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Autore: Misaki Starlyght    28/03/2020    1 recensioni
|| M e r t h u r || M o d e r n - F a n t a s y A U || W o l f U n i v e r s ||
Restiamo ancora in tema lupi (ho una fissa per questo meraviglioso animale🐺)
Ideata insieme a Merlin_Colin_Emrys
Merlin è un orfano, cresciuto tra famiglie adottive e orfanotrofi. Non sa nulla della sua famiglia e delle sue origini, e l'unica costante nella sua vita è un vivido sogno che lo tormenta ogni notte. Stesso posto. Stesso ragazzo. Stesse parole: "Io ti troverò!" Non sa nulla di lui, finché una notte il misterioso ragazzo compare a casa sua. Il loro incontro scatenerà qualcosa che Merlin mai avrebbe creduto possibile, scoprendo verità sul suo passato e su sé stesso.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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La sveglia delle sette e mezza suonò, ma io sono già sveglio da almeno un’ora. Non ho alcuna voglia di alzarmi. Vorrebbe dire scendere e andare da…Arthur, il ragazzo-lupo, nudo e ferito che ho nascosto nella cantina della mia madre adottiva. Detta così, sembra il titolo di un Harmony scadente degli anni ottanta. Continuo a ripensare alla conversazione surreale che abbiamo avuto. Il modo in cui mi guardava.

Che cosa dovrei fare?

Una parte di me, vorrebbe davvero credere alle sue parole. Ed è comprensibile. Quale orfano non vorrebbe sapere da dove viene. Sfiderei chiunque a non mettere in dubbio l’idea di seguire un estraneo che afferma di conoscere le tue origini. Quando per tutta la tua vita è stata l’unica cosa che hai sempre desiderato. È come indicare ad un assetato che non beve da giorni, la pozza d’acqua più vicina. Ti ci fionderesti subito senza pensarci, anche se fosse l’ultima cosa che faresti nella tua vita. Il problema è che qui non si parla di una semplice pozza d’acqua. Ma di un vero castello volante uscito delle favole.

Umani che diventano lupi…

Mi alzo e dopo essermi lavato e cambiato, scendo in cucina. Sherlyl e Charles sono già al tavolo per la colazione. -Buon giorno, campione.- mi dice Charles mentre sfoglia il suo giornale mattutino. -Buon giorno.- -Cheryl mi ha detto che hai fatto un tour notturno della casa sta notte.- mi dice mentre sfoglia un'altra pagina. -Avevo solo sete.- rispondo prendendo una pancake e mettendomelo nel piatto. -Solo sete eh?- continua sta volta guardando Cheryl di sbieco -Che c’è?- Altra sfogliata. -Volevo solo essere sicura che fosse tutto a posto. Ecco tutto.- risponde bevendo un sorso di aranciata. -Non badare a tua madre, Merlin. Lo sai che a volte esagera un po’.- mi dice schiacciandomi un occhiolino. -Non è vero.- -Ah no? Ma se una volta sono finito in ospedale per un’appendicite e tu hai avuto paura che morissi.- -Non è vero! Ero solo molto preoccupata.- si giustificò lei. Charles mi guardò di nuovo ridacchiando e io sorrisi con lui. -Molto divertente!- Concluse lei fintamente arrabbiata. È un sollievo sapere che non si siano accorti di nulla. E mi domando se non se ne sia andato. -Comunque, sta mattina io e tuo padre abbiamo delle commissioni da fare. Ti serve qualcosa?- -No, ti ringrazio. Sono a posto.- rispondo prendendo altri Pancake. -Qualcuno a fame vedo, sta mattina. -Mi dice scompigliandomi i capelli. -Allora noi andiamo. Torneremo verso l’ora di pranzo, ok?- -Va bene a dopo.-

Aspetto che siano usciti con la macchina dal vialetto e preso il piatto e il bicchiere di aranciata, mi dirigo alla porta della cantina. Non potevo più aspettare. Con il gomito apro la porta e scendo le scale, mentre il cuore mi batte a mille nel petto. L’idea di rivederlo mi innervosisce. Raggiungo il giaciglio ma lui non c’è.

Che se ne sia andato davvero?

-Arhtur?- lo chiamo per esserne sicuro. -Sono qui.- mi risponde lui sbucando da uno scaffale pieno di scatole, con una delle coperte annodate ala vita. Un grande sollievo per me, anche se questa gli lasciva comunque l’ampio e muscoloso petto scoperto. Per qualche motivo il suo corpo mi mette in soggezione. Non ne capisco il motivo, visto che nei centri sociali ero abituato a condividere gli spazi con altri ragazzi. -È incredibile la roba che gli umani sprecano e buttano via.- Mi dice con un velo di disgusto nello sguardo, riferendosi alle scatole piene di roba ammucchiate per la stanza. -Lo dici che se non fossi uno di loro.- rispondo confuso posando la colazione su uno scaffale. -Infatti è così. E nemmeno tu. Finirai per contaminarti a furia di stare con loro.- -Wow, ti sei alzato con la luna storta sta mattina?- gli dico sulla difensiva. -Scusami. Non volevo….è solo che…non mi piace dormire negli spazi chiusi. Mi innervosiscono.- -Capisco…- rispondo tormentandomi le mani, non sapendo bene come comportarmi con lui.

Si siede sul giaciglio e io gli porgo il piatto e il bicchiere -Ti ho portato la colazione.- -Ti ringrazio.- mi dice mentre mi siedo per terra davanti a lui. -Che cosa sono?- mi chiede confuso. -Aranciata e pancake. Non dirmi che non gli hai mai mangiati?- -Veramente no.- mi risponde annusando il cibo poco convinto. -E cosa ti cucinavano i tuoi quando eri piccolo?- -Lepri, topi di campagna, se eravamo fortunati con la caccia anche i cervi. Carne insomma.- -Topi di campagna?- gli chiedo leggermente disgustato all’idea di addentare la carne di un topo sudicio e puzzolente. -Si. Sono molto gustosi.- -Oook.- -Dovresti assaggiarlo.- -Mi fido sulla parola.- gli dico mentre addenta un pancake poco convinto ma affamato.

-Sheryl e Charles sono usciti, quindi siamo liberi fino all’ora di pranzo.- -Stai con loro da soli tre mesi e già si definiscono i tuoi genitori. Non ti pare un po’ azzardato.- -Come fai a saperlo? Hai origliato la nostra conversazione?- gli chiedo scioccato. -Non ho proprio origliato, è solo che ho un udito molto sviluppato.- -Beh…usa il tuo super udito da qualche altra parte!- improvvisamente mi sentii invadere il mio spazio vitale. -Aspetta un momento. Come fai a sapere che sto con loro da tre mesi? Che fai oltre ad origliare le conversazioni altrui spii anche la gente?- -Non la gente. Solo tu.- Mi dice ingoiando l’ultimo pezzo di pancake, come se fosse tutto normale.

-Quindi confermi di avermi spiato.- -Spiato è una brutta parola. Io direi più osservare da lontano senza interferire con la tua vita privata.- -Quello si chiama spiare! Se avessi saputo che eri uno stalker malato di nudo non ti avrei fatto entrare.- -Non sono uno stalker.- Ribatte lui, bevendo un sorso di aranciata dal bicchiere. -Ho solo fatto quello che potevo per trovarti. E poi non sono un malato di nudo o quello che è…semplicemente non posso trasformarmi con i vestiti addosso.- -Oh…beh…non lo avevo considerato.- rispondo imbarazzato.

-E comunque ci sono mezzi più attuali e meno inquietanti per cercare la gente.- -Ad esempio?- -Fai sul serio?- Lui mi guarda stranito e solleva le spalle come se non sapesse di cosa stessi parlando. -investigatori privati.- Lo guardo sperando che capisca ma nulla. -Non ho idea di che cosa siano.- -Ma da dove diavolo vieni? Dalla giungla? E non rispondere “dallo stesso posto dove provieni tu” perché se no, giuro che ti tiro un pugno.- Lui si mette a ridere. È la prima volta che la sento. È bella, calda e mi fa pensare a campi di grano cullati dal sole.

-Prometto che ti dirò tutto.- mi guarda di nuovo negli occhi, perforandomi. -Ma non qui, vero?- -No, non è sicuro.- -Perché?- insisto io. -È complicato.- mi risponde con un velo di tristezza negli occhi. -Quindi l’unico modo per sapere qualcosa è venire con te. Esatto?- -Sì.- -Grandioso.- rispondo frustrato, mettendomi le mani nei capelli. -Mi dispiace. Vorrei davvero poterlo fare ma…- -Non puoi. Ho capito.- Mi stropiccio gli occhi con le mani e poi lo guardo indeciso su cosa io debba fare. Il suo sguardo è un misto di speranza e preoccupazione. -Supponiamo che io decida di venire con te. Girerei con un lupo al fianco o con un ragazzone semi nudo per le strade?- -Con me umano, con dei vestiti ovviamente. So indossare i vestiti sai?- mi risponde divertito. -Volevo solo constatare.- ammetto io.

-E dove andremmo?- -A Casa. Dalla tua vera famiglia. La nostra famiglia.- -Quindi…cosa siamo io e te? Parenti, tipo cugini di terzo grado e anche io posso trasformarmi in un lupo?- -No, non siamo parenti.- mi dice con sollievo. Come se l’idea di esserlo non lo allettasse per niente. Non so se prenderla bene o male. -E non ti trasformerai in un lupo. È più complicato di così.- -Ovviamente. Sarebbe troppo facile.- rispondo sarcastico. -Quindi ci sono altri come noi?- -Sì.- La voglia di sapere, stava iniziando ad attanagliarmi lo stomaco. -E loro mi rivogliono?- -Certo che ti rivogliamo! Non sarei qui se non fosse così.- - Ok…è solo che quando vieni abbandonato, l’unica cosa a cui pensi e che l’abbiano fatto perché i tuoi non ti volevano.- -Non lo hanno fatto per questo. Loro ti volevano è solo che…- -Solo che?- gli chiesi impaziente di sapere la risposta. -Eri in pericolo. Abbandonarti era l’ultima cosa che avrebbero voluto fare ma, non hanno avuto scelta.- -Quindi loro mi volevano?- Gli chiedo conferma di nuovo, mentre una lacrima calda mi scende sulla guancia. -Si. Ti amavano con tutto il cuore.-

Mi volevano…

Fu un sollievo terrificante sentirglielo dire. Pochi orfani nella vita possono dire di aver ricevuto un regalo simile. Mi perdo per un momento nei miei pensieri e non mi accorgo di Arthur che si sporge verso di me. Non faccio in tempo a spostarmi che con la mano mi sfiora la guancia, asciugandomi la lacrima con il pollice. È calda, ruvida e accogliente. Subito però, mi scosto imbarazzato rialzandomi da terra. -E sono ancora vivi?- gli chiedo riprendendo il discorso. -No, purtroppo. Fu una grave perdita, per tutti noi.- -Capisco.-

A quanto pare sperare di rivederli era troppo…

-Un ultima cosa.- -Dimmi.- -Se vengo con te…sarà per sempre? Insomma…dovrò lasciare questa casa, Sheryl e Charles. La scuola. Il mio lavoro part-time. Tutto?- -Sì.- -Lo immaginavo.- sospiro combattuto. -Dubito che vorresti ritornate alla tua vita di prima, dopo quello che scopriresti.- Lo guardo senza sapere se la sua risposta sia una buona o cattiva cosa.

Avevo l’opportunità di sapere la verità. Di tornare a Casa, come diceva lui. Pochi di noi hanno la possibilità di farlo. Quante notti in bianco da piccolo, avevo passato sperando che qualcuno venisse a prendermi. Troppe per contarle. Dall’altra parte invece c’erano Sheryl e Charles. I migliori genitori adottivi su nove tentativi andati male o peggio. Non erano i miei veri genitori ma, erano stati buoni con me. Mi avevano accolto in casa loro. Mi avevano aiutato a rimettermi in sesto, con la scuola e con il lavoro part-time. Con loro ero quasi un ragazzo normale.

Normale…

-Credi davvero che questa normalità ti basterà per tutta la vita?- mi chiede, alzandosi anche lui da terra, come se leggesse di nuovo i miei pensieri. -Che vuoi dire?- -Pensa ad un posto. Un posto dove vorresti vivere per sempre. Che anche il solo pensarlo ti rende felice. Ti fa sentire a casa. Al sicuro. Se pensi ad un posto del genere, quale sarebbe?- ci penso su un attimo e mi viene in mente un solo posto. -Il parco. Nella zona più selvaggia, destinata alla ripopolazione della flora e della fauna. Dove ci siamo incontrati la prima volta.- -Lo vedi?- mi si fa più vicino, e sento il suo respiro caldo sulla pelle. -La natura ti chiama e tu sei attratto da essa, perché è quello il tuo posto. Ovunque ci sia un luogo naturale e selvaggio, ci sentiamo a casa. Questo siamo noi, esseri liberi, in perfetta comunione con la natura.- i suoi occhi si fissano nei miei. Riesco quasi a vedere con la mente quello che mi dice. Luoghi meravigliosi e selvaggi. Foreste incontaminate.

La voglia di perdermi in quei luoghi mi pervade. -Sembra tutto così meraviglioso.- -Lo è. Vieni con me, Merlin. Torniamo a casa.- Mi chiede porgendomi la mano. Sono quasi tentato di prenderla. Di vedere quei posti con i miei occhi. -Ti prego.- mi dice con una punta di disperazione nella voce. Come se un mio possibile no, potesse ferirlo mortalmente. Resto per qualche secondo a fissare la sua mano, combattuto sul decidere di prenderla o meno.

Faccio un respiro profondo e riesamino tutta la nostra conversazione nella mente, come a valutare i pro e i contro, anche se questo era più un salto nel buio che una lista da spuntare. Lo guardo di nuovo negli occhi, mentre il cuore mi martella nel petto. -Ho deciso.- gli comunico prendendo la sua mano. -Torniamo a casa.-
  
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