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Autore: AdelaideMiacara    28/03/2020    1 recensioni
Questa storia è la dimostrazione che non sempre tutto va secondo i nostri piani, nonostante la precisione a regola d'arte, l'organizzazione, c'è sempre un 1% di probabilità che tutto vada in fumo, è la dimostrazione che giocare con il fuoco ci fa scottare. Ma questa storia è anche rivincita, crescita personale attraverso la comprensione delle sfumature: quando non sappiamo come cambiare una situazione, ciò che ci può aiutare è cambiare punto di vista.
Il nero costituisce l'assenza dei colori e definisce il punto di partenza della nostra storia, al momento inesistente, che prenderà forma durante la lettura con la nascita dei colori, per terminare con il bianco: l'unione di tutti.
Non ci resta che affrontare questo viaggio. E si prega di allacciare le cinture.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
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Sottolineo un'altra volta la stessa riga con l'evidenziatore rosa, cercando di fare attenzione a non includere parole che ritengo di troppo. Il dono della sintesi purtroppo non è tra le mie carte, anzi: sono ben nota per dilungarmi nei discorsi, anche quando scrivo testi, per questo spesso e volentieri rischio di andare fuori tema.

Volgo lo sguardo alla mia fotocopia ormai sommersa dalle strisce rosa storte che più che evidenziare una sintesi del contenuto non fanno altro che aumentare la mia confusione, mentre sento un principio di mal di testa farsi strada pian piano più prepotentemente.

«È tutto importante.» dico sbuffando verso la mia migliore amica, anche lei chinata sul suo cumulo di fogli con la testa tra le mani. «è inutile continuare ad evidenziare, non posso fare il riassunto del riassunto.» sentenzio infine, sfilando il foglio di Chiara da sotto la sua cascata di capelli e mi alzo finalmente dal grande tavolo di legno dell'Aula Magna. A meno di due giorni dall’inizio del progetto possiamo considerare il nostro piano di studio last minute più che fallito, ma d’altronde chi ci conosce sa che non siamo noi se non ci riduciamo agli sgoccioli per prepararci.

I muscoli indolenziti mi fanno accusare le ultime tre ore passate riversata su questi testi senza nemmeno prendere una pausa, perciò quale migliore scusa per fare una passeggiata? È il caso di rifare le fotocopie, penso tra me, sarà meglio avviarsi verso la copisteria. Mentre lascio la mia amica accasciata sulla grande scrivania, camminando lentamente per il corridoio che porta alle segreterie mi accorgo di essere l'unica persona a circolare tranquillamente, come se non ci fossero le lezioni. Ma in verità ho il mio alibi: quest'anno la Goldsmiths University di Londra ha lanciato un progetto in ambito culturale che coinvolge i migliori atenei della città, che hanno selezionato gruppi molto ristretti di studenti per ogni facoltà. Il progetto è all'apparenza semplice ma nasconde una complessità niente male: ad ogni università viene assegnato un monumento, luogo di cultura della città e gli studenti dovranno improvvisarsi guide turistiche, ognuno ben dotato del materiale adeguato a un tale impegno. Non a caso, io e Chiara rientriamo nel fortunato gruppo di colleghi della Goldsmiths! Un po' per i talenti nei rispettivi ambiti, ma specialmente per la nostra abilità maggiore: riuscire a guadagnarci la stima e l'amicizia di professori e soprattutto collaboratori scolastici. Infatti se tra i professori vantiamo l'occhio buono da parte di due/tre di loro, in questi tre anni abbiamo riscosso una gran fama tra il personale delle segreterie, biblioteche e tutti gli altri organi solitamente dimenticati dell'università grazie al nostro carattere e il nostro modo di fare.

Sono più quelli che ci odiano rispetto a quelli che ci amano, ma questo in verità è grazie quell’idiota di mio fratello e dei suoi amici.

Persa tra i miei pensieri, mi ritrovo davanti la copisteria e chiedo del signor Shoe, quel povero vecchio costretto a subire le nostre costanti pressioni e indicibili richieste ma che puntualmente scatta per accontentarci.

«È mai possibile che sei sempre qui?!» domanda esasperato, più a se stesso che a me, alzando le braccia verso il cielo. Dimenticavo forse di dire che negli ultimi tempi abbiamo notato segnali di cedimento mentale sia nel signor Shoe ché nella signora Mary, la sua complice, come la chiamiamo noi. Tutto ciò ovviamente per colpa nostra, per questo il "povero" tecnico ha smesso di riservarci privilegi e inizia ad inacidirsi. E fa anche bene.

«Signor Shoe, ho bisogno di fare delle fotocopie... la prego! È per The ArtCity!» replico, con le mani congiunte per simulare una preghiera. Ho già detto che il nome del progetto è The ArtCity? Nota: a tratti dimentico di dire cose importanti. Da qualche anno a questa parte, l’intero corpo docenti della Goldsmiths escogita nuovi progetti e iniziative per motivare gli studenti a partecipare attivamente alla vita del campus, regalandoci qualche credito che, sommati agli altri acquisiti grazie agli esami, potrebbe permetterci di vincere una borsa di studio. È ovvio e sottointeso che, in tre anni di università e salti mortali per partecipare a questi progetti, una borsa di studio io non l’ho vista nemmeno da lontano. La sola partecipazione al progetto prevede due crediti formativi di base; in più maggiori saranno le recensioni che i turisti lasceranno presso degli appositi tablet in ogni stand davanti i vari siti, maggiore sarà il numero di crediti che verrà attribuito ad ogni gruppo.

Il signor Shoe, come ogni anziano che conosco, inizia a farmi la paternale sull'importanza di preservare il toner della stampante, e la carta non si spreca, e anche gli altri studenti devono poter stampare, e devo iniziare a farmi pagare, e così via. Tutto regolare finché non sbuca un pischello dalle mie spalle che cerca di intromettersi nella conversazione per attirare l'attenzione di Shoe e, non l'avesse mai fatto, accidentalmente pesta la punta del mio piede sinistro giusto con tutto il suo carico corporeo. Mi sembra un ottimo pretesto per esagerare e lamentarmi proprio come piace a me.

«Sta' attento! Perché non guardi dove metti i piedi, pischello?» sbraito contro quest'ultimo, cercando di ignorare Shoe che se la ride sotto i baffi. Ulteriore dimenticanza: bisogna sapere, per conoscermi, che a quanto pare il mondo ce l'ha con me e fa di tutto per farmi innervosire. Il tipo borbotta qualcosa ma non gli do minimamente ascolto mentre tento di convincere il mio vecchio a farmi un’ultima fotocopia.

«Sono finiti i fogli Sam, niente da fare. Torna a lezione.» conclude in maniera sbrigativa, facendomi sengo con la mano di andare via. Ma proprio quando sto per gettare la spugna e lasciare la stanza, sento sussurrare: «Signor Shoe, a dire la verità io dovrei stampare un file, non è che per caso...?».

Per tutta risposta, il vecchio lo guarda sorridendo e si avvia immediatamente verso la scrivania, afferrando dalle mani del ragazzo la pendrive con il suo file da stampare. E allora parliamoci chiaro, volete farmi diventare nera! Come un fiammifero appena acceso faccio dietrofront scagliandomi verso la scrivania dove si è appena adagiato Shoe, mentre smanetta con il computer.

«Tu, ingrato! Ti ho accudito per tre anni, caffè ogni mattina, mi ripaghi in questo modo?» lo accuso, lanciando anche occhiate fulminanti verso quell'altro prepotente che fa finta di niente, lo sguardo in aria.

«Andiamo Davis, sono finiti i fogli, hai visto? Non posso più stampare niente. È uscito solo l’ultimo foglio, quello del ragazzo.» risponde il tecnico sorridendo, quasi contento del dispetto che mi sta facendo, e alimentando ancora di più i miei nervi.

Prima di uscire dalla stanza mando un’occhiata di rancore a entrambi, notando che anche il ragazzo se la ride sotto i baffi, il ché mi fa imbestialire ancora di più. Come se non fosse già abbastanza stressante fare le corse per recuperare il lavoro arretrato per il progetto, allo stesso tempo stare al passo con le materie e non solo, anche mandare avanti un gruppo di giornalismo! Non per vantarmi, ma il mio ruolo in questa situazione è abbastanza centrale: frequentando il corso di Giornalismo ed essendo a capo della redazione del terzo anno, la maggior parte dellle decisioni ricade proprio su questa testolina già di per sé provata.

Tornando sconfitta in aula magno ritrovo pressoché la stessa situazione che ho lasciato poco prima, se non che Chiara ha trovato da qualche parte la forza di ripetere la prima parte del suo pezzo. Il nostro gruppo per il progetto, come in generale nella vita, è formato da noi due più mio fratello Harry e i suoi amici Lucas e Cooper, che ormai sono entrati a far parte dei nostri cuori. In questa occasione, questo gruppo di svitati casinisti (me compresa) saranno le guide turistiche niente di meno che del Marble Arch!

Chiara frequenta il corso di Teatro, del quale tra l’altro è ai comandi, e tra un copione e l’altro non ha trovato il tempo per prepararsi come si deve, perciò ogni giorno boicotta le lezioni per studiare e ripetere fino allo sfinimento, lasciando anche momentaneamente le redini del suo gruppo a un’altra collega.

Non possiamo dire la stessa cosa per la restante parte del gruppo di lavoro, che sono riusciti sia a coinciliare lo studio delle proprie materie con il progetto.

Poi ci sono io che faccio tutto e non concludo nulla, iscrivendomi a cento iniziative diverse e abbandonandole quasi tutte, gestisco il gruppo di Giornalismo con il quale stiamo stendendo un articolo su The ArtCity e nel frattempo sono indietro con lo studio proprio per questo! Insomma la persona più confusa che esista alla Goldsmiths ma che si trova sempre in mezzo alle situazioni, ma soprattutto in mezzo ai casini.

«Quell'idiota di Shoe non mi ha fatto le fotocopie.» annuncio entrando dentro la grande aula vuota, se non fosse per quell'unica persona minuta nel fondo, ancora accasciata sulla grande scrivania in legno.

«Sam, ti prego, facciamo una pausa!» mi implora Chiara con gli occhi scavati e le occhiaie causate dalla perdita di sonno. Annuisco mentre sto già mettendo via i miei libri e il resto delle mie cose nella borsa, non vedo l’ora di tornare a casa e stare comoda nella mia stanza a pensare a quanto sia indietro con lo studio.

 

Passeggiando tra i viali del campus, passiamo in rassegna le varie villette che sono le nostre residenze, ognuna contrassegnata da un grande numero dipinto in nero sulla facciata anteriore, fin quando non arriviamo davanti la Quinta, ovvero casa nostra.

Qui troviamo subito un casino generato da mio fratello e gli altri nostri coinquilini, Lucas e Cooper, che raramente ormai vedo frequentare le lezioni perché essendo al sesto anno si stanno concentrando sulla stesura della tesi. O almeno, questo è quello che dicono di fare, perché noi che ci viviamo possiamo assicurare che non fanno altro che rompere le scatole dalla mattina alla sera, facendo casino e lasciando spazzatura in giro per casa. Insomma, i coinquilini perfetti, e inserisco anche mio fratello Harry in questa categoria.

Nonostante i loro numerosissimi difetti e nonostante io li abbia minacciati più volte di farli sbattere fuori dalla casa, la verità è che non li cambierei mai con nessuno: oltre ad essere una garanzia di divertimento, sono anche degli ottimi amici e dei bravi ragazzi, ma soprattutto dei compagni di avventure e guai. Più guai, che avventure.

Racconto loro l’inconveniente con il signor Shoe, ottenendo come risposta solo un “anche io vorrei incontrare una bella ragazza in segreteria ogni tanto” da parte di mio fratello.

«Scusa, Harry, e quando ho detto che era un bel ragazzo? Effettivamente non l’ho nemmeno guardato in faccia, tanto ero arrabbiata.» preciso, mentre tornano i nervi tesi pensando alla scena. A tal proposito, non ho ancora la mia nuova fotocopia. Non mi resta che prendermi di coraggio, sconfiggere la pigrizia, attraversare il campus e andare alla tipografia che sta dalla parte opposta della strada rispetto al nostro cancello d’entrata. Il solo pensiero mi sfinisce, ma il dovere chiama. Raccolgo le mie ultime forze e la mia borsa, e insieme alla mia fidata pendrive mi incammino verso la tipografia.

Questi tre anni che ho trascorso alla Goldsmiths sono stati in assoluto i migliori finora, questo college è diventato la mia vera casa e i miei amici sono la mia famiglia. Camminando nel parchetto tra le vie, mi rendo conto di conoscere alla perfezione quasi ogni angolo di questo posto, il ché mi dà una certa sicurezza sia mentale ché di attitudine nei confronti degli altri.

Spesso, per l’appunto, mi si rimprovera di essere troppo presuntuosa e arrogante, specialmente nel mio modo di pormi con i docenti; la verità è che io non ho mai accettato gli abusi di potere da parte degli insegnati e mai da nessuno i piedi in testa, e questo è il motivo principale per cui finisco nei casini. Un motivo secondario, ma non per questo meno importante, è semplicemente il divertimento di trasgredire le regole, ma soprattutto farlo con i miei amici.

Arrivo davanti la tipografia immersa tra i pensieri: la piccola fila di persone davanti mi rincuora perché pensavo di trovare molta più confusione a quest'ora! Se tutto va bene in pochi minuti posso ottenere l'ennesima fotocopia e tornare verso casa per dedicarmi a un altro pomeriggio di studio matto e disperato. Promemoria per il futuro: imparare ad organizzare il materiale e ottimizzare i tempi.

   
 
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