Sogni
in gabbia
Stay
in the cage (or you finally take the key)
Sa come la
vedono i suoi genitori.
Per loro
è matura,
poco adatta allo studio, bella – a molti basta questo:
è bella.
All’inizio
accetta volentieri il
complimento, la rende felice – soddisfatta.
Con gli anni la
soddisfazione si muta in
mania: chi ha intorno si aspetta che lei sia bella,
arriva quasi a pretenderlo.
Susan vive nel terrore di deludere quest’attesa.
Controlla il suo
peso, sempre – a volte non
mangia quel che vorrebbe. Invidia Lucy che
può farlo senza un pensiero –
è donna anche lei, ma non è la bella
di casa.
Scoprire i
belletti le apre un mondo – lascia che chiuda
la porta di un altro.
Ain’t
in a cage, so I don’t need to take the key
«Susan,
non ti riconosco più!»
«Non
so di che parli, Lucy» replica fredda, finendo di sistemarsi
l’abito. «Piuttosto, anche tu dovresti curarti
di più. Non ti noterà nessuno ai balli, se
continui
così».
Lo scontento di
Lucy è palese, le si legge in
faccia, ma Susan sceglie d’ignorarlo.
«Non
eri così, a Narnia» protesta timidamente
la bambina. Susan la vede ancora così,
nonostante abbia ormai tredici
anni.
«Ancora
ricordi quei giochi infantili? Tu e
gli altri siete davvero fissati» commenta distratta. Forse
Lucy vorrebbe
aggiungere qualcosa, ma non gliene dà il tempo: ha sentito
la voce di Robin dal
corridoio e si affretta a raggiungerlo.
Forget
the cage, ‘cause we know how to make the key
Sono morti loro
– perché ha l’impressione
che sia finita in pezzi la sua
vita?
Lacrime amare le
scorrono lungo il volto – non
è giusto, semplicemente.
Sciocchi sogni
li hanno strappati da lei con
l’aiuto di un treno.
Susan indossa un
bell’abito nero, ma non le
importa più.
"Piccola cara, tu
hai ascoltato
le tue paure. Ora dimenticale, lascia che ti abbracci; ecco, il
coraggio è
tornato?"
Non ha mai avuto
un sogno tanto vivido.
Si sveglia in lacrime – rimorso.
Come ha potuto
dimenticare Aslan?
Lo sguardo fisso
sull’incisione, poggia il
fiore.
Non è
un addio.
Nuove lacrime le
rigano il volto – felici:
stanno bene, sono solo andati avanti.
Li rivedrà – rideremo ancora, promette.
NB:
Ci tengo a fare
qualche
precisazione. Prima di tutto, non c’è
niente di sbagliato nel
preoccuparsi di come ci si veste/trucca/presenta in generale. Il
problema con
Susan è che nel suo caso diviene un’ossessione,
che ho rappresentato basandomi
su come viene descritta da Jill ne L’ultima
battaglia: “A lei
interessano solo vestiti, creme, rossetti e gran feste. Ha lo sguardo
candido e
imbambolato di una bambina troppo cresciuta”.
L’idea per come nasce la sua “ossessione”
viene dal Viaggio del veliero, quando si dice che i
genitori portano solo
Susan con sé in America vedendola “bella, non
tanto portata per lo studio e più
matura di quelli della sua età”, circa. In
generale si insiste sul fatto che
Susan sia “la bella di casa”.
Sempre
ne L’ultima battaglia, Eustachio dice che
parlandole di Narnia – se per
caso si riesce a trovarla e parlarle – l’unica
risposta che si ottiene è sulle
linee di “Che memoria portentosa, ancora rammenti i giochi
che facevamo da
bambini”. {seconda drabble}
Inutile
dire quanto sia rimasta male leggendo la fine di Narnia, ma, citando
Lewis: “I
libri non ci dicono cosa è successo a Susan. Lei
è rimasta viva in questo
mondo, alla fine, essendosi ormai trasformata in una piuttosto sciocca,
presuntuosa giovane donna. Ma c'è un sacco di tempo per lei
per riuscire a
essere riammessa e forse lei sarà arrivata al paese di Aslan
alla fine... a
modo suo.”
La
citazione di Aslan nella terza drabble viene da Il
principe Caspian.
I versi citati in corsivo prima di ogni drabble sono tratti da The Other Side, canzone stupenda dal musical The Greatest Showman.