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Autore: sissi149    26/03/2020    4 recensioni
Dopo la fine del World Youth Tsubasa ha chiesto a Sanae di sposarlo e la ragazza ha accettato.
I festeggiamenti sono nel culmine, ma andrà davvero tutto liscio?
Genere: Drammatico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Atsushi Nakazawa, Nuovo personaggio, Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Tsubasa Ozora/Holly
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Oliver aveva accompagnato il su ex capocantiere fino all’ospedale, per degli  accertamenti. Dopo la tragedia sfiorata aveva chiamato un taxi, ma non se l’era sentita di lasciare andare da solo Price. Chiedere a Callaghan o a Lenders di accompagnarlo era fuori discussione, dato che era stata la loro lite a provocare l’incidente. Benjamin non si era certo limitato al riguardo: passato lo spavento, aveva trovato un nuovo bersaglio su cui sfogare la sua frustrazione.
“Io la denuncio per tentato omicidio!” Aveva urlato in direzione dell’edicolante.
Non aveva neppure fatto i salti di gioia quando aveva realizzato che non sarebbe andato da solo, ma Holly era stato irremovibile, a dispetto di tutte le critiche e gli sguardi di ghiaccio che gli venivano lanciati addosso. L’architetto aveva preso in mano le redini della situazione e non se le era lasciate sfuggire.
Guardò impaziente l’orologio da polso: nello studio del medico ci stavano mettendo un’eternità. Non sapeva bene nemmeno lui perché fosse rimasto una volta lasciato Benjamin nelle mani dei dottori. Forse perché non amava lasciare le cose a metà, ed andarsene senza sapere nulla del risultato degli accertamenti gli sembrava scortese. Di contro, non credeva che il capocantiere avrebbe apprezzato troppo, temeva di essere scambiato per invadente.
La porta si aprì e Price uscì, spingendo con le braccia le ruote della sedia che gli avevano prestato in ospedale, poiché la sua, dotata di tutti i comandi elettrici, era rimasta danneggiata nella collisione col muletto.
“Com’è andata?” Chiese Oliver.
Aveva deciso di mantenersi sul vago, espressioni come è tutto a posto?, niente di grave?, solo qualche livido?, gli sembravano fuori luogo ed inopportune nella condizione dell’ex capocantiere.
Benjamin ebbe un leggero sussulto, come se non si aspettasse di trovarlo lì, tuttavia proseguì per la sua strada senza fermarsi.
L’architetto sospirò: che cosa si era messo in mente, che Benjamin Price di colpo seppellisse l’ascia di guerra? Era già tanto che non lo avesse insultato e si fosse limitato a passargli davanti in silenzio.
“Perché?”
Oliver si voltò in direzione di Price che si era fermato di colpo.
“Cosa?” Domandò.
A fatica Benjamin fece voltare la carrozzella  e lo scrutò assottigliando gli occhi.
“Perché mi hai salvato?”
“Avrei dovuto lasciarti investire?” Oliver non capiva il perché della domanda, per lui era stato naturale fare quello che aveva fatto. Chiunque al suo posto avrebbe fatto la stessa cosa.
“Mi hai già rovinato la vita una volta, perché avrebbe dovuto essere diverso oggi?”
Holly rimase ferito dalle parole del capocantiere, ma non era più intenzionato a chinare la testa e lasciar correre ogni insulto.
“Forse ti ho salvato oggi, perché non ho potuto farlo il giorno del crollo.”
I due uomini si guardarono negli occhi, intorno a loro aleggiava il silenzio, nel corridoio non passava una persona, nessuno che potesse intervenire a fermare quella sfida silenziosa.
Price abbassò le spalle ed ammorbidì il tono:
“Forse ti ho giudicato male.”
Oliver sbatté le palpebre un paio di volte, completamente allibito: Benjamin Price si stava rimangiando le sue affermazioni?
“Forse non sei il bastardo che credevo.”
“Non ho mai voluto fare del male a nessuno. – Holly si alzò e si avvicinò al proprio interlocutore – Avrei preferito restare io stesso sotto le macerie, piuttosto che ci andasse di mezzo qualcun altro.”
Benjamin appariva pensieroso, come se dentro di lui si agitasse una battaglia tra diversi sentimenti e diverse interpretazioni della realtà.
“Non so perché, devo essere impazzito, ma ti credo.”
Non c’era traccia di scherno né di astio nelle parole del capocantiere, solo accettazione.
Oliver si domandò se il pericolo scampato l’avesse portato finalmente ad accettare la sua situazione, a farsi una ragione di quanto gli fosse capitato ed a cercare di lasciarsi alle spalle il passato. Era anche la prima volta che loro due avevano un confronto diretto dal giorno dell’incidente: se si fosse fatto coraggio ed avesse cercato un incontro, magari le loro divergenze si sarebbero appianate prima, ma era troppo impegnato a sentirsi in colpa per un errore che ora sapeva di non aver commesso. Oliver capì che prima nessuno di loro due sarebbe stato pronto, mentre ora il momento sembrava essere propizio.
“So che non è facile concedermi fiducia, ma sono lieto che tu ci stia provando.” Disse cauto.
Sapeva di doverci andare piano, quel dialogo si stava conducendo su una lastra di ghiaccio e una parola sbagliata avrebbe potuto far crollare la debole tregua.
Benjamin si guardò attorno più volte a sincerarsi che fossero soli.
“Vorrei farti vedere una cosa.”
“Che cosa?”
“Aiutami a reggermi.”
“Come?”
“Allunga la tua mano!” La voce di Price fremeva di precipitazione, non era mai stato un tipo molto paziente.
Holly non capiva cosa avesse in mente, ma decise di assecondarlo ed allungò il suo braccio destro. Il capocantiere l’afferrò e si puntò con forza. Hutton sentiva la stretta delle sue dita sull’avambraccio. Avrebbe voluto dirgli di fermarsi. Poi lo stupore per quello che stava vedendo fece da anestetico al dolore: Benjamin Price, molto a fatica, si era sollevato dalla sedia a rotelle. La sua postura non era perfettamente eretta, era ancora molto curvo, ma era inequivocabilmente in piedi sulle proprie gambe.
“Ma…”
Con uno sguardo Price lo pregò di stare zitto e si riadagiò sulla sedia, prendendo un paio di respiri profondi.
“Per ora è tutto ciò che riesco a fare.”
Holly stava ancora cercando di riprendersi dalla sorpresa, aveva ancora gli occhi completamente spalancati e la bocca aperta.
“Sembra che tu abbia appena visto un fantasma!”
Ora Benjamin Price faceva pure dell’ironia sulla situazione? Il mondo era forse saltato per aria e lui non se ne era accorto? Holly non sapeva che dire e che fare. Si passò una mano nei capelli e dietro alla nuca.
“Da… da quanto va avanti?” Chiese alla fine.
“Da questa mattina.”
“Vorresti forse dire che la caduta ha provocato qualcosa?”
Hutton non riusciva a crederci, aveva bisogno di sedersi. Indietreggiò di qualche passo e si sedette sul seggiolino che aveva abbandonato poco prima. Price spinse la carrozzella nella sua direzione.
“Nemmeno i medici sanno spiegarsi l’accaduto. Quando ho detto che avevo iniziato a sentire del dolore alle gambe mi hanno guardato come se fossi un pazzo che soffriva di allucinazioni. Ci è voluto un po’ prima che iniziassero a prendermi sul serio ed a fare i loro test.”
L’architetto riusciva solo ad annuire alla storia incredibile che gli veniva narrata.
“Inizialmente pensavo di aver recuperato una parte di sensibilità, non volevo illudermi che ci fosse qualcosa di più. Invece…”
“Invece sei riuscito a muovere le gambe e persino ad alzarti.”
“Già.”
Il silenzio calò di nuovo tra i due uomini. Holly cercava di metabolizzare le rivelazioni e tutto quello che avrebbero potuto comportare per la piccola cittadina di New Team Town. Se la cosa fosse uscita dall’ospedale in poche ore sarebbe stata sulla bocca di tutti e chissà che qualcuno non si sarebbe ricreduto su di lui. A quanto pareva Benjamin Price stava già cambiando opinione.
“Perché? – fu il suo turno di chiedere – Perché l’hai raccontato a me?”
“Perché se non fosse stato per te non sarebbe mai successo. Se non mi avessi salvato.”
Holly restò colpito dalle parole del capocantiere, era felice che potessero parlarsi di nuovo civilmente, come prima del crollo del cantiere, ma non voleva prendersi meriti non suoi.
“Chiunque al mio posto l’avrebbe fatto.”
Sul voltò di Price comparve un sorrisetto sghembo.
“Sempre con quell’aria di modestia, signor architetto.”
“Dico sul serio: se non ci fossi stato io ci avrebbero pensato Callaghan e Lenders.”
“Non nominare quei due, per favore. Riceveranno notizie dal mio avvocato!”
Oliver alzò gli occhi al cielo, sarebbe stato troppo bello se Price avesse fatto pace con lui senza trovarsi un nuovo nemico pubblico.
“Che ne dici di andarcene da questo posto? – propose il capocantiere – Ho bisogno di un caffè. Accompagnami, ti offro qualcosa al Fiore del Nord.”
Se Holly non fosse stato già seduto probabilmente sarebbe caduto a terra. Un conto era riuscire a parlarsi civilmente, un conto era essere addirittura invitato a farsi vedere in pubblico insieme. Forse era meglio fermarsi e richiedere una tac alla testa.
Dal fondo del corridoio Price si voltò verso di lui.
“Cosa stai aspettando? – Lo richiamò – Dai che dobbiamo chiamare un taxi.”
Holly non poté  far altro che alzarsi e seguirlo.
 
 
 
 
“Ecco a lei signora.”
Jenny stava servendo ad uno dei tavoli del Fiore del Nord, era tornata al lavoro dopo un giorno di assenza, troppo scossa per quanto accaduto nel giardino della villetta con Jason Brown. Jack le aveva fatto una ramanzina infinita, scaricandole addosso la colpa di tutto: se lei non avesse deciso di vestirsi in modo sconveniente, lui non avrebbe dovuto richiamarla all’attenzione e quel ficcanaso non si sarebbe intromesso nella loro vita privata. Si era sentita in colpa per non aver fatto molto per evitare l’arresto al giornalista, ma Jack l’aveva convinta che era meglio per tutta la cittadina che se ne andasse.
La campanella sulla porta tintinnò e la strappò dai suoi pensieri. Rimase ferma come uno stoccafisso, il vassoio per poco non le scivolò di mano: Oliver Hutton stava entrando nel locale spingendo la carrozzella di Benjamin Price.
“Buongiorno Jenny. – la salutò quest’ultimo, con un tono gioviale che non gli sentiva da parecchio – Il mio solito tavolo è libero?”
“Ce… certo.” Riuscì solo a balbettare.
Con gli occhi seguì la strana coppia dirigersi al tavolo in fondo al locale, accomodarsi e cominciare a chiacchierare come vecchi amici. Stringendosi nelle spalle ritornò dietro al bancone e si mise a svuotare la lavastoviglie che aveva appena terminato un ciclo di lavaggio. Piattini, tazzine, cucchiaini e posate passavano veloci nelle sue mani per tornare alla loro abituale collocazione da dove sarebbero stati presto riutilizzati per servire altri clienti. Era un ciclo infinito.
“Ma che mi prenda un colpo!”
Jack era appena tornato dalla cantina con un sacco pieno di caffè in chicchi per ricaricare la macchinetta.
“Cosa diamine è venuto a fare qui quel pezzo di merda di Oliver Hutton? Sta cercando guai di sicuro!”
L’uomo mollò di colpo il sacco a terra e fece per partire alla carica, ma Jenny gli appoggiò una mano sul braccio.
“Aspetta! È venuto con il signor Price.”
Jack si voltò a guardarla.
“Mi prendi per il culo?”
“Guarda tu stesso.” Gli rispose indicando alle sue spalle con il pollice.
Jack si sporse per osservare e dopo pochi secondi si ritirò borbottando.
“Cose da pazzi!”
Riprese a caricare la macchinetta, mentre Jenny decideva che era giunto il momento di raggiungere il loro cliente vip ed il suo ospite per raccogliere le ordinazioni.
“Buongiorno signori, cosa vi posso portare?” Domandò con la sua consueta cortesia, cercando di non lasciar trasparire il suo stupore.
“A me un espresso, bello forte. Grazie. – Rispose il signor Price che poi si rivolse ad Hutton – E tu cosa prendi?”
L’architetto era parecchio imbarazzato:
“Sono a posto così. Non c’è bisogno di...”
Price lo interruppe senza troppe cerimonie:
“Sciocchezze: sei stato in giro con me tutta la mattinata. Jenny, potresti portare un caffè anche a lui?”
“Certamente. Vado a preparare tutto.”
La cameriera si allontanò di qualche passo, non sapendo che pensare della strana conversazione a cui aveva appena assistito.
“Jenny, scusa!” Benjamin l’aveva richiamata e si voltò per rispondergli.
“Mi dica signor Price.”
“Mi sono appena reso conto che l’ora di pranzo è passata: potresti portarci anche due panini? Belli farciti, mi raccomando!”
“Di sicuro.”
Dietro il capocantiere, Oliver Hutton si agitava sulla sedia sempre più a disagio, cercando di farle segno di non esagerare troppo con la sua ordinazione.
Jenny non sapeva che pensare, se non che fosse successo qualcosa tra quei due che poteva averli spinti a fare pace. Il giro dei pettegolezzi mattutino aveva riportato di un bisticcio più violento del solito tra Callaghan e Lenders, qualcuno ci aveva infilato anche il nome del capocantiere, ma nessuno aveva citato l’architetto.
Tornata alla sua postazione preparò due panini come da richiesta: per il signor Price optò per il suo preferito, con prosciutto crudo, formaggio ed acciughe,  mentre per Hutton scelse un classico sandwich con prosciutto cotto, maionese ed una foglia di lattuga.
“Quindi pranzano insieme?” Alle sue spalle Jack la fece sobbalzare.
“Così pare.” Aggiunse i due caffè al vassoio e partì per la consegna.
Nell’avvicinarsi al tavolo colse un brandello della loro conservazione.
“Nemmeno a me è mai piaciuto troppo Kanda – stava dicendo l’ex capocantiere – Non solo perché ha preso il mio posto.”
“Il tuo modo di lavorare è molto più metodico.” Rispose Oliver.
“Signori, le vostre ordinazioni: due caffè ed il suo panino preferito. – mise il piatto davanti a Benjamin – Per lei invece, signor Hutton, non sapevo cosa proporle e ho fatto qualcosa di basilare.”
Holly sorrise alla cameriera:
“Va benissimo così, grazie Jenny!”
“Jenny, senti – il capocantiere la trattenne al tavolo – Ti ricordi il giornalista che era qui qualche settimana fa?”
La donna annuì, cominciando a sentirsi a disagio, non le piaceva parlare del signor Brown.
“So che è partito, ha forse detto che sarebbe tornato? Mi piacerebbe rivederlo.”
“Non lo vediamo da quel giorno qui al bar.” Rispose, abbassando gli occhi.
Fu Oliver Hutton a venire in suo soccorso:
“È partito un paio di giorni fa per tornare a casa. Questioni personali, non credo tornerà.”
Lo sguardo che le lanciò fece capire a Jenny che l’architetto sapeva più di quanto avesse detto, ma aveva deciso di restare sul vago per non metterla in difficoltà. Sentì allargarsi nel petto il calore della gratitudine.
Price invece pareva deluso.
“Peccato. – mormorò – Mi sarebbe piaciuto rivederlo: volevo chiedergli scusa per non essermi comportato molto bene, in fondo lui stava solo facendo il suo lavoro.”
“Vedrai che non se la sarà presa per questo.”
“Io me la prenderei se qualcuno mi trattasse come io ho trattato lui e molti altri. Che dici, mangiamo?”
Jenny, non volendo essere di troppo nel dialogo che era ricominciato fluente tra i due, si congedò:
“Vi lascio, se avete bisogno di qualcosa basta fare un cenno.”
La campanella sulla porta tintinnò ancora una volta e Bruce Harper entrò di corsa, puntando al bancone. Indossava la salopette che usava come divisa per la sua ditta ed aveva l’aria di essere molto di fretta.
“Jack, ho dieci minuti prima di andare dal prossimo cliente. Riesci a farmi un panino al volo?”
Il proprietario del Fiore del Nord rispose con un sorriso sarcastico, mentre gli allungava una bottiglietta d’acqua.
“Giornata piena oggi?”
“Puoi dirlo forte! – Harper voltò la testa verso destra e per poco non si strozzò con l’acqua – Ma che diamine?”
Si alzò di scatto e a grandi falcate si diresse verso il tavolo di Price ed Hutton, senza badare a chi o cosa incontrasse sulla strada.
Per poco Jenny non venne travolta dalla sua furia ed a nulla valsero i suoi tentativi di chiamarlo per farlo fermare. Lo vide piombare sull’architetto come un falco su una preda, per fermarsi all’ultimo secondo, probabilmente richiamato dall’ex capocantiere. Vide lo sconcerto dipingersi sempre più nitidamente sul suo volto, finché non fu costretto a battere in ritirata e tornarsene da Jack con i remi in spalla a ritirare il suo panino.
“Jenny, mettilo in un sacchetto per Bruce.”
La cameriera estrasse una busta e vi infilò il panino che il compagno aveva preparato.
“Ecco signor Harper.”
“Grazie. – era ancora palesemente sotto shock – Io non capisco: non è che Benji ha esagerato col vino l’altra sera?”
Morris si strinse nelle spalle.
“Non so che dirti. Questa faccenda mi puzza.”
“Sarà meglio che vada. Metti tutto sul mio conto. Ti saldo a fine settimana come sempre.”
Harper uscì e nel locale tornò la tranquillità.
 
 
 
 
 
L’uomo era rientrato da poco alla villa, dopo essere stato nella cittadina a svolgere la sua consueta attività di copertura. Non aveva notato nulla di insolito, dopo aver fermato quell’impiccione di un giornalista sembrava essere tornato tutto alla normalità.
Si versò da bere e si sedette alla poltrona. L’intera faccenda gli dava da pensare e l’aveva fatto riflettere sul fatto che nemmeno lui avesse posto troppa attenzione, le falle non erano venute solo dai suoi uomini. Come aveva potuto non accorgersi prima che Atsushi Nakazawa era sfuggito alla rete che aveva intrappolato tutti quanti a New Team Town? All’epoca era solo un ragazzino e probabilmente non vi aveva prestato attenzione, immaginando che fosse finito insieme a tutti gli altri marmocchi, ma rimaneva in ogni caso il fratello della moglie di Ozora. Doveva rendersene conto prima.
Strinse convulsamente una mano attorno al bicchiere e l’altra al bracciolo della poltrona.
Doveva trovare la soluzione del rompicapo al più presto. Come aveva fatto Atsushi a finire lontano dai confini tracciati dalla maledizione? Ma, soprattutto, come aveva fatto a tornare e trovare la cittadina? Un qualche richiamo di sangue più forte della maledizione? Nei giorni precedenti l’aveva interrogato più volte, tentando di estorcergli informazioni, ma si era rivelato un osso più duro del previsto, l’unica ammissione ottenuta era stata il fatto che si trovasse nella cittadina per ricavare un articolo sulla vicenda del cantiere. Effettivamente nel suo pc avevano trovato degli appunti in merito. Eppure la questione non gli quadrava del tutto.
La sola nota positiva era che pareva non ricordare nulla della sua vita precedente alla maledizione, di Atsushi Nakazawa, Tsubasa Ozora e tutti gli altri, addirittura l’aveva preso per pazzo quando aveva fatto quei nomi. Motivo per cui non aveva più affrontato quella parte dell’argomento: meglio non svegliare il cane che dormiva.
Aveva fatto approntare un pannello semitrasparente per separarlo dall’altra prigioniera, poiché lei ricordava fin troppe cose e tenerli insieme era un rischio che non era disposto a correre, ora che era riuscito a rimediare alle leggerezze che tutti avevano commesso.
Fortunatamente la maledizione era ancora forte ed aveva compiuto il suo dovere quando una delle sue vittime aveva tentato la fuga: Francisco e Roberto gli avevano raccontato delle condizioni in cui avevano trovato l’auto di Atsushi e lui non aveva dubitato per un istante che la barriera invisibile che aveva eretto attorno a New Team Town avesse riconosciuto uno dei suoi prigionieri, se si fosse trattato di uno straniero qualsiasi avrebbe potuto attraversare il confine d’uscita indisturbato.
Tutto era tornato a posto.
Una fitta improvvisa lo colpì alla testa ed al petto: la prima sembrava sul punto di spaccarsi in due, mentre il secondo sembrava non essere più in grado di procurarsi l’aria necessaria. Scivolò dalla poltrona e si accasciò a terra per un tempo che gli sembrò interminabile.
Lentamente il dolore scemò e l’ossigeno tornò a scorrere nei polmoni.
Un moto di rabbia gli fece sbattere entrambi i pugni sul tappeto.
Qualcosa di grave era accaduto, la maledizione aveva vibrato così forte che aveva temuto potesse spezzarsi. Il potere di Oliver Hutton stava aumentando, lo sentiva chiaramente. Era successo qualcosa che gli aveva ridato forza e stava indebolendo lui.
Atsushi! Atsushi doveva essere riuscito a mettere in moto gli ingranaggi. L’avrebbe pagata quella sera stessa, ma prima doveva fare una telefonata.
Prese il cellulare e fece partire la prima chiamata rapida. Un paio di squilli a vuoto e poi arrivò la risposta dall’altro capo della linea.
“Pronto?”
“Sono io. La situazione è cambiata, Roberto. Dobbiamo passare alla fase due.”
“Capo, ne è sicuro?”
“Sicurissimo. Entro domani mattina deve essere tutto fatto.”
“Va bene.”
“Non deludermi.”
Chiuse la comunicazione. Era ora di giocare con l’artiglieria pesante. Se fino quel momento Tsubasa Ozora si era considerato sfortunato, da lì in avanti avrebbe capito cosa significava perdere ogni cosa importante.




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Una gioia, una gioia per Genzo!
A quanto pare qualcosa sta davvero succedendo nell'equilibrio di New Team Town e purtroppo il nostro responsabile pare essersene accorto...
  
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