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Autore: Hookina90    23/03/2020    1 recensioni
Questa storia è la seconda parte della storia "New Life".
La nostra cara protagonista dovrà affrontare altri pericoli e soprattutto un nuovo nemico...assai sadico oltre a scoprire qualcosa che sconvolgerà non solo lei....
Ci saranno nuovi personaggi e soprattutto ci sarà ancora un riferimento al telefilm di Supernatural.....più nello specifico introdurrò un personaggio che a me piace molto e che è molto importante per la protagonista.
Piccolo estratto:
“Oggi sembri più strano del solito. E’ successo qualcosa?”, chiesi inquieta incrociando il suo sguardo. Era diverso. Non capivo che cosa stesse pensando. Era più criptico del solito o forse ero solo paranoica.
“No, stai tranquilla”, rispose prima di darmi un bacio. Il mio cuore percepii subito che quello che avevo davanti non era Hook, ma qualcun altro. Cercai di respingerlo, ma essendo forte ci misi un paio di secondi a staccarlo da me.
“Chi sei tu?”, domandai mettendomi in posizione di attacco poi aggiunsi: “Non sei Killian!”
Buona lettura
Genere: Angst, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Baelfire, Killian Jones/Capitan Uncino, Neal Cassidy, Neal Cassidy/Baelfire, Nuovo personaggio, Signor Gold/Tremotino
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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 Capitolo 6: I can't handle you being gone
 






15 Ottobre 2015
 
La stanza era al buio tranne per quei pochi deboli raggi solari che stavano entrando dalla finestra, segno che il sole era già sorto. Io ero rimasta immobile sul mio letto nel castello di mio padre continuando a fissare il vuoto. Avevo perso la cognizione del tempo. Non sapevo quanto ore erano passate da quel tragico evento e soprattutto come ero arrivata nella mia camera. L’ultima cosa che mi ricordavo era mia madre che cercava in tutti i modi di allontanarmi da lui, mentre il corpo esamine di Hook veniva portato via da Merlino, poi però avevo il vuoto. Provai più volte a rimembrare che cosa era successo dopo, ma ciò che riuscivo a visualizzare erano le poche immagini di quello che era avvenuto prima di avere il suo sangue sulle mie mani. Scene che poi cominciarono a ripetersi senza sosta. Le avrei voluto cancellare, ma non potevo fare nulla perché continuavano a tormentarmi in imperterrito. Dopo tutto era colpa mia, quindi meritavo di vivere questa tortura.
Dopo essere rimasta sdraiata per ore decisi di cercare almeno di alzarmi per andare in bagno, ma non appena lo feci notai subito che sul divanetto ai piedi del letto c’era una sua camicia nera. Impulsivamente andai a prenderla come se un semplice indumento avrebbe potuto darmi la sensazione di averlo ancora lì con me. La avvicinai così al mio viso in modo tale da poter sentire di nuovo il suo buonissimo profumo che mi ricordava l’odore del mare in tempesta. In pochi secondi però rincominciai  di nuovo a piangere stringendola al petto. Prendere la sua camicia però aveva contribuito ad incrementare quel dolore che ormai si era insediato dentro di me.
Non appena finii di singhiozzare alzai il viso e intravidi che sul comodino vicino alla finestra c’era la foto incorniciata che gli avevo regalato mesi fa.  Era immortalata la scena di noi due in spiaggia. Non sapevo perchè era rimasta in quella camera, anche se pensandoci non avevamo ancora portato tutta la nostra roba sulla “Perla” perché non avevamo avuto il tempo. La pausa di felicità che eravamo riusciti a goderci era durata poco più di un mese. Era stato veramente poco tempo.
Riappoggiai la camicia dove l’avevo trovata e poi andai a prendere la foto. Con un dito iniziai a tratteggiare i lineamenti di Hook. Quel giorno aveva un sorriso che avrebbe potuto illuminare una stanza avvolta dalle tenebre.  Eravamo entrambi sereni. Erano pochi gli attimi dove eravamo felici senza pensieri e ora non li avrei potuti più avere. Questo pensiero provocò subito un’altra fitta al cuore e versai altre lacrime. Ormai stava diventando difficile non smettere di piangere. Ogni cosa in quella stanza era pieno di ricordi, di nostri ricordi e ciò mi provocava una ricaduta.
“Noooo! Perché mi hai lasciato un’ altra volta!”, urlai  a un certo punto lanciando la cornice contro la parete di fronte a me. La tristezza si era trasformata in rabbia. Ero arrabbiata con lui, con me stessa  e con Ade. Lui mi aveva abbandonato di nuovo, anche se mi aveva promesso che mi sarebbe stato accanto sempre. Con me stessa perché invece di salvare sia lui che Bea ero stata proprio io ad ucciderli, non avevo fatto nulla per evitare la perdita di due delle persone più importanti della mia vita. Infine con Ade perché ero certa che dietro a tutti gli avvenimenti che erano successi c’era lui, anche se non sapevo ancora per quale scopo.
Le mie emozioni erano ormai fuori controllo e questo provocò l’esplosione dei miei poteri provocando così un breve tremore in tutta la stanza, persino alcuni fogli  che erano sulla scrivania caddero per terra, ma per fortuna non avevo rotto nulla e soprattutto le finestre erano rimaste integre, al contrario di me che invece crollai in ginocchio. Misi le mani sugli occhi e iniziai a piangere di nuovo.

Pov Hook
 
Ero morto. Mi ero sacrificato per salvare Amy e tutta la sua famiglia. Credevo che sarei andato oltre, verso la luce, invece mi ero ritrovato seduto in una specie di un enorme cripta spoglia illuminata solamente da un fuocherello posizionato nel centro della stanza.
Ero sicuramente finito nell’Underword, ma non sapevo ne dove mi trovavo precisamente ne quanto tempo era passato dal mio ultimo respiro. L’unica cosa di cui ero sicuro era che dovevo uscire da questo posto e soprattutto cercare Bea. Speravo veramente che pure lui fosse in questo mondo, da qualche parte, perché insieme forse avremmo trovato un modo per tornare a casa oppure passare oltre. Non volevo assolutamente passare anni in questo luogo lugubre.
Mi alzai e vidi che avevo la camicia sporca di sangue nello stesso punto dove Amy mi aveva infilzato. Non volevo neanche immaginare in che stato era Amy. Non avrei potuto sopportare vederla soffrire per la nostra morte, avrei voluto starle accanto per alleviare il suo dolore e per farle capire che non doveva sentirsi in colpa per quello che era successo, invece ero intrappolato in questo mondo infernale.
Davanti a me c’era un lungo corridoio che era l’unica opzione per poter uscire da questo posto infernale, così avanzai e non appena arrivai in fondo però trovai due strade una a destra e una sinistra. Optai per la destra, ma non riuscii nemmeno a fare qualche passo quando sentii dei strani versi di animale provenire dietro di me. Lentamente mi girai e nell’oscurità vidi degli occhi rosso sangue. Ringhiava e lentamente si avvicinò a me e quando la luce che proveniva dalla stanza in cui mi ero risvegliato lo illuminò vidi bene la bestia. Era un cane enorme dal pelo lungo e nero che aveva tre musi con zanne affilate. Sicuramente era il cucciolo di Ade. Lo avrà mandato lui, per uccidermi definitivamente. Non potevo diventare la sua cena, ma dovevo ammetterlo ero terrorizzato.
 
Come avrei potuto affrontare un animale del genere per poter almeno sopravvivere?
 
Indietreggiai estraendo la mia spada dal fodero, così almeno avrei tentato di difendermi in caso mi avesse attaccato, però al momento il piano migliore era quello di fuggire e trovare assolutamente l’uscita prima di diventare cibo per cani.
Cominciai a correre, ma purtroppo anche il cucciolone aveva avuto la mia stessa idea e mi raggiunse in pochi istanti. Finii  subito sdraiato sotto le sue  grosse zampe.  Potevo sentire il suo alito atroce sul viso. Aveva sicuramente bisogno di una lavata.
Provai a ferirlo con la spada, ma gli procurai solamente lievi ferite. Ero nei guai. Non ero manco riuscito a fare pochi passi che ero finito sotto le grinfie di uno dei giocattoli di Ade. Mi stavo per arrendere quando mi venne in mente che avevo anche la spada del Re e forse con le sue fiamme gli avrei procurato più danno. Lasciai cadere l’arma per terra e poi cercai con tutte le forze di prendere l’altra. Stavo per estrarla quando il cagnolone o almeno una delle tre teste mi diede un morso sul collo e in poco tempo persi conoscenza.
 
Non appena mi risvegliai mi resi conto che non mi trovavo più nella cripta, ma su un’immensa  roccia circolare nera in cui c’era inciso un simbolo strano in oro che sembrava quasi un pentagono. Sicuramente era qualcosa di magico, ma io ne sapevo poco e quindi speravo che non fossi bloccato con qualche incantesimo.
Provai a girarmi leggermente perché sentivo un dolore atroce al collo nel punto in cui sono stato ferito, vidi che la pietra su ci ero seduto era collegata ad altri due macigni scuri e in mezzo ci scorreva un fiume arancione. Avevo un brutto presentimento.
 
Come c’ero finito qua? Perché non ero diventato la pappa del cagnolone?
 
“Vedo che hai conosciuto il mio cucciolo e si è divertito a quanto noto dal tuo collo!”, disse una voce sibillina. Cercai di voltarmi nella direzione della voce che avevo sentito per capire chi stesse parlando con me. Di fronte a me vidi un uomo dai capelli corti e grigi vestito con un completo completamente nero che mi guardava con sguardo di sfida. Sicuramente era Ade.
“Ade?”,domandai cercando di mettermi in una posizione più comoda.
“In persona. Tu sei Hook vero? Il prigioniero che ha tentato di fuggire dalla sua gabbia?”, domandò lui irritato avvicinandosi a me. Non sapevo per quale motivo, ma si vedeva che non gli andavo a genio. Era terrificante. Mi faceva venire i brividi.
“Mi aspettavo un alloggio più allegro al mio arrivo!”, risposi sarcastico.
“Ora ti dico una cosa, mio caro capitano, non mi piacciono le persone che cercano di fuggire e che non mi obbediscono perché poi mi tocca punirle!”, rispose in modo perfido prima di schioccare le dita. In pochi secondi mi ritrovai legato a una specie di orologio a pendolo che era poco distante a dove mi trovavo prima. Cercai di slegarmi, ma le corde erano troppo strette. Ora ero nelle sue grinfie, l’unica cosa che potevo sperare che Bea trovasse un modo per salvarmi da questo mostro.
Lui fece un sorriso perfido e poi schioccò di nuovo le dita e in pochi secondi apparrirono due uomini alti e possenti vestiti con una semplice maglietta nera e un pantalone scuro accanto a Ade.
 
Che cosa aveva in mente?
 
“A me non piace sporcarmi le mani. Loro faranno al posto mio. Io guarderò”, ribattè lui facendo comparire una sedia su cui si sedette.
“Procediamo?”, domandò l’uomo dai capelli biondi corti
“Si si. Fate pure!”
Loro si avvicinarono e dovevo ammettere che avevo paura, ma non lo avrei mai fatto vedere. Non gli avrei dato questa soddisfazione. Avrei sopportato fino alla fine.
Uno si mise alla mia destra prendendomi i capelli e tirando con forza la mia testa all’indietro, mentre l’altro si posizionò davanti a me, tirò fuori un coltello con la lama zigzagata e dopo essersi inchinato la infilzò in vari punti dell’addome. Il sangue cominciò a calare per terra. Strinsi la mascella per non urlare dal dolore, mentre loro mi guardavano estasiati del lavoro. Stavano proprio godendo.
“E’ questo è tutto quello che sapete fare?”, chiesi non appena estrassero per la quarta volta il pugnale.
“No questo è solo l’antipasto. Ci stiamo solo riscaldando!” disse il moro prima di darmi un pugno sul naso.
Il biondo lasciò i capelli cominciando a premere con le dita le ferite che mi avevano provocato prima, mentre l’altro prese a tirarmi pugni sul viso e sul corpo. Questa volta dovetti usare tutte le mie forze per esplodere.
 
Hook sei un pirata. Non puoi cedere
 
“E’ uno spettacolo veramente meraviglioso!”, affermò entusiasta Ade mentre ci fissava sorseggiando un bicchiere di vino rosso.
“Sei un sadico!”, replicai duro prima di sputare un po’ di sangue per terra.
“Si, può essere. Direi che per oggi può bastare ragazzi anche perché inizio ad avere una certa fame. Potete andare. Vi richiamerò se fosse necessario”, replicò lui alzandosi e dopo li fece scomparire in una nuvola blu, poi si avvicinò a me e disse in modo subdolo: “Ora andrai nella tua nuova cella e se proverai di nuovo a scappare potrei continuare a giocare con te!”
In pochi istanti ci ritrovammo in una stanza al buio escluso per una piccola torcia che mi permise di notare una piccola finestra in alto sulla sinistra e una cella di fronte a me. Ero ancora legato quindi Ade non fece fatica a mettermi dentro.
“Per non sporcare una delle migliori celle, ti guarirò le ferite. Ovviamente starai a digiuno, ma se farai il bravo domani potrai avere un pasto”, proferì lui prima di passare una mano sopra il mio corpo e in pochi istanti ero tornato come nuovo tranne per il mio viso che sicuramente era mal ridotto.
“Ti devo ringraziare per questa opera buona?”, domandai sprezzante
“Io non utilizzerei quel tono di voce se non vuoi che richiami i miei uomini!”, ribattè lui duro prima di uscire dalla cella.
Avrei voluto pensare un piano di evasione, ma ogni fibra del mio corpo mi doleva e soprattutto volevo provare a riposare per cercare di recuperare le forze. Sicuramente non sarei rimasto qui a lungo perché non volevo essere un giocattolo per le perversione di quel dio sadico.
Passarono qualche ora, ma non riuscii a prendere sonno, così cominciai a pensare che forse i morti non potevano dormire. Avrei dovuto quindi occupare il tempo in un'altra maniera.
Ragionai a come avrei potuto liberarmi da quelle corde. Rispetto a prima ero più libero di muovere le braccia, così cercai di usare una delle mie tecniche che avevo imparato durante uno dei miei tanti viaggi in mare. Tentai di tagliare la fune con il mio uncino. Ci impiegai un po’ di tempo, ma alla fine riuscii a liberarmi. Ora però il problema era la cella. Dovevo capire come poter evadere. Cominciai a riflettere.
 
Pov Amy
 
17 Ottobre 2015
 
In questi due giorni la mia famiglia aveva tentato più di una volta di venire a consolarmi, ma li cacciai. Non volevo vedere nessuno. Volevo restare da sola con il mio dolore perché non ero pronta a vedere la loro compassione nei miei confronti.
Provai in quelle quarantotto ore a fare le azioni più banali come andare in bagno o  mangiare qualcosa. Più difficile invece fu cercare di dormire. Da quando era morto non ero ancora riuscita a riposare perché non appena chiudevo le palpebre vedevo di nuovo tutta la scena. Io che lo uccidevo con Excalibur, Killian che moriva tra le mie braccia, il suo sangue sulle mie mani e il pianto disperato sul suo corpo inerme. Ogni volta che quelle immagini tornavano a tormentarmi era come se ricevessi una pugnalata al cuore, anche se in questo momento avrei però preferito non averlo il cuore perché almeno avrei smesso di soffrire.
Non doveva farlo. Non doveva sacrificarsi. Ora senza di lui come sarei riuscita ad andare avanti. Nostra figlia aveva bisogno anche di lui. La sua morte aveva portato via una parte di me, la più importante. Era tutta colpa mia. Era il mio destino.
 
Sono bravo a sopravvivere
 
Me lo ripeteva sempre. Era una bugia. Non era vero. L’avevo visto morire tre volte e ogni volta era stato sempre peggio. Ora non sapevo come poterlo fare tornare da me. Non l’avrei più rivisto. Non avrei più sentito il tocco delle sue dita sulla mia pelle, non avrei visto i suoi bellissimi occhi azzurri e non avrei potuto più abbracciarlo o baciarlo. Mi mancava tutto, anche quando si comportava da perfetto idiota.
A un certo punto sentii il rumore di passi che stavano venendo verso la camera. Sicuramente era uno della mia famiglia che voleva tentare di nuovo di farmi sentire meglio, ma nessuno ci sarebbe riuscito. Nessuno poteva colmare il senso di vuoto che si era creato nel mio animo tormentato.
“Amy posso entrare?”, domandò mia madre dopo aver bussato alla porta.
“Preferirei rimanere per conto mio”, risposi apatica
“Voglio solo vedere come stai, ti prego siamo tutti preoccupati”, ribattè lei con tono inquieto
“Va bene entra”, dissi acconsentendo almeno questa volta ad aprire il mio nido a qualcun altro perché avevo notato la sua preoccupazione. La sua angoscia. Avrei fatto questo sforzo. Solo per lei.
Dopo aver avuto il permesso entrò in quella stanza che ormai era diventata troppo vuota e troppo silenziosa. Notai subito che il suo sguardo cadde per terra alla sua destra, dove c’erano dei pezzi di vetro e un foglio girato
“Che cosa è successo?”, domandò mentre si chinava per raccogliere ogni cosa
“Quando ho visto quel ritratto incorniciato dove c’eravamo Killian ed io …e… non so perché ma l’ho buttata contro la parete…”, risposi vaga. In realtà io sapevo perché l’avevo fatto. Ero ancora arrabbiata con lui per il suo gesto e con me perché non lo avevo salvato.
“Amy so che stai male e che ti senti in colpa, ma non puoi rinchiuderti in questa stanza. Stare con la tua famiglia potrebbe farti sentire meglio”, affermò dopo che buttò alcuni ciocchi nel cestino
“Sto bene”, dissi mentendo spudoratamente cercando di sedermi.
“Si vede! Da quanto non dormi? Da quanto non mangi?”, chiese lei preoccupata sedendosi vicino alle mie gambe.
“Mi chiedi se ho dormito? Non appena chiudo gli occhi vedo a ripetizione io che lo infilzo, il suo sangue tra le mie dita, il suo corpo inerme tra le mie braccia e per peggiorare la situazione vedo anche io che uccido Bea, il mio stesso fratello. Ora mamma dimmi io come faccio a dormire?”, domandai urlandogli contro stringendo forte le lenzuola con le dita e la stanza iniziò a traballare.
“Emily ti prego calmati…”
“Calmarmi? Come faccio a calmarmi? Mamma…fa male …fa così male che a volte non riesco a respirare…. Io non riesco ad andare avanti, capisci. Io non ce la faccio a gestirlo…. Io non riesco a gestire il fatto che loro non ci siano più…perché …perché… mi mancano così tanto …Io ho bisogno di loro. Non posso vivere senza di loro…Mamma ti prego dimmi quando questo dolore mi passerà…!”, dissi con voce roca. Ogni respiro che facevo mi sentivo bruciare dentro.
“Posso immaginare che tu stia soffrendo molto, ma non tenerti tutto dentro perché la tua famiglia ti può aiutare. Non devi affrontarlo da sola. Ti prego non allontanare le persone che ti amano, perché anche se pensi che noi non possiamo farti stare meglio non è vero. Noi ce la metteremo tutta a starti accanto e alleviarti il dolore che ti sta tormentando. Non sei sola, ricordatelo Amy!”, ammise lei tristemente abbracciandomi. Mi cullò e io l’unica cosa che feci e chiudere gli occhi e tornare piangere.
“Lo so, mamma. So che volete aiutarmi, ma non appena mi sentirò pronta sarò io a venire a voi. Ora  voglio solo stare da sola…”, affermai dopo aver sciolto l’abbraccio. Sapevo che li stavo facendo preoccupare, ma ora non ero pronta ad affrontare il mio tormento con loro. Non ero pronta ad affrontare mio padre. Non sarei riuscita a guardarlo in faccia. Mi stavo odiando per quello che avevo fatto a Bea e sicuramente non appena avrei incrociato il suo sguardo avrei visto tristezza e odio. Mi meritavo il suo disappunto.
“Va bene, tesoro. Vuoi almeno che ti porti qualcosa da mangiare stasera?”, domandò lei cercando di essere forte appoggiando una mano sulla mia spalla.
“Va bene…”, risposi arrendendomi alla fine. Accettai per farla sentire meglio e non farla preoccupare ulteriormente.
“Ok, tesoro”, disse lei prima di uscire dalla stanza, così la stanza ritornò ad essere di nuovo silenziosa.
 
Pov Axina
 
Dopo essere andata a trovare Amy cominciai a sentire un peso sullo stomaco. Era frustante vedere la propria figlia a pezzi e non sapere che cosa fare per poterla farla sentire meglio. L’unica cosa positiva che almeno aveva accettato di mangiare qualcosa. Era un piccolo passo avanti, anche perché non sapevo se in quei giorni che si era chiusa in se stessa avesse almeno messo qualcosa nello stomaco. Non poteva stare a digiuno soprattutto ora che era incinta. Doveva pensare anche alla bambina.
“Axina come è andata?”, domandò Rumple preoccupato interrompendo i miei pensieri. Ero così sovrappensiero che non mi ero resa conto che ero appena entrata nel soggiorno dove Rumple e Belle stavano prendendo un tea caldo.
“Male… Rumple. E’ a pezzi. Non so come riuscirà a riprendersi!”, confessai sedendomi di fronte a lui.
“Beh è normale. Sono passati pochi giorni e soprattutto sentirà il peso di aver ucciso due persone importanti della sua vita. Deve essere dura!”, ammise mestamente Belle appoggiando la tazzina sul tavolo.
“Esatto. Credo che oltre a stare male per la loro morte si senta anche in colpa per essere stata lei l’artefice. Non so proprio come poterla aiutare per farla sentire meglio…!”, ammisi cercando di non crollare. Dovevo essere forte per lei.
“Capisco nemmeno io sto bene…però non posso crollare perché lei ha bisogno anche di me e l’unico modo per farle superare questo fase della sua vita  è starle accanto per fare in modo che con il nostro aiuta riesca a rimettere insieme i pezzi della sua vita. Sono però consapevole che sarà un processo lungo, con il tempo entrambi riusciremo ad andare avanti senza sentire il peso della loro mancanza.”, ammise lui fissando il liquido caldo.
“Mi dispiace Rumple. Deve essere dura anche per te!”, replicai io appoggiando una mano sulla sua.
“Già, ma ora la priorità è Amy. Devo essere forte per lei. Non posso di certo crogiolarmi perché incrementerei solo il suo senso di colpa.!”, ribadì lui alzando il viso incrociando così il mio sguardo. Notai tanta tristezza. Era veramente un momento buio per tutti. Speravo che saremmo riusciti a superarlo e rivedere il sorriso di nostra figlia, anche se ero consapevole che ci vorrà molto tempo.
“Lo so…”
“Hai provato a dirle che domani ci sarà il funerale?”, domandò lui qualche minuto dopo
“Non ce l’ho fatta Rumple. Mi sembrava così fragile non volevo …non volevo ..”, dissi tentennando stringendo le mani a pugno per reprimere le lacrime.
“Lo so, tranquilla. Semmai ci provo io dopo..”, asserì lui interrompendomi.
“No, tranquillo ci penso io. Quando le porterò qualcosa da mangiare gliene parlerò!”, proferì cercando si mantenere un certo autocontrollo.
“Ha accettato del cibo?”, chiese lui sorpreso.
“Si, almeno quello sono riuscita a farglielo accettare”, risposi facendo un sorriso amaro.
“Beh è un passo avanti!”, ribattè Rumple prima di riprendere la tazzina tra le dita.
“Già”
 
Pov Amy
 
Ero tornata  a fissare il soffitto quando sentii di nuovo qualcuno bussare alla porta. Era sicuramente mia madre con del cibo
 
Era già l’ora di cena? Era passato così tanto tempo?
 
Ormai non avevo più la cognizione del tempo. Ormai andavo avanti per inerzia. Le altre volte almeno potevo occupare il vuoto delle perdite andando a cercare il colpevole, ma questa volta ero io stessa l’artefice della loro morte. Potevo prendermela solo con me stessa. In effetti tutto questo dolore era la punizione adatta per quello che avevo fatto.
“Entra!”, dissi apatica
“Ciao tesoro. Ti ho portato un po’ di carne e delle patate. Alla bambina faranno bene!”, ammise mentre si stava avvicinando con un vassoio sulle mani.
“Grazie!”, affermai mettendomi seduta.
“Spero che sia di tuo gradimento!”, proferì lei porgendomi il vassoio.
“Si il profumo è invitante!”
“Sono contenta. Voglio che almeno fisicamente tu stia bene!”
“Tranquilla in questi giorni ho mangiato. Non potevo far del male anche alla piccola..”, ammisi prima di mangiare un pezzo di carne al sangue.
“Meno male, tesoro!”
“Vuoi dirmi altro?”, domandai io capendo che c’era qualcosa di cui voleva discutere con me.
 “In verità si. Volevo chiederti se domani te la senti di venire al funerale?”, domandò lei un po’ titubante qualche attimo dopo.
Il solo pensiero di vedere le loro due tombe mi fece mancare il respiro. Non credevo di avere le forze per poter partecipare al funerale. Non ero nemmeno pronta a dirgli addio definitivamente perché significava ammettere che effettivamente loro non erano più qui con me.
“Non credo di potercela fare…sto ancora troppo male….sarebbe troppo per me…anche solo vedere papà ora è difficile…o anche Emma”, ammisi con voce incrinata. Io volevo solo rimanere in questa stanza fino a quando non mi sarei sentita meglio, fino a quando il senso di colpa non sarebbe scomparso.
“Loro avrebbero voluto la tua presenza e tuo padre non ti incolpa di nulla, anzi vorrebbe avere la figlia al suo fianco in questo momento doloroso. Stesso discorso vale per Emma. Lei all’inizio ti ha incolpato, ma poi a mente fredda ha capito che non l’hai ucciso tu!”, spiegò lei dolcemente mettendo una mano sulla mia spalla.
“Non credo proprio che voglia al suo fianco l’assassina di suo figlio e poi come faccio a partecipare se non riesco a stare due minuti senza piangere…il dolore è ancora troppo vivido in me ..”
“Fidati che lui ti vuole accanto …anzi è preoccupato per il tuo stato! Vieni, fallo per tuo padre e per loro. Sarà l’occasione per dirgli addio”
“E’ questo il punto…non voglio dirgli addio. Io li voglio qua con me”, confessai abbassando lo sguardo
“Lo so, anche io li vorrei, ma il destino non è d’accordo con il nostro desiderio”
“Già…”
“Amy il funerale è domani. Noi ti aspetteremo di sotto, se non ti vedremo non te ne faremo una colpa!”
“Ok!”, risposi apatica
 “Va bene. Hai bisogno di qualcosa? Una bevanda calda?”
“No grazie”
“Ok tesoro. Ci vediamo domani mattina se cambi idea!”, disse lei dolcemente prima di uscire dalla stanza.
Ritornai ad essere da sola in quella stanza vuota.  Continuai a mangiare la mia cena e non appena la finii misi il piatto sul vassoio che subito appoggiai sul comodino alla mia sinistra.  Mi rannicchiai di nuovo sul letto e cominciai a riflettere se andare o no al funerale. Aveva ragione mia madre loro avrebbero voluto avere la mia presenza, oltre al fatto che per Hook ero rimasta solo io perché la notizia della sua morte non era stata ancora comunicata e per questo non sapevo se il suo vecchio equipaggio ne era a conoscenza. Non potevano seppellirlo senza qualcuno che avrebbe assistito,  qualcuno doveva dirgli addio, al contrario di Bea che avrebbe partecipato l’intera famiglia.
Dopo aver riflettuto per qualche ora decisi di andare, anche se ero consapevole che sarebbe stato difficile perché avrei dovuto affrontare non solo l’addio, ma anche mio padre ed Emma e tutto ciò avrebbe incrementato l’agonia che stava annientando il mio animo. Sarà una prova ardua, ma dovevo convincermi che lo facevo per loro e soprattutto per lui.
 
Pov Hook
 
16 Ottobre 2015
 
Il sole stava sorgendo e dalla piccola finestra entravano tenui raggi solari che illuminavano la stanza completamente vuota. In questo mondo c’era l’alternarsi del giorno della notte, quindi non era tanto diverso dalla terra abitata dai essere vivi. Ero però convinto che al di fuori delle mura c’era qualcosa di macabro come il suo padrone. Speravo che almeno Bea non stesse subendo le mie stesse torture. Uno dei due doveva sopravvivere per cercare di tornare da lei, perché ero convinto che un modo per tornare in vita esisteva e Bea doveva trovarlo per salvarla dal dolore che sicuramente la stava affliggendo. Io l’avrei seguito se fossi riuscito a scappare e a trovarlo, però nonostante avessi passato due ore a cercare di comprendere come poter aprire questa cella, non avevo ancora capito come era stata chiusa perchè non c’era nessuna serratura da poter rompere.  L’unica cosa che alla fine mi venne in mente era che Ade avesse utilizzato uno dei suoi trucchetti magici e di conseguenza pensai che un modo per poter evadere era usare la mia stessa spada magica in modo da sciogliere le sbarre di metallo ed eliminare l’incantesimo. Ero consapevole che era un piano che non aveva un senso logico, ma non avevo altre opzioni.
La estrassi e in pochi istanti l’attivai. Mi avvicinai e sferrai un colpo, ma non ebbi l’effetto voluto. Non appena la lama sfiorò la sbarra venni catapultato verso il muro. Era protetta da qualche barriera magica più potente di quanto avessi pensato. Fantastico. Ora avevo finito le idee di fuga. Avrei voluto avere ancora i poteri del DarkOne così sarei già scappato, invece ero ancora il prigioniero di Ade.
“Sei testardo, noto. Tu ed Emily siete fatti l’uno per l’altro!”, proferì una voce alla mia destra. Sapevo chi era. Mi venne un brivido, perché avevo disubbidito e sicuramente mi avrebbe torturato di nuovo. Non mi importava, intanto ero già morto. Quello che invece mi fece ribollire il sangue era che avesse solo pronunciato il suo nome. Non era degno di nominarla.
“Non ti permettere di dire il suo nome. Maledetto sadico!”, urlai furioso andando di fronte a lui stringendo forte l’elsa della spada.
“Non ti agitare pirata. Non le farò nulla anche perché non è ancora qua, invece te dovrai essere punito per aver cercato di scappare di nuovo. Potrei veramente divertirmi con te da oggi in poi, perché sappiamo entrambi che tu non ti arrenderai ed io  continuerò a torturarti!”, asserì lui sibillino.
“Si hai ragione. Troverò un modo per uscire di qui. Troverò un mio amico e insieme riusciremo ad scappare da questo posto infernale!!”, confessai serrando la mascella.
“No capitano. Io non posso permettere che tu veda la luce del sole fino a che non avverrà una determinata cosa. Non voglio ostacoli!”, disse lui in modo criptico.
“Di che stai parlando?”
“Non sono  cose che ti riguardano!”, ribattè lui grave prima di farmi sbattere  di nuovo contro il muro perdendo la mia preziosa spada e in pochi istanti mi ritrovai legato con delle liane alla parete. Ero di nuovo immobilizzato. Mi avrebbe provocato  altro dolore atroce, ma aveva ragione lui. Io non mi sarei arreso, soprattutto ora che mi aveva incuriosito su un suo ipotetico piano malefico. Dovevo scoprire che cosa aveva in mente e fermarlo.
“Oggi mi sono svegliato di buon umore, quindi non chiederò l’aiuto dei miei uomini, ma avrai l’onore di essere torturato da Ade stesso!”, proferì facendo una risata diabolica.
“Che grande onore!”, risposi sarcastico.
“Queste tue frecciatine, mi irritano. Devi capire che devi comportarti meglio!”, ammise stizzito prima di muovere leggermente il palmo della mano.
In pochi istanti sentii un’ondata di calore sull’addome. Abbassai lo sguardo e impallidii. C’era una sfera di fuoco che stava sfiorando i miei vestiti e in poco tempo dopo aver bruciato un lembo della camicia cominciò a sfiorare la pelle. Bruciava. Bruciava da impazzire. Non riuscii a trattenermi dal non urlare dal dolore che si stava diffondendo fino alle viscere.
“Sei…un…mostro!”, affermai a fatica cercando di guardarlo in faccia con ormai l’unico occhio sano che mi era rimasto.
“Sinceramente mi piace la tua espressione di pura sofferenza e quasi quasi potrei divertirmi con te anche se fai il bravo!”, disse serpentino muovendo leggermente il polso per fare in modo che la sfera premesse ancora di più sul mio corpo.
“Ahhhhhhhhhhhhh!”, urlai in modo straziante contorcendomi.
 
Le ore passarono e io rimasi attaccato alla parete subendo le varie torture di Ade. Non utilizzò solo il fuoco, infatti nonostante non amava sporcare la sua cella preferita alla fine mi fece, tramite la sua magia, varie ferite su ogni lembo di pelle. Sotto il mio corpo ormai si era creata una pozzanghera di sangue.
Nonostante desiderassi vivamente di scappare perché non sapevo quanto avrei potuto ancora sopportare un dolore così forte che mi faceva mancare il respiro, la mia speranza di uscire stava diminuendo a dismisura. Nello stesso tempo però ero felice che non c’era Amy al mio posto, anche perché non avrei potuto sopportare il pensiero che Ade le potesse fare del male.
“Mi sa che dovremmo smettere di giocare perché ora ho delle commissioni da fare. Domani però ci rivedremo capitano!”, asserì lui divertito prima di slegarmi facendomi cadere a terra sul mio stesso sangue. Non avevo le forze per muovermi, ma feci almeno lo sforzo di allontanarmi dalla pozza rossa.  Riuscii a fare solo qualche passo, ma poi finii riverso sul pavimento freddo. Il contatto mi fece venire un brivido. Ero stremato. Non c’era una parte del mio corpo che non mi doleva. La luce della speranza stava diventando sempre più tenue e le tenebre stavano ormai avvolgendo il mio corpo.
Non riuscendo a muovermi decisi di rimanere sdraiato e cercare di trovare qualcosa, qualsiasi cosa che mi avrebbe dato un ancora di salvataggio. Non dovevo, non potevo spezzarmi. Non potevo dargliela vinta, così cominciai a ricordare del mio viaggio per recuperare la spada e di quella illusione che era riuscita ad essere un appoggio per superare le varie prove. Iniziai così a concentrarmi per poter rivedere di nuovo il suo viso. Era l’unico modo, forse, per non impazzire del tutto. Un modo per non crollare.
“Non riuscirai …a spezzarmi…Non smetterò di lottare. Io troverò un modo di uscire!”, replicai duro guardandolo.
“Provaci, ma sappiamo entrambi come finirà!”, ribattè lui viscido prima di uscire.
Ero consapevole che fuggire da quella cella senza magia era quasi impossibile, ma avrei continuato a combattere per la mia libertà. Amy mi avrebbe incoraggiato a combattere.
Non appena fui solo chiusi gli occhi e cercai di immaginare i suoi bellissimi occhi grigi. Il suo sorriso che riusciva sempre a illuminare le mie giornate soprattutto quelle più cupe. La mia pelle che avvampava ogni volta che mi sfiorava. La desideravo e non volevo che la mia mente dimenticasse il mio grande amore. Non volevo che a un certo punto i ricordi diventassero vaghi, anche perché mi erano rimasti solo quelli e senza non avrei potuto continuare a resistere.
“Oddio chi ti ridotto in questo stato?”, disse una voce fin troppo familiare. Mi girai leggermente e la vidi inginocchiata al mio fianco con lo sguardo preoccupato.
“Sei venuta. L’ho desiderato e tu sei venuta. Sono così contento di vederti!”, ammisi felice cercando di alzare la mano per sfiorarle la guancia.
“Sono qui, Killian. Dimmi perché sei conciato così… sto male a vederti…!” , ribattè lei  appoggiando le dita sulla mia pelle ormai martoriata dalle ferite.
“Sto bene, tranquilla. Sono felice di averti accanto, anche se sei frutto della mia immaginazione. Mi mancavi…”,ammisi cercando di mettermi seduto.
“Stai bene? Killian ha ferite da per tutto e delle brutte bruciature sull’addome….ti devo curare…”
“No non puoi perchè non sei reale, ma a me basta averti qui con me per stare bene, tranquilla!”, la rassicurai subito prima di abbracciarla. Averla tra le braccia mi riscaldò il cuore che ormai non batteva più.
“Starò sempre al tuo fianco, Killian. Non voglio che tu soffra!”, dichiarò lei accarezzandomi la schiena.
“Lo so!”, dissi appoggiando la testa sulla sua spalla. Rimasi in quella posizione forse per ore, ma alla fine quando stavo veramente sentendo meglio notai che lei era scomparsa. Era venuta ed era già andata via. Era rimasta il tempo per farmi sentire meglio. Non mi importava nemmeno di essere rinchiuso perché avevo lei, ma ora che ero tornato solo, ma non potevo ricadere nel dolore. Non dovevo tornare a compiangermi addosso. Avrei tentato di nuovo di scappare. Dovevo riuscirci.
 
17 Ottobre 2015
 
Ade non si fece vedere per tutta la mattina, quindi ne approfittai per elaborare un piano. Le sbarre erano protette quindi non potevo nemmeno toccarle. Dovevo trovare un altro punto  della cella che avrei potuto usare per fuggire. Quel buco stava diventando troppo soffocante per me. Dovevo poi assolutamente trovare Bea perché non potevo affrontare Ade da solo.
Provai così ad alzarmi. Riuscivo a stare in piedi solamente se mi appoggiavo alla parete. Le ferite erano ancora aperte, ma intanto non sarei morto dissanguato. Tastai il muro e notai subito che era bello spesso. La mia spada non sarebbe riuscita a creare un varco, però io volevo comunque tentare. Dopo averla impugnata a stento mi misi di fronte al muro. Restare in piedi mi provocava un dolore acuto, ma dovevo resistere. Sferrai un colpo, ma le fiamme non fecero una vera propria apertura. Non era sufficiente. Avevo bisogno di più forza.
“Stai veramente ancora tentando di scappare. Non hai ancora capito che tu non hai nessuna possibilità di uscire da qua.!”, disse Ade che era appena entrato nella stanza.
“Io credo di averti già detto che non mi sarei arreso. Potrai torturarmi quanto vuoi, ma io continuerò a lottare!”, replicai io voltandomi verso di lui che nel mentre si era seduto su una sedia.
“Si infatti mica ti ho detto di fermarti perché se no mi toglieresti il divertimento.!”, ribattè lui serpentino.
“Forza avanti inizia a fare i tuoi giochetti sadici. Io non cederò!” replicai stringendo l’elsa della spada. Poteva farmi tutto quello che voleva, ma non mi avrebbe spezzato. Avrei sopportato qualsiasi dolore. Non l’avrei delusa.
“Oggi non voglio fare niente di fisico. Oggi faremo qualcosa di divertente!”, proferì lui misterioso prima di schioccare le dita. In una frazione di secondo mi venne un gran mal di testa. La vista cominciò ad annebbiarsi fino ad non vedere nulla. Ero cosciente, ma sembrava che stessi vagando nell’oscurità. Non sapevo che cosa mi stava succedendo fino a che a un certo punto il buio venne sostituito da delle immagini. Immagini che mi spezzarono il cuore.
Vidi tutto quello era successo dopo la mia morte. Lei che piangeva sul mio corpo esanime. Il suo urlo straziante quando sua madre la portò via da me. Lei apatica sul nostro letto nel castello del coccodrillo. Lei che stringeva una mia camicia ricominciando a piangere. Lei che osservava la nostra foto prima di lanciarla per la disperazione. Lei che stava così male che non riusciva a respirare. Non riusciva ad andare avanti. Lei che si incolpava per entrambi le morti e credeva di meritare questo dolore.
Vederla in quello stato era cento volte peggio delle torture fisiche che avevo subito nei giorni precedenti. Potevo sopportare i giochi che Ade faceva sul mio corpo, ma non ce la facevo a vedere Amy soffrire così tanto da non riuscire nemmeno alzarsi dal letto. Avrei voluto andare da lei per abbracciarla e consolarla, ma non potevo. Ero solo un misero osservatore. Ero impotente. Dovevo proteggere il suo cuore, ma avevo fallito. Aveva bisogno di me, ma io ero intrappolato in questo mondo infernale.
“Ti prego dimmi che non è vero. Dimmi che è solo uno dei trucchi”, urlai in modo lancinante non appena riuscii di nuovo a vedere ciò che mi era intorno. Ero caduto in ginocchio e che mi stavo premendo le tempie con la mano e l uncino, mentre la spada era caduta accanto a me.
“No mi dispiace è tutto vero, ogni singola scena”, affermò lui maligno.
“Non è possibile…ha bisogno di me!”, mormorai spaventato fissando il pavimento. Dovevo assolutamente tornare da lei. Non potevo perdere altro tempo. Non potevo rimanere qua seduto mentre lei era a casa morta dentro.
“Devo essere sincero, sono  deluso. L’ho sempre vista come una ragazza forte invece è debole…!”, ribattè lui avvicinandosi alle sbarre.
“Non sei degno di parlare di lei. Non ti permettere, capito brutto sadico!”, ringhiai io andando verso di lui.
“Ho trovato il tuo punto debole, capitano!”, disse lui trionfante prima di schioccare di nuovo le dita.
Sul mio polso apparve all’improvviso una specie di tatuaggio strano. Aveva strani simboli che non avevo mai visto in vita mia. Assomigliavano a dei petali incrociati. Non capivo che cosa aveva in mente, ma sicuramente qualcosa di diabolico.
A un certo punto sentii un peso sullo stomaco. Un dolore lancinante che si espandeva fino alle viscere . Un dolore così forte che mi fece cadere di nuovo per terra. Stavo soffocando. Premetti la mano sul petto stringendo la camicia. Mi sentivo come se fossi nell’oceano e stessi affogando. Provai più volte a risalire in superficie per poter riuscire a respirare di nuovo, ma inutilmente. Una forza più grande di me mi stava attirando sempre più in profondità.
Non capivo che cosa mi stava capitando quando cominciai a percepire un senso di colpa dilaniarmi l’animo. Speravo di sbagliarmi. Non volevo credere che quello che stavo sentendo in questo momento era quello che stava provando lei ora.
“Che cosa mi sta succedendo?”, domandai tentennando alzando il viso in modo tale da vedere il viso del mio torturatore.
“Le torture fisiche sul tuo corpo non servono a nulla, quindi sto provando a farti cedere facendoti provare quello che la tua cara Amy sta passando in questi giorni. Dolore. Senso di colpa. Rabbia. Apatia. Ogni cosa verrà riversata su di te!”, spiegò lui sorridendo in modo maligno.
Avevo ragione. Non volevo credere che lei potesse stare così male. Avevo visto le immagini, ma provare sulla propria pelle quello che le stava succedendo era più difficile da affrontare.
 
Cosa avrei potuto fare per farla sentire meglio?
 
Ero morto, rinchiuso in una cella magica e impotente.
“Devo fare qualcosa… devo salvarla!”, sussurrai continuando ad annegare.
“Da ora in poi rivivrai ogni singolo momento da quando sei morto e ogni singola emozione che ha sentito la tua fidanzata.  A ripetizione! Voglio proprio vedere quanto riuscirai a resistere!”, ribattè lui entusiasta fissandomi mentre ero dilaniato dal dolore.
“Sei un lurido mostro!”, urlai serrando la mascella.
“Lo so. Ora ti lascio con i suoi ricordi. Ti ho anche messo del cibo nella ciottola!”, affermò lui mentre spingeva la mia cena nella cella. Era un pezzo di pane con dell’acqua. Era meglio che non avere nulla, però al momento avevo lo stomaco chiuso.
Rimasi al buio di nuovo da solo, ma questa volta il mio animo era dilaniato e la mia mente era occupata da immagini di Amy su quel dannato letto che cercava di non rivedere le scene della mia morte. Si ripetevano in continuazione e ogni volta era sempre peggio.
A un certo punto ci fu un pensiero nuovo ad invadere la mente. Il funerale mio e di Bea. Stava già male se avesse partecipato avrebbe solo incrementato la sua sofferenza. Sentivo che nonostante non era forte psicologicamente ci voleva andare, soprattutto per me. Gli avrei voluto urlare che non era necessario. Non volevo che si facesse del male, ma non mi avrebbe sentito.
 
Pov Amy
 
18 Ottobre 2015
 
Dopo un’altra notte insonne andai in bagno. Mi guardai allo specchio e notai subito che avevo gli occhi gonfi e arrossati a causa delle lacrime che non riuscivo a smettere di versare ed delle profonde occhiaie dovute al fatto che non dormivo da due giorni. Avevo un aspetto orribile, ma me lo meritavo.
Mi feci un bagno veloce e indossai qualcosa di più appropriato. Misi un vestito nero e un cappotto lungo e scuro. Mi truccai per nascondere almeno le occhiaie e non appena fui pronta scesi di sotto, quando arrivai al pian terreno vidi tutta la mia famiglia al completo. Erano tutti riuniti e tutti in nero. Mio padre stava parlando con Emma che aveva gli occhi arrossati. Sentii subito che il senso di colpa stava tornando per colpirmi duramente di nuovo.
“Alla fine hai deciso di venire!”, affermò mia madre non appena notò la mia presenza attirando così l’attenzione su di me. Mio padre si avvicinò subito, istintivamente feci qualche passo indietro.
“Mi stavi facendo preoccupare Amy!”, disse lui prima di abbracciarmi.
“Scusami papà ..io non volevo farlo…te lo giuro …mi dispiace…non odiarmi!”, confessai di nuovo in lacrime nascondendo il viso nell’incavo del suo collo.
“Non ti odio. Non pensarlo nemmeno. Non l’hai ucciso te. Mettitelo in testa, non sei stata tu!”, ribadì allontanandosi da me per poter incrociare il mio sguardo spento.
“Non sono stata forte abbastanza per fermarmi…si che è colpa mia!”, replicai grave.
“L’oscurità che ti stava possedendo era veramente forte, non so neanche come sei riuscita a tornare in te due volte!”
“Ha ragione lui. Non darti colpe non tue”, confermò Emma che era dietro mio padre. Notai che al suo fianco c’era il piccolo Henry. Un ragazzino che aveva perso di nuovo il padre. Era riuscito a legare con lui ed ora glielo avevo portato via. Andai da lui. Mi inginocchiai per guardarlo negli occhi e gli dissi: “Mi dispiace molto Henry!”
“Non ti preoccupare zietta, so che non è stata colpa tua”
“Me lo state dicendo tutti, ma non credo riuscirò a togliere questa sensazione per molto tempo!”; riconobbi mestamente.
“Ho un regalo per te che forse ti farà stare un pochino meglio!”, ribattè lui prendendo dallo zaino il suo libro delle favole.
“No, Henry non credo di meritarlo e poi è tuo non potrei mai tenerlo per me”, ammisi non appena me lo porse.
“Emily prendilo potrebbe farti diminuire il tuo dolore!”, replicò Emma gentilmente
“Vero zietta non appena starai meglio me lo ridarai! Ti serve più a te che a me”, ribattè lui facendo un lieve sorriso.
“Va bene. Grazie Henry!”, dissi abbracciandolo.
Prima di andare al funerale andai a posare il libro in camera da letto. Lo avrei sfogliato non appena sarei ritornata a casa Mi sarei concentrata soprattutto sui momenti di Hook e anche di Bea. Era come se li avessi avuti di nuovo li con me.
 
Ci dirigemmo verso il cimitero della Foresta Incantata che si trovava ad nord-est del castello di mio padre. Il cielo era coperto ed erano presenti grossi nuvoli neri che presagivano pioggia, in linea con il mio stato d’animo.
La carrozza ci portò in un campo enorme con molti alberi ormai quasi del tutto spogli. Erano cresciuti in mezzo alle lapidi che erano di varie dimensioni e di vario design, alcune delle quali erano molto logore e ricoperte di rami secchi rendendo così difficile leggere il nome del defunto, mentre altre invece erano più nuove.
Avanzai in silenzio fino a che non arrivai al luogo dove ci stava aspettando il sacerdote.  Era fermo in piedi  su una collina, dove da quanto avevo capito erano seppelliti  i membri della famiglia di Snow e Charming. Eravamo nella parte reale e più importante dell’intero cimitero.
Erano presenti delle sedie dove io e gli altri potevamo sederci per ascoltare le parole  sia del prete sia di chi voleva dire addio a Hook ed Bea. Oltre a noi arrivarono altre persone come i sette nani, Granny e altri abitanti della Foresta Incantata. Non mi immaginavo tutta questa gente al funerale. Ero commossa che lui sarebbe stato sepolto vicino a Bea, almeno sarebbe stato accanto al suo amico.
Non appena fummo tutti accomodati il sacerdote si mise in mezzo alle due tombe in legno. Il solo vederle mi fece venire il magone. Sentivo che stavo per piangere di nuovo, ma mi trattenni. Non potevo esplodere con tutte queste persone intorno a me. Lo avrei poi fatto dopo quando sarei ritornata nella mia tana.
Non appena il sacerdote finii di officiare la messa iniziarono i vari discorsi delle persone che erano legate a loro. La prima fu Emma accompagnata da Henry.
“Bea ti ho perso e poi ritrovato, ma ora non sei più con me…di nuovo, ma ringrazio di aver passato ogni singolo momento con te in questo anno. Mi hai reso felice. Hai riunito la famiglia e hai dato la possibilità a Henry di avere una figura paterna. Lo hai reso orgoglioso. Non ti dimenticheremo mai, anche se ci mancherai da impazzire, ma rispetto alla prima volta che mi hai abbandonato questa volta ci hai lasciato nel nostro cuore ricordi felici!”, affermò Emma quasi sul punto di crollare prima di tornare a sedersi.
Dopo di lei andò mio padre e iniziò a dire: “Direi che le parole di Emma hanno riassunto brevemente quello che volevo dire, ma voglio aggiungere che quando mi hai perdonato mi hai reso il padre più felice del mondo e mi dispiace non essere stato in grado di proteggerti. Sono tuo padre e non ho fatto nulla per salvarti e nulla per evitare questo peso ad Amy. Avrei dovuto prevederlo. Avrei dovuto salvarvi. Mi dispiace Bea. Mi mancherai moltissimo!”
Quando tornò al mio fianco io ero arrivata al limite. Non riuscivo più a sopportare stare in quel luogo. Era una vera pugnalata. Le loro parole erano come piccoli chiodi che si infilavano nel mio cuore. Lo avevano perso per causa mia. Non smetterò mai di ripeterlo perché anche se loro dicevano che non era così purtroppo era la pura verità. Io avevo tolto la vita ad entrambi. Io non sono stata abbastanza forte per fermare l’oscurità.
“Vuoi dire qualcosa pure tu? Forse potrebbe farti sentire un pochino meglio!”, sussurrò mio padre.
“Non so neanche come sia riuscita a resistere a restare su questa sedia fino ad ora…però si qualcosa la voglio dire..”, replicai a bassa voce prima di alzarmi. Volevo proferire due parole su Hook perché nessuno aveva detto qualcosa su di lui e dopo il sacrificio che aveva fatto se le meritava.
“Io vorrei dire due parole per entrambi perché sono stati per me estremamente importanti. Entrambi sono riusciti ad abbattere muri che avevo innalzato dopo l’ennesima sofferenza.
Bea nonostante ti ho conosciuto solo un anno fa il nostro legame si intensificò fin da subito e ciò mi ha reso molto felice perché avevo sempre voluto un fratello maggiore e tu è stato eccezionale.
Ogni volta che avevo bisogno di qualcuno con cui sfogarmi lui veniva da me o mi chiamava per ascoltare i miei problemi e darmi ottimi consigli, ma se era necessario mi faceva anche delle vere e proprio ramanzine. Era sempre presente nel bene e nel male. Ora però non ci sei più.  Non ho più il mio grillo parlante…Ora con chi mi sfogherò? Chi mi darà dei consigli? Chi mi farà le ramanzine? Soprattutto come riuscirò a non sentire più la tua mancanza? Perché si, mi manchi già ora.
Fin a subito è stato un ottimo fratello maggiore, anche se per poco tempo, io invece che ho fatto?….io non ho avuto nemmeno le forze necessarie per salvarlo. Io non sono stata in grado di fermarmi. Questo peso che sto provando è la punizione che merito per quello che ho fatto. Ora molti di voi vorrebbero ripetermi che non è colpa mia, ma è solo una bugia... un vano tentativo per farmi sentire meglio…senza riuscirci mi dispiace.        
Bea mi dispiace spero di rincontrarti presto. Addio fratellino”, proferì con un nodo alla gola osservando la sua tomba poi feci un respiro profondo e mi girai dall’altra parte per dire qualche parola per Hook.
“Killian la nostra relazione è partita con una semplice amicizia che ha avuto alti e bassi. Tu sei sempre stato al mio fianco. Nonostante io all’inizio ti abbia respinto più di una volta tu non mi hai mai abbandonato, però alla fine con il passare del tempo sei riuscito a rubare il mio cuore e a proteggerlo fino alla fine. Ogni volta che stavo cedendo all’oscurità o ogni volta che vedevi che ero in difficoltà tu eri lì accanto a me in ogni forma. Mi hai sempre appoggiato anche quando eri difficoltà.
Killian tu sei diventato un frammento della mia anima. Siamo diventati un'unica entità e ora che non ci sei più mi sento come si fosse creato un vuoto dentro al mio corpo che non potrà mai essere riempito. Nessuno potrà sostituirti. Non so come riuscirò ad andare avanti senza di te….non averti più al mio fianco giuro è un dolore che mi sta spezzando. Sto cadendo a pezzi. Il non vederti più al mio fianco fa così male che faccio fatica a respirare.
Come posso superare il fatto di aver ucciso l’amore della mia vita? C’è un modo per poter superare una cosa del genere?  Come faccio ad andare avanti senza una parte importante della mia stessa essenza? Killian ho bisogno di te….ho dannatamente bisogno di te… Mi avevi promesso che saresti sempre sopravvissuto…ma non è così…e ora ho bisogno del mio eroe. Si perché te Killian Jones sei il mio eroe! Spero  di rivedere presto pure te, mio unico grande amore”, affermai ormai in lacrime tenendo stretto tra le dite il suo anello. Nonostante mi ero ripromessa di non esplodere, le lacrime vinsero di nuovo. A fatica tornai al mio posto. Mi sentivo svuotata.
“Supererai pure questa Amy!”, disse mio padre a bassa voce
“Non credo!”, replicai apatica. Volevo solo che questo tormento finisse così sarei potuta tornare nella mia stanza.
Dopo aver posizionato le tombe nelle buche grazie anche all’aiuto della magia ognuno di noi mise un po’ di terra all’interno e poi poco a poco le persone se ne andarono, tornarono nelle loro case. Rimase la famiglia stretta, ma dopo che Emma e Henry diedero l’ultimo saluto a Bea e anche a Hook andarono via insieme a Snow e Charming.
“Tesoro andiamo?”, domandò mia madre appoggiando una mano sulla mia spalla
“Posso rimanere un attimo da sola con lui? Poi vi raggiungo ve lo prometto”
“Va bene ti aspettiamo alla carrozza!”, replicò mio padre mestamente
Annuii
Mi misi davanti alla sua lapide sulla quale c’era scritto
 
Killian Jones
Pirata ed Eroe
 
Poche parole che avevano riassunto il suo percorso di redenzione. Da perfido pirata era diventato un vero eroe. Ero così orgogliosa di lui.
Era iniziato a piovere e stavo cominciando a bagnarmi, ma non mi importava perché gli volevo dire ancora qualcosa, così mi inginocchiai e sussurrai: “Killian so che non mi puoi sentire, però volevo dirti le mie ultime parole senza che qualcuno possa udirle. Volevo ringraziarti per avermi reso una persona migliore. Grazie per essere riuscito ad abbattere i miei muri ed aver avuto pazienza con me. Grazie di essere sempre rimasto.
Volevo dirti anche che il mio amore per te non morirà mai. Ti amo e ti amerò sempre Killian Jones”
Dopo aver posato la sua fiaschetta di rum sulla terra, perché l’avrebbe preferito a dei semplici fiori mi alzai. Le lacrime ormai erano mescolate alla pioggia, ma sapevo che le gocce non avrebbero potuto lavare il mio dolore, quello sarebbe rimasto per sempre.
 
Quando tornai di nuovo in camera non avevo tanta fame, ma sapevo che avrei dovuto sforzarmi per lei, per questo chiesi a mio padre se per l’ora di cena mi avrebbe potuto portare in camera qualcosa da mettere sotto i denti. Non avevo voglia di stare in compagnia. Volevo stare rannicchiata sul letto in attesa di sentirmi leggermente meglio.
Verso l’ora di cena mia madre mi portò qualcosa, ma non parlammo molto. Le mie energie erano state prosciugate dal funerale. Ringraziai mentalmente mia madre per non costringermi ad aprirmi e lasciare i miei spazi.
Non appena terminai il mio pasto andai a darmi una lavata e a cambiarmi perché avevo un aspetto orribile, anche se mi importava poco. Non appena fui pronta mi misi sotto le coperte tenendo tra le braccia la sua camicia sperando che in questo modo avrei avuto la possibilità di riuscire a dormire.
Chiusi gli occhi e all’inizio non vidi nulla. Cominciai a pensare che forse finalmente avrei potuto riposare, ma a un certo punto venni avvolta da una luce bianca e poi tutto ad un tratto mi ritrovai in mezzo al bosco. Davanti a me c’eravamo Hook ed io. Avevo Excalibur tra le mani. Sapevo che cosa stava per accadere. Cercai di andargli incontro, ma sbattei contro una parete di vetro. Mi guardai intorno e capii che ero in una teca senza via di uscita. Decisi allora di sbattere il pugno per cercare di avvisarli e di non fare quella pazzia, ma non mi sentivano. Ero costretta a rivedermi tutta la scena, di nuovo. Non appena Hook venne infilzato urlai: “Killiannnnnnn!”.
Mi resi poco dopo che mi ero svegliata di soprassalto e che ero sudata con il cuore che stava martellando all’impazzata. Era un incubo. Non ne potevo più di questa situazione.
Scorsi di fuggita che la finestra alla mia destra si era rotta e per terra c’erano mille pezzi di vetro. Ero riuscita fare tutto questo. I miei poteri erano esplosi insieme alle mie emozioni
“Amy ti senti bene?”, domandò qualcuno in lontananza.
Mi girai per vedere chi fosse entrato nella mia stanza e notai che di fronte a me c’era mio padre con un espressione preoccupata. Istintivamente andai da lui e lo abbracciai.
“Piccola tranquilla è stato solo un incubo. Sei al sicuro ora!”, ammise lui accarezzando leggermente la mia schiena
“Ho sognato di nuovo quando lo…”, ribattei mordendomi il labbro per cercare di non mettermi a piangere di nuovo.
“Lo so, mi dispiace per quello che ti è successo, ma tu sei una vera combattente riuscirai a superare anche questa situazione così dolorosa”
“Al momento mi sente così debole ..fragile…papà mi mancano…mi mancano così tanto che fa così male. Un dolore che mi soffoca e non so quando riuscirà ad andare via. Non so se mai riuscirò a stare meglio…”, affermai mestamente appoggiando la fronte sul suo petto.
“Si capisco cosa provi, ma te lo prometto con il tempo starai meglio. Staremo meglio!”, asserì lui con voce incrinata.
“Mi dispiace che tu debba soffrire a ca..”
“Amy no! Non voglio più sentire che è colpa tua. Non addossarti tutta la colpa. Non puoi vivere così. Si sto male perché manca anche a me Bea, ma insieme supereremo questo momento buio della nostra vita!”, ammise lui sciogliendo l’abbraccio e mi fissò con sguardo fermo.
“Va bene…”
“So che prima che riuscirai a perdonarti ci vorrà tempo, però noi ti staremo accanto. Ora però cerca di riposare un po’ e per qualsiasi cosa chiamami! Io verrò subito da te”
“Ok.. grazie per le parole e per essere stato qui con me!”, dissi cercando di fare un lieve sorriso.
“Non mi devi ringraziare, tesoro. Ora però dormi!” sussurrò dolcemente prima di darmi un bacio sulla fronte.
Non appena fui di nuovo sola provai a tornare nel mondo di Morfeo sperando di non fare altri incubi, anche se sapevo che sarebbe difficile non averne. Nonostante però avessi voluto fare quello che mi aveva chiesto mio padre dopo qualche minuto venni svegliata da una voce troppo familiare. Mi girai, ma la stanza era completamente al buio così accesi la candela che era sul mio comodino. Quello che vidi però mi fece perdere un battito. Davanti a me, appoggiato alla finestra c’era Hook. Avevo appena toccato il fondo. Ero ormai impazzita.
“Amy hai un aspetto orribile!”, disse lui tristemente venendo verso di me
“Forse sto solo sognando perché tu non puoi essere veramente qui!”
“No sei sveglia e mi stai facendo preoccupare Amy. Non ti ho mai visto in questo stato!”, ribattè lui inquieto sedendosi al mio fianco vicino
“Allora sto effettivamente impazzendo!”, dichiarai mettendomi le mani sulle tempie.
“Amy…ti prego guardami…Io sono qui con te! Non riesco a sopportare di vederti così triste e apatica”, asserì lui appoggiando la sua mano sulla mia spalla. Sentivo il suo tocco. Che cosa stava succedendo? Era la stessa situazione che era avvenuta durante lo scontro contro Jafar che lo avevo ritrovato al mio fianco, ma in quell’occasione credevo che ero riuscito a vederlo a causa del veleno.
 
Ora invece perché era qua con me?
 
“Killian non farmi questo… non riesco a stare meglio se ti vedo…perché vorrei veramente averti qua….ma non mi basta una mera allucinazione….!”, confessai voltandomi verso di lui.
“Amy io sarò sempre al tuo fianco perché io sono nel tuo cuore  e sono certo che troverai una soluzione per superare questo ostacolo come riesci a fare sempre. Io credo in te. Non devi arrenderti. Trova la strada per la tua felicità!”, proferì lui stringendomi la mano. Sapevo che non era reale quel contatto, ma  per quei pochi secondi mi ero sentita meglio. Mi sentivo di nuovo me stessa.
“Come Killian? Non ho le forze…mi vedi in che stato sono? Sto andando avanti per inerzia. Non riesco a vivere senza di voi!”, risposi arrendendomi al fatto che stessi parlando con una mia fantasia.
“Ora sono qui. Ti aiuterò io! Non posso lasciarti da sola!”, ribattè lui sorridendo.
“Killian….!”, mormorai sentendo le lacrime stavano rigando il mio viso che nascosi subito appoggiandolo sul suo petto.
“Amy troverai la risposta tra le righe!”, affermò lui criptico alzando il mio viso e avvicinandolo al suo.
“In che senso? Che vuoi dire?”, chiesi perplessa
“Lo capirai! Sei una ragazza intelligente, lo capirai. Non ti preoccupare presto ti sentirai meglio”, proferì lui accarezzandomi la guancia. Stava per baciarmi, ma scomparve nel nulla e io tornai di nuovo sola.
Non capivo che cosa era successo, ma averlo visto aveva fatto sentire momentaneamente meglio. Ora però lo avrei voluto di nuovo al mio fianco, forse mi sarei potuta anche accontentare dell’allucinazione. Bastava averlo accanto. Bastava sentire il suo tocco, anche se so che me li stavo solo immaginando.
Incominciai a pensare alle sue parole. Non capivo che cosa intendesse con le parole: “la risposta sarà tra le righe”.
Ci dovevo arrivare perché ero certa che mi aveva dato un indizio su cui poterlo riavere con me, perché la mia unica felicità era passare il resto della mia vita con lui.
Passarono le ore e invece di dormire riflettevo sul messaggio di Hook. Era stato veramente criptico. Decisi di fare una pausa e andare in bagno a causa della mia solita nausea mattutina. Non appena però mi alzai dal letto vidi il libro di Henry vicino alla candela che ormai era ai suoi ultimi attimi di vita. Ora avevo capito cosa intendeva. Le storie raccolte nel volume possono darmi qualche informazione. Incominciai a vedere la luce alla fine del tunnel di oscurità.
Non appena uscii dal bagno presi il libro e mi sedetti sul materasso. Lo sfogliai osservando ogni dettaglio. Lessi ogni riga fino a che non arrivai a una pagina dedicata ai Charming. Persi un battito. Avevo trovato la soluzione. Avevo trovato il modo per farli tornare a casa. Aveva ragione Hook che sarei riuscita a capire il suo indizio.
Era stata una perfetta idiota. Ero così intenta a crogiolarmi nel mio dolore che non avevo pensato a come poterlo farlo tornare. Era pericoloso, ma non mi importava. Fino a che c’era un modo per farlo tornare a casa io avrei combattuto per noi e il nostro amore.
 
Pov Hook
 
Quella mattina fu difficile da affrontare a causa della tortura psicologica che mi aveva afflitto Ade. Erano da ore che ero collegato in qualche modo a Amy. Vedevo e sentivo quello che provava e qualche ore dopo l’alba sentii che il suo dolore aumentò notevolmente. 
Aveva deciso di andare al mio funerale, nonostante pure lei stesse morendo dentro. Sentii le sue parole che mi aveva dedicato e furono una vera pugnalata.
 
Nessuno potrà sostituirti. Non so come riuscirò ad andare avanti senza di te….non averti più al mio fianco giuro è un dolore che mi sta spezzando. Sto cadendo a pezzi. Il non vederti più al mio fianco fa così male che faccio fatica a respirare.
 
Quelle parole mi stavano martellano nella testa come chiodi. Non sopportavo vederla in quello stato. Non sopportavo il fatto che non potevo fare nulla per rimettere i suoi pezzi apposto. Non sopportavo che stava soffrendo perché io non ero più al suo fianco.
Mi sdraiai per terra e mi rannicchiai sperando che questa tortura finisse presto. Ade aveva ragione, aveva trovato il mio punto debole. Sarebbe riuscito a spezzare il mio animo in mille frammenti perché era evidente che era più doloroso vedere lei in lacrime che ferire sul mio corpo.
Non sapevo che cosa potessi fare. Non sapevo come avrei fatto ad evadere da questa cella. L’unica cosa che ormai ero consapevole che ero diventato il suo pupazzo. Ero di nuovo lo schiavo di qualcuno come lo ero stato da bambino, ma questa volta non avevo mio fratello che mi proteggeva. Ero solo e quindi dovevo contare sulle mie forze per poter andare avanti, ma ne ero in grado? Ero così forte da continuare a lottare?
“Killian non mollare”, ammise lei che era tornata.
“Stai soffrendo troppo…io non so come aiutarti…sono prigioniero di quel mostro…!”, mormorai alzando leggermente il viso e la vidi inginocchiata al mio fianco.
“Mi conosci. Io mi rialzo sempre. Io trovo sempre una soluzione, quindi pure tu non cedere. So che stai provando il mio stesso dolore, ma sei un uomo forte. Sei in grado di non cadere nelle sue grinfie. Ti prego Killian non voglio vederti così…”, ammise lei accarezzandomi una guancia.
“Come faccio a vincere contro di lui? Come posso sopportare che stai annegando e non riesci a trovare la luce? Sento ogni tua singola emozione Amy. Vedo che cosa ti sta succedendo nella mia mente, capisci? Come faccio a superare una cosa del genere?”, domandai alzandomi in modo tale da incrociare il suo sguardo preoccupato
“Supereremo anche questo ostacolo. Devi avere pazienza. Promettimi che non mollerai. Ho bisogno che tu resista”, rispose lei appoggiando entrambi le mani sulle mie guance e poi appoggiò la fronte sulla mia.
“Sai che per te farei qualsiasi cosa, ma questa volta è dura Amy…”, confessai amaramente chiudendo gli occhi per poter assaporare il più possibile il contatto con lei.
“Io starò al tuo fianco provando ad alleviare la sofferenza provocata da questa futile tortura, però tu  fai vedere ad Ade con chi a che fare. Fai vedere chi è il vero Killian Jones”, replicò lei dolcemente.
“Va bene. Lotterò fino alla fine!”, replicai determinato guardando i suoi occhi grigi.
“Ecco ora riconosco l’uomo di cui mi sono innamorata”, proferì lei dolcemente.
Stavo per ribattere quando Ade tornò come sempre nella mia cella. Ormai veniva una volta al giorno solo per divertirsi. Lei non appena si accorse della sua presenza si spostò e si mise nell’angolo alla mia destra. Vedevo che era spaventata anche se cercava di mascherarlo.
“Come è andata la mattina capitano. Hai visto la tua tomba?”, domandò lui sedendosi al solito posto.
“Come fai a saperlo?”, chiesi cercando di mettermi in piedi. Era ancora difficile perchè il mio corpo era ancora mutilato, anche se avevo smesso di sanguinare.
“Semplice posso vedere cosa succede sulla terra. Sono imprigionato qua, ma ho trovato un modo per osservare voi comuni mortali, siete un popolo così affascinante…”, spiegò lui entusiasta.
“Sei una specie stalker!”, ribattei disgustato.
“Può essere…anche se preferisco di più vedere i miei giocattolini preferiti soffrire, come te!”, asserì lui maligno.
“Puoi continuare a farmi del male anche usando una tortura psicologica, ma non mi spezzerai!”, dissi deciso.
“Devo ammetterlo se uno dei pupazzetti più stoici che io abbia avuto. Molti si sarebbero già arresi, ma sai io ho mille risorse”, ribadì in modo subdolo.
“Non cedere”, sussurrò Amy alle mie spalle.
“Pure io fidati ho le mie risorse!”, dissi raccogliendo la spada per terra. In pochi istanti le fiamme avvolsero la lama.
“Bella spada, però è inutile contro di me!”
“Vedremo!”,affermai con tono di sfida. Provai a concentrarmi e tentare di potenziare al massimo il potere della spada. Sapevo che poteva fare di meglio o almeno ci volevo credere.
Non appena riaprii gli occhi vidi nello sguardo di Ade una leggera paura, ma comunque non si scompose. Abbassai così lo sguardo e intravidi che le fiamme stavano bruciando molto di più rispetto a prima. Ora forse avrei avuto qualche possibilità di scappare.
Stavo per alzare il braccio quando sentii cedere la gamba destra facendomi cadere in ginocchio. Percepii di nuovo un dolore lancinante, ma questa volta era concentrata sulla mia gamba. Sapevo che cosa era appena successo. Ade me l’aveva rotta. Ora come avrei potuto  scappare?
“Sei un vigliacco! Perché mi hai fatto questo? Hai paura di me?”, domandai io infastidito.
“Perché il mio compito è quello di tenere a freno il tuo spirito, capitano. Almeno fino a che non succederà una determinata cosa, quindi per questo userò ogni mio mezzo per abbatterti!”, spiegò lui grave.
“Che cosa deve succedere?”, domandai cercando di mettermi in piedi usando la spada come sostegno.
“Non sono affari che ti riguardano!”, ribattè lui aspramente poi aggiunse avvicinandosi alle sbarre: “Dovresti mangiare qualcosa invece di tentare di usare quella spada da quattro soldi”
“Non mi interessa del tuo cibo. Voglio solo essere libero!”, replicai furioso.
“Quello non lo potrai mai esserlo, capitano. Ora ho delle cose da fare ti lascio con i ricordi e le emozioni di Amy di questi giorni!”, ribadii serpentino prima di uscire.
“Continuerò a combattere e scoprirò cosa hai in mente mostro sadico!”, urlai digrignando i denti.
Riuscii a stare in piedi per poco tempo perché la gamba purtroppo faceva troppo male. Amy che era rimasta in silenzio fino ad ora mi raggiunse. Notai subito la preoccupazione nei suoi occhi. Le sorrisi e cercai di rassicurarla che stavo bene.
“Killian ..ma la tua gamba…”, affermò lei mestamente.
“Non ti preoccupare. Non sarà una gamba rotta a fermare la mia ricerca di libertà. Troverò un modo di uscire e parlare con la vera te. Te lo prometto. Non posso sopportare che le continui a soffrire così tanto!”, mormorai cercando di mascherare la sofferenza che non era solo fisica perché erano tornati nella mia mente i ricordi di Amy e di conseguenza tornai a sentirmi annegare. Questa volta però non mi sarei fatto abbattere, ma avrei continuato a lottare.
“Lo so Killian. Sei il mio eroe e so che troverai un modo!”, ammise lei dolcemente. Stavo per baciarla, ma sparii nel nulla di nuovo. Nonostante non fosse presente lei rimarrà sempre nel mio cuore anche se non batteva più.
“Si non mi arrenderò. Dopo tutto sono bravo a sopravvivere”, sussurrai mente cercavo di sdraiarmi per terra.
Avevo esaurito le forze e per poter cercare di riutilizzare la spada dovevo assolutamente riposare. Avrei riprovato a fuggire domani mattina prima dell’alba. Dovevo trovare anche un modo per superare il fatto di sentire le emozioni di Amy. Era sicuramente la parte peggiore, ma avrei lottato fino alla fine.
Nel cuore della notte quando credevo ormai che Amy era riuscita a placcare almeno leggermente la sua sofferenza percepii un fitta al petto e intravidi di nuovo la mia morte. Lo stava sognando, di nuovo.
“Amy ti prego non continuare a farti questo….non ti preoccupare tornerò da te”, sussurrai io mentre premevo la mano sulla tempia.
Per fortuna arrivò suo padre che la consolò. Non avevo un buon rapporto con il coccodrillo, ma in quel momento ero felice che era al suo fianco e non le faceva pesare il fatto che era stato il suo corpo a uccidere suo figlio.
Si era tranquillizzata, fino a che non si alzò dal letto perché aveva visto qualcosa. Ero curioso di sapere che era successo, ma in quel esatto momento le visioni e le sue emozioni scomparvero per magia.
 
Che era successo?

 
Spazio dell'autrice:
La quarantena e mi sto annoiando ...qundi ho detto perchè non pubblicare anche se non ho comunque dei riscontri... si sono masochista XD Beh comunque spero che vi piaccia :)
 
   
 
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