*** scusate, questa non è una storia nuova, ma una storia che ho sbagliato a cancellare perché... (non cè una spiegazione logica, probabilmente ho disturbi mentali...) quindi scusate se l'avete già letta...
-
I
personaggi della saga di Harry Potter sono di proprietà
dell’autrice JK Rowling
e l’opera, di mia invenzione, è stata scritta
senza scopo di lucro
Il
ritorno di
Blaise
Draco e Astoria erano veramente
carini
insieme. Pansy sospirò e si sedette al tavolo, vicino a
Theodore Nott.
“A cosa pensi?” Theo beveva vino
bianco da uno dei bicchieri e la guardava di sottecchi. Era il suo
miglior
amico. L’unico che riuscisse a leggerle dentro come nessuno
aveva mai fatto.
“Trovo che siano carini”.
“Non ti dispiace neanche un po’?” Fece
girare il liquido dentro il bicchiere.
“In che senso? Perché si sono
sposati?” Il moro annuì.
Sorrise senza falsità. “No. Lo sai che
Draco non mi interessava veramente neanche a scuola”.
Alzò una spalla e prese
un bicchiere anche lei.
Theo osservò
l’amica. L’aveva
provocata apposta. Sapeva che non le interessava Draco. Sapeva chi le
interessava veramente ai tempi di Hogwarts. Sorrise e
appoggiò il bicchiere. “A
proposito… Guarda chi
c’è…”
La mora alzò gli occhi e sorrise
alzandosi in piedi. “Blaise! Ci sei anche tu! Sei
tornato!” Theo guardò Pansy
abbracciare Blaise con affetto e lui ricambiare la stretta.
Si alzò e salutò l’amico anche lui.
“Cosa fai al tavolo dei single? Non avevi nessuna donzella
disposta ad accompagnarti?”
gli chiese, stringendogli la mano e posando l’altra sulla sua
spalla.
Blaise sorrise e alzò le spalle. “I
matrimoni sono i posti migliori per rimorchiare”.
Già. Si sedettero tutti e
tre.
Vide Pansy sbuffare sorridendo e
girarsi verso gli sposi.
Pansy guardò verso la
famiglia della
sposa. Daphne, come sorella di Astoria, non sedeva al tavolo con loro,
ma con i
suoi genitori. La sua migliore amica dai tempi di Hogwarts era incinta
di quasi
otto mesi e suo marito, Steve, le teneva una mano sulla schiena, mentre
la
ragazza guardava verso il loro tavolo. Non riuscì a capire
il suo sguardo.
Da quando Daphne si era sposata, il
loro rapporto era cambiato. Le loro uscite si erano diradate e quando
andava a
casa sua, spesso si sentiva a disagio. Senza contare il fatto che lei
tentasse
in tutti i modi di accasarla con qualche amico di suo marito.
Pansy non voleva sposarsi. L’aveva
detto anche ai suoi genitori. Non voleva un matrimonio di convenienza.
Piuttosto,
da sola. Aveva il suo lavoro e per ora le bastava. Guardò la
mano di Steve
accarezzare il pancione di Daphne.
Per, forse, quello, un po’ lo
desiderava. Bambini. Sì, desiderava avere dei bambini. E un
uomo che l’amasse.
Non che amasse il suo patrimonio, il suo casato o il suo stato di
sangue. Che
amasse lei.
Sospirò e si voltò verso i ragazzi.
Blaise la stava guardando. Gli sorrise e alzò il bicchiere
per un brindisi
nella sua direzione. Lui rispose alla stessa maniera e bevette. Per
fortuna ci
pensò Theo a tenere in vita la conversazione.
Blaise osservò Pansy
guardare la sala.
Sembrava triste. O forse era solo pensierosa. Non la vedeva da un sacco
di
tempo. Forse tre anni. E l’ultima volta si erano visti di
sfuggita. Merlino,
era sempre più bella. Quando si era alzata per abbracciarlo
aveva visto il suo
corpo snello fasciato in quel bellissimo vestito verde, che le metteva
in
risalto gli occhi, e aveva sentito il suo profumo di limone e menta
quando si
era stretta a lui. Aveva dovuto raccogliere tutta la forza che sentiva
dentro
per non stringerla troppo e portarla via. Per una volta, avrebbero
potuto
passare insieme del tempo senza complicazioni.
Vide Daphne avvicinarsi al loro
tavolo. Oh, oh. Forse no, qualche complicazione ci sarebbe stata.
“Ragazzi!
Scusate se non sono passata prima, ma sapete, con tutte le cose che
c’erano da
sistemare… E poi questa…” disse,
accarezzandosi la pancia e sorridendo a Pansy.
Merlino, se era tonda! Sembrava che
stesse per scoppiare da un momento all’altro. Pansy si
alzò e le disse di non
preoccuparsi, prima di abbracciarla.
Poi Daphne si voltò verso Theo e, alla
fine, verso di lui. Lo guardò con un’occhiata
strana. Disse qualcosa ma Blaise
non sentì. Pansy si avvicinò all’amico
e disse: “Theo, andiamo a salutare gli
sposi, che non l’abbiamo ancora fatto”.
Blaise capì che voleva lasciarli da
soli. Lui seguì i ragazzi con lo sguardo e poi lo
riportò sulla bionda.
“Come stai, Daphne?” Non si avvicinò.
“Sto bene. Non ce l’ho più con te, se
è questo che intendi. Sono passati dieci anni, e poi non ti
sei quasi fatto più
vedere. Sarei un’oca se fossi ancora arrabbiata con
te.” La vide lanciare
un’occhiata al marito e lui osservarla.
Annuì. “Lo sai che mi è
dispiaciuto…”
Annuì anche lei. “Sì, l’ho
capito.
Dopo, ma l’ho capito. Ma adesso…” Si
voltò verso Pansy e Theo, lasciando la
frase in sospeso. Si voltò anche lui. Il moro teneva la mano
sulla vita della
ragazza in un atteggiamento molto intimo. Troppo, per i suoi gusti.
“Lei è
quasi fidanzata. E tu non sei capace di
tenerti una ragazza per più di una settimana. Le rovineresti
la vita. Non fare
sciocchezze.”
Blaise sbatté gli occhi. Lo aveva
detto davvero? Aveva capito che lui ancora… E poi,
cos’altro aveva detto?
Pansy… Fidanzata? “Perché è
al tavolo dei single se è fidanzata?”
“Questo non è il tavolo dei single.
Anche se Theo continua a fare battutine. E comunque il fidanzamento non
è
ancora ufficiale.”
Annuì senza dire niente. Lei non lo
aveva detto. Stava con Theo? O con chi? Aveva letto qualche notizia,
sul suo
lavoro o sulla famiglia, ma del fidanzamento non aveva sentito niente.
Altrimenti sarebbe venuto con una ragazza. Una qualsiasi.
Aveva pensato che sarebbe stato carino
parlarle e chiederle di uscire insieme, adesso che lui era di nuovo a
Londra. E
che Draco si era sposato. Anche se era difficile. Anche se la scuola
era finita
da un bel po’.
Ma questo cambiava tutto. Sospirò
quando Daphne se ne andò dopo averlo salutato con un bacio
sulla guancia.
Guardò verso gli sposi e vide che si erano aperte le danze.
Alcuni elfi
iniziarono a portare da mangiare, ma quasi nessuno era seduto. Si
alzò e decise
di andare a salutare gli sposi anche lui. In fin dei conti, era grazie
a loro
se era lì.
Pansy baciò e
abbracciò Astoria. Aveva
detto la verità. Era contenta che si fossero sposati. Sapeva
che era un
matrimonio d’amore e non di convenienza e questo la fece
sorridere senza che se
ne accorgesse. Prima di salutare anche Draco si trovò vicino
Theo. Lui c’era
sempre. Ma adesso era troppo vicino. Quando le posò la mano
sul fianco e la
fece scendere più giù, sbuffò.
“Smettila, Theo”. Gli spostò la mano.
Lui ghignò strafottente. “Dai, se
facciamo finta, c’è più
possibilità di rimorchiare!” Ma i ragazzi
pensavano
solo a quello?
Sbuffò ancora e si avvicinò a lui per
sussurrare: “Non vuoi rimorchiare. Lo sai
benissimo”.
Il moro cambiò espressione per pochi
secondi e poi tornò a ghignare. “Io parlavo di te.
Dovresti farti sbattere un
po’…”
“Theo!” gridò sottovoce,
scandalizzata.
Lui rise, beffardo e si allontanò
dicendo ad alta voce: “Però ti farebbe
bene”.
Theo era innamorato di una ragazza
babbana, ma lei non sapeva che lui fosse un mago. E lui non sapeva come
gestire
la cosa. Lei non avrebbe accettato lui e quello che rimaneva della
famiglia del
ragazzo non avrebbe mai accettato lei.
Lo guardò per un po’, poi si voltò per
andare a salutare anche Draco. Quando lo baciò sulle guance
facendogli le sue
congratulazioni, la band che intratteneva gli ospiti iniziò
a suonare un brano
movimentato. Rimase imbambolata e, per un attimo, spaesata ma poi Draco
le
prese la mano e la fece ballare. Si guardò intorno e vide
Astoria ballare con
uno degli altri ragazzi e non si preoccupò.
Dopo due brani, la band cambiò ritmo e
suonò un lento. Oh, no. Un lento no. Draco fece il gesto di
prenderla fra le
braccia, ma lei scosse la testa e, indicando Astoria con il capo, gli
disse:
“Balla con la tua sposa”, e lo spinse delicatamente
verso la moglie.
Li osservò mentre si allacciavano e
iniziavano la danza. Fece due passi indietro e si scontrò
con Blaise.
Non c’era
un’occasione migliore di
quella. Sembrava un caso. Quando lei indietreggiò, Blaise
fece qualche passo
avanti e lasciò che lei gli finisse addosso.
“Attenta” sussurrò vicino al suo
orecchio. Le mise una mano sul ventre, come per proteggerla ma
solamente per
godersi quel contatto, Pansy si voltò, rossa in viso,
scusandosi e lui sorrise
scuotendo il capo. Spostò
la mano al
centro della sua schiena e disse: “Balliamo”,
prendendole la mano.
Non glielo chiese. Aveva paura che
dicesse di no. Così lo disse e basta, trascinandola al
centro della pista. Lei
non poté negarsi. Gli mise la mano libera sulla spalla e si
avvicinò. Valeva la
pena essere venuto al matrimonio solo per questo.
Quando Blaise l’aveva
abbracciata da
dietro aveva sentito le guance andare a fuoco e un brivido percorrerle
il corpo.
Poi aveva capito che non la stava abbracciando, l’aveva solo
presa per non
farla cadere quando gli era finita addosso. Che sbadata!
Ora stava ballando fra le sue braccia
e si sentiva così bene. Ai tempi di Hogwarts avrebbe dato la
bacchetta per una
cosa del genere. Balle, mica solo al tempo di Hogwarts. Anche adesso.
Si rese
conto di arrossire ancora e cercò di staccarsi da lui.
“Io… vado alla toilette…”
Blaise rimase un attimo stranito
quando lei se ne andò, così poi tornò
al tavolo. Theo lo guardava. “Cosa
c’è?”
“Cosa hai fatto?” Theo lo guardava
molto male.
“Cosa ho fatto?” chiese, non curante.
Merlino, era stato così evidente?
“Qualunque cosa tu abbia in mente,
Blaise, non farla.”
Lo guardò negli occhi. Theo era un
caro ragazzo. Un vero amico. Ma adesso non lo sembrava per niente.
Quando Theo seguì con lo sguardo Pansy
che andava in bagno gli chiese: “Sei tu il suo
fidanzato?”
L’espressione del moro fu impagabile.
Sembrava che avesse ingoiato un pixie. Avrebbe quasi riso.
“Pansy non è
fidanzata”.
“Daphne ha detto di sì.”
Theo fece un’altra faccia strana.
“Daphne?” Poi dovette fare due più due e
chiese sottovoce, avvicinandosi a lui
con il busto: “Ti piace Pansy?”
Blaise non disse niente. Se gli
piaceva Pansy? Magari. Sarebbe stato come avere una cotta. Un
interesse. Un
flirt. E invece lui erano dieci anni che non riusciva a togliersela
dalla testa.
Piace
non
è la definizione giusta, Theo.
Theo sorrise. Ma poi si
rabbuiò.
Merlino! A Blaise piaceva Pansy. E
Daphne
aveva detto a Blaise che Pansy era fidanzata. Doveva averlo fatto
apposta,
visto che non era vero. Ma perché? Possibile che…
“Hai mollato Daphne per Pansy? A
Hogwarts?” Quanti anni prima? Merlino. Blaise lo
guardò senza dire niente.
Cioè, a Blaise piaceva Pansy dal tempo della scuola? Oh, se
si fossero parlati
all’epoca! Si passò una mano fra i capelli e
aprì la bocca per dire qualcosa,
quando sentì la sedia vicino a lui muoversi e parlare.
“Eccomi. Cosa c’è di buono?”
Ah no,
non era la sedia. Era Pansy. La guardò di sottecchi.
Sembrava accaldata. Ma
c’era caldo. La gente che ballava, il vino, il tendone. Ci
stava tutto. Si
riprese quasi subito.
“Niente. Ma il vino è eccezionale”. E
prese il calice guardando Blaise.
Pansy sorrise e prese il suo bicchiere.
“Allora berrò il vino”.
***
Quando, quella sera, si
smaterializzò
a casa, Blaise non era riuscito a parlare con Pansy. Theo non li aveva
più
lasciati da soli. Probabilmente non si fidava di lui. Oppure voleva
provarci
con lei. Non lo aveva capito.
Blaise odiava i matrimoni. Non ci
andava mai. Ma Draco era Draco e, nonostante tutto, era uno dei suoi
migliori
amici. Ed era contento di esserci andato. E vedere Pansy gli aveva
fatto bene.
Imprecò quando vide il gufo della
madre aspettarlo sullo schienale del divano. Gli diede un boccone e
aspettò che
gli lasciasse la pergamena.
Quando la lesse imprecò ancora. Più
volte.
***
Pansy aveva i nervi a fior di
pelle.
Tre giorni prima aveva litigato con suo padre, con sua madre e con
Daphne. Con
Daphne, sì. Daphne, quella che credeva la sua amica, si era
coalizzata con i
suoi genitori e contro di lei e aveva organizzato un fidanzamento con
un tipo
che neanche conosceva. Ma Daphne sosteneva che fosse un tipo a posto,
un bravo
mago, una cara persona e che sarebbe stato perfetto per lei. Non ci
aveva visto
più. Aveva detto a Daphne tante cose, molte delle quali
molto più cattive di
quel che si meritasse e ora era pentita. In fin dei conti era incinta e
non
doveva subire forti emozioni. Ma lei aveva perso la testa e non ci
aveva
pensato.
Ora era difficile chiedere scusa.
Anche perché non voleva cedere. Era la sua vita. Avrebbe
dovuto decidere lei.
Lei avrebbe scelto chi sposare. E il fatto che avesse detto di no a
tutti
quelli che glielo avevano chiesto, non c’entrava per niente
con il ragazzo moro
di cui si era innamorata ai tempi della scuola. Erano passati dieci
anni. E lei
era cresciuta. Però averlo rivisto…
Ma ora aveva altro a cui pensare. Ora
aveva quel guaio al lavoro. Merlino, Merlino, Merlino! Aveva fatto uno
sbaglio
grosso come un Ungaro Spinato. E adesso… Sospirò.
Aveva bisogno di una pausa.
Si guardò intorno nel suo appartamento londinese e decise di
uscire.
Appena materializzata in Diagon Alley
alzò il viso verso il sole. Aveva fatto bene a vestirsi con
cura. Quando andava
al lavoro sembrava sempre vestita come un Elfo domestico, ma a lei
piaceva
davvero vestirsi bene e scegliere gli accessori, quando ne aveva tempo.
E
adesso aveva tempo. Tanto tempo. Almeno che servisse a qualcosa.
Si fece forza ed entrò alla Gringott.
“Cosa vuol dire che non
posso prendere
i MIEI galeoni?” Alla quarta volta che dovette rifare quella
domanda, Pansy
urlò contro la biondina con la gonna corta e la maglietta
striminzita che le
stava davanti. La poveretta era terrorizzata, ma non abbastanza da
permetterle
di prelevare il denaro.
Continuava a guardarla e poi balbettò:
“Suo padre…” Imprecò ad alta
voce. Ora non le interessava più, non attirare
l’attenzione.
Ogni volta che rifiutava un candidato
al matrimonio, suo padre le toglieva la possibilità di
accedere al conto di
famiglia. Ma che diamine! Questa volta non lo avrebbe permesso. Era una
cosa
stupida. Anche lei guadagnava! Era anche suo il denaro! E poi erano
passati tre
giorni, suo padre avrebbe già dovuto averci ripensato, come
le altre volte.
Sbuffò e fece un finto sorriso alla
ragazza (doveva essere uscita da Hogwarts da poco, sembrava molto
più giovane
di lei e, purtroppo, molto più carina).
“Ascolta, dov’è il tuo capo? Il
direttore? Il signor Harris. Dov’è il signor
Harris?” Il direttore sapeva di
questo suo piccolo problema con il
padre
e l’aveva sempre aiutata. Anzi, di solito le andava incontro
prima ancora che
lei passasse dalla seconda porta dell’ingresso.
“Il signor Harris non c’è
più…” Il
sorriso di Pansy si congelò e sparì alla
velocità di una smaterializzazione.
“Come non c’è più?”
Per un attimo si
sentì spaesata. Si passò una mano fra i capelli e
sospirò guardandosi intorno.
Non sarebbe tornata a casa dei suoi a
pregare suo padre di darle i SUOI galeoni. “Lui non lavora
più qui da…”
“Brittany, che succede?
Cos’è tutta
questa confusione?”
Blaise aveva sentito le urla fin dal
suo ufficio. Quel posto era gestito malissimo. E sì che era
la banca più
importante del mondo magico. Sospirò.
Si era alzato dalla scrivania quando
aveva capito che nessuno era in grado di fare il proprio lavoro, ma
quando uscì
dall’ufficio si trovò davanti a un litigio fra due
donne. Merlino, era in grado
di gestire una scaramuccia femminile? E poi, voleva davvero farlo? Non
avrebbe
potuto farlo qualcun altro? No, purtroppo no. Era lì per
sistemare tutti quei
problemi.
La ragazza che riusciva a vedere in
viso era la cassiera, aveva imparato il suo nome perché lei
glielo aveva
scritto con cuoricini e fiorellini vicino al suo indirizzo in una
miriade di
pergamene profumate che lui trovava sulla scrivania tutti i giorni e
regolarmente faceva sparire con un Evanesco della bacchetta.
L’altra invece non la vedeva in viso e
non capiva chi fosse. Era girata di spalle e si agitava un
po’. Forse una della
contabilità. Non era ancora salito al piano della
contabilità e non conosceva
tutte le impiegate. Pensava che alla contabilità ci fossero
solo folletti.
Beh, era stato un grosso errore. La
ragazza aveva un gran fondoschiena e un vestito corto che lasciava ben
poco da
immaginare di quelle lunghissime gambe. I lunghi capelli scuri sciolti
sulle
spalle gli ricordarono Pansy. Oh, Troll
che non sei altro! Da tre settimane, ossia da quando
l’aveva vista al
matrimonio di Draco, tutto gli ricordava Pansy. Non sarebbe mai
riuscito a non
pensarci. Avrebbe dovuto sistemare velocemente la questione alla
Gringott e
partire di nuovo.
Brittany gli sorrise di quel sorriso
che aveva visto mille volte sul viso di altrettante ragazze e gli
rispose
civettando: “Non si preoccupi, è tutto a posto,
signor..”
“Tutto a posto uno snaso a cavallo!”
Blaise spalancò gli occhi mentre la ragazza che urlava si
girava e si mostrava,
visibilmente arrabbiata. Merlino, era Pansy davvero! Non era una
dipendente. Non
riuscì a non esclamare: “Pansy!”
Lei sorrise, riconoscendolo. Un
sorriso vero. E stanco. Stanchissimo.
“Blaise!” Pansy
era rimasta un po’
sorpresa. Piacevolmente sorpresa. Pensava che lui fosse di nuovo andato
via,
ovunque andasse quando lo sentiva nominare dagli altri ex serpeverde.
Ma quindi era lui il nuovo direttore?
E da quando? “Ma sei tu il nuovo direttore?” E
avrebbe potuto aiutarla, come
faceva il vecchio dipendente?
Lui scosse le spalle senza rispondere
e disse: “Che problema c’è?”
La ragazza bionda che aveva di fianco
tentò ancora di ribadire che non ci fossero problemi al che
lei la incendiò con
uno sguardo.
Si avvicinò al moro e disse “Non è che
puoi aiutarmi? Non vogliono lasciarmi andare alla mia camera
blindata…” Blaise
le fece cenno di seguirlo nell’ufficio.
Pansy si voltò
verso la ragazza bionda e
ghignò. Com’è che l’aveva
chiamata Blaise? Brianna? La salutò con un gesto
affettato. Piccola stronza.
Blaise non riuscì a
nascondere un
sorriso quando Pansy disse: “Ciao Brianna”, in
maniera artificiosa. La seguì
nell’ufficio che occupava, fece sedere Pansy davanti alla
scrivania del vecchio
direttore e le chiese se volesse qualcosa da bere. O che domanda
stupida! Blaise, lei è qui per una
questione di
lavoro, non è venuta a casa tua a trovarti!
Per fortuna lei non si accorse
dell’errore e si sedette scrollando il capo e guardandosi
intorno. “Hai fatto
bene a togliere quei quadri dalle pareti. Quello che c’era
lì era veramente
orribile” disse, sventolando la mano in alto.
Quindi era stata lì altre volte. Forse
più volte. A fare che? Il signor Harris non era la persona
migliore di questo
mondo e aveva lasciato un sacco di casini.
“Cos’è successo?” le chiese,
guardandola. Lei divenne rossa e si fece piccolina, ma poi si
raddrizzò.
“Mio padre ha di nuovo revocato il mio
accesso alla camera blindata…” Come? Blaise
spalancò gli occhi. Cosa voleva
dire? E cosa voleva dire ‘di nuovo’?
“Sì, beh…”
balbettò lei, ora aveva
lasciato vagare lo sguardo per la stanza, come se non riuscisse a
guardarlo in
viso. “Quando litigo con i miei… Mio padre mi
toglie…” Sospirò.
Ma chi è che faceva una cosa del
genere? Suo padre le toglieva l’accesso alla camera con i
galeoni? E perché? Ma
non erano galeoni di Pansy?
“Ho capito. Ma perché non hai una
camera blindata tua? Con il tuo lavoro…”
Capì di aver sbagliato quando la
ragazza lo guardò direttamente negli occhi stringendo i
suoi.
“Cosa sai del mio lavoro?”
Tentennò, ma non troppo. Aveva
imparato quell’arte da un sacco di tempo. Scosse le spalle.
“Non lavori al San
Mungo? Immagino che tu sia stipendiata, no? Perché non hai
una camera tutta
tua? Non avresti bisogno del permesso dei tuoi genitori”, per usare i soldi che ti guadagni.
Lei alzò le spalle e lo guardò
confusa. “Il signor Harris diceva che non avrei potuto avere
una camera tutta
mia. Non è vero?” Come? Quell’idiota di
Harris aveva detto di no? E perché mai?
Se avevi un lavoro, potevi avere una camera. Merlino, anche se non lo
avevi, a
volte!
Poi le chiese: “Capita spesso che tuo
padre decida di toglierti l’ingresso alla camera?”
Lei rise nervosamente e si passò una
mano fra i capelli. “Bo, forse una volta ogni settimana o
ogni due. A volte
non vengo neanche qui e ci pensa mia
madre. È che di solito il giorno dopo gli è
già passata e io neanche me ne
accorgo. Ma stavolta sono passati tre giorni, pensavo
che…”
Prima di impedirsi di parlare le
chiese: “Perché avete litigato?”
Lei alzò le spalle “Solite
cose…”
Ossia? Lui non aveva un padre, non lo
sapeva. Pensò ai padri dei suoi amici. Theo aveva un padre
molto vecchio e
solo, lo vedeva pochissimo da quando era uscito da Azkaban. E Draco,
beh, Draco
litigava con suo padre quando era a Hogwarts per via del signore oscuro
e da
quando era caduto, gli parlava a malapena. Di cosa si litigava nelle
famiglie
normali?
Lui continuò a guardarla e lei si
spazientì. “Ascolta, oggi è il mio
primo giorno libero dopo tre settimane di
lavoro filate. Ho bisogno di rilassarmi in una Spa e di non pensare a
niente,
quindi: Puoi aiutarmi? Se non puoi, va bene uguale e me ne
vado”.
No. Non voleva che se ne andasse. Se
suo padre le inibiva l’ingresso alla camera così
spesso, magari l’avrebbe vista
più volte anche lui.
Harris! Ecco cosa faceva Harris! Le
aveva detto di no per la camera così quando lei non poteva
accedere ai galeoni
andava a cercarlo. Oh. E sì che pensava fosse un idiota. Ma
certo che era un
idiota! Scosse la testa per riordinare i pensieri.
Lei dovette capire male perché tentò
di alzarsi dalla sedia. “No. No, aspetta. Scusa, non sono
bravo a spiegarmi. Intanto,
possiamo fare le pergamene per avere una camera blindata per te. Ti
interessa?”
Se le interessava? Pansy
sospirò.
Certo che le interessava! Non era divertente tutte le volte andare
nell’ufficio
di quel viscido mago a chiedergli di darle i SUOI galeoni.
Annuì. Sperò che non
ci volesse troppo tempo. Voleva davvero andarsi a rilassare. Per
Salazar, se ne
aveva bisogno. Guardò di sottecchi il moro che alzava la
bacchetta facendo
comparire dei moduli di pergamena. Però anche stare un
po’ con lui non le
dispiaceva per niente. Magari avrebbero potuto chiacchierare un
po’.
Blaise le era mancato. Anche se non
erano mai stati amici come con Theo, o se spesso faceva battutine su
lei e
Draco o la prendeva in giro, sapeva che non era cattivo, a Hogwarts.
Cosa
faceva adesso? Si scoprì interessata. Oh
Pansy, ancora questa storia? Sono
passati quasi dieci anni…
Ma avrebbe potuto andare il giorno
dopo alla Spa, non aveva fretta. E no, niente fretta. Una settimana, le
avevano
dato. Una settimana. Vacanza
l’avevano chiamata. Sospirò. Ci mise pochissimo a
compilare quello che doveva e
dopo gli chiese: “Ma quindi non posso avere
niente?”
Lui scosse la testa. “Non oggi”. Oh,
Merlino. Niente Spa.
E cosa avrebbe fatto?
Lei si era rattristata. Era
impossibile vederla in quello stato, per lui. Così disse:
“Però avrei bisogno
anch’io di rilassarmi. Potremmo andare insieme. Penserei io
ai… conti. Che si
fa in una Spa?” Lei lo guardò divertita, ma poi
divenne sospettosa.
“E perché dovresti voler venire con
me?” Lui si rese conto, di nuovo, di essere stato
precipitoso.
“Te l’ho detto, voglio rilassarmi
anch’io”. Alzò le spalle in un gesto
innocuo imparato in più di vent’anni a
contatto con vecchie zie impiccione.
“Ma se non sai neanche cos’è una
Spa!”
Lei non era stupida. Ok, voleva solo passare del tempo con lei.
Merlino,
sarebbe stato con lei anche se avesse dovuto guardarla
mentre… mentre… non gli
venne in mente niente. Ma lo avrebbe fatto. E non lo avrebbe confessato.
Che intenzioni aveva Blaise?
Perché le
aveva proposto di andare insieme in una Spa se non sapeva neanche cosa
fosse?
C’era sotto qualcosa. Si annoiava della vita monotona di
Londra e pensava che
lei fosse una preda facile? Sapeva che rimorchiava ragazze con la
stessa
frequenza con cui sua madre cambiava i fiori in sala da pranzo. Lo
raccontavano
sempre Draco e Daphne quando parlavano di lui. Ma aveva capito male.
“Non verrò a letto con te” mise in
chiaro. Lui rise. Oh. Rideva. Di lei? Avrebbe dovuto stare zitta.
Merlino! Che
cosa stupida aveva detto! Poteva lanciargli un Oblivion? Che figura!
Blaise rise per non rattristarsi.
Ma era
bravo nei bluff. Così disse mentre raccoglieva le pergamene:
“Non te l’ho
chiesto. Però c’è una cosa che potresti
fare per me e saremmo pari”.
Si fermò quando entrò un folletto a
cui diede le pergamene e quando uscì di nuovo dalla stanza
lei chiese: “Ossia?”
Blaise si fermò a guardarla. Lei era
incuriosita, ma non lo chiese ancora. Aspettò. Quando si
agitò un po’ sulla sedia,
ghignò. Una piccola, dolce tortura. “Che fai
sabato?”
Sabato? Che domanda era? Pansy ci
pensò. Di solito il sabato lavorava. Ma ora… cosa
avrebbe fatto? Niente.
Assolutamente niente. Alzò le spalle. Non voleva sembrare
una di quelle ragazze
che non hanno niente da fare. Sperò che lui continuasse.
“Sabato mia madre si sposa”. Oh. La
mamma di Blaise? Era vedova da così tanto tempo…
“Oh!”
“Già”.
Già cosa? In fin dei conti la vita va
avanti, no?
“E quindi?”
Lui scrollò le spalle. “Ci vieni con
me?”
“Dove?”
Blaise un po’ si
spazientì. Ma ci era
o ci faceva? “Al matrimonio!” Lei
spalancò la bocca. Per Salazar se era bella.
“Al matrimonio di tua madre? Con te?”
Lui rimase zitto, aspettando una
risposta. Diamine, perché non ci aveva pensato prima? Era
un’ottima scusa. E
non ci sarebbero stati gli altri. Niente Theo, niente Daphne.
“Perché lo chiedi a me? Non hai una
ragazza da portare?” Una ragazza? Una ragazza di quelle che
frequentava lui al
matrimonio di sua madre? Piuttosto una cruciatus. Alzò un
sopracciglio.
Lei sospirò. “Ok, va bene. Va bene. Ho
capito. Per tua fortuna non ho impegni improrogabili, sabato, quindi
sì. Se mi
porti alla Spa oggi, io ti accompagno al matrimonio di tua
madre”. Lui annuì
sorridendo. “Sorridi perché non hai la
più pallida idea di cosa si faccia in
una Spa…”
Il suo sorriso svanì mentre lei
ridacchiava e si alzava dalla sedia. “E tu hai accettato
perché non conosci mia
madre”.
Lei si fermò e anche il suo sorriso
sparì.
Almeno erano pari. Quando si voltò,
ghignò anche lui.
***
“Allora perché
hai litigato con i
tuoi?” Quella sera, seduti al tavolo di un locale babbano,
dopo aver passato
tutta la giornata in una Spa, Blaise tentò ancora la
domanda.
Erano seduti uno di fronte all’altra,
seduti su due panche ricoperte di stoffa rossa ed erano abbastanza
vicini, per
essere divisi dal tavolo. Gli piaceva quel posto. Era intimo e carino.
Lei gli
aveva detto che ci andava spesso e così si erano fermati
lì per mangiare.
Blaise era affamatissimo. Non avevano
pranzato e in quella stramaledetta Spa gli avevano dato solo tisane e
bevande
calde. Si allungò a prendere i grissini. Alla fine, la Spa
era un posto
noiosissimo, dove le donne si rilassavano, anche se il massaggio che
gli aveva
fatto la ragazza con gli occhiali era stato favoloso.
Per fortuna Pansy aveva insistito,
quando lui aveva detto che non si faceva mettere le mani addosso da
nessuno. Beh,
più che altro lei aveva ridacchiato e fatto doppi sensi, ma
alla fine, gli era
piaciuto. E anche le ore che avevano passato insieme nella vasca
idromassaggio.
Ma il resto… Le luci colorate, i sassi
per terra, il bagno turco… tutte stronzate.
Pansy tornò alla
realtà. Si era
imbambolata nel ricordo di quel pomeriggio.
Ma quanto avevano scherzato nella
vasca idromassaggio? E quante volte aveva desiderato non aver detto
quella
stupida frase, nell’ufficio della Gringott, quando lui le era
vicino? Oh,
Merlino!
Poi Blaise le chiese di nuovo perché
avesse litigato con i suoi. Sospirò.
Beh, avevano condiviso un sacco di
risate e ricordi nella vasca…
“Mmmm…. Se te lo dicessi, dopo dovrei
lanciarti un Avada Kedavra…”
Blaise rise. Per Salazar, quella
ragazza continuava a sorprenderlo. Era divertente e stava
così bene con lei. Ma
poi lei guardò da un’altra parte, come nel suo
ufficio.
“Potrei provare a schivarlo” provò
ancora. Lei sorrise tristemente.
“Dai. È umiliante. Già è
umiliante
venire alla Gringott e scoprire che tuo padre ti ha tolto, di nuovo, il
permesso alla camera di famiglia…”
“Ok”. Le coprì una mano con la sua.
Con piacere scoprì che lei non soltanto aveva avuto un
brivido al contatto, ma
non aveva ritirato la mano. Sorrise.
“Guarda che lo faccio per te. Non mi
sembri agile nello schivare i miei incantesimi!” Santo
Merlino! Lei ghignò
mentre lo guardava di sottecchi. Non riuscì a non ridere
ancora. Pansy tolse la
mano da sotto la sua e lui sentì la sua mancanza, ma poi gli
disse guardando
verso il centro del locale: “Ho rifiutato una proposta di
matrimonio. Lui fa
sempre così, quando rifiuto un fidanzato”.
Come? COME? Sbatté gli occhi.
Pansy non riuscì a
guardarlo mentre
glielo diceva. Era così umiliante. I tuoi genitori tentano
in tutte le maniere
di farti sposare (con chiunque) e tu sei costretta a dire a tutti quei
ragazzi
che non sei interessata.
Lui prese la sua birra, la indicò con
il bicchiere come per un brindisi, e disse: “Hai fatto
bene”. E non le chiese
nient’altro.
Gli sorrise mentre beveva. Poi il suo
sguardo vagò dietro di lui e vide entrare una persona che
conosceva. Merlino!
Si guardò intorno, ma per smaterializzarsi avrebbe dovuto
alzarsi in piedi. E
non doveva scordarsi di essere in un locale babbano.
Quando vide che la ragazza si girò
verso il loro lato del locale, si accucciò e si nascose
sotto il tavolo, prima
che la vedesse.
Quando vide Pansy sparire sotto al
tavolo
strabuzzò gli occhi. “Ma cosa fai?”
“Stai zitto e fai finta di essere da
solo. Ti prego!” Lui non capì niente, ma dopo
pochissimo, una ragazza dai
capelli fulvi passò vicino al loro tavolo e si
fermò quando lo riconobbe.
“Zabini! Sei di nuovo a Londra?” Alzò
lo sguardo sulla rossa e sorrise.
“Weasley. O dovrei dire signora
Potter?” Lei sorrise e annuì, accarezzandosi
inconsapevolmente la pancia.
Doveva essere incinta, ma di poco. Ma cos’era
un’epidemia?
“Già…” Il suo sguardo
però era strano,
aveva gli occhi cerchiati e sembrava sfinita.
Si guardò intorno e poi tornò a
guardare lui. “Non è che… hai visto la
Parkinson? So che di solito viene qui a
cenare…”
Lui scosse la test.a “No, mi spiace”.
Ma la signora Potter guardò il tavolo
e, vedendo i due bicchieri di birra babbana, alzò un
sopracciglio.
“E tu sei qui da solo?”
“Già.”
Lei sospirò. “Sei venuto qui da solo e
bevi da due bicchieri?”
Lui continuò a sorridere. “Il medimago
dice che fa bene idratarsi”
Sentì la mano di Pansy stringergli un
ginocchio, sotto al tavolo. Oh, Merlino. Era bravo a bluffare e
sostenere
conversazioni anche assurde, ma non se lei era così vicino.
O se teneva la sua
mano lì.
Avrebbe potuto far finta che non ci
fosse, se lei non lo avesse toccato. La rossa sospirò.
“Era qui e se n’è andata
quando mi ha visto, vero?” Lui annuì, incapace di
parlare perché la mano di
Pansy strinse ancora di più.
“Ascolta…” La moglie del salvatore del
mondo si sedette al posto di Pansy e lui dovette aprire le gambe quando
sentì
il corpo della ex serpeverde premergli addosso mentre si spostava per
lasciarle
lo spazio sotto il tavolo.
Oh,
Santo Salazar, giuro che non intendevo questo quando avevo desiderato
averla
vicino!
“So che non ne
possiamo parlare fuori
dal San Mungo, ma io ho veramente bisogno di parlarle. Glielo puoi far
sapere? È
una cosa molto importante”
Lui annuì. “Ma perché non le spedisci
un gufo?”
La piccoletta lo guardò un po’ triste.
“Vengono tutti bloccati al San Mungo. Non riesco a spedirle
niente a casa. Non
so il perché. E non voglio passare dal San
Mungo…”
Lui alzò le spalle. “Chiedi a tuo
marito come fare per…” Non riuscì a
finire la frase e si bloccò perché la mano
di Pansy questa volta gli toccava la coscia in tanti colpetti leggeri
ma insistenti
e subito dopo lo strinse forte.
“Forse la vedrò domani. Posso darle il
tuo messaggio“. Sentì la sua voce incrinarsi un
pochino.
Merlino, adesso la sua mano era troppo
vicino al suo inguine!
La rossa lo guardò con uno sguardo
veramente tristissimo, si alzò in piedi e disse:
“Per favore, diglielo davvero”.
Poi si diresse verso l’uscita del locale e lui, attraverso la
vetrina, seguì il
percorso della ragazza fino a una viuzza laterale e la vide
smaterializzarsi.
“È andata via” disse ad alta voce, per
Pansy. Lei aveva ancora la mano sulla sua gamba.
Poco dopo sentì freddo dove prima era
appoggiata la ragazza e la vide sedersi di nuovo sulla panca di fronte
a lui.
Ma cos’era successo? E poi, perché era successo?
Era stata una cosa troppo
seria. Pansy era troppo seria.
Cercò di scherzare, anche se capiva che
era qualcosa di grosso. “La gente qui intorno
penserà che sei andata sotto il
tavolo per farmi un…”
“Blaise!” gridò forte Pansy
interrompendolo, tanto che si girarono almeno tre o quattro persone,
dagli
altri tavoli, verso di loro.
Lui ghignò strafottente. Ma lei non si
scompose. “Se lo avessi fatto davvero, la tua faccia sarebbe
più compiaciuta,
te lo assicuro!” E lo indicò con il dito e con un
sorrisino delizioso sul viso.
Il ghigno di Blaise sparì. Cosa aveva
detto? Oh, Merlino! Quando arrivò da mangiare stette zitto,
incapace di dire
qualsiasi cosa, forse per la prima volta in vita sua.
Quando vide Pansy scolarsi metà della
birra in un solo sorso le chiese, alzando la mano per fare un cenno
alla
cameriera di portare altre birre: “Cos’è
successo con la moglie di Potter?”
Quando Blaise glielo
domandò, non fu
troppo sorpresa, ma fu difficile spiegarlo lo stesso. "Ho ucciso suo
marito".
Il moro iniziò a tossire. Tanto. Lei
strabuzzò gli occhi e si alzò per arrivare
dall’altra parte del tavolo e dargli
delle pacche sulla schiena. Lui si spostò un po’ e
lei si sedette di fianco al
ragazzo.
Quando smise di tossire, gli allungò
la birra che la cameriera aveva portato e sospirò.
“Non davvero”, non ancora
“Tu-sai-chi si rivolterebbe nella
tomba e non te lo perdonerebbe mai!” Ridacchiò per
non piangere.
“Ho fatto un casino, Blaise. Mi sono
messa in un guaio grosso quanto…” Si
guardò intorno ma non le venne in mente
niente.
“Come Hogwarts?” Cercò di farla
sorridere lui.
Lei scosse la testa. “Di più. E non
posso raccontarti niente. Non posso parlarne con nessuno… Il
legalmago me l’ha
proibito. Non posso parlarne neanche con lei…” E
indicò con il capo il posto
dove prima era seduta la rossa. Si allungò a prendere la sua
birra e ne bevve un
lungo sorso.
“Mi hanno sospeso. Per una settimana.
Cioè, l’hanno chiamata
‘vacanza’ però quello che intendevano
era: ‘Hai fatto
uno sbaglio, hai quasi ucciso la persona più importante del
mondo magico e non
vogliamo più saperne di te. Speriamo che tu lo capisca e
decida di lasciare il
lavoro’. E io non so più cosa fare. Ho paura,
Blaise, ho paura a guardare un
paziente e pensare di ucciderlo perché non sono
più in grado di fare il mio
lavoro…”
Blaise non disse niente, ma le prese
ancora la mano e intrecciò le dita con le sue.
Appoggiò la testa sulla sua
spalla e chiuse gli occhi.
Lui odorava di buono. Di casa. Era
così da quando se lo
ricordava. Poi lui disse qualcosa di molto stupido e lei si
girò verso di lui
sorridendo. Dopo dieci minuti rideva come una ragazzina di quindici
anni.
Quando lei finì la terza
birra senza
aver toccato cibo, Blaise capì che avrebbe dovuto portarla
via. Quando si
alzarono e lei barcollò, capì che non sarebbe
riuscita a smaterializzarsi da
sola.
Uscirono dal locale e lei sospirò, prima
di rabbrividire. Aveva addosso solo il vestito che le aveva visto
quella
mattina e lei era troppo scoperta.
Le mise una mano sulle spalle e si
incamminò verso il vicolo dove aveva visto sparire la rossa
un po’ di tempo
prima. “Andiamo a casa mia e poi vai a casa con la
metropolvere, ok?” Lei
ridacchiò e disse di aver bloccato il camino, a casa sua.
Merlino. E ora?
“Da che parte è casa tua?”
“Di là” disse, indicando la fine del
vicolo illuminato da un lampione babbano.
“Lì c’è un muro,
Pansy…” Gli sembrava
di parlare con un bambino.
“Sì, lo so. Ma casa mia è di
là lo
stesso. Oltre il muro”. Un bambino piccolo
“E come fai ad andarci, di solito?”
“Mi smaterializzo.”
“Hai bevuto troppo. Ti romperesti come
la Bones a Hogwarts il sesto anno.”
“Non è vero!” Sbuffò e le
chiese, come
se non l’avesse sentita: “Come fai ad andare a casa
quando prendi una sbronza?”
Lei alzò le spalle. “L’ultima volta mi
ha portato a casa Theo”. Il moro fece stridere i denti. Theo.
Gli era sempre
meno simpatico.
“Ti porta a casa dopo che lo avete
fatto o lo fate direttamente a casa tua?” chiese, prima di
rendersene conto.
Quando Pansy capì quello
che
intendeva, cercò di sottrarsi al suo braccio, arrabbiata.
“Io e Theo siamo solo
amici. E poi se anche fosse… Non sarebbero affari
tuoi!” Cercò ancora di
sottrarsi, ma lui non la lasciò andare.
Sbagliava o lui stava ghignando? “Io
ho un sacco di amiche con cui…”
Pansy gli diede una gomitata nel
costato prima che potesse finire e Blaise si chinò, sorpreso
e dolorante. “Non
siamo tutti come te. E Theo è innamorato di una ragazza e
non la tradirebbe
mai. LUI!”
Ehi, cosa voleva dire?
“Quindi non lo
fate perché lui non vuole?” Si beccò
un’altra gomitata, ma questa volta era
preparato.
“Non lo facciamo perché non ne vale la
pena.”
Lui sorrise, ma lei non lo vide. “Oh.
Sei così disastrosa a letto?”
Gli occhi della ragazza si
spalancarono indignati e Blaise non poté fare a meno di
ridere. “Ma come ti…”
Lei provò a colpirlo ma non ci riuscì.
“Ehi, ferma. Scherzavo, dai! Aspetta.
No!” Quando lei provò ancora a colpirlo fece due
passi avanti, facendola
arretrare, cercando di fermarle le braccia e la spinse contro il muro
che,
secondo lei, li divideva da casa sua.
“Ahi” disse quando si fermò contro i
mattoni. Lui le era vicino. Troppo vicino. Era sempre stato bravo,
sempre. Non
aveva mai azzardato mosse con lei. Non aveva mai fatto niente di
sconveniente. Non
ci aveva mai provato. E non lo avrebbe fatto neanche questa volta.
Abbassò lo
sguardo sulle sue labbra e lei lo guardò da sotto le ciglia.
Poi la sua lingua
saettò fra le labbra e le inumidì. Addio
autocontrollo.
Non capì più niente. Dieci anni che
aspettava. Chinò la testa e posò le labbra sulle
sue. Solo un bacio. Solo uno.
Solo quello. E poi basta, si sarebbe tirato indietro. Subito. Un bacio
leggero.
Solo così.
Ma le labbra della ragazza si
schiusero e lei sospirò sulla sua bocca. Si nutrì
del suo respiro come
dell’ultima cena, le portò una mano dietro la
schiena e se l’avvicinò ancora di
più. Mentre lei si spostava dal muro sospirando
portò le mani al suo viso e lui
la sentì sorridere mentre si accostava a lui.
Quando sentì la sua lingua
accarezzargli le labbra la strinse con possesso e approfondì
il bacio.
Pansy non si rese subito conto di
avere Blaise sulle labbra finché non ci fu un rumore alle
spalle del ragazzo e
lui si staccò da lei per controllare.
Quando si voltò, le tenne una mano sul
fianco in maniera protettiva e la spinse dietro di lui. Subito dopo si
rigirò.
“Andiamo via?” Lei riuscì solo ad
annuire, mentre Blaise la stringeva a sé e girava su se
stesso.
-
-
-