qui vicino, non hai sete?»
Si alzarono entrambi, e prima di uscire dalla sala il ragazzo diede un’ultima occhiata ai compagni incrociando lo sguardo complice di Jin.
Raggiunta l’area ristoro si fermarono. Un leggero sentore di tensione stringeva lo stomaco di Jimin, ora che erano rimasti soli. Il clang della lattina della bibita rimbombò a vuoto. S’azzardò a parlare dopo aver sorseggiato rumorosamente, perfettamente a disagio. «Ma qui la domenica non c’è mai nessuno?»
«Esatto. Sono tutti a casa, e spesso pure altri pomeriggi della settimana.»
Lo guardava confuso, cercando di comprendere come fidarsi di un’azienda che ragionava in quei termini lavorativi così malleabili e vari.
« Non capire male, qui si lavora bene, solo che… beh, vedi, dobbiamo ancora ingranare. Non è un mondo facile quello che ci siamo scelti ma immagino tu lo sappia già.»
Certo che sapeva. Fin da bambino aveva dato tutto se stesso per la danza, rinunciando al resto: amici, tempo libero, passioni, giardini, doposcuola. Tutto. Sacrificio, dedizione totale.
Aveva vissuto coi paraocchi, fino al momento in cui aveva deciso di partecipare al provino che avrebbe dato una spinta alla sua carriera. O almeno, questo era ciò in cui aveva creduto presentandosi una mattina in una sala concerti affollatissima, pronto a dimostrare all’intero mondo ciò che sapeva fare.
«Sei bravo, veramente bravo. So di avertelo già detto, ma si vede che ti piace ciò che fai. Non stavo scherzando quando ti ho chiesto di darmi una mano. Io sono un disastro, anche se mi ci impegno non riesco a memorizzare completamente ciò che dovrei fare.»
Sembrava sincero ed empatico. Questo era ciò che aveva colto di lui Jimin in quella breve conversazione. La genuinità di cuore di Namjoon stava stabilizzando il suo respiro ed i suoi nervi.
Una bella sensazione.
«Vedrò cosa posso fare. Dici tipo sessioni di allenamento aggiuntive? Che ne so, prima o dopo l’orario solito?»
«Sarebbe perfetto. Senti, per quanto riguarda Jungk-»
Il nome non uscì intero dalle labbra del maggiore.
Taehyung sbucò all’improvviso dall’angolo: stava correndo verso il bagno situato di fronte alla macchinetta del caffè, tappandosi la bocca con le mani.
«Ehi, Tae, tutto bene?»
L’unica risposta muta fu un semplice cenno del capo. La porta della toilette sbattuta malamente confermò: non andava affatto bene.
Jimin si scusò con il ragazzo correndo dietro all’altro con un’espressione preoccupata in volto. Bussò più volte ma il risultato fu un conato di vomito accompagnato da un mugolio di dolore e disagio.
«Taehyung?»
Silenzio.
«Tutto ok?»
Un mugugno impastato confermava che sarebbe potuta andare meglio, molto meglio di così. Il giovane fece ciò che l’istinto dettava: spinse leggermente la porta del bagno ed entrò, incontrando la figura accasciata dell’altro intento ad annaspare nel tentativo di non rigettare di nuovo. Gli si inginocchiò accanto accarezzandogli la testa con un tocco delicato.
Lui inclinò la testa di lato e sorrise, prima di rovesciarsi nuovamente sulla tazza del gabinetto e imprecare rabbrividendo. Jimin gli massaggiava la schiena con movimenti circolari balbettando nell’imbarazzo quanto fosse stato bello il tempo quella mattina, e di come la pioggia non sarebbe tornata tanto presto.
Cazzate, giusto per non sapere che argomento affrontare in una situazione simile.
«…-nte»
Allungò i timpani a pochi centimetri dalla sua nuca.
«… la fronte…»
Lo conosceva da meno di due giorni e già si stava occupando di lui come di un bambino bisognoso.



 
   
 
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