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Autore: MauraLCohen    24/03/2020    1 recensioni
È passato ormai tanto tempo da quando Kirsten è stata in riabilitazione, sia lei che Sandy sono andati oltre e tutto è tornato alla normalità. Durante il trasloco nel nuovo ufficio, però, Sandy ritrova la brochure del centro in cui Kirsten era stata ricoverata.
Quali sentimenti ha suscitato in lui il ricordo di quei mesi infernali?
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kirsten Cohen, Sandy Cohen
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'I’m not scared anymore '
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Sandy aveva appena finito di scaricare l’ultimo scatolone che aveva nel cofano della sua Land Rover, serviva ancora un viaggio perché il tralosco fosse ultimato. Ancora poche scatole e quell’ufficio sarebbe tornate ad essere il suo. L’idea di mettersi in proprio era stata fallimentare, proprio come qualsiasi altra iniziativa lavorativa che avesse preso negli ultimi quattro anni. L’ufficio del procuratore, la pubblica difesa… Era quello il suo posto, il suo ruolo. Aveva dato tutto se stesso negli studi per poter diventare l’avvocato degli ultimi e per quanto fossero allettanti le prospettive di altre carriere, lui sapeva che non gli appartenevano. 
Prese a svuotare gli ultimi due pacchi che aveva portato. Sistemò i libri nella libreria, i fascicoli nei cassetti, le foto sulla scrivania. Ad attenderlo, tra le vecchie scartoffie ancora dentro il cartone, c’era una brochure azzurra che non avrebbe certo riportato alla mente pensieri gioiosi. Sandy la vide per caso, sollevando una cartella e per un istante sentì il pavimento mancargli da sotto i piedi. Era oltre un anno che non ci pensava, o che cercava di non pensarci. Aveva passato giornate intere a leggere e rileggere quello che quel pezzo di carta proponeva, meditando ad ogni parola se quella fosse la scelta migliore. Sulla copertina, in rosso, si leggeva a chiare lettere centro di riabilitazione. Era lì che Kirsten aveva passato i mesi più lunghi e difficili della sua vita. Della loro vita. In un secondo la mente di Sandy venne investita da tutti gli avvenimenti di quel periodo… Seth che scappava di casa, Ryan lontano… Ad ogni ricordo sembrava che il cuore non dovesse reggere… E ancora: Rebecca, Carter, la morte di Caleb… Ma la cosa peggiore di tutte, quella per cui forse non si sarebbe mai perdonato, gli apparve più vivida di tutte le altre. Sentiva ancora addosso quel senso di impotenza che lo colpiva quando tornava a casa e trovava i bicchieri che sapevano di Vodka nel lavandino e Kirsten sul divano, incosciente.
Si dovette sedere, perché pensava di svenire. Le mani, strette ancora alla brochure, gli tremavano. 
Aveva visto Kirsten andare lentamente in pezzi, giorno dopo giorno e non aveva potuto farci niente. Anzi, forse aveva solo contribuito ad accelerare il processo. Lei aveva cercato di dirglielo, di fargli capire che non stava bene e lui non l’aveva ascoltata, assordato dal senso di colpa per la morte del padre di Rebecca, dalla voce dentro la testa che gli diceva di dover fare la cosa giusta: togliere Rebecca dal macello in cui si era cacciata. Non si era reso conto dei danni che per farlo si stava lasciando alle spalle, di tutte le volte che Kirsten gli aveva chiesto di restare e lui non lo aveva fatto. La stava perdendo e nemmeno se ne era reso conto. Quando se ne accorse era già troppo tardi, tra loro c’era un muro enorme che Sandy non poteva superare e, nel frattempo, sapeva che dall’altra parte l’unica persona di cui davvero si sarebbe dovuto preoccupare sprofondava nel baratro della depressione senza che lui potesse salvarla. 
In ventitré anni l’idea di poter perdere Kirsten non lo aveva mai nemmeno sfiorato, il loro matrimonio era indistruttibile, era sincero, non poteva finire. La sera dell’incidente, invece, capì che non era così. Poteva perderla. Quella volta per sempre. La morte gliel’avrebbe strappata via. Mai come quella notte Sandy comprese che l’unica cosa che contava davvero era Kirsten, il loro amore, la loro famiglia. Pregò. Pregò fino allo stremo. E quelle ore se le ricordava tutte, minuto per minuto. Ogni medico che entrava e che usciva, mentre lui fermo in sala d’aspetto, sperava solo che si risvegliasse. 
Il rumore di un clacson lo riportò alla realtà. La luce della plafoniera aveva invaso la stanza, velando tutti i mobili di una calda maschera giallastra. Sandy si passò una mano sul viso e si rialzò dalla sedia in cui si era lasciato cadere poco prima. Gettò la brouchure sulla scrivania e guardò l’orario: era quasi ora di cena. Era rimasto in ufficio tutto il giorno, ora voleva tornare a casa. Qualsiasi altra scatola avrebbe potuto aspettare fino a domani. La sua famiglia no. 

*** 

Prevedibilmente la casa era illuminata a giorno, anche se era un po’ troppo silenziosa. Ryan e Seth non devono essere ancora tornati, pensò Sandy mentre appoggiava le chiavi sul mobile all’entrata. Si diresse in cucina ma si fermò sulla porta poco lontano dal frigorifero, rimase lì per un po’ a guardare Kirsten armeggiare tra i fornelli completamente ignara della presenza del marito. Lui le si avvicinò piano fino a poterla avvolgere con entrambe le braccia, premendo il proprio petto contro la sua schiena, facendola sussultare. 
« Ciao » le disse, affondando il viso tra i suoi capelli. 
« Sei tornato presto. Pensavo restassi a sistemare l’ufficio. »
Sandy la strinse a sé ancora più forte « Avevo voglia di tornare a casa. »
Kirsten sorrise. « Bene » disse, voltandosi verso di lui, senza sciogliersi dalla sua presa. « Perché quei due disgraziati dei nostri figli non devono tornare. Stanno facendo qualcosa a casa di July con Taylor e Summer e sinceramente non voglio approfondire. »
« Abbandonata per July Cooper… Terribile » scherzò Sandy. 
« Meno sento il suo nome oggi e meglio è… » Kirsten si lasciò andare ad un lungo sospiro sconsolato « Ho dovuto parlare con dodici clienti diverse per sistemare il suo scherzetto della clamidia. » 
« Ancora? »
« E non è nemmeno finita. La ucciderei. »
« Beh, l’avvocato lo hai, mi offro anche di occultare il corpo. I ricchi imprenditori di Newport ce ne sarebbero grati. »
« Da quando Sandy Cohen fa dei favori ai ricchi imprenditori di Newporto? E poi dubito che il procuratore condividerà questa idea. » scherzò Kirsten. Sandy rise e le accarezzò il viso con il dorso del pollice. « Mica dobbiamo dirglielo. Non guardi molti polizieschi. » 
Kirsten scuoté la testa ridendo mentre si avvicinava per baciarlo, Sandy non si ritrasse; la strinse per fianchi e la spinse contro il piano da lavoro. « Quindi i ragazzi non ci sono? » chiese mordendole il labbro. 
« No. » 
« E non devono tornare? » insistette.
« Non credo. »
« Bene » rispose, prendendola, poi, in braccio per metterla a sedere sul banco. Kirsten si strinse a lui, affondando le mani nei suoi capelli mente le labbra di Sandy scendevano lungo il collo, fino all’incavo dei seni. « Da quanto non restavamo soli? » chiese, lasciandosi sfuggire un ansimo
« Da troppo. » le rispose lui, slacciandole i bottoni della camicetta. « Dovremmo andarcene » le sussurrò sulla pelle, facendola sussultare.
« Per andare dove? »

« Dove vuoi. » Le morse la pancia e sentì i capelli tirare. « E i ragazzi? » obbiettò Kirsten sopprimendo un gemito. 
« Se sono grandi abbastanza per scappare a Tiquana, lo sono anche per restare un weekend da soli a casa. »
« Buona osservazione. E il lavoro? » domandò ancora, mentre lo sentiva slacciare via il bottone dei jeans.
« Può aspettare fino a lunedì. » 
Kirsten gli prese il mento con due dita obbligandolo a guardarla. « Sei ubriaco? » indagò scherzosamente. Lui, invece, si fece serio, risalendo il corpo della moglie in una lenta carezza, fino a prenderle il viso tra le mani. La guardadò dritta negli occhi. « Di te, sempre » le disse, prima di tornare a baciarla. 

 
N.d.A
Innanzitutto grazia a Glass Heart del gruppo We are out for prompt per il prompt: « Sei ubriaco? » / « Di te sempre. » perché ha ispirato la mia primissima fanfiction su Sandy e Kirsten. Non avevo mai scritto di loro e ora che ho aperto il vaso di Pandora e dato avvio al mio personalissimo manicomio, aspettatevi il peggio dal mio animo di shipper. 
   
 
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