Titolo(Storia):
I Cento Mo(n)di
Titolo
Capitolo: Non è
questione di destino, ma di scelte
Prompt:
#38 Sei il mio
soulmate ma io sono innamorato di un altro!AU (Annabeth/Percy
– Percy/Calypso)
Personaggi:
Annabeth
Chase, Percy Jackson, Calypso, Nico di Angelo (nominati: Sally Jackson,
Paul
Blofis)
Paring: Percabeth,
Perlypso, Caleo!minor
Rating: Giallo
sbiadito
Warning:
Soulmate!AU
Beta: Nessuna
Note:
Era una vita che non
scrivevo questa raccolta
e posso confessare di trovare questa os davvero pessima rispetto le
altre, ma
la verità è che sono terribilmente arrugginita.
Finalmente sono riuscita a scrivere
della Perlypso, anche se non come mi sarebbe piaciuto, quindi
probabilmente
riscriverò su questo paring. Stavo anche cominciando a
scrivere una Reyna&Nico,
ma mi piace ancora meno di questa. Quindi non so.
Vorrei ringraziare: Farkas, cabin13
e fenris per la
recensione <3. Grazie.
Come sempre la lista dei prompt la potete trovare nei capitoli
precedenti.
Non
è questione di destino, ma di scelte
Quello che gli
aveva insegnano per tutta la vita era che quando incontravi quella
persona non
potevi non sentirlo; era come diventare un magnete. Attratto,
inesorabilmente.
L’anima gemella, la persona con cui passerai tutta la vita,
secondo il destino.
La persona che sul petto aveva lo stesso decoro, linee rosse incise
sulla
pelle, lì dove il cuore.
Nel caso di Percy era un fiore, con cinque petali e due foglie, il
rosso era
vivo, spiccava sulla carne pallida come se lo avessero maschiato a
fuoco.
Ricordava una margherita, disegnata da un bambino delle elementari, o
almeno così
che Percy aveva sempre figurato il Dio-di-ogni-cosa nella sua mente. Un
bambino
con un sorriso troppo lezioso.
Non si era mai vergognato del suo marchio, lo aveva sempre esposto, da
che
aveva avuto undici anni, forse perché, in cuor suo, aveva
sempre desiderato che
chi possedeva il suo gemello, un giorno, lo avesse notato.
Nonostante al mondo ogni creatura nasca con una anima gemella,
non è detto
che si è destinati a trovarla.
Sua madre prima di incontrare Paul Blofis, l’uomo con la rosa
spinata, come la
sua, era passata attraverso due matrimoni sbagliati.
Un po’ per tutta la vita, Percy aveva sentito addosso
l’essere un bambino
sbagliato, come la gente si era sempre rivolto a loro,
bambini che non
sarebbero mai dovuto nascere, che non sarebbero mai dovuti esistere.
Erano sempre stati tantissimi, forse più dei bambini
giusti, ma erano
nati con quello stigma addosso, con il peso di aver rubato la vita di
qualcuno
che il destino aveva progettato nascesse.
Sally Blofis, si era sempre prodigata perché lui ignorasse
quei pensieri, che
Percy era perfetto, voluto e mai sarebbe stato sbagliato.
Banalmente aveva sempre pensato che il suo fiore dovesse essere
così brutto per
questo, nonostante le parole di sua madre, perché doveva
trattarsi di un
aggiunta veloce, schizzata appena da parte del Dio-di-ogni-cosa quando
si era
accorto che il bambino giusto non era nato ma un altro sbagliato era
sorto.
E poi aveva
conosciuto Annabeth.
In un giorno di neve, coperti dalla testa ai piedi, di lei aveva veduto
solo gli
occhi grigi e fili di capelli chiari che sfuggivano alla visiera del
capello di
lana grigio. Non riusciva a ricordarsi quale fossero le prime parole
che le
avesse detto, ne perché fossero in fila, al freddo, sotto la
neve, per entrare
in un locale, ma qualche ora dopo era in una locale, al caldo, davanti
una pinta
di birra e delle nocciolini … ed irrimediabilmente
innamorato.
A scuola gli aveva insegnato che l’amore tra anime gemelle
scoccava con uno
scambio di sguardi e sua madre lo aveva confermato, quando aveva
incontrato Paul,
mentre Percy aveva imparato, dal resto del mondo, che l’amore
sbagliato
cominciava lentamente come immergersi nell’acqua, un passo
alla volta, per
abiturarsi al freddo delle onde, agli schizzi, a muoversi in un mondo
diverso,
dove non sempre vedevi dove andavi con i piedi e che ogni cosa che ti
sfiorava diventava
scomoda e necessità di fiducia.
E poi era un tuffo, in cui immergersi completamente, superato
l’atavica paura
per l’ignoto.
Ed era primordiale.
E Percy non era in grado di capirlo, perché era sicuro di
essersi innamorato di
Annabeth quel giorno stesso ed altre volte non poteva paragonarla a
null’altra
cosa se non all’immersione negli abissi,
E non aveva mai
avuto paura così tanto di fare l’amore con lei, in
tutta la sua vita.
Quando si era sfilato la maglietta ed avrebbe sciolto quel dubbio che
Percy non
avrebbe mai, mai, voluto chiedere, lo aveva coperto.
Annabeth non aveva sul seno nessun fiore, aveva una macchia informe, di
carnagione più chiara.
“La mia famiglia è contraria alle anime
gemelle” aveva detto lei con gli occhi
bassi, “Non so che simbolo ho, non lo ho mai
saputo” aveva rivelato, coprendosi
con una mano la sua mutilazione.
Annabeth era sempre stata sicura, ma in quel caso, Percy
l’aveva potuta sentire
tutta la sua preoccupazione, che tormentava la sua vita.
“Non me ne importa” aveva detto Percy,
perché lo aveva capito quale era stata
la preoccupazione di Annabeth, che non potendo sapere fosse la sua
anima
gemello, lui l’avrebbe lasciata. Forse gli era già
successo.
“Non me ne importa, non so se tu sei la mia anima gemella, ma
sei sicuramente l’amore
della mia vita” aveva detto. Anche se il loro amore non era
giusto, Percy
realizzò che non lo interessava, quando baciava Annabeth il
mondo aveva per la
prima volta senso.
Lei aveva passato
le dita sul suo brutto fiore, “Una parte di me è
sempre stata arrabbiata con
loro” aveva detto, riferendosi forse ai suoi genitori, mentre
con le dita
seguiva le linee rosse, “Perché mi hanno tolto la
possibilità di scegliere,
scegliere di perseguire una via scritta” aveva aggiunto,
“Una parte di me,
realizza invece che volevano darmi la possibilità di
scegliere” aveva detto.
“Scegliere la vita che voglio io, l’amore che
voglio io, il destino che voglio
io” aveva aggiunto, “Senza dover sentire sul mio
petto la consapevolezza” aveva
detto.
“Ora, così, ne io ne tu possiamo sapere se sono la
tua anima gemella, ma tu
puoi avere ancora il timore che un giorno per strada vedrai una ragazza
con il
tuo segno, io no” aveva aggiunto, sporgendosi per baciarlo
ancora, “Per me tu
lo sei. Senza dubbio” aveva stabilito.
Percy l’aveva baciata con ancora più fame,
“Io ti amo” aveva detto, “Fiori,
marchi e destino che si fottano. Io, Annabeth Chase ti amo. E tu sei la
mia
anima gemella perché mai vorrei qualcun altro al mio
fianco” le aveva
confessato.
E poi un giorno era
successo.
Al mare, stupido, un gioco.
Percy si era messo a giocare a Volley Ball, con i suoi amici. Jason
aveva
schiacciato con più forza, lui aveva provato la ripresa, ma
era venuta male e
la palla era andata fuori.
“Vado, io dai” aveva detto, sporco di sabbia dalla
zazzera scura dei capelli
fino a tutta la pelle ambrata, fermamdo il povero Nico di Angelo,
nervoso ed a
disagio, che anche sulla spiaggia al mare, indossava la maglia ed i
pantaloncini alla rotula.
“Dovresti piegare di più le ginocchia”
lo aveva canzonato una ragazza, mentre
Percy si chinava per raccogliere la palla che era arrivata fino ai
lettini.
Percy aveva sollevato uno sguardo, una ragazza con i capelli cannella,
stretti
in una crocchia ed un asciugamano avvolto attorno al corpo.
Sembrava gentile e bella, in una maniera naturale
e genuina come mai
aveva pensato a qualcuno, anche ad Annabeth.
Era stata attraente, affascinante, intrigante, ma mai bella in una
maniera così
secca e inoppugnabile.
“Preferisco
il
nuoto, confesso” aveva risposto Percy senza disagio,
tirandosi su e come l’aveva
fatto aveva visto il viso della ragazza farsi d’un rosso
furioso, ma non per il
suo fisico, per il suo tatuaggio.
“Wow” aveva detto poi.
facendo scivolare l’asciugamano che aveva attorcigliato al
corpo, forse per
asciugarsi dell’acqua salmastra, per mostrare un corpo
snello, stretto in un
bikini a fascia.
Lì sul seno il brutto disegno di un fiore a cinque petali e
due foglie.
“Wow” aveva risposto Percy, trovandosi in
difficoltà con la lingua, senza sapere
cosa avrebbe dovuto dire.
La sua anima gemella si chiamava Calypso Atlas e per Percy fu
impossibile non
trovarsi morbosamente attratto da lei.
Così come il destino stesso, da che li aveva fatti
incontrare, quel giorno al
mare, non aveva potuto fare altro che guidarli l’uno contro
l’altro. Da quel
giorno, non aveva potuto fare altro che incontrarla, continuamente.
Venticinque anni senza mai incontrarla e poi era impossibile sfuggire.
“Non
dobbiamo sposarci”
aveva detto Calypso un giorno, nevicava anche in quel caso,
“Possiamo anche
solo parlare” aveva detto la ragazza.
Percy si era sentito a disagio, tirando la sciarpa per coprire sul naso
e le
guance rosse di imbarazzo, “Ho una ragazza” aveva
confessato poi, “La voglio
sposare” aveva detto.
“Non abbiamo i fiori gemelli sul petto”, per la
prima volta, ad alta voce, lo
aveva detto. Annabeth non era la sua anima gemella scelta dal destino,
però
rimaneva la donna che amava.
Tutta l’attrattiva, tutto il magnetismo, che provava per
Calypso non erano che
polvere in confronto.
“Per lo amo” aveva sottolineato.
Calypso aveva sorriso, abbassando la sciarpa, mostrando un viso
sorridente, “Ne
sono contenta” aveva detto onesta,
“Perché ho qualcuno anche io” aveva
ammesso.
“Ho passato tutta la vita ad inseguire il destino e poi mi
sono innamorata di
un impiastro ambulante che rende la mia vita piena
di colori” aveva
rivelato.