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Autore: violetmoon888    26/03/2020    0 recensioni
Non riuscivo a capire, non riuscivo proprio a capire come fosse possibile. La mia vita era cambiata in quelle poche settimane. Lo shock, era chiaro che lo stato di adrenalina e confusione impediva agli altri di parlare. Sentivo il respiro di Jasper accelerare. Mi stringeva ancora la mano. Immobile io fissavo il cielo, quel bagliore bluastro che quell’angelo aveva lasciato. Restammo tutti pietrificati come statue per qualche minuto. Poi fui io a sbloccarmi. Guardai Jasper, lo sentivo, provava una sensazione nuova, era spiazzato e mi fissava trasognato. Lo scossi leggermente e mi lasciò la mano si voltò verso gli altri, mi girai anch’io. Carlisle, il più lontano da noi fece qualche passo e sillabò un i-n-c-r-e-d-i-b-i-l-e.
ATTENZIONE: Questa storia è da definirsi un sequel, è necessario leggere la precedente, "NON SO PIU' CHi SONO" sulla mia pagina.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Cullen, Edward Cullen, Isabella Swan, Jasper Hale | Coppie: Alice/Jasper, Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
Capitoli:
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CIAO A TUTTI! MI SCUSO PER IL RALLENTAMENTO DELLA STORIA MA NONOSTANTE QUESTA QUARANTENA CI ABBIA DATO PIU' TEMPO PER STARE IN CASA IN REALTA' SONO IMMERSA IN IMPEGNI UNIVERSITARI E NON... COMUNQUE SPERO DI PUBBLICARE CON PIU' FREQUENZA...ORMAI SIAMO VICINI ALLA FINE... (MAGARI SPERIAMO ANCHE DI QUESTA SITUAZIONE O.O) BUONA LETTURA!












2 settimane prima, la torre.


“La tana del coniglio…” sussurrò impercettibilmente Alice, Lucifero si sporse in avanti per carpire il debole fruscio delle sue parole.
“Come dici cara?” ma Alice deglutii e basta, non riuscendo a staccare lo sguardo dalle nebbie bianche che quella botola promanava. Sembrava quasi un portale. E lei doveva sporgersi, cadere per vedere, per conoscere questa profezia.
“Devi soltanto guardare dentro…fallo e ogni dubbio svanirà, te lo assicuro” la torre ettagonale era silenziosissima, Alice poteva avvertire i battiti del suo cuore contro lo sterno e l’aria calda del respiro effondersi nell’aria. Strinse le dita e si inginocchiò. Avvicinò le mani alla pietra bianca e nera del mosaico, premette le mani sui bordi di quella botola e si spinse in avanti fin tanto che le punte dei  suoi capelli toccarono la nebbia, fredda e quasi bagnata, e poi il naso e il mento e gli occhi. Fu come scivolare nel vuoto. Una spiacevole e fugace sensazione. Alice non sentì più nulla attorno a sé mentre cadeva, solo buio. Poi come se non si fosse mai mossa avvertii del terriccio sulle mani e sul petto, un odore acree di putrefazione, era a faccia in giù nel terreno. Attese qualche secondo a occhi chiusi e si sollevò. Era al centro, o meglio dentro l’incavo di un albero enorme. Le radici nere e grosse spuntavano da tutti i lati e si inarcavano verso l’alto nel legno più chiaro e duro. Le pareti dell’albero erano altissime, si vedeva solo un sottile spiraglio di luce bianca in cima. Lo spazio di terreno circolare era largo qualche metro e era perfettamente nudo. Alice studiò ogni angolazione. Era forse una trappola o un’assurda ulteriore prova di suo padre. Si avvicinò alla sporgenza di una radice e piano accostò una mano.
“Non è vivo” l’albero era morto. Alice provò a spalancare le ali, ma senza successo. Provò ad arrampicarsi innumerevoli volte ma appena riusciva a raggiungere la luce ricadeva al suolo. Frustrata smise di provarci. Sedette a gambe incrociate al centro del terreno e fissò le pareti di legno. Il forte odore di marcio si acuiva sempre di più.
“Alice” una voce lontana e sottile pronunziò il suo nome. Lei smise di respirare e si immobilizzò. Attese.
“Ali…ce” la voce era come soffocata.
“Chi c’è? Mostrati” ma non si alzò. Qualsiasi cosa fosse quel posto si era oramai convinta che non fosse reale.
“Chi sei?” rispose la voce.
“Sono Alice Cullen” disse lei impaziente,
“Chi sei?” ripetè la voce più debolmente,
“Sono Mary Alice Brandon” provò lei appellandosi all’identità perduta e primaria di ciò che un tempo era, da umana, anzi da nephilim.
“Chi sei!”
“Te l’ho già detto!” stavolta la voce fu acuta e quasi irata. Alice senti la stessa ira pervaderle le ossa.
“Io sono Alice, figlia della guardiana Gyselle e di Lucifero stella del mattino, il primo angelo, il portatore di luce…. Tu chi sei? Cosa vuoi?” una goccia di sudore le scivolò lungo il viso.
“Alice, la figlia del primo Angelo, la figlia del primo demone…” aggiunse la voce. Alice stese la mano e una scintilla diede vita a un fuoco caldo e azzurro tra le sue dita. Gli occhi riflettevano quel baluginio di luce.
“Non ho molta pazienza, brucio quest’albero secco e vuoto se non ti palesi” nessuna risposta. Alice era in bilico tra il fare sul serio e fermarsi. Se quel posto non era reale allora il suo fuoco l’avrebbe solo riportata alla torre, non poteva nuocerle. Eppure… Un’ombra oscurò per una frazione di secondo la sottile luce della cima. Alice chiuse il pugno e il fuoco svanì. L’Ombra le passò da dietro. E per quanto fossero fulminei i suoi riflessi non era riuscita a vederla. Sembrò prendersi gioco di lei per un po’ ma poi una massa oscura ed evanescente acquisì una forma proprio dinanzi a lei. Alice indietreggiò. La figura che aveva davanti era quella di una dea. O meglio di una vecchia dea. Aveva un mantello nero e il cappuccio abbassato, un palco di ali da pipistrello e un bastone di legno scuro ritorto. Eppure il suo viso e quanto si riusciva a scorgere della pelle era bianco e luminoso, piccole rughe le conferivano un aspetto maturo ma ancora vigororoso. I capelli bianchi o argentei le scendevano sulle spalle e i suoi occhi erano dello stesso colore dei cristalli di neve. Era bellissima.
“ Cosa…cosa sei?”, giacchè non si trattava di una donna né di un angelo o un demone. Non poteva essere un fantasma…non poteva essere un mostro….era…
“ Cosa non sono…”disse e accennò un lieve sorriso,
“Mi chiamano in molti modi….ma credo che tu veda in me la morte, come la vedi in quest’albero” Alice elaborò, ciò che vedeva era un essere che non comprendeva ma di cui percepiva l’estrema potenza. La Morte non poteva essere così…perfetta.
“Tu sei la Morte…la... l’angelo della morte…?” Lei sospirò,
“E’ un altro nome che posseggo si…” Alice sedette spalle al tronco. Si accasciò più che altro. No Lucifero le aveva promesso che non avrebbe fatto del male a lei e agli altri. Mandarla dall’angelo della morte doveva avere un altro scopo.
“Tu sai cosa cerco” disse in automatico.
“Vorrei poter avere una tale capacità bambina… io so quando sarà la tua fine e quella del mondo umano, la fine delle stelle, e del paradiso, la fine del tempo…ma non temere passeranno innumerevoli soli e lune e poi arriverà il momento” Alice scosse la testa.
“La profezia, sei tu quindi ad averla avuta” la Morte le porse una mano, bianca e quasi luminosa da sotto il mantello. Alice titubante la prese e si sollevò.
“Io sono solo una messaggera, nessuno sa di chi sia, ma la conosco”” allargò le ali.
“Non è possibile, qualcuno deve averla pronunciata o non avrebbe senso” disse.
“Esiti” rispose la creatura, Alice chiuse gli occhi.
“No…dimmela” L’angelo della Morte rise,
“Dirtela? Non posso… questa profezia non può essere riferita con le parole” Alice la guardò confusa,
“E come dovrei apprenderla…” L’angelo guardò in alto.
“Lei si rivelerà a te…devi raggiungere la cima… questo non è solo un albero lo avrai notato” Alice cominciò a sentirsi a disagio,
“Sai, io sono …beh…è da molto che sono in questo mondo o meglio in questi mondi…eppure questo posto è molto più antico di me e del Signore Oscuro” la Morte era stata creata dopo Lucifero, quando gli umani e le altre creature furono plasmate e destinate a consumarsi e a perire.
“L’albero… ma è morto…non c’è nessuna energia qui” lei sorrise severa questa volta,
“Perché è prosciugata da tutte le creature che la posseggono… l’albero è o meglio era la fonte di energia primaria, la fiamma che alimenta il vostro fuoco… è me e te e loro” la testa di Alice cominciò a martellarle.
“Capisci quanto è sacro questo luogo, il tempio di tutti i cicli, il tempo scorre nelle radici di questo essere… e anche il futuro, il futuro che ti riguarda” la figura indicò col dito il cielo.
“Mi incuriosisci…sei riuscita a sfuggirmi molte volte… la tua anima è davvero rara… la desidero” disse e sorrise di nuovo con calore. Alice rabbrividì e non poté aggiungere altro poiché lei sparì.

Doveva raggiungere la cima. Ritentò la scalata aggrappandosi voracemente alle protuberanze del legno che invadevano lo spazio. Alcune schegge le si conficcarono nei palmi e riuscirono a graffiarla. Ad ogni metro che guadagnava vedeva la luce allontanarsi, sempre e sempre più velocemente. Si fermò, respirò e alcune nuvolette di vapore le offuscarono la vista, faceva davvero freddo. Guardò in basso. Non era così lontana dal suolo. Guardò ancora una volta le pareti in cerca di…qualsiasi cosa. Poi mollò la presa d’improvviso e atterrò pesantemente al suolo. Come poteva riuscirci? Non aveva nessun aiuto e non poteva volare. Poteva bruciare tutto e basta, forse era davvero quella la soluzione.
“Perché sono così attratta dal fuoco” disse ad alta voce, quella sensazione era invadente e disturbante. Era come se quell’albero privo di vita lo chiedesse a lei, e chiedesse a lei di morire con lui…o per lui.
“Ho capito” se l’albero alimentava tutto, anche la sua stessa forza vitale, forse l’avrebbe lasciata passare se lei gli avesse donato un po’ della sua energia. In tutti quegli anni aveva ben compreso che nulla di ciò che appare si mostra per ciò che è davvero e che ogni cosa in ogni realtà ha una propria ragione d’essere. Si chinò e appoggiò entrambe le mani al centro del terreno. Chiuse gli occhi. Pensò solo che quell’arida terra scura aveva bisogno di vita. Lasciò che la vita le fluisse attraverso la nuca e le scapole, giù per i gomiti sino alla punta delle dita e filtrasse tra i secchi grani. Un senso di torpore e debolezza cominciò a effondersi dentro di lei. Sforzandosi di tenere gli occhi aperti e la mente lucida si avvicinò sempre di più al terreno, ora caldo, odoroso di fiori. Posò la testa su morbidi steli verdi e non riuscì a fare altro.


 
Il sacrificio. Tutto convergeva in quella direzione. Da sempre. Perché proprio il sacrificio? Perdere se stessi, perdere la propria vita per qualcuno o qualcosa in cui si crede, a cui si tende, da cui ci si sente amati e che si ama. Faceva freddo. Ancora più di prima. Il morbido cuscino di steli non sembrava esserci più, prima di aprire gli occhi Alice avvertiva solo il gelo asciutto sulla guancia. Dischiuse le palpebre e vide il bianco, inizialmente pensò che fossero i capelli argentati della Morte ma poi si rese conto che era avvolta dal bianco, dal gelido e morbido abbraccio della neve. C’era neve, dune di neve che si estendevano in lontananza. Era fuori dall’albero. Era di fronte l’albero. Si inginocchiò sollevandosi lentamente. L’albero era enorme, imponente, un enorme salice piangente, le foglie verde scuro e vigorose seppur coperte da un sottile strato di bianco. Promanava vita, da ogni singolo ramo. Alice riuscì a mettersi in piedi seppur stremata e si guardò attorno. Il cielo era tempestato di stelle, era scuro ma non era notte, o almeno non le sembrava poi così buio, la neve e le stelle illuminavano tutto. L’albero aveva assorbito la sua energia, ed emanava calore. Sotto di lei vi era come una tana, un enorme buco da cui si scorgevano le radici ritorte dell tronco, era profondo, era uscita da li? Il vento era gelido, qualche raffica le scompose i capelli. Le sembrò di udire sussurri, lettere e suoni indistinti. O forse un linguaggio sconosciuto. Cominciò ad avvicinarsi sempre di più, sotto la coltre delle foglie cadenti che le sfioravano la pelle sentii sempre più calore e sempre più la necessità di addentrarsi. Allungò la mano e la protese in avanti, ancora qualche centimetro e avrebbe toccato il centro esatto del poderoso tronco. Il legno scuro ricoperto di neve e ghiaccio. Lo sfiorò. Il contatto fu intenso, lento, quasi doloroso. La neve tutt’intorno cominciò a vorticare in raffiche, il cielo di stelle svanii e fiocchi pesanti e silenziosi cadevano anche dall’alto. Alice ritrasse la mano ma sempre piano, aveva un’ espressione contrita. Era nel flusso, in un flusso di energia. Lo sapeva, lo sentiva. La neve che vorticava assumeva forme sgranate, di facce, luoghi, simboli. Poi tutto si fermò, i cristalli di neve si bloccarono a mezz’aria e il vento cessò. Era solo lei a muoversi impercettibilmente in quello spazio bianco, benché si sforzasse di stare immobile, quella era un’immobilità ancora più perfetta della sua. Dal suolo innevato si alzarono due singole folate, la neve assunse i contorni familiari di due figure alate. Erano vicine, molto vicine, quasi intrecciate l’una con l’altra. Sentiva quasi lo scroscio di una risata. Si avvicinò senza paura ma le due figure svanirono. Più avanti di qualche metro si sollevò altra neve. Alice avanzò non smuovendo per nulla i cristalli che erano ancora perfettamente fermi a mezz’aria quasi cuciti in uno spazio bi-dimensionale. C’erano molte altre figure, con le ali, e senza, piccole , enormi, alcune mostruose, strane creature con voci roboanti, e alberi e case e strade asfaltate. Si avvinghiavano l’una con l’altra ma con forza, violenza e odio. Vide lame e fuoco di neve, udii urla… vide sangue bianco sgorgare da i corpi sgranati. Corse più in fretta ma appena si avvicinò scomparvero. Ancora in lontananza altre scene e altre figure disegnate nella neve. Vide un neonato, con cristalli azzurri al posto degli occhi, lo vide in una sorta di fagotto, su uno zerbino, piangeva. Vide una mano posarsi sulla testolina e una luce entrargli dentro. Vide la strega. Vide il suo ghigno. Vide il neonato crescere ogni secondo di più, diventare una bambina, e una ragazza, una donna, un’inerme corpo privo di vita, un corpo vivo ma freddo, più figure attorno a lei, qualcuno che la baciava, le ali, poi lei e un altro neonato. La stessa mano e una luce più fioca sulla sua testolina. Loro sparirono ma la donna no. Lacrime argentate le scivolavano sul viso bianco che si sgretolò. Alice ebbe un forte de ja vu. Poi attorno a lei un’enorme e infinita biblioteca, libri di ghiaccio e neve che vorticavano tra gli scaffali. Sembravano pioverle addossò, lo facevano, si accucciò e di nuovo fu sola. Uno scroscio proveniva sotto il terreno, aveva appoggiato le mani nella fredda coltre di bianco. Vi affondò decisa tre dita e trovò qualcosa di duro e metallico. Era una chiave, una chiave piuttosto piccola ma completamente fatta di elettro. Scintillava al candore della luce. Pesava, molto, troppo per essere di quelle dimensioni. La chiave cominciò a scottare, era incandescente, la lasciò e sprofondò di qualche centimetro. La neve cominciò a tingersi di rosso, era sangue. Vero sangue. La chiave, proveniva dalla chiave. Si insinuava sotto e sopra la neve. Alice indietreggiò barcollando. I fiocchi ricominciarono a cadere fittamente, non vedeva quasi nulla, le raffiche di vento interruppero il silenzio. Riparandosi con le braccia cercò di avanzare, di trovare un’uscita, un punto di riferimento, l’albero. Ma vide un cancello. Un cancello di nero ebano, alto e che si estendeva a destra e sinistra senza fine. Lo intravedeva chiaramente, era l’unica cosa che poteva vedersi nella neve, il nero. A tentoni si avvicinò. Ma a pochi metri si bloccò. Vide nuovamente la figura della donna di neve, con le ali protese, era a pochi centimetri dal cancello e fissava altre due figure di neve al di fuori, erano un bambino e l’uomo che l’abbracciava prima. Alice sussultò, le passò accanto una folla di orrendi demoni di neve, e su un trono alto quanto il cancello c’era un angelo bellissimo, con le ali nere che guardava al di là del cancello impaziente. La donna lo aprii e i demoni passarono investendo il bambino e l’uomo. Anche l’angelo passò. Alice tentò di gridare. La donna tentò di gridare, prese l’angelo per l’ala e cercò di riportarlo dentro ma dentro rimase lei, intrappolata. Alice chiuse gli occhi. Non voleva più vedere altro. Ma il vento sembrò sussurrarle ancora. Si scoprii il volto e di nuovo vide il cancello e le due figure dietro di esso, vide la donna aprirlo, vide però la folla di demoni ferma e l’angelo con le ali nere avvicinarsi a lei, lei passò per prima e chiamò l’angelo, l’angelo passò, i demoni  non passarono, l’uomo e il bambino la guardavano con rimprovero, un’ ala nera le offuscò la vista e la tirò indietro. Le figure scomparvero e riapparvero, questa volta la donna non aprii il cancello, i demoni si smaterializzarono dall’altra parte e uccisero l’uomo e il bambino.
“basta..” disse Alice in un sussurrò. Ma il cancello era ancora lì, si avvicinò alle sbarre tremante e notò che nella neve erano tracciati tre sentieri, si allungavano per centinaia di metri e tutti convergevano in un punto dove la neve ricadeva meno fitta, c’erano le medesime molteplici figure che si affrontavano nella neve, angeli, mostri e uomini, sangue bianco e fiamme di ghiaccio, urla e pianti. Qualcosa l’afferrò da dietro e sentii di non potersi muovere mentre veniva portata via dal cancello, dalle ombre di neve, veloce, senza rumore, indietro e ancora indietro, vide le dune di neve il salice enorme e poi rimpicciolirsi sempre di più, l’oscurità al suo interno, si sentì sollevare e poi cadere bruscamente a terra.


 
“Alice? Svegliati cara…” le due mani nodose che odoravano di bruciato le sollevavano il collo, Alice si svegliò intontita ma si ritrasse subito da Qyburn. Era di nuovo lì, in compagnia del suo signore. Anche lei era di nuovo lì, nella torre ettagonale, l’aria rossa che riluceva dalle finestre, il marmo nero e bianco del mosaico, la botola era stata chiusa però. Lucifero la osservava corrucciato, ancora appoggiato ad una delle pareti. Quanto tempo era passato? Forse non molto o forse si. Alice si alzò tastandosi per assicurarsi che tutti i suoi pezzi fossero tornati in quella dimensione. Era rossa in viso per il freddo e la neve, ed era visibilmente provata.
“ Spero che ti sia tutto un po’ più chiaro adesso” disse lui e cercò di sorriderle. Alice si avvicinò alla finestra. Scrutò il vetro dipinto. La verità era che quelle visioni, quella profezia, l’aveva confusa ancora di più. Solo una cosa sembrava chiara, in qualunque modo agisse era destinata a portare morte e distruzione al mondo.
“ Io ho delle domande” disse al vetro,
“Io non ho le risposte…la profezia rivela a chi ne fa parte solo il proprio destino anche se siamo tutti connessi” disse, aprii la porta che dava alla scala e fece un cenno al maestro.
“Ora va a riposare e a riflettere…ci vedremo questa sera a cena” Qyburn cercò di prenderla per le spalle ma lei si avviò da sola e irritata lungo la scala. Non pensò neppure che potesse esservi ancora l’incantesimo a scendere ma in un attimo fu alla base. Doveva esserci solo per salire, aveva senso. Tornarono alle camere all’interno del palazzo, Alice si aspettava che il vecchio demone la lasciasse sola, ma inizialmente incerto sulla soglia la seguì all’interno e appoggiò piano la porta non chiudendola del tutto. Lei si avvicinò al letto ma non sedette, restò a fissare il piumone cremisi.
“Ragazza mia, scoprire il futuro può essere sconcertante e tu lo sai bene” Alice chiuse la porta rivolgendovi lo sguardo baluginante d’azzurro. La rabbia cominciava a sopraffarla ancora.
“Io non ho le cose più chiare… sono confusa, estremamente confusa…” Qyburn sedette sulla sedia dirimpetto il letto.
“ Se ti va puoi parlarmene” disse con voce calda. Alice sbollì di poco, la disinvoltura e saccenza del maestro la stavano infastidendo ancora di più.
“Non conosco la ragione di tutto questo, la ragione della profezia, chi l’ha previsto, perché io, perchè in quel luogo mi si è rivelata?” Qyburn contorse le mani l’una sull’altra.
“Una forza superiore alimenta angeli e demoni, e quel vecchio salice ne è la sua essenza materiale, corporea. E’ un qualcosa di sensiente e potente, le divinità stesse devono sottostarvi” Alice riflettè,
“Ma perché io? Perché devo essere io ad aprire… i cancelli?” Qyburn alzò le spalle,
“Dio non ha nulla a che fare con questo, con me?” il maestro scosse il capo,
“Dio non libererebbe certo suo figlio… e mai avrebbe permesso la tua esistenza, che va contro tutto ciò che è stato pattuito dopo la caduta e la creazione del mondo terreno” sospirò.
“Un albero ha mosso i nostri fili da marionette, è questo quello che è accaduto? E’ lui il destino?” Alice strinse i pugni.
“Chiamalo e associalo a quello che vuoi ragazza, ma è questa energia che ti ha permesso di vivere e diventare ciò che sei. Devi compiere quello che è scritto” sentenziò.
“Il futuro può sempre cambiare” disse, l’eco di quelle parole, delle parole che suo fratello le aveva spesso detto quando le sue visioni non preannunciavano nulla di  buono le risuonò in testa. E molto spesso il futuro cambiava, mutava, diventava altro.
“Non confondere le tue abilità predittive con una profezia sacra. Non si può cambiare.” Alice sedette sul letto, la rabbia stava sfumando via, sostituita da emozioni ancor più distruttive tra cui sconforto e disperazione.
“Lucifero ha detto che la profezia si rivela solo a chi è connesso ad essa, lui ha visto quello che ho visto io?” Qyburn scosse il capo,
“Lui ha visto quello a cui è destinato e certo ha visto te come parte di quel destino, come innesco di quel destino, altrimenti non ti avrebbe condotta qui ma non ha visto esattamente ciò che hai visto tu, piccoli dettagli e sfumature soggettive..almeno credo da quanto ho studiato nei testi sacri” Alice annuì. Qualcuno bussò fortemente alla porta facendoli sobbalzare. Qyburn si alzò e andò ad aprire. Era Sean, col viso stanco e paonazzo. Il maestro fece un cenno ad Alice e scivolò via nel corridoio. Sean si avvicinò quasi correndo e la prese per le spalle scuotendola leggermente.
“Alice, stai bene? Mi hanno detto cosa ti ha fatto fare Lucifero, la scala della Torre, sei viva ma come è possibile… sei sicura di star bene?” parlò concitato, Alice chiuse gli occhi e lo abbracciò. Lacrime silenziose le scivolarono sulle gote e ne versò sempre di più. Senza singhiozzare, senza ansimare o dibattersi, era un pianto silenzioso e liberatorio. Sean la tenne stretta, carezzandole la testa e guardando la sua sagoma dall’alto. Fu lei a scostarsi dopo qualche minuto e ad asciugarsi gli occhi con le nocche. Sembrava così piccola e indifesa in quel momento. Ma subito la luce fiera e luminosa degli occhi sostituì quella sua immagine. Sean sedette accanto a lei, attento.
“Ho avuto accesso alla profezia” Sean deglutii e aspettò che continuasse.
“ A quanto pare sono la sola che può e che renderà libero Lucifero. Nel senso letterale, nell’unico senso possibile adesso. Aprirò i cancelli degli Inferi e lui potrà uscire e andare ovunque voglia. Distruggere e governare sul mondo terreno e chissà cos’altro.” Sean divenne ancora più pallido, dischiuse le labbra ma non emise alcun suono.
“La chiave che desidera…è una stupida chiave di metallo che apre  quel dannato cancello. A quanto pare sono l’unica che può trovarla.” Disse e si bloccò.
“Dove sarebbe questa chiave?” Sean si alzò, Alice trasalii poi sillabò qualcosa senza emettere un suono. Sgranò gli occhi e lo prese per le spalle,
“Il libro, tu sei la chiave….Sean…la chiave ce l ho io, l ho sempre avuta io, la chiave sono io! Lucifero me l ha detto anche se non immaginava significasse questo…” Alice aveva gli occhi in fiamme. Vagò per la stanza e afferrò il libro con la copertina di cuoio nero che aveva riposto nel cassetto. Lo aprii a metà. Si avvicinò a Sean e sfilò una lama ricurva di adamas dalla cinta.
“Cosa fai ?” Alice affondò la lama in verticale lungo il polso e fece colare il sangue dritto sulle pagine. Il libro sembrò corrodersi come se fosse avvolto dalle fiamme. Si annerì completamente e rimpicciolì. Dalla cenere Alice si ritrovò in mano una piccola chiave, di una strana lega di metallo, oro e argento.
“La chiave, fatta d’elettro, come nella visione” disse lei rigirandosela tra le mani. Era allarmata.
“Questo è…. Il tuo sangue…”, l’unione di bene e male. Il suo sangue era la chiave.
“Sean, prendila tu per adesso” Sean la prese. Era pesante. E gocce di sangue la macchiavano. Alice si fasciò il braccio con del lenzuolo strappato.
“Non so cosa fare Sean… ho  visto tutti gli scenari possibili, era una visione confusa, assurda ma ho capito, l’albero me l ha mostrato, qualsiasi cosa io faccia le mie decisioni porteranno alla guerra, tra angeli e demoni, umani e ogni creatura, il campo di battaglia sarà la terra. Se scelgo di aprire il cancello moriranno, e Jasper ed Aiden ho visto loro per primi morire. Se non li apro moriranno ugualmente e ma se imporrò a Lucifero di uscire lui solo senza le sue schiere di accoliti forse c’è una speranza di salvarli…”
“Ma aspetta, lui ti ha detto che non ti farà del male” disse lui,
“Ma ne farà alla mia famiglia, ad AIden anche se mi ha promesso di no, non lo farà direttamente ma i demoni o qualcos’altro li ucciderà al suo posto” la voce di Alice tremava.
“Non puoi aprirli” sentenziò Sean,
“Jasper ed AIden moriranno, non capisci!” Alice strinse i pugni,
“Alice, non puoi far scoppiare la guerra per salvare due vite, il prezzo è troppo alto” Alice gli diede uno schiaffo.
“Non posso essere la causa della morte di mio figlio e di suo padre!” emise un ringhio terrificante. Sean restò zitto.
“E poi anche non aprendoli affatto scoppierà la guerra, non so come ma succederà, l’ho visto chiaramente, queste tre strade hanno un solo punto d’ arrivo” aggiunse più calma. Passò qualche altro minuto di silenzio tombale.
“Alice, mi dispiace…” Sean era stralunato, irretito. Ma non voleva ferirla, causarle dolore più di quello che provasse già. Alice sedette sospirando.
“ Ascolta io non voglio uccidere milioni di persone, ma non voglio uccidere le persone che amo…” Sean l’abbracciò di nuovo ma lei si staccò sospirando.
“Ho capito, non c’è scelta…posso fare solo una cosa…”


 
 
Lucifero era nervoso, stringeva tra le mani una moneta d’oro, un’antica dracma con l’incisione di una chimera. La moneta tintinnava a contatto con i suoi anelli. Spostò una gamba sull’altra, seduto sul suo trono, quando entrò Qyburn. La moneta si fermò tra indice e medio.
“Mio signore” il demone fece un lieve cenno col capo,
“L’ho appena lasciata con il giovane Sherwood” disse e sollevò gli zigomi, Lucifero serrò la mascella. Aveva dubbi. Il Signore oscuro non aveva mai dubbi. Qyburn lo osservò attentamente mentre si sollevava e scendeva i gradini di ebano scuro. Lentamente gli si parò di fronte.
“Sarà meglio che il giovane Sherwood non procuri guai, Vecchio Maestro” gli occhi sfavillarono, era minaccioso il tono della sua voce.  Sean era stato suo allievo, Qyburn conosceva suo padre Dorcas, e la sua povera madre morta di parto. Quando venne a conoscenza del compito che gli era stato assegnato da Balthazar ne era sconcertato. Avrebbe voluto vedere il bambino, vedere la madre, capire cosa potessero fare. Era ben felice del fatto che lui avesse rinunciato nel suo intento, che fossero sopravvissuti entrambi. Ma non avrebbe mai immaginato che decidesse di lasciare l’Inferno, che uccidesse i sui fratelli per un angelo, per lei.
“Il ragazzo deve convincerla a rimanere e secondo il tuo giudizio ci riuscirà” Qyburn annuì. Lucifero non lo aveva fatto uccidere, la prigionia sembrava una punizione sufficiente e poi ne era stato grato giacchè grazie al demone era riuscito ad attirare sua figlia nell’Ade.
“Si mio signore, io non ne dubito, quando rivelerò a Sean la seconda parte della profezia, che Alice ignora, sono sicuro che farà di tutto per tenerla qui” Lucifero si massaggiò il mento.
“ Spero che il tuo non sia un errore, e che non sia il mio fidarmi delle tue conoscenze…” il vecchio demone fu irritato da quella contestazione ma sorrise placidamente. Era vecchio, vecchio quasi quanto il suo padrone e da sempre il primo e più fedele consigliere, conosceva i suoi umori, le sue aspettative, i suoi desideri. Conosceva Lucifero e conosceva La Stella del Mattino. Ma oramai il carattere gioviale e la profonda empatia dell’angelo erano scomparse o comunque seppellite molto in profondità.
“Non sbaglio, l’amore è una forza potente…”
“Distruttiva…vecchio mio, distruttiva” Lucifero accennò un sorriso e si perse un secondo a fissare il vuoto.
“ Alice gli rivelerà cosa ha visto di preciso Qyburn, e dopo che gli avrai detto dell’altra profezia credi  che Sean  ti dirà ciò che ha visto lei?” Qyburn annuì. Lucifero si scostò da lui. I dettagli erano importanti, le diverse prospettive erano cruciali. L’albero gli aveva mostrato un destino, uno solo, un solo modo in cui sarebbero andate le cose. Eppure aveva il terrore che non si verificasse tutto ciò che era stato segnato. Lui Lucifero fuori dal cancello, il suo trono fuori dal cancello, molteplici figure,angeli e demoni che si combattevano, la sua vittoria, un nuovo mondo. Sua figlia era la chiave, avrebbe aperto i cancelli, lo avrebbe liberato dalla pena di affliggere punizioni alle anime mortali, avrebbe sconfitto suo padre finalmente e i suoi fratelli si sarebbero sottomessi. Ma l’albero poteva aver rivelato ad Alice ciò che a lui sfuggiva.
“Si, il Vademecum non sbaglia mai, la profezia è comparsa sulle pagine quando lei è salita in Paradiso a riprendersi suo figlio. La seconda profezia è probabilmente più precisa di quella del Salice. Mio signore il tuo sangue scorre in lei, e come te ha un…” Lucifero alzò il braccio. Basta. Rimuginare su quanto aveva deciso non faceva altro che acuire la sua impazienza. Qyburn capì si voltò e si accostò al pesante portone di legno,
“ Andrò a comunicarle del tuo invito a cena” e lasciò la sala. Teneva a quel ragazzo ed era sicuro che l’amore lo avrebbe accecato, tutto si sarebbe avverato come previsto.
  
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