Look into my eyes and you’ll see
I’m the only one
You’ve captured my love
Stole my heart
Changed my life
You
take my breath away, Queen, 1976
Aziraphale
premette il tasto del citofono contrassegnato dalla scritta “A. J.
Crowley” e attese l'arrivo di una risposta dondolandosi
nervosamente sui piedi.
Non
era un fatto usuale che fosse lui a recarsi a casa del demone.
Solitamente era Crowley che passava a trovarlo in libreria e che poi
lo scarrozzava sulla sua Bentley ovunque dovessero andare (il ché,
la maggior parte delle volte, significava un luogo in cui l'angelo
potesse gustarsi qualche prelibatezza, dolce o salata che fosse).
Ma
quella mattina, Aziraphale si era incontrato con un collega libraio
interessato all'acquisto di un'antica Bibbia miniata risalente al
Medioevo in possesso dell'angelo, il quale l'aveva avuta direttamente
da un monaco amanuense ne lontano XII secolo. In genere, Aziraphale
detestava separarsi dai suoi adorati libri e faceva di tutto pur di
evitarlo, ma quella versione medievale della Bibbia non era neppure
di qualità eccelsa e nella sua corposa collezione l'angelo poteva
vantare copie assai più pregiate. Ad ogni modo, il negoziato era
avvenuto proprio nei pressi di Mayfair e, una volta concluso
l'affare, egli aveva pensato di tentare la sorte e fare
un'improvvisata a Crowley, sperando di non disturbarlo. La Bentley
era parcheggiata di fianco all'ingresso del lussuoso condominio,
dunque il demone doveva trovarsi in casa.
Ma
le casse del citofono rimasero ostinatamente mute e Aziraphale
immaginò che l'amico stesse schiacciando uno dei suoi soliti
sonnellini. In quel caso, avrebbe dovuto rassegnarsi all'idea di non
vederlo né sentirlo almeno fino alla settimana seguente.
L'angelo
pazientò ancora qualche minuto, aggrappandosi alla tenue speranza
che, alla fine, Crowley rispondesse al campanello e lo facesse
salire, anche solo per rimproverarlo di averlo svegliato.
Com'era
prevedibile il suo tentativo si concluse con un nulla di fatto. Il
suo dito indice era ancora accostato al tasto accanto alla targhetta
con il nome dell'inquilino, ma l'angelo non sarebbe stato così
scortese e importuno da premerlo di nuovo, per quanto lo desiderasse.
Sospirò
e fece per tornare sui propri passi quando udì una voce affabile
dietro di sé.
-
Sta cercando il signor Crowley? -
Aziraphale
si voltò per ritrovarsi faccia a faccia con una donna anziana dal
fisico minuto, ben vestita, con i capelli candidi acconciati in una
crocchia ordinata e un filo di perle ad incorniciarle il collo
sottile. Gli sorrideva amabilmente e lo guardava con una lieve
curiosità.
-
Oh, ehm, sì, ero passato a trovare il mio amico, ma temo di non aver
avuto fortuna. Non ha risposto al citofono. -
La
distinta vecchietta fece una risatina. - Non mi sorprenderebbe se non
l'avesse neppure sentito. Quando quel giovanotto si siede al
pianoforte e inizia a suonare, si isola completamente dal mondo. È
tipico di tutti gli artisti, sa. Mi dia retta, non si accorgerebbe di
nulla neanche se si scatenasse l'Apocalisse. -
Aziraphale
impiegò qualche secondo ad elaborare quelle parole; le sue
difficoltà riguardarono nello specifico la parte sul pianoforte.
La
donna dovette rendersi conto della sua perplessità perché nei suoi
vispi occhi azzurri balenò un guizzo di comprensione. - Oh, povera
me. A giudicare dalla sua espressione, direi che non aveva idea che
il suo amico fosse un pianista provetto. Temo di averle
involontariamente procurato un piccolo shock. -
L'angelo
si riscosse. - No, in effetti non sapevo nulla di questa sua
passione. -
A
un tratto, si accorse che dalle braccia della signora pendevano due
grosse borse della spesa dall'aria piuttosto pesante.
-
Oh, cielo! Che villano che sono. Posso aiutarla con quelle buste,
madame? -
La
donna gli rivolse un sorriso grato. - Be', non sarò più una
ragazzina ma queste braccia sono ancora forti, sa? Ad ogni modo, una
signora non rifiuta mai l'offerta di un gentiluomo tanto cortese. -
Aziraphale
rise e si affrettò a toglierle di mano i due grossi sacchetti mentre
la donna estraeva un mazzo di chiavi dalla borsetta e apriva la porta
d'ingresso del palazzo.
-
E così, ehm, Crowley sarebbe un musicista? - indagò l'angelo mentre
seguiva la signora nell'ascensore.
Lei
annuì, premendo il pulsante. - Eccome! Ed è anche molto bravo, sa?
Io abito al piano di sotto e mi capita spesso di sentirlo suonare.
Per fortuna le mie orecchie sono ancora in buono stato. -
Aziraphale
corrugò la fronte. Non voleva mettere in dubbio le sue parole
rischiando di offenderla, ma faticava davvero a coniugare l'immagine
mentale che aveva di Crowley con quella inedita descritta da quella
vecchia signora, così fece ricorso al tono di voce più gentile e
delicato che gli riuscì di evocare. - Ma è sicura che non si tratti
di brani registrati? Insomma, potrebbe essere semplicemente lo stereo
acceso o magari la radio... -
Ma
la donna scosse la testa, decisa. - Si fidi di me, ho avuto la
fortuna di partecipare a molti concerti di musica classica fin da
quando ero una ragazzina e so riconoscere quando qualcuno suona dal
vivo. Il suo amico ha un talento innato, glielo dico io. Certo, ogni
tanto si mette a suonare a orari improponibili, benedetto ragazzo! Ma
devo ammettere che non mi dispiace ascoltarlo mentre sono distesa a
letto. Mi dia pure della vecchia sciocca sentimentale, ma a volte mi
capita perfino di commuovermi mentre lo ascolto suonare al piano di
sopra. C'è qualcosa nel suo modo di far scorrere le dita sui
tasti... qualcosa di struggente e malinconico, ed è meraviglioso.
-
Aziraphale
non poté far altro che fissare a bocca aperta l'espressione beata e
sognante comparsa sul viso della vecchina, la quale non tardò ad
accorgersi della sua incredulità.
-
Vedo che il suo amico ha mantenuto gelosamente per sé questo suo
hobby. - ridacchiò, vagamente imbarazzata. - Almeno finché una
vecchia chiacchierona come me non ha spiattellato tutto. -
Aziraphale
le sorrise, intenerito. - Non si preoccupi, rimarrà tra noi. -
Il
sonoro DING dell'ascensore annunciò l'apertura delle porte e
l'arrivo a destinazione.
L'angelo
insistette per accompagnare la signora all'interno dell'appartamento
e quando ebbe posato le borse sul tavolo della cucina e la donna lo
ebbe ringraziato sentitamente, uscì sul pianerottolo e lanciò
un'occhiata verso l'alto.
Una
sola rampa di scale lo divideva dall'attico di Crowley. Sarebbe stato
un peccato non cogliere l'occasione per fare un ultimo tentativo.
Aziraphale
salì i gradini di marmo e quando si ritrovò davanti all'uscio della
dimora del demone, tese le orecchie, aspettandosi magari di cogliere
qualche sparuta nota di pianoforte, ma non poté distinguere
nient'altro che uno spesso strato di silenzio.
Lo
sguardo gli cadde sul campanello a forma di serpente. Allungò la
mano e ne sfiorò la superficie fredda e affusolata ma quando fu il
momento di esercitare quella piccola pressione che avrebbe azionato
il meccanismo, decise di non proseguire oltre.
Non
voleva passare per invadente. Se Crowley non aveva risposto al
citofono del cancello cinque minuti prima, cosa gli faceva pensare
che avrebbe ottenuto un risultato diverso?
Aziraphale
sospirò e si diede dello stupido, allontanandosi dalla porta e
riprendendo la via delle scale.
Il
pensiero di quanto aveva appreso grazie alla conversazione con
quell'amabile signora non abbandonò Aziraphale per tutto il tragitto
in autobus fino a Soho.
Gli
riusciva stranamente arduo immaginare il demone seduto al pianoforte
intento ad accarezzare i tasti intrecciando melodie e sinfonie tanto
sublimi da poter ridurre qualcuno alla commozione. Non che a Crowley
non piacesse la musica; solo, Aziraphale faticava a figurarsi il suo
migliore amico nei panni di un pianista. Inoltre il demone non aveva
mai fatto cenno a una sua eventuale dedizione per il pianoforte, né
l'angelo poteva rammentare di aver colto qualche indizio, anche molto
vago, che potesse fornirgli una conferma di ciò che l'anziana donna
gli aveva riferito.
Quel
pomeriggio, Aziraphale si stava ancora lambiccando su quel piccolo
mistero. Era seduto nel retro, talmente assorto da non accorgersi che
l'oggetto delle sue riflessioni era appena entrato ancheggiando nella
libreria.
-
Ehi, angelo. Ci sei? - chiamò Crowley una volta varcata la soglia
del locale.
Non
ottenendo risposta, il demone si diresse speditamente verso il
retrobottega, dove trovò l'amico sprofondato tra i cuscini della sua
poltrona preferita e immerso nei suoi pensieri, le dita delle mani
intrecciate sul petto.
-
Cos'è, stai meditando? -
Aziraphale
sobbalzò. - Crowley! Ti sembra il caso di apparire così
all'improvviso?! -
Il
demone inarcò un sopracciglio. - Ti ho chiamato, angelo. Sei tu che
non mi hai sentito, preso com'eri da chissà quale fantasia. A
proposito, a cosa stavi pensando per estraniarti dal mondo in quel
modo? -
Aziraphale
avvertì il calore del sangue che gli affluiva alle gote. - Oh,
niente di importante, caro. Te l'assicuro. -
Crowley
scrollò le spalle, gesto che l'angelo interpretò come una tacita
promessa di non insistere oltre sull'argomento.
-
Sai, sono passato da te stamattina. - buttò lì in tono casuale
mentre fingeva di spazzare via un inesistente granello di polvere dai
pantaloni.
Il
demone non disse nulla e Aziraphale si sentì autorizzato a
continuare. - Ero in zona per la compravendita di un libro e ho
pensato di farti una sorpresa, ma quando ho provato a citofonare, non
hai risposto. Spero di non averti disturbato, stavi forse dormendo?
Erano circa le undici. -
Crowley,
ora appollaiato sul bracciolo del divano, sembrò pensarci su qualche
secondo, come se si stesse sforzando di richiamare alla memoria le
sue occupazioni durante il lasso di tempo indicatogli da Aziraphale.
-
Alle undici, dici... ah, ma certo! Ero sotto la doccia. -
-
Sotto la doccia? - fece l'altro sbattendo le palpebre.
Crowley
sbuffò, più divertito che infastidito. - Sì, angelo. Sotto la
doccia. A differenza dei miei ex colleghi e dirigenti, io non
nutro un profondo disprezzo per l'igiene personale e il sapone.
Credevi che, in quanto demone, dovessi odiare le docce per principio?
-
Aziraphale
si affrettò a cercare una risposta che potesse non suonare troppo
stupida, ma venne dispensato da quel compito dallo stesso Crowley.
-
Comunque, come mai hai voluto passare da me? C'era un motivo
particolare? Avevi bisogno di qualcosa? -
L'angelo
scosse la testa. - No, caro. Pensavo semplicemente che avremmo potuto
fare quattro chiacchiere davanti a un bicchiere di vino o una tazza
di té. Tutto qui. -
Il
demone sembrò preso in contropiede. - Oh, be'... in tal caso, mi
dispiace che non se ne sia fatto niente. -
Aziraphale
notò con stupore che l'amico pareva veramente dispiaciuto e
sentì una piccola ondata di calore riempirgli il petto. Ma lui aveva
ancora un mistero da risolvere, un segreto da svelare, e così decise
di approfittare della presenza del demone per tentare di fare un po'
di luce su quel piccolo arcano che, da quella mattina, era diventato
un chiodo fisso.
-
Sai, pensavo che dovrei mettere un po' d'ordine tra i miei vinili. -
esordì senza preamboli, alzandosi dalla poltrona e dirigendosi verso
lo scaffale dove custodiva i suoi dischi di musica classica. - Forse
dovrei dividerli in base al compositore, al periodo storico o magari
per strumento. Ad esempio, potrei sistemare qui tutti i concerti per
pianoforte. Ecco: Mozart, Beethoven, Debussy... -
Crowley
sogghignò. - Che mi dici di Elgar e Liszt? Non sono forse gli unici
due musicisti che il Paradiso possa vantare tra le sue schiere?¹
Immagino che quel pallone gonfiato di Gabriel ne fosse molto
orgoglioso. -
Aziraphale
si produsse in un sorrisetto. - Be', certo. Ovviamente ho anche
qualcosa composto da loro... qui, da qualche parte. Mettevo le loro
opere ben in mostra quando ricevevo visite dai miei superiori. -
Il
demone ridacchiò di gusto, seguendo con gli occhi il trafficare
dell'amico tra le custodie dei dischi.
L'angelo
impilò una serie di vecchi vinili sul tavolino accanto al grammofono
e decise di tentare un affondo diretto.
-
Senti un po', caro. Tu hai mai suonato uno strumento musicale? -
Si
voltò per osservare attentamente la reazione di Crowley e cogliere
anche solo un minimo cambiamento nella sua espressione, ma il demone
si limitò a stirare le labbra sottili nel famigliare sorrisino
storto. - Se il clacson della mia Bentley conta come strumento
musicale, allora sì, angelo. Innumerevoli volte, a dire il vero. -
Aziraphale
gli scoccò uno sguardo di sottile rimprovero. - Dico sul serio,
Crowley. -
Il
demone strizzò gli occhi, insospettito. - Ma perché caspita ti
interessa tanto? -
L'angelo
si strinse nelle spalle. - Be', visto che stavamo parlando di musica
e compositori, mi è venuto in mente di domandartelo. Tutto qui. -
-
Mmm. -
Aziraphale
sapeva di non essere riuscito a darla a bere a Crowley, ma apprezzò
il fatto che il demone non si fosse impuntato per fargli vuotare il
sacco.
-
E tu, angelo? Hai mai imparato a suonare uno strumento? A parte
l'arpa celestiale, s'intende. -
Per
la seconda volta, Aziraphale gli indirizzò un'occhiata di sbieco. -
Lo sai che gli angeli non suonano l'arpa, caro. È solo un cliché
inventato dagli umani, come quello dei demoni che impugnano forconi.
- fece una pausa, prima di riprendere in tono meno severo. - Per
rispondere alla tua domanda, no, temo di non aver mai posseduto un
grande talento per la musica. Antonio Vivaldi in persona provò ad
insegnarmi le basi del violino nel '700, ma fu un completo disastro.
-
-
Be', forse il problema non è la mancanza di talento ma il fatto che
tu non abbia ancora trovato lo strumento adatto a te. -
Aziraphale
sollevò lo sguardo dal vinile che teneva tra le mani e fissò
l'amico, piacevolmente sorpreso da quel gentile incoraggiamento.
-
O magari sei solo negato e basta. - si riprese subito il demone,
accortosi di quella piccola défaillance e affrettandosi a tornare ai
suoi modi beffardi.
L'angelo
volse il capo verso il grammofono per nascondere il sorriso che gli
era affiorato alle labbra. Sapeva fin troppo bene quanto l'amico
tenesse alla sua reputazione e non voleva deluderlo mostrandogli di
aver colto e apprezzato quell'estemporaneo bagliore di gentilezza.
E
va bene, il primo affondo non era andato a buon fine, ma forse con il
secondo avrebbe avuto più fortuna.
-
Ehi, Crowley, guarda qui. Ho trovato qualcosa che forse potrebbe
interessarti. -
-
Ne dubito fortemente. - ribatté il demone, che pure si alzò di
malavoglia dal bracciolo del divano e si avvicinò ad Aziraphale con
passo strascicato.
L'angelo
brandiva una cartelletta di cuoio consunto contenente una pila di
fogli spessi e ingialliti. Il primo, posto in cima, era molto
rovinato ma si poteva ancora distinguere il volto inconfondibile di
Frédéric Chopin occhieggiare benevolente verso di loro.
Aziraphale
fece scorrere con attenzione le vetuste pagine, le quali rivelarono
un'abbondante quantità di spartiti.
-
Sono tutti i ventuno Notturni di Chopin. - spiegò l'angelo. -
Perché non li tieni tu? -
Crowley
lo guardò sorpreso. - Io? E che accidenti dovrei farci? -
L'altro
allargò le braccia. - Non saprei, ma vorrei che l'avessi tu. Che c'è
di male? Ti sto facendo un regalo e i regali si accettano a
prescindere, sempre. È buona educazione. -
Il
demone afferrò con sospettosa riluttanza il plico che Aziraphale gli
porgeva, quasi si aspettasse di vederselo esplodere tra le mani.
-
Ti comporti in modo molto bizzarro oggi, lo sai? - disse,
lanciandogli uno sguardo circospetto.
-
Che posso dirti, caro? Sarà la primavera. -
-
Siamo a novembre, angelo. -
-
Ah. -
Alla
fine del pomeriggio, tutta la collezione di vinili di Aziraphale era
stata spolverata con cura e riposta ordinatamente sugli scaffali.
Crowley
aveva assistito distrattamente a tutta l'operazione e i due avevano
discusso di musica per quasi tutto il tempo.
Il
demone se ne andò verso le sei e Aziraphale dovette constatare con
una certa delusione di non aver compiuto alcun significativo passo
avanti nella sua indagine. Nel corso della conversazione aveva
lasciato cadere diverse allusioni sperando di riuscire a indurre
Crowley, se non proprio ad una piena confessione, almeno a un passo
falso; ma l'amico non si era tradito neanche per un secondo, e lui si
ritrovava di nuovo in compagnia di quel tarlo che lo consumava di
curiosità.
Per
quel giorno non aveva concluso niente, ma non si sarebbe dato per
vinto. Avrebbe scoperto se davvero il suo migliore amico si
dilettasse a suonare il pianoforte, a costo di impiegarci anche un
intero secolo. D'altra parte, questo era uno degli indiscutibili
vantaggi del disporre di un'esistenza eterna: si potevano portare
avanti progetti a lunghissimo termine.
Erano
ormai le dieci di sera quando Aziraphale, seduto in poltrona a
leggere, per l'ennesima volta, Il Conte di Montecristo, notò
qualcosa che attirò la sua attenzione tra i cuscini del divano.
Si
alzò per osservare meglio e si accorse che Crowley aveva dimenticato
il volumetto con gli spartiti di Chopin. L'aveva appoggiato accanto a
sé dopo essersi seduto ma evidentemente doveva essersi scordato di
prenderlo prima di andarsene.
L'angelo
lo sollevò tra le mani con fare pensieroso. Il demone non avrebbe
potuto obiettare se si fosse presentato da lui per portarglielo,
giusto?
Aziraphale
allungò la mancia al tassista che l'aveva accompagnato a Mayfair
esattamente di fronte al palazzo davanti al quale aveva sostato
quella stessa mattina.
Una
coppia di sposini a braccetto stava uscendo dal cancello proprio in
quel momento e, dopo aver lanciato uno sguardo fugace al citofono,
l'angelo decise di approfittare di quel colpo di fortuna e sgattaiolò
alle spalle dei piccioncini, ritrovandosi nell'androne d'ingresso.
Attese
l'arrivo dell'ascensore e premette il pulsante per l'ultimo piano.
Dopo il DING, le porte presero a scorrere pigramente e Aziraphale
uscì dal montacarichi incamminandosi verso la porta
dell'appartamento di Crowley. Il tutto gli suscitava una strana
impressione di deja-vu, ma quella sera era deciso a farsi aprire dal
demone.
Proprio
mentre la sua mano si accingeva a premere sul campanello, un suono
delicato emerse frusciando dal silenzio del pianerottolo deserto e
raggiunse le sue orecchie. Note di pianoforte, non c'era alcun
dubbio.
Per
un istante, Aziraphale temette che, sotto il peso della suggestione,
la sua mente gli stesse giocando un qualche scherzo. Ma quando
accostò una guancia alla fredda superficie dell'uscio per
accertarsene, dovette riconoscere che il suo cervello non lo stava
ingannando affatto. Qualcuno stava davvero suonando un pianoforte
dall'altro lato del muro.
L'angelo
sapeva che intrufolarsi in casa di Crowley senza che gli fosse stato
esteso un invito o concesso il permesso sarebbe equivalso a una
violazione di domicilio, ma non voleva rompere quella sorta di
incantesimo musicale facendo strillare il campanello. Del resto, non
aveva forse passato la giornata a scervellarsi sull'arcano che vedeva
coinvolti il demone e il pianoforte? Quella era l'occasione d'oro per
scoprire la verità. Avrebbe solo dovuto usare un po' di cautela.
Aziraphale
deglutì e cacciò via gli ultimi scrupoli, dopodiché fece scattare
silenziosamente la serratura grazie ad un piccolo miracolo ed entrò
in punta di piedi nell'appartamento, seguendo la scia della musica.
Si
guardò intorno e si rese conto che la melodia proveniva dall'ultima
stanza in fondo al corridoio. Percorse quella direzione con il fiato
sospeso, il libro con gli spartiti di Chopin stretto tra le mani.
Raggiunse
la porta e restò in ascolto. La musica era ormai solo leggermente
ovattata dall'attrito del legno, ma sufficientemente nitida perché
Aziraphale potesse udirla senza alcuno sforzo.
Si
trattava di un pezzo che gli era del tutto sconosciuto e che, ne era
abbastanza certo, non apparteneva al repertorio classico.
Erano
suoni lenti, dolci, timidi; le pause erano piuttosto marcate, ogni
nota era come un sussurro, un bisbiglio alla sua anima. Gli
trasmetteva una malinconia ancestrale, uno struggimento che gli
arrivava dritto al cuore e risaliva dalla sua gola formandovi un nodo
fino a sgorgare dai suoi occhi inumiditi.
Entro
una manciata di secondi, Aziraphale scoprì di non potersi
allontanare da quella melodia neanche di un solo centimetro. Accostò
la schiena alla parete e si lasciò andare a quelle sensazioni,
abbracciandole una ad una con gli occhi chiusi mentre tutti i suoi
sensi (umani e angelici) convergevano nel cogliere ogni
infinitesimale sfumatura di quell'incantevole armonia che lo
avvinceva e s'insinuava in lui trascinandolo sempre più a fondo (o
elevandolo sempre più in alto) in quell'estasi dal sapore agrodolce.
Era come seta sulla pelle e miele sulle labbra.
Inconsapevolmente,
l'angelo arrivò perfino a sospendere il proprio respiro, come se
ogni superflua traccia d'aria nei suoi polmoni fosse stata
risucchiata via e sostituita dalla soave pervasività di quella
musica suonata con eccezionale trasporto e dedizione.
Aziraphale
si trovava in uno stato di tale beatitudine che non si accorse
neppure di quando il pianoforte si azzittì e nemmeno fu in grado di
udire i passi in avvicinamento verso la porta.
Fu
così che quando questa venne spalancata, l'angelo fu ricatapultato
bruscamente alla realtà. Bruscamente e dolorosamente visto che il
suo naso finì per trovarsi proprio sulla traiettoria dell'uscio.
-
Ahi! Che male! -
Crowley
fece un balzo all'indietro e sgranò gli occhi. - Aziraphale?! Ma
cosa... come... Per le sacre corna di Satana, si può sapere che
accidentaccio ci fai qui?! -
L'angelo
emise un gemito, si passò la mano sul volto insanguinato e il naso
tornò al suo posto con uno schiocco nauseante. Nessuna traccia
dell'increscioso incidente.
-
Ero venuto a portarti questo. L'avevi dimenticato. - si giustificò,
porgendogli la cartella con gli spartiti.
Il
demone lo fissò con un misto di incredulità ed esasperazione. - E
tu saresti uscito a quest'ora solo per venire qui a consegnarmi un
oggetto che avresti potuto tranquillamente miracolare per farmelo
apparire sul tavolo in due secondi? -
Aziraphale
distolse lo sguardo. - Mi andava di fare una passeggiata. - azzardò.
- Non ringraziarmi, eh! -
-
In ogni caso, - riprese Crowley. - non ricordo di averti invitato ad
entrare. Sai che degli umani intellgenti hanno inventato una cosa
molto utile chiamata citofono o campanello? Non è difficile da
usare, basta premere un tasto. -
-
L'ho fatto! - mentì l'angelo. - Ma tu non mi hai sentito. -
-
E allora hai pensato bene di operare un miracolino dei tuoi sulla
serratura e di entrare lo stesso, giusto? -
L'angelo
diventò paonazzo. - Il fatto è che quella musica era così bella...
non sono riuscito a resistere... -
-
Vuoi dire che mi hai spiato per tutto il tempo?! - esclamò Crowley,
sdegnato. - Aziraphale, da quanto eri appostato qui fuori,
esattamente? -
L'altro
prese a tormentarsi il papillon di tartan spostando il peso da un
piede all'altro. - Ehm, diciamo due o tre minuti. -
E,
a quel punto, accadde una cosa totalmente inaspettata: fu il volto di
Crowley a colorirsi di un bel rossore imbarazzato.
-
Non devi vergognarti, caro! - lo rassicurò Aziraphale. - Suoni
meravigliosamente, davvero. -
-
Cosa... come puoi essere sicuro che fossi io a suonare? Poteva
benissimo trattarsi di un CD. -
L'angelo
scosse piano la testa. - No, non lo era. - replicò con ferrea
convinzione.
-
Cosa te lo fa pensare? - berciò Crowley, stizzito e terribilmente
consapevole delle sue gote imporporate.
Aziraphale
volse lo sguardo verso l'interno della stanza misteriosa e indicò un
punto alle spalle del demone. - Quello. -
-
Oh. - fece Crowley, incapace di trovare replica migliore al fatto che
l'amico stesse indicando un bellissimo pianoforte a coda laccato di
nero lucido che faceva bella mostra di sé nel centro esatto
dell'ambiente. La scritta Bösendorfer² brillava in caratteri
gotici dorati sul fianco dello strumento.
-
Be', congratulazioni, angelo. Mi hai scoperto. - riconobbe il demone,
la voce più depressa che mai.
-
Oh, Crowley, non fare quella faccia abbattuta. Mi dispiace, non
intendevo spiarti. È solo che quella melodia mi ha rapito
completamente. Che cos'era, a proposito? Schumann? Mendelssohn? -
Il
demone gli lanciò uno sguardo indecifrabile prima di rispondere. -
Queen. -
Aziraphale
scavò a fondo tra le proprie nozioni in fatto di cultura musicale ma
non ottenne alcun riscontro. - Come, scusa? Chi è Queen? Credo
proprio di non averlo mai sentito nominare. È un compositore? In che
anni ha lavorato? XIX secolo? -
Crowley
rispose a quelle domande sollevando un sopracciglio con aria
divertita, nonostante la stizza e l'imbarazzo non fossero ancora
scemati.
-
Oh! - esclamò improvvisamente Aziraphale. - Vuoi dire i Queen?
-
L'altro
annuì. - Precisamente. -
L'espressione
interdetta che apparve sul viso dell'angelo lo fece ridacchiare. -
Che c'è? Pensavi che la loro musica fosse tutto uno stridore di
chitarre elettriche, colpi di batteria e urla a squarciagola? Rock
allo stato puro? -
Aziraphale
fece un buffo gesto a metà tra un'alzata di spalle e un cenno di
diniego con la testa.
-
Be', ti sbagliavi di grosso, angelo. Che tu ci creda o no, quella che
hai ascoltato nascosto dietro la porta è proprio una delle loro
canzoni. -
-
Come si chiama? La canzone, voglio dire. Che titolo ha? - chiese
Aziraphale, cercando di ignorare la vergogna di essere stato colto in
flagrante e intenzionato a spostare il focus della conversazione su
qualcosa che non fosse la sua figura poco edificante.
Gli
occhi serpentini di Crowley trafissero i suoi con un'intensità che
avrebbe potuto scuotere anche una montagna. L'angelo fremette:
l'assenza dello schermo nero degli occhiali si faceva notare. Eccome!
-
You take my breath away. -
Aziraphale
si sentì la bocca asciutta e riconobbe il nodo alla gola che aveva
percepito durante l'ascolto. Anche se avesse avuto intenzione di
parlare, non ne sarebbe stato in grado. L'unico pensiero lontanamente
razionale che riuscì ad estrapolare dal vortice confuso che gli
turbinava nella mente fu che nessun titolo avrebbe potuto essere più
appropriato per quella canzone davvero mozzafiato.
-
Si è fatto piuttosto tardi, adesso è meglio che tu vada. Grazie per
il libro. -
Crowley
gli prese il volumetto dalle mani e le loro dita si sfiorarono per un
secondo. Quel contatto fu un'inezia ma bastò per riscuotere l'angelo
e fargli ritrovare la parola.
-
Oh, ma certo. Di nulla, caro, figurati. È... è stato un piacere. -
Crowley
lo accompagnò alla porta ma, prima di andarsene, l'angelo raccolse
il coraggio a due mani e si rivolse all'amico in tono incerto ma
speranzoso.
-
Senti, ehm... non è che, magari, qualche volta potrei venire qui e
ascoltarti suonare? Insomma, se la cosa non ti crea problemi, è
chiaro. -
Il
demone lo squadrò come si fa con un'opera d'arte contemporanea
particolarmente contorta e di difficile interpretazione ma, alla
fine, il suo sguardo si addolcì e le sue labbra si aprirono in un
sorriso. - Mi farebbe piacere, angelo. -
Mentre
pronunciava quelle parole, Crowley si stupì molto nell'accorgersi di
quanto fossero vere.
La porta dell'appartamento si richiuse e Aziraphale si mise ad attendere con pazienza l'arrivo dell'ascensore. Nel momento esatto in cui le porte iniziarono a scorrere una verso l'altra per chiudersi, l'angelo fece appena in tempo a cogliere le note lontane di un inconfondibile Chopin e un gran sorriso illuminò il suo volto.
Note:
¹
: Informazione contenuta nel
libro.
²
: La Bösendorfer
è uno dei più antichi produttori di pianoforti di lusso al mondo.
L'attività ebbe inizio a Vienna nel 1828.