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Autore: ONLYKORINE    23/03/2020    6 recensioni
Lei è un medimago e lui un Auror.
Avrebbero dovuto dichiararsi a Hogwarts al quinto anno, ma non l'hanno fatto e si sono messi con le persone sbagliate.
Ora, dopo dieci anni, si ritrovano a dover indagare su due casi che in verità è uno solo...
Per non parlare del compito più difficile di tutti: dover sopravvivere alle rispettive famiglie!
Doveva essere una Oneshot. Sarà una storia breve, giuro.
(PansyxBlaise)
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blaise Zabini, Ginny Weasley, Harry Potter, Pansy Parkinson, Theodore Nott | Coppie: Blaise/Pansy, Draco/Astoria, Harry/Ginny
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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001. il ritorno di Blaise

*** scusate, questa non è una storia nuova, ma una storia che ho sbagliato a cancellare perché... (non cè una spiegazione logica, probabilmente ho disturbi mentali...) quindi scusate se l'avete già letta...

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I personaggi della saga di Harry Potter sono di proprietà dell’autrice JK Rowling e l’opera, di mia invenzione, è stata scritta senza scopo di lucro

Il ritorno di Blaise

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Draco e Astoria erano veramente carini insieme. Pansy sospirò e si sedette al tavolo, vicino a Theodore Nott.
“A cosa pensi?” Theo beveva vino bianco da uno dei bicchieri e la guardava di sottecchi. Era il suo miglior amico. L’unico che riuscisse a leggerle dentro come nessuno aveva mai fatto. “Trovo che siano carini”.
“Non ti dispiace neanche un po’?” Fece girare il liquido dentro il bicchiere.
“In che senso? Perché si sono sposati?” Il moro annuì.
Sorrise senza falsità. “No. Lo sai che Draco non mi interessava veramente neanche a scuola”. Alzò una spalla e prese un bicchiere anche lei.

 

 

Theo osservò l’amica. L’aveva provocata apposta. Sapeva che non le interessava Draco. Sapeva chi le interessava veramente ai tempi di Hogwarts. Sorrise e appoggiò il bicchiere. “A proposito… Guarda chi c’è…”
La mora alzò gli occhi e sorrise alzandosi in piedi. “Blaise! Ci sei anche tu! Sei tornato!” Theo guardò Pansy abbracciare Blaise con affetto e lui ricambiare la stretta.
Si alzò e salutò l’amico anche lui. “Cosa fai al tavolo dei single? Non avevi nessuna donzella disposta ad accompagnarti?” gli chiese, stringendogli la mano e posando l’altra sulla sua spalla.
Blaise sorrise e alzò le spalle. “I matrimoni sono i posti migliori per rimorchiare”. Già. Si sedettero tutti e tre.
Vide Pansy sbuffare sorridendo e girarsi verso gli sposi.

 

 

Pansy guardò verso la famiglia della sposa. Daphne, come sorella di Astoria, non sedeva al tavolo con loro, ma con i suoi genitori. La sua migliore amica dai tempi di Hogwarts era incinta di quasi otto mesi e suo marito, Steve, le teneva una mano sulla schiena, mentre la ragazza guardava verso il loro tavolo. Non riuscì a capire il suo sguardo.
Da quando Daphne si era sposata, il loro rapporto era cambiato. Le loro uscite si erano diradate e quando andava a casa sua, spesso si sentiva a disagio. Senza contare il fatto che lei tentasse in tutti i modi di accasarla con qualche amico di suo marito.
Pansy non voleva sposarsi. L’aveva detto anche ai suoi genitori. Non voleva un matrimonio di convenienza. Piuttosto, da sola. Aveva il suo lavoro e per ora le bastava. Guardò la mano di Steve accarezzare il pancione di Daphne.
Per, forse, quello, un po’ lo desiderava. Bambini. Sì, desiderava avere dei bambini. E un uomo che l’amasse. Non che amasse il suo patrimonio, il suo casato o il suo stato di sangue. Che amasse lei.
Sospirò e si voltò verso i ragazzi. Blaise la stava guardando. Gli sorrise e alzò il bicchiere per un brindisi nella sua direzione. Lui rispose alla stessa maniera e bevette. Per fortuna ci pensò Theo a tenere in vita la conversazione.

 

 

Blaise osservò Pansy guardare la sala. Sembrava triste. O forse era solo pensierosa. Non la vedeva da un sacco di tempo. Forse tre anni. E l’ultima volta si erano visti di sfuggita. Merlino, era sempre più bella. Quando si era alzata per abbracciarlo aveva visto il suo corpo snello fasciato in quel bellissimo vestito verde, che le metteva in risalto gli occhi, e aveva sentito il suo profumo di limone e menta quando si era stretta a lui. Aveva dovuto raccogliere tutta la forza che sentiva dentro per non stringerla troppo e portarla via. Per una volta, avrebbero potuto passare insieme del tempo senza complicazioni.
Vide Daphne avvicinarsi al loro tavolo. Oh, oh. Forse no, qualche complicazione ci sarebbe stata. “Ragazzi! Scusate se non sono passata prima, ma sapete, con tutte le cose che c’erano da sistemare… E poi questa…” disse, accarezzandosi la pancia e sorridendo a Pansy.
Merlino, se era tonda! Sembrava che stesse per scoppiare da un momento all’altro. Pansy si alzò e le disse di non preoccuparsi, prima di abbracciarla.
Poi Daphne si voltò verso Theo e, alla fine, verso di lui. Lo guardò con un’occhiata strana. Disse qualcosa ma Blaise non sentì. Pansy si avvicinò all’amico e disse: “Theo, andiamo a salutare gli sposi, che non l’abbiamo ancora fatto”.
Blaise capì che voleva lasciarli da soli. Lui seguì i ragazzi con lo sguardo e poi lo riportò sulla bionda.
“Come stai, Daphne?” Non si avvicinò.
“Sto bene. Non ce l’ho più con te, se è questo che intendi. Sono passati dieci anni, e poi non ti sei quasi fatto più vedere. Sarei un’oca se fossi ancora arrabbiata con te.” La vide lanciare un’occhiata al marito e lui osservarla.
Annuì. “Lo sai che mi è dispiaciuto…”
Annuì anche lei. “Sì, l’ho capito. Dopo, ma l’ho capito. Ma adesso…” Si voltò verso Pansy e Theo, lasciando la frase in sospeso. Si voltò anche lui. Il moro teneva la mano sulla vita della ragazza in un atteggiamento molto intimo. Troppo, per i suoi gusti.
“Lei è quasi fidanzata. E tu non sei capace di tenerti una ragazza per più di una settimana. Le rovineresti la vita. Non fare sciocchezze.”
Blaise sbatté gli occhi. Lo aveva detto davvero? Aveva capito che lui ancora… E poi, cos’altro aveva detto? Pansy… Fidanzata? “Perché è al tavolo dei single se è fidanzata?”
“Questo non è il tavolo dei single. Anche se Theo continua a fare battutine. E comunque il fidanzamento non è ancora ufficiale.”
Annuì senza dire niente. Lei non lo aveva detto. Stava con Theo? O con chi? Aveva letto qualche notizia, sul suo lavoro o sulla famiglia, ma del fidanzamento non aveva sentito niente. Altrimenti sarebbe venuto con una ragazza. Una qualsiasi.
Aveva pensato che sarebbe stato carino parlarle e chiederle di uscire insieme, adesso che lui era di nuovo a Londra. E che Draco si era sposato. Anche se era difficile. Anche se la scuola era finita da un bel po’.
Ma questo cambiava tutto. Sospirò quando Daphne se ne andò dopo averlo salutato con un bacio sulla guancia. Guardò verso gli sposi e vide che si erano aperte le danze. Alcuni elfi iniziarono a portare da mangiare, ma quasi nessuno era seduto. Si alzò e decise di andare a salutare gli sposi anche lui. In fin dei conti, era grazie a loro se era lì.

 

 

Pansy baciò e abbracciò Astoria. Aveva detto la verità. Era contenta che si fossero sposati. Sapeva che era un matrimonio d’amore e non di convenienza e questo la fece sorridere senza che se ne accorgesse. Prima di salutare anche Draco si trovò vicino Theo. Lui c’era sempre. Ma adesso era troppo vicino. Quando le posò la mano sul fianco e la fece scendere più giù, sbuffò. “Smettila, Theo”. Gli spostò la mano.
Lui ghignò strafottente. “Dai, se facciamo finta, c’è più possibilità di rimorchiare!” Ma i ragazzi pensavano solo a quello?
Sbuffò ancora e si avvicinò a lui per sussurrare: “Non vuoi rimorchiare. Lo sai benissimo”.
Il moro cambiò espressione per pochi secondi e poi tornò a ghignare. “Io parlavo di te. Dovresti farti sbattere un po’…”
“Theo!” gridò sottovoce, scandalizzata.
Lui rise, beffardo e si allontanò dicendo ad alta voce: “Però ti farebbe bene”.
Theo era innamorato di una ragazza babbana, ma lei non sapeva che lui fosse un mago. E lui non sapeva come gestire la cosa. Lei non avrebbe accettato lui e quello che rimaneva della famiglia del ragazzo non avrebbe mai accettato lei.
Lo guardò per un po’, poi si voltò per andare a salutare anche Draco. Quando lo baciò sulle guance facendogli le sue congratulazioni, la band che intratteneva gli ospiti iniziò a suonare un brano movimentato. Rimase imbambolata e, per un attimo, spaesata ma poi Draco le prese la mano e la fece ballare. Si guardò intorno e vide Astoria ballare con uno degli altri ragazzi e non si preoccupò.
Dopo due brani, la band cambiò ritmo e suonò un lento. Oh, no. Un lento no. Draco fece il gesto di prenderla fra le braccia, ma lei scosse la testa e, indicando Astoria con il capo, gli disse: “Balla con la tua sposa”, e lo spinse delicatamente verso la moglie.
Li osservò mentre si allacciavano e iniziavano la danza. Fece due passi indietro e si scontrò con Blaise.

 

 

Non c’era un’occasione migliore di quella. Sembrava un caso. Quando lei indietreggiò, Blaise fece qualche passo avanti e lasciò che lei gli finisse addosso.
“Attenta” sussurrò vicino al suo orecchio. Le mise una mano sul ventre, come per proteggerla ma solamente per godersi quel contatto, Pansy si voltò, rossa in viso, scusandosi e lui sorrise scuotendo il capo.  Spostò la mano al centro della sua schiena e disse: “Balliamo”, prendendole la mano.
Non glielo chiese. Aveva paura che dicesse di no. Così lo disse e basta, trascinandola al centro della pista. Lei non poté negarsi. Gli mise la mano libera sulla spalla e si avvicinò. Valeva la pena essere venuto al matrimonio solo per questo.

 

 

Quando Blaise l’aveva abbracciata da dietro aveva sentito le guance andare a fuoco e un brivido percorrerle il corpo. Poi aveva capito che non la stava abbracciando, l’aveva solo presa per non farla cadere quando gli era finita addosso. Che sbadata!
Ora stava ballando fra le sue braccia e si sentiva così bene. Ai tempi di Hogwarts avrebbe dato la bacchetta per una cosa del genere. Balle, mica solo al tempo di Hogwarts. Anche adesso. Si rese conto di arrossire ancora e cercò di staccarsi da lui. “Io… vado alla toilette…”

 

 

Blaise rimase un attimo stranito quando lei se ne andò, così poi tornò al tavolo. Theo lo guardava. “Cosa c’è?”
“Cosa hai fatto?” Theo lo guardava molto male.
“Cosa ho fatto?” chiese, non curante. Merlino, era stato così evidente?
“Qualunque cosa tu abbia in mente, Blaise, non farla.”
Lo guardò negli occhi. Theo era un caro ragazzo. Un vero amico. Ma adesso non lo sembrava per niente.
Quando Theo seguì con lo sguardo Pansy che andava in bagno gli chiese: “Sei tu il suo fidanzato?”
L’espressione del moro fu impagabile. Sembrava che avesse ingoiato un pixie. Avrebbe quasi riso. “Pansy non è fidanzata”.
“Daphne ha detto di sì.”
Theo fece un’altra faccia strana. “Daphne?” Poi dovette fare due più due e chiese sottovoce, avvicinandosi a lui con il busto: “Ti piace Pansy?”
Blaise non disse niente. Se gli piaceva Pansy? Magari. Sarebbe stato come avere una cotta. Un interesse. Un flirt. E invece lui erano dieci anni che non riusciva a togliersela dalla testa.

Piace non è la definizione giusta, Theo.

 

 

Theo sorrise. Ma poi si rabbuiò. Merlino! A Blaise piaceva Pansy.  E Daphne aveva detto a Blaise che Pansy era fidanzata. Doveva averlo fatto apposta, visto che non era vero. Ma perché? Possibile che…
“Hai mollato Daphne per Pansy? A Hogwarts?” Quanti anni prima? Merlino. Blaise lo guardò senza dire niente. Cioè, a Blaise piaceva Pansy dal tempo della scuola? Oh, se si fossero parlati all’epoca! Si passò una mano fra i capelli e aprì la bocca per dire qualcosa, quando sentì la sedia vicino a lui muoversi e parlare.
“Eccomi. Cosa c’è di buono?” Ah no, non era la sedia. Era Pansy. La guardò di sottecchi. Sembrava accaldata. Ma c’era caldo. La gente che ballava, il vino, il tendone. Ci stava tutto. Si riprese quasi subito.
“Niente. Ma il vino è eccezionale”. E prese il calice guardando Blaise.
Pansy sorrise e prese il suo bicchiere. “Allora berrò il vino”.

 

 

***

 

 

Quando, quella sera, si smaterializzò a casa, Blaise non era riuscito a parlare con Pansy. Theo non li aveva più lasciati da soli. Probabilmente non si fidava di lui. Oppure voleva provarci con lei. Non lo aveva capito.
Blaise odiava i matrimoni. Non ci andava mai. Ma Draco era Draco e, nonostante tutto, era uno dei suoi migliori amici. Ed era contento di esserci andato. E vedere Pansy gli aveva fatto bene.
Imprecò quando vide il gufo della madre aspettarlo sullo schienale del divano. Gli diede un boccone e aspettò che gli lasciasse la pergamena.
Quando la lesse imprecò ancora. Più volte.

 

 

***

 

 

Pansy aveva i nervi a fior di pelle. Tre giorni prima aveva litigato con suo padre, con sua madre e con Daphne. Con Daphne, sì. Daphne, quella che credeva la sua amica, si era coalizzata con i suoi genitori e contro di lei e aveva organizzato un fidanzamento con un tipo che neanche conosceva. Ma Daphne sosteneva che fosse un tipo a posto, un bravo mago, una cara persona e che sarebbe stato perfetto per lei. Non ci aveva visto più. Aveva detto a Daphne tante cose, molte delle quali molto più cattive di quel che si meritasse e ora era pentita. In fin dei conti era incinta e non doveva subire forti emozioni. Ma lei aveva perso la testa e non ci aveva pensato.
Ora era difficile chiedere scusa. Anche perché non voleva cedere. Era la sua vita. Avrebbe dovuto decidere lei. Lei avrebbe scelto chi sposare. E il fatto che avesse detto di no a tutti quelli che glielo avevano chiesto, non c’entrava per niente con il ragazzo moro di cui si era innamorata ai tempi della scuola. Erano passati dieci anni. E lei era cresciuta. Però averlo rivisto…
Ma ora aveva altro a cui pensare. Ora aveva quel guaio al lavoro. Merlino, Merlino, Merlino! Aveva fatto uno sbaglio grosso come un Ungaro Spinato. E adesso… Sospirò. Aveva bisogno di una pausa. Si guardò intorno nel suo appartamento londinese e decise di uscire.
Appena materializzata in Diagon Alley alzò il viso verso il sole. Aveva fatto bene a vestirsi con cura. Quando andava al lavoro sembrava sempre vestita come un Elfo domestico, ma a lei piaceva davvero vestirsi bene e scegliere gli accessori, quando ne aveva tempo. E adesso aveva tempo. Tanto tempo. Almeno che servisse a qualcosa.
Si fece forza ed entrò alla Gringott.

 

“Cosa vuol dire che non posso prendere i MIEI galeoni?” Alla quarta volta che dovette rifare quella domanda, Pansy urlò contro la biondina con la gonna corta e la maglietta striminzita che le stava davanti. La poveretta era terrorizzata, ma non abbastanza da permetterle di prelevare il denaro.
Continuava a guardarla e poi balbettò: “Suo padre…” Imprecò ad alta voce. Ora non le interessava più, non attirare l’attenzione.
Ogni volta che rifiutava un candidato al matrimonio, suo padre le toglieva la possibilità di accedere al conto di famiglia. Ma che diamine! Questa volta non lo avrebbe permesso. Era una cosa stupida. Anche lei guadagnava! Era anche suo il denaro! E poi erano passati tre giorni, suo padre avrebbe già dovuto averci ripensato, come le altre volte.
Sbuffò e fece un finto sorriso alla ragazza (doveva essere uscita da Hogwarts da poco, sembrava molto più giovane di lei e, purtroppo, molto più carina).
“Ascolta, dov’è il tuo capo? Il direttore? Il signor Harris. Dov’è il signor Harris?” Il direttore sapeva di questo suo piccolo problema con il padre e l’aveva sempre aiutata. Anzi, di solito le andava incontro prima ancora che lei passasse dalla seconda porta dell’ingresso.
“Il signor Harris non c’è più…” Il sorriso di Pansy si congelò e sparì alla velocità di una smaterializzazione.
“Come non c’è più?” Per un attimo si sentì spaesata. Si passò una mano fra i capelli e sospirò guardandosi intorno.
Non sarebbe tornata a casa dei suoi a pregare suo padre di darle i SUOI galeoni. “Lui non lavora più qui da…”

 

 

“Brittany, che succede? Cos’è tutta questa confusione?”
Blaise aveva sentito le urla fin dal suo ufficio. Quel posto era gestito malissimo. E sì che era la banca più importante del mondo magico. Sospirò.
Si era alzato dalla scrivania quando aveva capito che nessuno era in grado di fare il proprio lavoro, ma quando uscì dall’ufficio si trovò davanti a un litigio fra due donne. Merlino, era in grado di gestire una scaramuccia femminile? E poi, voleva davvero farlo? Non avrebbe potuto farlo qualcun altro? No, purtroppo no. Era lì per sistemare tutti quei problemi.
La ragazza che riusciva a vedere in viso era la cassiera, aveva imparato il suo nome perché lei glielo aveva scritto con cuoricini e fiorellini vicino al suo indirizzo in una miriade di pergamene profumate che lui trovava sulla scrivania tutti i giorni e regolarmente faceva sparire con un Evanesco della bacchetta.
L’altra invece non la vedeva in viso e non capiva chi fosse. Era girata di spalle e si agitava un po’. Forse una della contabilità. Non era ancora salito al piano della contabilità e non conosceva tutte le impiegate. Pensava che alla contabilità ci fossero solo folletti.
Beh, era stato un grosso errore. La ragazza aveva un gran fondoschiena e un vestito corto che lasciava ben poco da immaginare di quelle lunghissime gambe. I lunghi capelli scuri sciolti sulle spalle gli ricordarono Pansy. Oh, Troll che non sei altro! Da tre settimane, ossia da quando l’aveva vista al matrimonio di Draco, tutto gli ricordava Pansy. Non sarebbe mai riuscito a non pensarci. Avrebbe dovuto sistemare velocemente la questione alla Gringott e partire di nuovo.
Brittany gli sorrise di quel sorriso che aveva visto mille volte sul viso di altrettante ragazze e gli rispose civettando: “Non si preoccupi, è tutto a posto, signor..”
“Tutto a posto uno snaso a cavallo!” Blaise spalancò gli occhi mentre la ragazza che urlava si girava e si mostrava, visibilmente arrabbiata. Merlino, era Pansy davvero! Non era una dipendente. Non riuscì a non esclamare: “Pansy!”
Lei sorrise, riconoscendolo. Un sorriso vero. E stanco. Stanchissimo.

 

 

“Blaise!” Pansy era rimasta un po’ sorpresa. Piacevolmente sorpresa. Pensava che lui fosse di nuovo andato via, ovunque andasse quando lo sentiva nominare dagli altri ex serpeverde.
Ma quindi era lui il nuovo direttore? E da quando? “Ma sei tu il nuovo direttore?” E avrebbe potuto aiutarla, come faceva il vecchio dipendente?
Lui scosse le spalle senza rispondere e disse: “Che problema c’è?”
La ragazza bionda che aveva di fianco tentò ancora di ribadire che non ci fossero problemi al che lei la incendiò con uno sguardo.
Si avvicinò al moro e disse “Non è che puoi aiutarmi? Non vogliono lasciarmi andare alla mia camera blindata…” Blaise le fece cenno di seguirlo nell’ufficio.
Pansy si voltò verso la ragazza bionda e ghignò. Com’è che l’aveva chiamata Blaise? Brianna? La salutò con un gesto affettato. Piccola stronza.

 

 

Blaise non riuscì a nascondere un sorriso quando Pansy disse: “Ciao Brianna”, in maniera artificiosa. La seguì nell’ufficio che occupava, fece sedere Pansy davanti alla scrivania del vecchio direttore e le chiese se volesse qualcosa da bere. O che domanda stupida! Blaise, lei è qui per una questione di lavoro, non è venuta a casa tua a trovarti!
Per fortuna lei non si accorse dell’errore e si sedette scrollando il capo e guardandosi intorno. “Hai fatto bene a togliere quei quadri dalle pareti. Quello che c’era lì era veramente orribile” disse, sventolando la mano in alto.
Quindi era stata lì altre volte. Forse più volte. A fare che? Il signor Harris non era la persona migliore di questo mondo e aveva lasciato un sacco di casini.
“Cos’è successo?” le chiese, guardandola. Lei divenne rossa e si fece piccolina, ma poi si raddrizzò.
“Mio padre ha di nuovo revocato il mio accesso alla camera blindata…” Come? Blaise spalancò gli occhi. Cosa voleva dire? E cosa voleva dire ‘di nuovo’?
“Sì, beh…” balbettò lei, ora aveva lasciato vagare lo sguardo per la stanza, come se non riuscisse a guardarlo in viso. “Quando litigo con i miei… Mio padre mi toglie…” Sospirò.
Ma chi è che faceva una cosa del genere? Suo padre le toglieva l’accesso alla camera con i galeoni? E perché? Ma non erano galeoni di Pansy?
“Ho capito. Ma perché non hai una camera blindata tua? Con il tuo lavoro…” Capì di aver sbagliato quando la ragazza lo guardò direttamente negli occhi stringendo i suoi.
“Cosa sai del mio lavoro?”
Tentennò, ma non troppo. Aveva imparato quell’arte da un sacco di tempo. Scosse le spalle. “Non lavori al San Mungo? Immagino che tu sia stipendiata, no? Perché non hai una camera tutta tua? Non avresti bisogno del permesso dei tuoi genitori”, per usare i soldi che ti guadagni.
Lei alzò le spalle e lo guardò confusa. “Il signor Harris diceva che non avrei potuto avere una camera tutta mia. Non è vero?” Come? Quell’idiota di Harris aveva detto di no? E perché mai? Se avevi un lavoro, potevi avere una camera. Merlino, anche se non lo avevi, a volte!
Poi le chiese: “Capita spesso che tuo padre decida di toglierti l’ingresso alla camera?”
Lei rise nervosamente e si passò una mano fra i capelli. “Bo, forse una volta ogni settimana o ogni due.  A volte non vengo neanche qui e ci pensa mia madre. È che di solito il giorno dopo gli è già passata e io neanche me ne accorgo. Ma stavolta sono passati tre giorni, pensavo che…”
Prima di impedirsi di parlare le chiese: “Perché avete litigato?”
Lei alzò le spalle “Solite cose…”
Ossia? Lui non aveva un padre, non lo sapeva. Pensò ai padri dei suoi amici. Theo aveva un padre molto vecchio e solo, lo vedeva pochissimo da quando era uscito da Azkaban. E Draco, beh, Draco litigava con suo padre quando era a Hogwarts per via del signore oscuro e da quando era caduto, gli parlava a malapena. Di cosa si litigava nelle famiglie normali?
Lui continuò a guardarla e lei si spazientì. “Ascolta, oggi è il mio primo giorno libero dopo tre settimane di lavoro filate. Ho bisogno di rilassarmi in una Spa e di non pensare a niente, quindi: Puoi aiutarmi? Se non puoi, va bene uguale e me ne vado”.
No. Non voleva che se ne andasse. Se suo padre le inibiva l’ingresso alla camera così spesso, magari l’avrebbe vista più volte anche lui.
Harris! Ecco cosa faceva Harris! Le aveva detto di no per la camera così quando lei non poteva accedere ai galeoni andava a cercarlo. Oh. E sì che pensava fosse un idiota. Ma certo che era un idiota! Scosse la testa per riordinare i pensieri.
Lei dovette capire male perché tentò di alzarsi dalla sedia. “No. No, aspetta. Scusa, non sono bravo a spiegarmi. Intanto, possiamo fare le pergamene per avere una camera blindata per te. Ti interessa?”

 

 

Se le interessava? Pansy sospirò. Certo che le interessava! Non era divertente tutte le volte andare nell’ufficio di quel viscido mago a chiedergli di darle i SUOI galeoni. Annuì. Sperò che non ci volesse troppo tempo. Voleva davvero andarsi a rilassare. Per Salazar, se ne aveva bisogno. Guardò di sottecchi il moro che alzava la bacchetta facendo comparire dei moduli di pergamena. Però anche stare un po’ con lui non le dispiaceva per niente. Magari avrebbero potuto chiacchierare un po’.
Blaise le era mancato. Anche se non erano mai stati amici come con Theo, o se spesso faceva battutine su lei e Draco o la prendeva in giro, sapeva che non era cattivo, a Hogwarts. Cosa faceva adesso? Si scoprì interessata. Oh Pansy, ancora questa storia? Sono passati quasi dieci anni…
Ma avrebbe potuto andare il giorno dopo alla Spa, non aveva fretta. E no, niente fretta. Una settimana, le avevano dato. Una settimana. Vacanza l’avevano chiamata. Sospirò. Ci mise pochissimo a compilare quello che doveva e dopo gli chiese: “Ma quindi non posso avere niente?”
Lui scosse la testa. “Non oggi”. Oh, Merlino. Niente Spa.
E cosa avrebbe fatto?

 

 

Lei si era rattristata. Era impossibile vederla in quello stato, per lui. Così disse: “Però avrei bisogno anch’io di rilassarmi. Potremmo andare insieme. Penserei io ai… conti. Che si fa in una Spa?” Lei lo guardò divertita, ma poi divenne sospettosa.
“E perché dovresti voler venire con me?” Lui si rese conto, di nuovo, di essere stato precipitoso.
“Te l’ho detto, voglio rilassarmi anch’io”. Alzò le spalle in un gesto innocuo imparato in più di vent’anni a contatto con vecchie zie impiccione.
“Ma se non sai neanche cos’è una Spa!” Lei non era stupida. Ok, voleva solo passare del tempo con lei. Merlino, sarebbe stato con lei anche se avesse dovuto guardarla mentre… mentre… non gli venne in mente niente. Ma lo avrebbe fatto. E non lo avrebbe confessato.

 

 

Che intenzioni aveva Blaise? Perché le aveva proposto di andare insieme in una Spa se non sapeva neanche cosa fosse? C’era sotto qualcosa. Si annoiava della vita monotona di Londra e pensava che lei fosse una preda facile? Sapeva che rimorchiava ragazze con la stessa frequenza con cui sua madre cambiava i fiori in sala da pranzo. Lo raccontavano sempre Draco e Daphne quando parlavano di lui. Ma aveva capito male.
“Non verrò a letto con te” mise in chiaro. Lui rise. Oh. Rideva. Di lei? Avrebbe dovuto stare zitta. Merlino! Che cosa stupida aveva detto! Poteva lanciargli un Oblivion? Che figura!

 

 

Blaise rise per non rattristarsi. Ma era bravo nei bluff. Così disse mentre raccoglieva le pergamene: “Non te l’ho chiesto. Però c’è una cosa che potresti fare per me e saremmo pari”.
Si fermò quando entrò un folletto a cui diede le pergamene e quando uscì di nuovo dalla stanza lei chiese: “Ossia?”
Blaise si fermò a guardarla. Lei era incuriosita, ma non lo chiese ancora. Aspettò. Quando si agitò un po’ sulla sedia, ghignò. Una piccola, dolce tortura. “Che fai sabato?”

 

 

Sabato? Che domanda era? Pansy ci pensò. Di solito il sabato lavorava. Ma ora… cosa avrebbe fatto? Niente. Assolutamente niente. Alzò le spalle. Non voleva sembrare una di quelle ragazze che non hanno niente da fare. Sperò che lui continuasse.
“Sabato mia madre si sposa”. Oh. La mamma di Blaise? Era vedova da così tanto tempo…
“Oh!”
“Già”. Già cosa? In fin dei conti la vita va avanti, no?
“E quindi?”
Lui scrollò le spalle. “Ci vieni con me?”
“Dove?”

 

 

Blaise un po’ si spazientì. Ma ci era o ci faceva? “Al matrimonio!” Lei spalancò la bocca. Per Salazar se era bella. “Al matrimonio di tua madre? Con te?”
Lui rimase zitto, aspettando una risposta. Diamine, perché non ci aveva pensato prima? Era un’ottima scusa. E non ci sarebbero stati gli altri. Niente Theo, niente Daphne.
“Perché lo chiedi a me? Non hai una ragazza da portare?” Una ragazza? Una ragazza di quelle che frequentava lui al matrimonio di sua madre? Piuttosto una cruciatus. Alzò un sopracciglio.
Lei sospirò. “Ok, va bene. Va bene. Ho capito. Per tua fortuna non ho impegni improrogabili, sabato, quindi sì. Se mi porti alla Spa oggi, io ti accompagno al matrimonio di tua madre”. Lui annuì sorridendo. “Sorridi perché non hai la più pallida idea di cosa si faccia in una Spa…”
Il suo sorriso svanì mentre lei ridacchiava e si alzava dalla sedia. “E tu hai accettato perché non conosci mia madre”.
Lei si fermò e anche il suo sorriso sparì.
Almeno erano pari. Quando si voltò, ghignò anche lui.

 

 

***

 

 

“Allora perché hai litigato con i tuoi?” Quella sera, seduti al tavolo di un locale babbano, dopo aver passato tutta la giornata in una Spa, Blaise tentò ancora la domanda.
Erano seduti uno di fronte all’altra, seduti su due panche ricoperte di stoffa rossa ed erano abbastanza vicini, per essere divisi dal tavolo. Gli piaceva quel posto. Era intimo e carino. Lei gli aveva detto che ci andava spesso e così si erano fermati lì per mangiare.
Blaise era affamatissimo. Non avevano pranzato e in quella stramaledetta Spa gli avevano dato solo tisane e bevande calde. Si allungò a prendere i grissini. Alla fine, la Spa era un posto noiosissimo, dove le donne si rilassavano, anche se il massaggio che gli aveva fatto la ragazza con gli occhiali era stato favoloso.
Per fortuna Pansy aveva insistito, quando lui aveva detto che non si faceva mettere le mani addosso da nessuno. Beh, più che altro lei aveva ridacchiato e fatto doppi sensi, ma alla fine, gli era piaciuto. E anche le ore che avevano passato insieme nella vasca idromassaggio.
Ma il resto… Le luci colorate, i sassi per terra, il bagno turco… tutte stronzate.

 

Pansy tornò alla realtà. Si era imbambolata nel ricordo di quel pomeriggio.
Ma quanto avevano scherzato nella vasca idromassaggio? E quante volte aveva desiderato non aver detto quella stupida frase, nell’ufficio della Gringott, quando lui le era vicino? Oh, Merlino!
Poi Blaise le chiese di nuovo perché avesse litigato con i suoi. Sospirò.
Beh, avevano condiviso un sacco di risate e ricordi nella vasca…
“Mmmm…. Se te lo dicessi, dopo dovrei lanciarti un Avada Kedavra…”

 

Blaise rise. Per Salazar, quella ragazza continuava a sorprenderlo. Era divertente e stava così bene con lei. Ma poi lei guardò da un’altra parte, come nel suo ufficio.
“Potrei provare a schivarlo” provò ancora. Lei sorrise tristemente.
“Dai. È umiliante. Già è umiliante venire alla Gringott e scoprire che tuo padre ti ha tolto, di nuovo, il permesso alla camera di famiglia…”
“Ok”. Le coprì una mano con la sua. Con piacere scoprì che lei non soltanto aveva avuto un brivido al contatto, ma non aveva ritirato la mano. Sorrise.
“Guarda che lo faccio per te. Non mi sembri agile nello schivare i miei incantesimi!” Santo Merlino! Lei ghignò mentre lo guardava di sottecchi. Non riuscì a non ridere ancora. Pansy tolse la mano da sotto la sua e lui sentì la sua mancanza, ma poi gli disse guardando verso il centro del locale: “Ho rifiutato una proposta di matrimonio. Lui fa sempre così, quando rifiuto un fidanzato”.
Come? COME? Sbatté gli occhi.

 

Pansy non riuscì a guardarlo mentre glielo diceva. Era così umiliante. I tuoi genitori tentano in tutte le maniere di farti sposare (con chiunque) e tu sei costretta a dire a tutti quei ragazzi che non sei interessata.
Lui prese la sua birra, la indicò con il bicchiere come per un brindisi, e disse: “Hai fatto bene”. E non le chiese nient’altro.
Gli sorrise mentre beveva. Poi il suo sguardo vagò dietro di lui e vide entrare una persona che conosceva. Merlino! Si guardò intorno, ma per smaterializzarsi avrebbe dovuto alzarsi in piedi. E non doveva scordarsi di essere in un locale babbano.
Quando vide che la ragazza si girò verso il loro lato del locale, si accucciò e si nascose sotto il tavolo, prima che la vedesse.

 

Quando vide Pansy sparire sotto al tavolo strabuzzò gli occhi. “Ma cosa fai?”
“Stai zitto e fai finta di essere da solo. Ti prego!” Lui non capì niente, ma dopo pochissimo, una ragazza dai capelli fulvi passò vicino al loro tavolo e si fermò quando lo riconobbe.
“Zabini! Sei di nuovo a Londra?” Alzò lo sguardo sulla rossa e sorrise.
“Weasley. O dovrei dire signora Potter?” Lei sorrise e annuì, accarezzandosi inconsapevolmente la pancia. Doveva essere incinta, ma di poco. Ma cos’era un’epidemia?
“Già…” Il suo sguardo però era strano, aveva gli occhi cerchiati e sembrava sfinita.
Si guardò intorno e poi tornò a guardare lui. “Non è che… hai visto la Parkinson? So che di solito viene qui a cenare…”
Lui scosse la test.a “No, mi spiace”.
Ma la signora Potter guardò il tavolo e, vedendo i due bicchieri di birra babbana, alzò un sopracciglio.
“E tu sei qui da solo?” 
“Già.”
Lei sospirò. “Sei venuto qui da solo e bevi da due bicchieri?”
Lui continuò a sorridere. “Il medimago dice che fa bene idratarsi”
Sentì la mano di Pansy stringergli un ginocchio, sotto al tavolo. Oh, Merlino. Era bravo a bluffare e sostenere conversazioni anche assurde, ma non se lei era così vicino. O se teneva la sua mano lì.
Avrebbe potuto far finta che non ci fosse, se lei non lo avesse toccato. La rossa sospirò. “Era qui e se n’è andata quando mi ha visto, vero?” Lui annuì, incapace di parlare perché la mano di Pansy strinse ancora di più.
“Ascolta…” La moglie del salvatore del mondo si sedette al posto di Pansy e lui dovette aprire le gambe quando sentì il corpo della ex serpeverde premergli addosso mentre si spostava per lasciarle lo spazio sotto il tavolo.

Oh, Santo Salazar, giuro che non intendevo questo quando avevo desiderato averla vicino!
“So che non ne possiamo parlare fuori dal San Mungo, ma io ho veramente bisogno di parlarle. Glielo puoi far sapere? È una cosa molto importante”
Lui annuì. “Ma perché non le spedisci un gufo?”
La piccoletta lo guardò un po’ triste. “Vengono tutti bloccati al San Mungo. Non riesco a spedirle niente a casa. Non so il perché. E non voglio passare dal San Mungo…”
Lui alzò le spalle. “Chiedi a tuo marito come fare per…” Non riuscì a finire la frase e si bloccò perché la mano di Pansy questa volta gli toccava la coscia in tanti colpetti leggeri ma insistenti e subito dopo lo strinse forte.
“Forse la vedrò domani. Posso darle il tuo messaggio“. Sentì la sua voce incrinarsi un pochino.
Merlino, adesso la sua mano era troppo vicino al suo inguine!
La rossa lo guardò con uno sguardo veramente tristissimo, si alzò in piedi e disse: “Per favore, diglielo davvero”. Poi si diresse verso l’uscita del locale e lui, attraverso la vetrina, seguì il percorso della ragazza fino a una viuzza laterale e la vide smaterializzarsi.
“È andata via” disse ad alta voce, per Pansy. Lei aveva ancora la mano sulla sua gamba.
Poco dopo sentì freddo dove prima era appoggiata la ragazza e la vide sedersi di nuovo sulla panca di fronte a lui. Ma cos’era successo? E poi, perché era successo? Era stata una cosa troppo seria. Pansy era troppo seria.
Cercò di scherzare, anche se capiva che era qualcosa di grosso. “La gente qui intorno penserà che sei andata sotto il tavolo per farmi un…”
“Blaise!” gridò forte Pansy interrompendolo, tanto che si girarono almeno tre o quattro persone, dagli altri tavoli, verso di loro.
Lui ghignò strafottente. Ma lei non si scompose. “Se lo avessi fatto davvero, la tua faccia sarebbe più compiaciuta, te lo assicuro!” E lo indicò con il dito e con un sorrisino delizioso sul viso.
Il ghigno di Blaise sparì. Cosa aveva detto? Oh, Merlino! Quando arrivò da mangiare stette zitto, incapace di dire qualsiasi cosa, forse per la prima volta in vita sua.
Quando vide Pansy scolarsi metà della birra in un solo sorso le chiese, alzando la mano per fare un cenno alla cameriera di portare altre birre: “Cos’è successo con la moglie di Potter?”

 

 

 

Quando Blaise glielo domandò, non fu troppo sorpresa, ma fu difficile spiegarlo lo stesso. "Ho ucciso suo marito".
Il moro iniziò a tossire. Tanto. Lei strabuzzò gli occhi e si alzò per arrivare dall’altra parte del tavolo e dargli delle pacche sulla schiena. Lui si spostò un po’ e lei si sedette di fianco al ragazzo.
Quando smise di tossire, gli allungò la birra che la cameriera aveva portato e sospirò.
“Non davvero”, non ancora
“Tu-sai-chi si rivolterebbe nella tomba e non te lo perdonerebbe mai!” Ridacchiò per non piangere.
“Ho fatto un casino, Blaise. Mi sono messa in un guaio grosso quanto…” Si guardò intorno ma non le venne in mente niente.
“Come Hogwarts?” Cercò di farla sorridere lui.
Lei scosse la testa. “Di più. E non posso raccontarti niente. Non posso parlarne con nessuno… Il legalmago me l’ha proibito. Non posso parlarne neanche con lei…” E indicò con il capo il posto dove prima era seduta la rossa. Si allungò a prendere la sua birra e ne bevve un lungo sorso.
“Mi hanno sospeso. Per una settimana. Cioè, l’hanno chiamata ‘vacanza’ però quello che intendevano era: ‘Hai fatto uno sbaglio, hai quasi ucciso la persona più importante del mondo magico e non vogliamo più saperne di te. Speriamo che tu lo capisca e decida di lasciare il lavoro’. E io non so più cosa fare. Ho paura, Blaise, ho paura a guardare un paziente e pensare di ucciderlo perché non sono più in grado di fare il mio lavoro…”
Blaise non disse niente, ma le prese ancora la mano e intrecciò le dita con le sue. Appoggiò la testa sulla sua spalla e chiuse gli occhi.
Lui odorava di buono. Di casa. Era così da quando se lo ricordava. Poi lui disse qualcosa di molto stupido e lei si girò verso di lui sorridendo. Dopo dieci minuti rideva come una ragazzina di quindici anni.

 

Quando lei finì la terza birra senza aver toccato cibo, Blaise capì che avrebbe dovuto portarla via. Quando si alzarono e lei barcollò, capì che non sarebbe riuscita a smaterializzarsi da sola.
Uscirono dal locale e lei sospirò, prima di rabbrividire. Aveva addosso solo il vestito che le aveva visto quella mattina e lei era troppo scoperta.
Le mise una mano sulle spalle e si incamminò verso il vicolo dove aveva visto sparire la rossa un po’ di tempo prima. “Andiamo a casa mia e poi vai a casa con la metropolvere, ok?” Lei ridacchiò e disse di aver bloccato il camino, a casa sua. Merlino. E ora?
“Da che parte è casa tua?”
“Di là” disse, indicando la fine del vicolo illuminato da un lampione babbano.
“Lì c’è un muro, Pansy…” Gli sembrava di parlare con un bambino.
“Sì, lo so. Ma casa mia è di là lo stesso. Oltre il muro”. Un bambino piccolo
“E come fai ad andarci, di solito?”
“Mi smaterializzo.”
“Hai bevuto troppo. Ti romperesti come la Bones a Hogwarts il sesto anno.”
“Non è vero!” Sbuffò e le chiese, come se non l’avesse sentita: “Come fai ad andare a casa quando prendi una sbronza?”
Lei alzò le spalle. “L’ultima volta mi ha portato a casa Theo”. Il moro fece stridere i denti. Theo. Gli era sempre meno simpatico.
“Ti porta a casa dopo che lo avete fatto o lo fate direttamente a casa tua?” chiese, prima di rendersene conto.

 

Quando Pansy capì quello che intendeva, cercò di sottrarsi al suo braccio, arrabbiata. “Io e Theo siamo solo amici. E poi se anche fosse… Non sarebbero affari tuoi!” Cercò ancora di sottrarsi, ma lui non la lasciò andare.
Sbagliava o lui stava ghignando? “Io ho un sacco di amiche con cui…”
Pansy gli diede una gomitata nel costato prima che potesse finire e Blaise si chinò, sorpreso e dolorante. “Non siamo tutti come te. E Theo è innamorato di una ragazza e non la tradirebbe mai. LUI!”

 

Ehi, cosa voleva dire? “Quindi non lo fate perché lui non vuole?” Si beccò un’altra gomitata, ma questa volta era preparato.
“Non lo facciamo perché non ne vale la pena.”
Lui sorrise, ma lei non lo vide. “Oh. Sei così disastrosa a letto?”
Gli occhi della ragazza si spalancarono indignati e Blaise non poté fare a meno di ridere. “Ma come ti…” Lei provò a colpirlo ma non ci riuscì.
“Ehi, ferma. Scherzavo, dai! Aspetta. No!” Quando lei provò ancora a colpirlo fece due passi avanti, facendola arretrare, cercando di fermarle le braccia e la spinse contro il muro che, secondo lei, li divideva da casa sua.
“Ahi” disse quando si fermò contro i mattoni. Lui le era vicino. Troppo vicino. Era sempre stato bravo, sempre. Non aveva mai azzardato mosse con lei. Non aveva mai fatto niente di sconveniente. Non ci aveva mai provato. E non lo avrebbe fatto neanche questa volta. Abbassò lo sguardo sulle sue labbra e lei lo guardò da sotto le ciglia. Poi la sua lingua saettò fra le labbra e le inumidì. Addio autocontrollo.
Non capì più niente. Dieci anni che aspettava. Chinò la testa e posò le labbra sulle sue. Solo un bacio. Solo uno. Solo quello. E poi basta, si sarebbe tirato indietro. Subito. Un bacio leggero. Solo così.
Ma le labbra della ragazza si schiusero e lei sospirò sulla sua bocca. Si nutrì del suo respiro come dell’ultima cena, le portò una mano dietro la schiena e se l’avvicinò ancora di più. Mentre lei si spostava dal muro sospirando portò le mani al suo viso e lui la sentì sorridere mentre si accostava a lui.
Quando sentì la sua lingua accarezzargli le labbra la strinse con possesso e approfondì il bacio.

 

Pansy non si rese subito conto di avere Blaise sulle labbra finché non ci fu un rumore alle spalle del ragazzo e lui si staccò da lei per controllare.
Quando si voltò, le tenne una mano sul fianco in maniera protettiva e la spinse dietro di lui. Subito dopo si rigirò.
“Andiamo via?” Lei riuscì solo ad annuire, mentre Blaise la stringeva a sé e girava su se stesso.

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