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Autore: Zikiki98    25/03/2020    1 recensioni
- Avevo iniziato a scrivere questa storia qualche anno fa, lasciandola incompleta. La sto modificando e sto aggiungendo delle parti per renderla più piacevole e completa. Potete trovarla sia su Wattpad sia qui su Efp. I primi 9 capitoli li ho pubblicati tutti insieme, in modo che la storia segua lo stesso ritmo della pubblicazione su Wattpad. Spero vi piaccia -
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E se Bella provenisse da un mondo diverso da quello in cui siamo abituati a vederla?
Dopo la battaglia terrificante contro i demoni, avvenuta circa cento anni fa, non si è più sentito parlare di Shadowhunters, ovvero, di Cacciatori di Demoni. Da quella strage di Nephilim, tutte le creature del mondo invisibile, vale a dire vampiri, licantropi, maghi e fate, hanno creduto che si fossero estinti.
E se non fosse così? E se si fossero solo nascosti?
I demoni stanno ripopolando il mondo e la vita, non solo degli esseri umani, ma anche delle creature mitologiche presenti nelle favole dei bambini e nei racconti terrificanti degli adulti, è a rischio.
Chi li manda? Come possono uscire dalla loro dimensione? La terra potrà tornare ad essere un pianeta "sicuro"?
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Instagram: _.sunnyellow._
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FanFiction su Twilight e Shadowhunters.
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Clan Cullen, Edward Cullen, Emmett Cullen, Isabella Swan, Quileute | Coppie: Alice/Jasper, Bella/Edward, Carlisle/Esme, Emmett/Rosalie
Note: Cross-over, OOC, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo, Violenza | Contesto: Più libri/film
Capitoli:
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THE WORLD OF DEMONS
IL PORTALE DEI DEMONI


13. YOU PROTECTED ME

 

[POV EDWARD]

Isabella Durwood.

Ultimamente, c'era solo lei nei miei pensieri. Mi aveva incuriosito fin dal primo giorno in cui incontrai il suo sguardo, fin dalla prima volta che annusai il suo profumo irresistibile, provocandomi un forte bruciore alla gola: la sete, la sete del suo sangue.

Me ne ero andato, convinto che questa malsana ossessione nei suoi confronti, prima o poi, sarebbe svanita com'era cominciata. Andai dai nostri parenti, in Alaska, ma nemmeno la loro compagnia, in particolar modo quella di Tanya, fu d'aiuto. Così seguii il consiglio di mio padre e mia madre, ai quali mancavo molto. Mi chiesero di tornare e di affrontare il problema, e così feci. 

Il primo giorno non ero riuscito a leggerle nel pensiero, ma credevo che fosse stata colpa mia, dato che ero più concentrato sul suo sangue che sulla sua mente. Ieri però ero ben nutrito e mi ero unicamente concentrato sui suoi pensieri, senza ottenere risultati differenti. Durante la pausa pranzo, preoccupato, parlai con i miei fratelli e sia Alice che Jasper mi rivelarono di riscontrare gli stessi problemi con i loro poteri. Inizialmente, credevamo che fosse una forma di difesa della sua specie, anche se non sapevamo esattamente a quale "razza" appartenessero sia lei che suo fratello. Capimmo che non era così, quando testammo i nostri poteri anche su suo fratello Stephan, sul quale funzionavano normalmente. Arrivammo alla conclusione che il problema riguardava soltanto lei.

Lei.

Mi trovavo in salotto, accanto ad una delle enormi vetrate che caratterizzavano la casa in cui abitavo con la mia famiglia, con lo sguardo fuori, verso il bosco.

Quella ragazza, che apparentemente poteva sembrare umana, mi incuriosiva troppo. Giustificai a me stesso più volte in quegli ultimi due giorni in cui non l'avevo vista, che la causa di tutto questo interesse era dovuto al fatto che non potevo leggerle nel pensiero. Sicuramente era così.

Ascoltai il ruscello a meno di un chilometro di distanza da casa nostra, mentre aspettavo che i miei fratelli terminassero di prepararsi per uscire e andare a scuola. Ovviamente, io ero sempre il primo a finire di sistemarsi.

Sentii Esme avvicinarsi e fermarsi proprio accanto a me. Posò una mano sulla mia spalla e con fare rassicurante cominciò a muoverla. Esme era la madre migliore che avessi mai potuto chiedere in questa mia seconda vita. Ci considerava davvero i suoi figli. Sapevo di essere privilegiato, di essere fortunato, ad appartenere ad una famiglia come questa, eppure talvolta me ne dimenticavo. Forse, non me la meritavo abbastanza.

- Sei riuscito a parlare con Isabella? – chiese Esme, guardandomi di sottecchi.

Ieri, subito dopo la scuola, mi ero ritirato nella mia radura per stare da solo e perdermi nei miei pensieri, perciò non aveva avuto occasione di chiedermi com'era stato il mio tanto atteso rientro a scuola.

Risposi sinceramente, in tono mesto – Sì, più o meno. Non ha un carattere facile e sembra detestare tutti fuorché suo fratello e Angela Weber. In particolar modo, sembra detestare noi -.

Sentii mia madre sussultare, voltandosi totalmente verso di me. Io continuai a mantenere lo sguardo fisso fuori dalla vetrata.

- Ne sei certo? Perché mai dovrebbe odiarci? -.

Esme era talmente dolce e buona, da soffrire anche solo all'idea che qualcuno potesse detestare lei o la sua amata famiglia, a maggior ragione se senza motivo. Anche se forse, in questo caso, la motivazione c'era.

- Credo che Isabella sospetti qualcosa sulla nostra natura – confessai – Non so se sia a conoscenza della nostra specie o meno, anche se ho le mie motivazioni per crederlo -.

- Quali motivazioni? – domandò, sempre più allarmata.

Sapevo quanto le piacesse vivere a Forks, come tutti noi del resto, e l'idea di lasciare questa piccola cittadina la faceva soffrire. Ma non potevo spiegarle che, una volta tornato in città, leggendo nella mente di Emmett, avevo scoperto che c'era stata una breve discussione tra lui e Isabella, nella quale lei sottolineava quanto noi fossimo pericolosi. Emmett non ne aveva parlato con nessuno, ma la cosa doveva averlo scombussolato parecchio, anche perché convivendo da più di dieci anni con me, aveva imparato come nascondere i suoi pensieri e una mancanza del genere da parte sua era davvero insolita. Teneva molto alla sua privacy.

Mi voltai verso Esme e finsi alla perfezione un sorriso tranquillo – Non preoccuparti, ho tutto sotto controllo, va bene? -.

- Edward... -.

- Davvero, non preoccuparti – la rassicurai nuovamente, dandole un abbraccio.

Nello stesso istante, i miei fratelli e le mie sorelle finalmente mi raggiunsero in salotto per andare a scuola.

- Finalmente – mormorai scocciato appena li vidi, staccandomi dalle braccia rassicuranti di Esme.

Emmett alzò gli occhi al cielo per poi venirmi incontro e darmi una pacca sulla spalla talmente forte da farmi cadere quasi per terra – Che musone che sei! Rilassati un po'! -.

- Sono rilassato. Semplicemente mi scoccia dovervi aspettare tutte le mattine – risposi monotono.

Fu Rosalie ad intervenire, con un tono decisamente acido, prima di sparire dietro la porta del garage – Come se per noi il tempo fosse un problema -.

Sbuffai, con l'intenzione di entrare in garage per avviare la macchina, quando un corpicino esile ma allo stesso tempo molto forte, strinse le sue braccia in una morsa intorno al mio busto.

- Buongiorno fratellone-musone! – mi salutò allegra il mio mostriciattolo, liberandomi dall'abbraccio.

Alzai gli occhi al cielo, infastidito dalle risate di Emmett, Alice e Jasper.

– Non sono un musone – mi lamentai, sapendo che in ogni caso avrei dimostrato il contrario.

- Il tuo umore dice altro, fratello! – rispose Jazz, con un sorriso tranquillo, mentre tutti mi seguivano in garage per prendere posto in macchina.

Decisi di non rispondere più ad alcuna provocazione per non dare soddisfazioni a nessuno.

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Appena entrati nel parcheggio della scuola con la mia luccicane e argentata volvo, notai subito il professor Banner, accanto a un autobus giallo, discutere con il conducente. Fu in quel momento che mi ricordai della gita didattica che ci sarebbe stata quel giorno.

Banner oggi avrebbe sfruttato la sua ora didattica, e anche quella di qualche altro insegnante, per portare la sua classe migliore all'orto botanico di Forks. Probabilmente, ci sarebbe stata anche Isabella.

Parcheggiai la macchina al solito posto, lontano da qualsiasi carrarmato arrugginito che avesse potuto rigarla o ammaccarla. Dopodiché, scendemmo ad uno ad uno dalla macchina e come al solito, gli sguardi di tutta la scuola furono su di noi. Ma qualcosa cambiò nel momento in cui il rombo di una moto si fece strada nel cortile. E in quel momento, tutta l'attenzione, dai Cullen si spostò sui fratelli Durwood in sella alla loro YAMAHA R1.

Anche loro, proprio come noi, venivano considerati abbastanza bizzarri da occupare la maggior parte delle attenzioni e conversazioni umane.

Quando Isabella scese dalla moto e si tolse il casco insieme a suo fratello, sentii immediatamente l'andamento dei pensieri di Emmett modificarsi. Se fino all'attimo prima era concentrato sulla sua bellissima moglie Rose, in quel momento la sua attenzione era virata sulla ragazza misteriosa dai lunghi capelli mori e gli occhi più scuri delle tenebre.

C'era qualcosa che non mi convinceva nel comportamento strano di Emmett nei confronti di Isabella e ciò mi innervosiva parecchio. Non che mi interessasse direttamente, ma Emmett era sposato e non aveva mai mostrato interesse per nessun'altra donna al mondo se non per sua moglie Rosalie. Il fatto che Emmett fosse così profondamente attento ad ogni movimento di Isabella, era davvero anomalo.

Fissai lo sguardo su Emmett, che a sua volta non perdeva di vista Isabella mentre, bellissima, rideva e scherzava con suo fratello Stephan. Ci volle molto poco a Emmett per capire che qualcuno lo stava osservando e immediatamente rivolse gli occhi nella mia direzione. Succube della mia occhiata e, probabilmente, anche di quella di Rosalie che aveva notato quanto fosse strano il suo comportamento, fece finta di nulla. Si scostò da sua moglie dandole un bacio sula fronte e si avvicinò a Jasper e Alice per parlare a gran voce della moto che possedevano i Durwood.

Per un secondo incrociai lo sguardo di Rose, insicuro e demoralizzato.

"Edward, cose senti nei suoi pensieri?" supplicò mia sorella con il pensiero, sapendo che potevo sentirla "Perché è così ossessionato da quella stupida umana?"

Cercai di ignorare il fastidio che provavo nel sentir definire Isabella "stupida umana" e alzai le spalle con indifferenza, cercando di far capire a Rosalie che non era niente di preoccupante.

L'ossessione che aveva Emmett per quella ragazza non c'entrava niente con i dubbi che si stavano instaurando in Rosalie. Non era decifrabile dai suoi pensieri a cosa fosse dovuto esattamente questo interesse, era diventato bravo a velare c'ho che pensava, ma potevo ben percepire che non si sentiva attratto da Isabella, non era quello a innescare il suo comportamento sospetto. Era qualcos'altro. Eppure, tutto questo interesse da parte sua non riuscivo a capirlo.

Nonostante i nostri diverbi, Rosalie sapeva che non le avrei mai mentito su una cosa del genere, di conseguenza, interpretando la mia mossa con le spalle, si tranquillizzò.

Dopo qualche minuto, ci incamminammo verso le nostre lezioni. Salutai i miei fratelli e mi diressi verso l'aula di biologia. Provavo una strana eccitazione e non ne identificavo il motivo. Provai a pensare che potesse essere per la gita di quella mattina, dandomi del ridicolo mezzo secondo dopo. Avevo più di cent'anni di vita, più nulla mi entusiasmava mai da tempo, e di sicuro non poteva essere una visita all'orto botanico di Forks a farmi questo effetto.

Una volta entrato in classe, vidi che la mia compagna di banco aveva già preso posto. I capelli scuri le nascondevano il viso mentre scarabocchiava qualcosa sul quaderno. Era l'unica ad essere già in classe. Non seppi perché, ma una sensazione di felicità mi pervase il corpo. Allora compresi cosa, o meglio chi, quella mattina mi aveva reso così elettrizzato. Era possibile essere contento di stare vicino ad una persona che, per ovvie ragioni, non ti sopportava? Possibile che fossi caduto così in basso?

Diamine, ero un vampiro, un vampiro di centootto anni per giunta! Potevo seriamente farmi abbindolare in questo modo da una ragazzina?

- Hai intenzione di stare lì a fissarmi ancora per molto, Cullen? – disse stizzita Isabella, risvegliandomi dai miei pensieri.

Mi guardava con le sopracciglia aggrottate e non potei fare a meno di pensare a quanto fosse effettivamente stupenda. L'alone di mistero che le volteggiava attorno non faceva altro che renderla ancora interessante. In quel momento capii che quella ragazza, con il suo modo di essere, dava un po' di pepe alla mia vita, se così poteva essere chiamata la mia esistenza.

Inevitabilmente, sorrisi quando decisi di risponderle – Ti infastidisco? - .

Sbuffò, abbassando la testa per tornare ai suoi scarabocchi – No, ti ritieni così importante da infastidirmi? - .

- Lo stai affermando tu, Durwood – la provocai, riciclando il suo stesso modo di parlare per schernirla a sua volta.

Inaspettatamente, la vidi sogghignare sotto la sua folta chioma di capelli, anche se cercava palesemente di nasconderlo. L'avevo appena fatta ridere e immediatamente una parte di me si sentì soddisfatta, come se avessi raggiunto un piccolo traguardo.

Non potei fare a meno di faglielo notare – Allora sai anche fare un sorriso ogni tanto – dissi, avvicinandomi con passo cadenzato per poi sedermi al mio posto, sulla sedia accanto alla sua – Credevo sapessi solo tenere il broncio -.

Come se qualcuno le avesse appena dato un pizzicotto sulla pelle, si ridestò e cambiò atteggiamento, zittendomi maleducatamente – Chiudi il becco e fatti gli affari tuoi -.

Tutta la soddisfazione che avevo provato fino a quel momento scomparì in un nano secondo. Effettivamente, se si fosse lasciata andare così velocemente nei miei confronti, non mi avrebbe dato filo da torcere.

Per assecondare i suoi desideri, estrassi fuori dal mio zaino il libro di biologia e feci finta di ripassare l'ultimo argomento trattato in classe. Non sapevo esattamente che cosa mi spingesse così intensamente nei suoi confronti, eppure d'altro canto non riuscivo a costringermi ad ignorarla, era più forte di me. Avrei anche potuto metterci tutta la buona volontà di questo mondo, ma, proprio come Emmett, per motivazioni differenti ancora sconosciute per entrambi, non riuscivamo a lasciarla perdere come i nostri fratelli.

C'era qualcosa che ci attraeva, ci legava, indissolubilmente a lei. Chissà se anche per lei era lo stesso...

Pensai, che se anche per lei fosse stato così, era molto brava a nascondere i suoi sentimenti. Era evidente che intorno a sé avesse costruito una fortezza invalicabile, se non dalla cerchia ristretta di persone che lei amava. Decideva lei chi poteva entrare e chi invece doveva restare chiuso fuori.

Io ero fra quelli che dovevano restare chiusi fuori. Non mi conosceva e, tantomeno, mi voleva conoscere. Sospettava la mia natura e quella della mia famiglia.

Aveva tutte le ragioni a suo favore per non darmi confidenza. Potevo forse darle torto?

__

[POV ISABELLA]
 

Cercai di ignorare la presenza insistente e magnetica del vampiro al mio fianco, ma era difficile, davvero difficile. I suoi occhi, il suo corpo, il suo profumo, tutto, tutto mi attirava a lui. Sapevo che era una caratteristica fisica fondamentale nella sua specie per la caccia eppure, tra tutti i Cullen, era l'unico che mi creava un disagio interiore simile.

Diventò più facile ignorare la sua esistenza accanto a me nel momento in cui la classe iniziò a riempirsi piano piano dei nostri compagni di corso. Quando finalmente anche il professor Banner ci degnò della sua presenza, fece un veloce appello per verificare che tutti quelli che avevano acconsentito a venire all'orto botanico di Forks fossero presenti. Dopodiché, ci invitò a prendere le nostre cose, uscimmo dalla classe e ci avviammo verso il pulmino che ci aspettava in cortile.

Salimmo uno alla volta sul veicolo, in fila indiana per via dello spazio ristretto, e nonostante non lo stessi guardando, sapevo che Cullen era poco dietro di me. Sentivo il suo sguardo addosso, sempre, non era necessario che verificassi.

Quando salii, presi posto in uno dei sedili centrali, mi accomodai vicino al finestrino e appoggia la mia giacca e la cartella sul sedile libero accanto a me, in modo tale che a nessuno venisse la brillante idea di sedersi accanto a me, soprattutto se questo qualcuno era Mike. Quel mondano era viscido tanto quanto quella gallinella pettegola di Jessica che gli andava dietro. Non li sopportavo.

Vidi con la coda dell'occhio, mentre facevo finta di guardare fuori dal finestrino il paesaggio del bosco accanto alla scuola, Edward passarmi accanto e sedersi esattamente nella mia stessa fila di sedili, ma nella corsia opposta. Per stare da solo, proprio come me, mi copiò l'idea e occupò il sedile accanto al suo con i suoi oggetti personali.

Non so perché, ma quel gesto mi fece venir da ridere, ma mi trattenni. Forse stavo impazzendo.

Anche se non eravamo ancora partiti, tirai fuori dallo zaino il cellulare e le cuffiette. Una delle cose della vita mondana che mi piacevano e che Angela mi aveva insegnato, era come scaricare la musica sul telefono per ascoltarla ovunque volessi. Per me, abituata ai giradischi vintage, era un enorme passo avanti, considerato che ancora non avevo capito come inserire i CD nello stereo di casa senza spaccarli in due.

Stavo per inserire le cuffiette nelle orecchie e far partire la mia raccolta di musica classica preferita quando, proprio una delle persone che non volevo mi disturbassero, era venuta ad irritarmi. Probabilmente era talmente stupido da non saper leggere i messaggi subliminali.

- Ciao – mi salutò Mike Newton – ti disturbo? -.

Alzai gli occhi al cielo, cercando di fargli notare quanto fossi irritata – Sì. Che cosa vuoi? -.

Notando il tono scocciato con cui mi ero rivolta, cominciò a balbettare – V-Volevo s-solo chiederti se p-potevo sedermi a-accanto a t-te... -.

Un impeto di rabbia mi scaldò fino alle punte delle orecchie e, mentre incenerivo Newton con lo sguardo, notai Cullen dietro di lui ridere sotto i baffi mentre osservava la scena. A pensarci bene, non solo il vampiro stava assistendo alla scena, ma tutta la classe.

Persi la pazienza – Punto primo, perché mai dovresti sederti accanto a me? Punto secondo, se fossi in te e se avessi un minimo di senso di sopravvivenza, mi siederei molto distante da me, in uno degli altri dieci maledetti posti liberi di questo autobus – e per finire, aggiunsi sistemandomi le cuffie nelle orecchie e facendo partire la musica – Punto terzo, evapora dalla mia vista -.

- I-Io... - balbettò di nuovo, ma non gli permisi di andare oltre.

- Ti ho fottutamente detto di evaporare! – ringhiai – Sparisci! Cerca un altro dannato posto! -.

Quando finalmente sparì dalla mia vista, alzai la musica classica al massimo per evitare di sentire sghignazzare i miei stupidi compagni di classe.

Ci volevano circa venti minuti, da quel che ne sapevo, per raggiungere l'orto botanico, eppure avevo l'impressione che il tempo trascorresse lentamente. Anche troppo lentamente.

In un'occasione normale, non avrei trattato così male Mike, soprattutto davanti a tutti, considerando come si evolvevano le voci e i pettegolezzi qui a Forks. Eppure sentivo uno strano peso sul cuore da quella mattina, tanto pesante, che mi convinsi a parlarne anche con Stephan prima di andare a scuola. Non sapevo come spiegargli ciò che sentivo, gli dissi solo che era come se avessi la sensazione che oggi qualcosa sarebbe andato nel verso sbagliato. Lui mi rassicurò dicendomi che probabilmente questo sentimento era dovuto alla gita di oggi, che non mi dovevo preoccupare. Però questa brutta sensazione si faceva sempre più presente e puntigliosa.

Sentivo che era qualcosa legato al mio istinto e lo avessi seguito, oggi non mi sarei presentata a scuola.

Eppure, eccomi qui, su un autobus che da qui a poco ci avrebbe portato a spasso per Forks.

L'autista mise in moto il motore e finalmente partimmo.

Per calmarmi, cercai di concentrarmi sulla mia musica classica e sugli alberi verdi che mi scorrevano accanto veloci. Il verde aveva il potere di calmarmi, mi faceva pensare a Idris, a casa mia.

Chiusi gli occhi solo un secondo, per godermi le note della sonata di Bach che in quel momento mi stava pervadendo tutto il corpo, e quando li riaprii vidi una macchia nera schiantarsi a tutta velocità nella parte dell'autobus dove mi trovavo io. Anzi, oserei dire, che puntava proprio nella mia direzione.

Non feci in tempo a reagire che un gelido scudo mi avvolse completamente e mi costrinse a rannicchiarmi su me stessa. Chiusi gli occhi automaticamente. In un attimo, un frastuono assordante e lancinante mi riempì le orecchie, insieme alle urla terrorizzate dei mondani presenti. L'autista non riusciva a controllare il mezzo, che sbandava da una parte e dall'altra della strada nonostante tutti i suoi sforzi, e finimmo fuori dalla carreggiata, nel bosco. Oltre alle urla, adesso si sentiva anche il rumore dei vetri del pullman rompersi e caderci addosso. Non sapendo come comportarmi, cercai di restare il più immobile possibile, dato che qualsiasi cosa mi tenesse bloccata, mi impediva di muovermi. Per un secondo, credetti addirittura di essermi incastrata da qualche parte e che sarei morta. Mi aggrappai con forza alla cosa che mi teneva ferma.

Ad un certo punto, l'autobus cominciò a ribaltarsi, finché il mezzo non concluse la sua corsa schiantandosi contro qualcosa. Non sapevo cosa perché non avevo ancora aperto gli occhi, e non li aprii finché non sentii questo scudo di ghiaccio trascinarmi fuori dal pulmino e cadere sull'erba.

Sentivo lo scudo sopra di me. Sentivo sempre più freddo. Sentivo anche dolore, un po' in tutto il corpo a dire la verità.

Avevo il respiro affannoso e quando mi decisi ad aprire gli occhi, incontrai quelli dorati di Edward. L'oro liquido nel suo sguardo doveva avere qualche proprietà terapeutica, perché in quel momento non sentii più dolore. I nostri corpi erano sigillati in un abbraccio stretto e i nostri visi, le nostre labbra, erano a pochissimi centimetri di distanza. La mia attenzione era talmente distratta, a tratti concentrata sulla situazione e a tratti sull'uomo che mi stava facendo scudo con il suo corpo, che non mi ero nemmeno accorta che le mie mani gli stavano accarezzando i folti capelli color rame.

I nostri visi erano sempre più vicini e, per un impercettibile secondo, le sue labbra sfiorarono le mie senza toccarsi davvero. Mi ridestai quando sentii le urla disperate dei mondani ancora intrappolati.

Anche lui doveva essersene reso conto e si spostò da sopra di me per rotolare al mio fianco.

Mi hai protetto – sussurrai impercettibilmente, ma sapevo che lui mi poteva sentire, mentre guardavo il cielo nascosto dalle foglie degli alberi.

Non disse nulla. Si mise seduto per poi alzarsi in piedi. Si voltò verso di me e mi porse la mano per aiutarmi ad alzarmi.

Non ci pensai troppo ed afferrai la sua mano gelida. Mi aiutò a tirarmi su e quando il mio sguardo cadde sulle nostre mani unite, notai che la manica del maglione che indossavo si era alzata leggermente, mostrando un lieve accenno di una runa. Di scatto, lasciai la sua mano e ricoprii immediatamente quel lembo di pelle. Edward non mi staccò gli occhi di dosso un secondo.

Mi diressi verso l'autobus fumante e ribaltato a pochi metri da noi e gli dissi – Forza, andiamo ad aiutare gli altri -.

Zoppicavo e tutto il corpo mi faceva male, ma non potevo permettere che qualcuno morisse per l'imboscata di un demone. Non me lo sarei mai perdonato.

Mentre Edward chiamava i soccorsi, cominciai ad arrampicarmi sulla parete metallica e scivolosa del mezzo ribaltato. Pochi secondi dopo mi raggiunse anche lui e, insieme, aiutammo tutti a uscire dall'autobus. Quando arrivarono i soccorsi erano già tutti al sicuro: feriti non gravemente per fortuna, ma in salvo.

Guardai Edward in lontananza parlare con la polizia per raccontare l'accaduto. Sicuramente, gli stava dicendo un alibi e gli avrebbero creduto senza problemi, qualsiasi cosa avesse detto, perché veniva da una buona famiglia e di lui si fidavano. Di certo non poteva dire loro che era stato un demone a buttarci fuori di strada.

In quel momento, iniziai a ricredermi sul conto di quei vampiri, in particolare, sul suo conto. Mi aveva protetta, mi aveva salvato la vita, e mi aveva dato una mano a tirare fuori tutti gli altri, nonostante ci fosse sangue ovunque. Aveva un incredibile autocontrollo.

Cominciai a pensare che, in qualche modo, questo avvenimento ci avrebbe legati. Sentivo dentro di me che qualcosa era cambiato.

Quando Edward finì di parlare con la polizia, si voltò verso di me e, notando che lo stavo guardando a mia volta, mi sorrise. Non potei che fare altrettanto, così ricambiai il sorriso. Un sorriso sincero, bello, senza veli.

Mi aveva salvato la vita.

#IlMioAngolo

Ciao a tutti! Come state? Spero bene.
Si non mi faccio sentire da una vita, lo so. 
E' inutile scusarsi, è passato decisamente troppo tempo. Vi dico solo che approfitto e prendo il "lavo positivo" di questa quarantena per tornare a fare ciò che mi piace davvero: scrivere.

Spero davvero che riusciremo a farci compagnia a vicenda in questo periodo difficile <3

Un beso :-*

Zikiki98

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