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Autore: RitornoAlleCeneri    26/03/2020    0 recensioni
Concentrarsi non era uno dei pregi di Poppy, che viveva costantemente nel suo mondo. Circondata dai suoi libri e dai suoi innumerevoli disegni di creature mistiche. Lei ha un animo puro, perseguitato dalla solitudine che solo una persona può colmare
Genere: Commedia, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Avere la presunzione di conoscere il mondo non è uno dei miei migliori pregi, però mi domando: ''non lo conosco davvero oppure mi nascondono che sono un genio?'' 

D'altronde sono d'accordo con la prima, dato che sono costantemente distratta e spesso e volentieri combino guai. Come adesso, sono impegnata a farmi un esame di coscienza e ho rovesciato la tempera sul tappeto dello studio.

Riesumando dal mondo dei sogni guardo il mio disegno di traverso, non riesco a capire cosa abbia partorito la mia immaginazione: un angelo ciccione o un alieno in sovrappeso con le ali?

La mia confusione è causata dall'azzurro, il bianco e il nero mischiati in una danza confusionaria che non ha un inizio o una fine. Sono comunque soddisfatta, ogni mio disegno è una mia creatura, come se fosse un figlio. Perché mai un genitore dovrebbe odiare il proprio figlio?

Dal nulla la mia mestizia inizia a fuoriuscire dal fondo del pozzo dei miei pensieri, senza una motivazione e l'unico modo che ho per tentare di cacciarla è la mia ''medicina''. Mi alzo di fretta e mi dirigo verso un piccolo tavolo in legno di quercia scura, appartenuto a mio nonno paterno. Apro uno dei cassetti laterali e tiro fuori un contenitore di latta, lo apro e prendo una sigaretta di camomilla. Nel tempo libero mi piace leggere libri sulle proprietà delle piante, i loro benefici ed i loro usi; sono molto pigra quindi preparare gli infusi ogni volta che ho l'ansia mi scoccia, potrei cadere in preda al panico e non rialzarmi ancor prima di accingermi nelle preparazioni alchemiche. Così sono ricorsa al metodo più semplice: carta di canapa, fiori di camomilla e filtri in carta. ''Non aiuta per la salute dei miei polmoni, ma riesco a stare più di 10 ore senza una crisi''

Accendo la mia medicina e mi guardo intorno, quasi soddisfatta. La mansarda della casa dei miei genitori è diventato il mio studio: il tetto spiovente mi fa sentire protetta e anche le piccole finestre ai due lati delle pareti mi scaldano il cuore, mi sembra di essere una principessa in attesa di essere salvata. Il parquet è stato sostituito da poco ed è molto resistente; al centro della stanza quadrata un tappeto preso al mercato delle pulci lo tiene vivo. I miei disegni sono quasi tutti resi un rotolo e riposti in un grandissimo vaso di acciaio, altri li tengo dentro un album grande quanto una scrivania standard, invece quelli fatti su tela sono ''esposti'' nella stanza; dentro una panca ci ripongo i miei album di schizzi e bozze terminati, molti portati alla vita ed altri no. Amo disegnare e questo comporta un acquisto quasi frequente dei quaderni. Fortunatamente, nel paese sono famosa per la mia dote artistica e quasi tutti mi chiedono di commissionargli un'opera. Sono soddisfatta perché ho dovuto creare un biglietto da visita, ovviamente la copia originare la tengo al collo quando sono in ''servizio'', il resto delle copie le lascio in giro. I guadagni non sono da milionari, ma riesco a comprarmi il materiale ed a risparmiare per le emergenze; generalmente il massimo a cui arrivo sono cinquanta euro quando uso tempere speciali, ma rimango sempre sui trenta o trentacinque euro.

 Il mio stile è molto particolare, per questo dipingo solo il lato ''normale'' come: animali, paesaggi, persone che passeggiano. Quando disegno questi soggetti rimango su un tratto impressionista come Degas o Manet; mentre quando sono sola le creature della mitologia e dell'esoterico si dimenano in lotte, orgie e rivoluzione. 

Nessuno le ha mai viste tranne il mio migliore amico Will, ed è convinto che io debba mostrare alla comunità di religiosi e misogini le mie creature.

 ''Se volessi essere mandata all'inferno come minimo bestemmierei durante una messa'' gli dissi un giorno. Il problema del paesino in cui vivo, Colle Bianco, è che non accettano il diverso, sono convinti che tutto ciò al di fuori dei nostri confini sia maledetto e che un giorno è destinato a scomparire per colpa dei suoi peccati. Sono disgustata ed allo stesso tempo meravigliata di come l'organizzazione sanitaria, economica, accademica e gastronomica sia altamente sviluppata. La tecnologia è un privilegio da cui i cittadini si sono lasciati trasportare per la necessità di comunicazione. Il resto ruota tutto intorno ad una normalità piatta.La cartina sfrigola e si consuma mentre aspiro la salvezza dei miei nervi, i quali lentamente si distendono. Il retrogusto floreale e balsamico mi apre le narici e la freschezza dona sollievo all'intero corpo in una giornata calda come questa.

 Le finestrelle sono totalmente spalancate, ed essendomi messa la centro della stanza le correnti d'aria mi passano sulla pelle sudata ed appiccicosa. Provo sollievo e spero che duri a lungo, che non se ne vada. Fuori il sole è in procinto di tramontare prendendosi il suo tempo, permettendo a chi ancora è fuori casa di avere la strada illuminata da una luce naturale. Per quel che mi riguarda, riesco solo ad ascoltare i grilli che chiacchierano e le rondini che cantano; la brezza pomeridiana smuove le spighe di grano e l'erba intorno alla casa, il fruscio prodotto è come una ninna nanna che mi culla.

Termino la sigaretta e la spengo in un posacenere trasparente, con all'interno tre cicche spente. Questi due giorni ho fumato una ''salva ansia'' in più, non è un buon segno. Alzandomi mi rendo conto che avevo lasciato la tempera sul pavimento, ormai asciutta. Ora, come dico spesso, è nato un ricordo e per imprimerlo afferro velocemente la mia polaroid moderna. Scatto, la foto una volta uscita la ripongo dentro un cassetto vuoto del tavolino e attendo che sia pronta; nel frattempo assetto le mie armi da pittura, i vari stracci e le spugne.

 Un lieve tonfo ripetuto mi distrae e mi rendo conto che qualcuno sta bussando, attraverso il piccolo corridoio che mi divide dalla porta, passo davanti al bagno e una volta arrivata giro il pomello. Davanti a me la figura alta e robusta di Will mi è familiare.

 I suoi scintillanti occhi marroni quasi nascosti dalla chioma riccia e bionda che lo caratterizza. Mi sorride e come ogni giorno i suoi denti dritti e perfetti mi facevano sentire a disagio, le sue lentiggini meno attraente. Non mi sono mai realmente preoccupata del mio aspetto, il mio tempo lo passo nello studio. Il materiale a volte lo ordino da internet o me li porta mio padre tornando dal lavoro, e le commissioni erano prenotate via email; esco raramente, non ne sento il bisogno; di conseguenza il mio aspetto non mi creava alcun pensiero. Come molte mie coetanee mi piacciono i vestiti e i trucchi, ma l'unica differenza è che non credo nell'amore.

 Mia madre ha lasciato da poco mio padre per un uomo ricco, improvvisamente non lo amava più; l'unica persona che non ha fatto sentire solo mio padre è stata un'amica d'infanzia che vive con la compagna fuori città. Non sempre bisogna basarsi su eventi singoli, ma sono rimasta devastata dall'abbandono di mia madre e non credo che riuscirò a superarlo.

Will ed io ci conosciamo dalle scuole materne, c'è stata un'intesa particolare e siamo stati inseparabili dal primo giorno. Non è mai mancato ad un mio compleanno e quando ero triste mi stava accanto in silenzio, come piace a me. Il suo sostegno è stato fondamentale quando mia madre se ne è andata. Avevo diciotto anni e avevo smesso di uscire di casa; mi ero rintanata nello studio che si presentava ancora come soffitta, non uscivo mai, mangiavo poco e occupai il tempo sistemando la stanza come un rifugio. Navigando nella disperazione trovai in una cassapanca delle tempere e dei fogli, così iniziai la mia carriera di artista.

 Will passò settimane in casa aspettando un mio segno, alla fine fu felice che tornai a galla con le mie forze. Solo che gli effetti collaterali furono l'ansia sociale e gli attacchi di panico. Un dottore era venuto a casa e mi disse che soffrivo di ''Stress post-traumatico'' e che mi sarebbe passato con difficoltà.

''Noto che hai appena terminato la sessione di pittura sfrenata'' mi punzecchia Will d'un tratto-''Hai fatto a botte con i colori?''

Chiudo la porta alle mie spalle e lo guardo torva, mi faccio avanti di qualche passo e gli indico il quadro-''Ti sembra un angelo o un alieno?'' -''Mi sembra la tua faccia quando ti chiedo di andare a prendere un gelato''. 

La sua risposta non coincide mai con le mie domande, è sempre sarcastico e mi piace il fatto che non mi dia il contentino, reputo il suo sarcasmo una sorta di sincerità, anche se è un ossimoro.Il vagare dei miei pensieri mi priva totalmente di quello che c'è o accade intorno a me, tanto da farmi rendere conto dopo aver prestato più attenzione che Will aveva portato la cena. 

Nella piazza principale ha aperto un ristorante greco e lui ama provare le novità, in una città come questa si cerca di scappare dalla normalità e dalla quotidianità appena se ne ha la possibilità. Il mio piatto è rigorosamente vegetariano, la salsa tzatziki messa a parte e le verdure cotte insieme alla soia a cubetti avvolte in una piadina integrale; mentre il suo piatto è lo Souvlaki, una sorta di spiedino di carne speziato. Sono anni che non mangio piatti di carne, di conseguenza non me ne interesso della loro ''struttura''. Iniziamo a mangiare e mi accorgo subito che stava iniziando a fare buio, purtroppo le luci artificiali nello studio non mi è stato possibile installarle, quindi mi arrangio come nel medioevo.

 Accendo delle candele profumate che illuminano la stanza quanto basta, libero la mente e mi accingo a terminare la mia cena.

   
 
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