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Autore: elfin emrys    29/03/2020    3 recensioni
{post5x13, sorta di postApocalisse, Merthur, 121/121 + epilogo}
Dal capitolo 85:
Gli sarebbe piaciuto come l’aveva pensato secoli prima, quando era morto fra le braccia del suo amico, non ancora consapevole che sarebbe tornato, con Merlin, sempre, sempre con lui.
In fondo, non aveva mai desiderato null’altro.
Genere: Avventura, Fantasy, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Merlino, Nuovo personaggio, Principe Artù | Coppie: Gwen/Artù, Merlino/Artù
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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I Niall – Capitolo 6

 
Durante la notte, si udivano degli ululati vibrare nell’aria fredda, ovattati dalla nebbia. Qualcuno diceva anche di aver sentito dei ringhi, il rumore sordo di zampe sul terreno, ma nessuno aveva visto nulla. Solo gli uomini ai due nuovi anteposti che re Arthur aveva fatto costruire ai margini della foresta il mese prima potevano affermare con la certezza che i loro occhi potevano dare che delle grosse bestie stavano vagando nel territorio. I Lamont non sembravano aver paura e ne parlavano come se non fosse nulla, ma non appena il sole iniziava a tramontare tutti rientravano dentro casa e le porte venivano sbarrate, le finestre tappate.
Ancora nessun funerale era stato celebrato da quella tribù, non ancora, ma per Merlin era qualcosa di inevitabile. Era andato fino al confine della foresta per tentare di vederli, per percepirli e, alla fine, eccolo là, quel senso di freddo, di gelo immobile, di… La bocca violacea e screpolata di Arthur gli apparve alla mente, i suoi muscoli bloccati, i suoi occhi chiusi e Merlin non trovò altre parole per descriverlo.
La morte stava camminando fra quegli alberi.
E avrebbero dovuto resistere ancora prima che venisse fermata.
 
Elisa si strinse più forte nel pesante scialle e girò l’angolo del muretto. Borbottò, divertita.
-Sei qui. Che nascondiglio insospettabile.
Frederick alzò lo sguardo e sorrise un poco, battendo una mano sul dorso dell’altra, poggiata contro il proprio ginocchio. Il ragazzo sospirò e alzò le spalle.
-Dovevo riflettere.
Elisa sorrise e si mise accanto a lui, stringendosi tanto da sentirne il calore corporeo, ed egli alzò un braccio, avvolgendole le spalle. La fanciulla si chinò, finché il suo viso non toccò il petto dell’altro.
-Alla fine la rissa? Non sono stata presente alla discussione di fronte al capo, ero a lavoro.
Frederick quasi grugnì.
-Bah, non è successo nulla; è venuto il fratello di uno dei due a testimoniare il fatto che nessuno aveva approfittato di lui, che c’era stato un avvenimento spiacevole, visto che lui aveva sviluppato dei sentimenti e l'altro no, ma che i patti fra loro erano stati chiari fin dal principio e che non aveva alcuna intenzione di accusare nessuno di niente.
-Quindi il tipo ha preso un granchio?
-Non proprio, ma ha iniziato una rissa e portato al pubblico qualcosa che, invece, doveva rimanere privato. Se voleva mettere in imbarazzo il fratello, ha fatto un ottimo lavoro.
Elisa si morse il labbro e commentò.
-Per addirittura iniziare uno scontro fisico con qualcun altro… Doveva essere molto convinto.
-Sì, la cosa gli è venuta in mente, a quanto pare, parlandone con un amico.
-E questo amico sarebbe?
Frederick fece una risatina sarcastica.
-Indovina.
La ragazza aggrottò le sopracciglia.
-Che ne posso sapere!
-Guarda quanto sono turbato e scocciato dalla cosa e trai le tue conclusioni.
Elisa rimase in silenzio un secondo, poi sbuffò, alzando gli occhi al cielo.
-Non dirmi che è stato Callum…
-Ottima intuizione.
La fanciulla fece un verso di disapprovazione.
-Perché questo ragazzo c’entra sempre in tutti i problemi di questa città? Ma non si dà un attimo di pace? Pensi l’abbia fatto apposta?
-Sono sicuro che l’abbia fatto apposta.
-E perché mai?
Frederick alzò le spalle.
-La mia prima ipotesi è che pensa che uno dei due gli abbia fatto uno sgarbo e lui ha semplicemente usato la cosa per dare problemi e vendicarsi nel suo modo contorto.
-Che può "pensare" che qualcuno lo abbia offeso? O l'ha fatto o non l'ha fatto.
-Non è così facile. Per esempio, l’uomo più vecchio, quello che ha iniziato la rissa, no? È il proprietario del più grande pollaio della città. Potrebbe essere che un giorno si è trovato con uova in più, abbia deciso di darle ai vicini e, visto che Callum abita da solo, gliene avrà date di meno degli altri e lui se l’è presa.
Elisa rise.
-Mi sembra un po’ esagerato. Non è così matto.
-Tu dici?
Frederick strinse le labbra e continuò.
-Callum è fatto così. È sempre stato convinto che il mondo gli dovesse qualcosa, che ogni volta che qualcuno gli andava contro era per quello che era e non per quello che aveva fatto. Si convince di lottare per la propria esistenza, ma è solo una scusa: vuole solo riprendersi con la forza qualcosa che pensa gli sia stato tolto e che, invece, gli è sempre stato dato spontaneamente. Non è in grado di comprendere la realtà dei fatti, basta sentirlo parlare a ruota libera per pochi minuti per capire che ha una visione del mondo totalmente distorta.
Si lasciò sfuggire una sorta di gemito deluso e compassionevole.
-È tutto suo padre.
Frederick guardò a terra e scosse la testa, grattandosi una guancia con imbarazzo e sperando che Elisa non continuasse il discorso: aveva parlato fin troppo di quello che pensava e non era neanche sicuro di star dicendo qualcosa che aveva senso o qualcosa che era reale. In fondo, aveva imparato con Grant che doveva pensarci almeno sette volte prima di dare qualcosa per vero.
La fanciulla rimase in silenzio per un po’, non sapendo cosa dire, né come rispondere. Sapeva che Frederick aveva avuto un rapporto particolare con il loro scorso capo e, sebbene Elisa non riuscisse a comprendere i sentimenti del ragazzo al riguardo, sapeva che per lui era qualcosa di importante. La ribellione contro Grant, la sua uccisione, erano state motivate dalla rabbia, dal desiderio di sicurezza e libertà, ed era stato così per tutti, ma, a volte, le pareva che la ragione di Frederick fosse stata la semplice arrendevolezza, il sapere che non poteva succedere altrimenti. Lui parlava spesso di quell’uomo come qualcuno di cui avere pietà più che disgusto ed Elisa non era certa di voler sapere il perché: con tutta probabilità, non l’avrebbe compreso.
La ragazza sospirò, cercando qualcosa per cui valesse la pena rompere il silenzio, e alla fine domandò.
-Bene, questa era la tua prima ipotesi. La seconda?
Frederick rimase quasi sorpreso della domanda, poi fece spallucce.
-Che questa litigata gli serviva a qualcos’altro.
-In che senso?
-Nel senso che li ha fatti discutere per ottenere qualcosa da qualcun altro.
Elisa ridacchiò.
-Un piano per conquistare il villaggio, immagino.
-E che ne so, per quello che ne sappiamo potrebbe.
-Non ce lo vedi? A passare tutte le notti riflettendo su come rovesciare Arthur, neutralizzare Merlin e prendere finalmente l’agognato potere.
Frederick alzò le mani, ma la sua voce era più divertita che seria.
-Io me lo aspetterei.
La ragazza rise, coprendosi la faccia con una mano.
 
Arthur terminò di caricare i bagagli su Call e fece cenno a Edward ed Edith di avvicinarsi.
-Starò via solo fino a dopodomani sera. Non dovrebbe accadere nulla, ma tenete d’occhio il popolo e il resto del Consiglio.
L’uomo annuì e il re gli strinse la mano sulla spalla per poi rivolgersi verso la donna, la quale lo fissava malinconicamente. Edith gli accarezzò un braccio.
-Fai buon viaggio e non fare cose sconsiderate.
Arthur alzò un sopracciglio.
-Ne ho mai fatte?
Lei sbuffò e scosse la testa.
-Harry ormai sta sempre dai Lamont, Evan è agli anteposti, Merlin è via e ora anche te vai per qualche giorno. Sono in ansia per tutti voi.
Il biondo le sorrise incoraggiante, consolandola mormorando che non c’era alcun bisogno di preoccuparsi; salì su Call, lasciandosi indietro i suoi due amici, e iniziò, lentamente, a uscire dal villaggio.
Arrivare dai Niall non era complesso, ma Edith aveva evidentemente capito in qualche modo che Arthur non era contento di andare da solo: avrebbe preferito essere accompagnato almeno da una guardia, come Frederick, magari, che aveva bisogno di uscire un attimo dalla città, tuttavia non aveva potuto, ritenendo più opportuno lasciare indietro tutte le possibili difese, anche la più minima. Non era la prima volta che Arthur si allontanava dal proprio territorio e non era neanche la prima volta che il villaggio che era stato dei Grant veniva lasciato senza capo e senza sciamano, ma, con le notizie preoccupanti che arrivavano dai Lamont, il biondo si sentiva poco tranquillo.
Man mano che il re proseguiva nella foresta, si rendeva conto di quanto fosse strano non avere Merlin con sé. Da quando il moro era divenuto suo servitore, l’aveva sempre seguito ovunque, come un’ombra perenne e benevola, e più erano passati gli anni e più Arthur aveva trovato difficile staccarsi da lui, non averlo al proprio fianco anche nei momenti più sereni.
Il re si sfiorò quasi senza pensarci il pendente che aveva al collo e che Merlin gli aveva regalato.
Quel monile, all’apparenza tanto semplice e ingenuo, aveva già salvato Arthur una volta, impedendogli di rimanere avvelenato da Delilah, e il pensiero che il suo mago l’avesse creato per lui, che il crine di un prezioso unicorno era incastonato in quel manufatto, lo rendeva ancora più inestimabile.
Il re si chiese se pure Merlin, in quel momento, desiderasse avere con sé la giacca che gli era stata donata. Faceva ormai troppo freddo per indossarla, ma per Arthur era importante anche solo il fatto di aver pensato di regalargliela e sperava che anche il moro cogliesse il valore di quell’indumento, al di là di quello puramente commerciale.
Arthur si guardò intorno, assicurandosi di star seguendo la strada corretta e mandò avanti Call.
Improvvisamente sbarrò gli occhi e trattenne il respiro. Ma Edith non gli aveva parlato di regali due giorni prima?
Il biondo trattenne una volgarità e si mise una mano sulle labbra. Non avevano neanche finito di consegnare il dono per il nuovo re Niall che ecco ne dovevano preparare altri.
Arthur non era mai, mai stato bravo in quel genere di cose e si sentiva in profondo imbarazzo ogni volta. Era difficile per lui decidere che genere di dono offrire, a meno che non fosse per motivi diplomatici; a volte, pensava che lui aveva sempre avuto tutto ed era per quello che non riusciva a riflettere neanche su cosa avrebbe desiderato lui stesso. Merlin, invece, era sempre stato bravo in quel campo e, soprattutto ora che non erano più servo e padrone, né due semplici amici, Arthur si sentiva doppiamente schiacciato, anche perché non aveva idea di cosa organizzare. Se per Edith, Edward, Frederick e il resto del Consiglio sia degli ex Grant che gli ex Lamont, per Jacob, per gli altri re, lui e il mago avrebbero deciso comodamente insieme, il biondo era perfettamente consapevole che non avrebbe potuto discutere con Merlin del suo regalo. Forse era addirittura un po’ presto per pensarci – in fondo mancava poco più di un mese alla festività, no? Ma… Contando bene i giorni… Mancava un mese esatto? Solo?! – ma tanto era l’imbarazzo che ad Arthur pareva un’incombenza immediata e urgente.
Cosa avrebbe potuto fare, dunque?
Anche se di certo ne sapeva più di un tempo, non conosceva sostanzialmente nulla della magia.
Un indumento era da escludere, visto che gliel’aveva già regalato e sarebbe parso davvero poco sentito.
Un’arma, non se ne parlava, Merlin non aveva mai apprezzato oggetti di quel genere e, in ogni caso, non gli sarebbe servita a nulla.
Un giorno libero! Ah, no, sebbene fosse vero che era sostanzialmente ancora il suo re, non erano più in rapporti tali da poter considerare “un giorno libero” un dono generoso.
Arthur si riscosse dai propri – spiacevoli – pensieri quando iniziò a notare qualcosa di curioso fra gli alberi. Assottigliò lo sguardo e portò la mano alla spada, per poi sospirare quando vide solo una donna. Dagli abiti, era evidentemente una Niall e, poco dietro di lei, quasi invisibile a un occhio distratto, vi era la porta della città. Un uomo stava accendendo delle lanterne e il cielo si era fatto buio.
Arthur giunse fino alla donna e le fece cenno di saluto, fermandosi abbastanza lontano da far capire di non essere un pericolo.
-Sono re Arthur e sono venuto per rendere omaggio al vostro nuovo sovrano.
La guardia inclinò il capo, poi chiamò l’uomo poco lontano, che giunse con una lanterna, illuminando il volto di Arthur. La donna lo studiò attentamente e, convinta, lo lasciò passare.
Quando il biondo entrò nella mura di cinta, all’inizio tutto gli parve uguale a come l’aveva lasciato: le luci all’interno delle abitazioni splendevano debolmente dalle finestre e gli alti alberi adombravano la città, tanto che neppure la luna, se fosse brillata in cielo, avrebbe potuto illuminare le strade. La luce cupa del tramonto quasi terminato macchiava di grigio il legno delle costruzioni e da qualche camino saliva già, lento, del fumo.
Solo dopo diversi metri Arthur notò che qualcosa non andava; alcune porte erano coperte da un drappo nero e c’erano più edifici apparentemente abbandonati. Quando giunse nella piazza centrale, di fronte alla reggia, vi era di nuovo il palco che era stato messo per il funerale di Titus. Al centro, una salma più grande ne sovrastava altre dodici più piccole.
Il biondo strinse la mascella e il suo sguardo accarezzò tutti quei corpi, celati allo sguardo dalle fini lenzuola, uno per uno.
Un brivido gli percorse le ossa.
Scese da Call e, dopo pochi istanti, un uomo gli venne incontro. Era lo stesso che si era occupato dei destrieri la volta precedente e, quando vide Arthur in viso, i suoi occhi si ingrandirono in segno di riconoscimento. Si inchinò profusamente, chiamando un altro uomo, il quale fu inviato ad avvertire i sovrani.
Il biondo sospirò, scaricando dal proprio cavallo il dono che aveva portato per il nuovo re e attese all’entrata, finché un uomo e una donna non aprirono le porte, facendolo entrare.
La sala era totalmente vuota e molte delle candele non erano state accese. Arthur proseguì con calma lungo la navata, finché non giunse di fronte a Theodora. La regina aveva profonde occhiaie e guardava il proprio ospite come se non sapesse come trattarlo. Diane fece il proprio ingresso e si sedette sul proprio piccolo trono e Arthur tentò il possibile per non fissare quello ancora vuoto del re.
Theodora si morse il labbro prima di parlare.
-La regina Niall e la consorte Diane vi danno il benvenuto
Il biondo prese un profondo respiro.
-Onore alle donne e agli uomini di Niall. La strada fu al mio fianco, il vento alle mie spalle.
La donna annuì, sorridendo tristemente.
-Il sole splenderà caldo sul suo viso.
Il rumore di zampe che battevano il terreno distrasse Arthur. Un animale aveva fatto il proprio ingresso, ma il biondo non riusciva bene a distinguere quale fosse. Aveva il manto chiazzato e, dal muso, poteva sembrare un cane, se non fosse stato per le orecchie. Nella penombra si poteva notare a malapena il collare, ma fu un altro il dettaglio che impressionò il biondo: era coperta da bende in vari punti e le ferite erano evidentemente recenti. Arthur si schiarì la gola, cercando di distogliere lo sguardo dalla creatura tremante, che pure gli pareva stranamente familiare.
-Ho portato con me dei doni dal mio popolo per…
Il biondo gettò lo sguardo verso il trono vuoto e Theodora fece per parlare quando si udì il rumore di una porta chiusa e una voce maschile pronunciare un “Perdonatemi”. L’uomo entrò a grandi passi e si sedette sul trono più grande, chinò il capo.
-Lei deve essere il forte re Arthur.
L’uomo mosse piano la mano, grattando quasi con tristezza l’orecchio della bestia che gli si era seduta vicino e, in quel momento, il biondo la riconobbe: era una iena.
Il sovrano Niall continuò.
-Spero possiate scusare questa accoglienza – non ci fa certamente onore non presentarci agli ospiti – ma delle questioni urgenti riguardo gli ultimi avvenimenti mi hanno trattenuto.
Arthur lo guardò, non sapendo cosa rispondere. Fissava i lampi ramati dei suoi capelli, il suo viso che conosceva, i suoi abiti, la spada che aveva al fianco e il pugnale legato alla coscia, le pelli che tenevano quel corpo al caldo. Solo dopo un tempo che gli parve un’infinità e che pure doveva essere stato davvero poco Arthur riuscì a pronunciare il saluto.
-Onore agli uomini e alle donne di Niall. La strada fu al mio fianco, il vento alle mie spalle.
-Il sole splenderà caldo sul suo viso.
-Sono giunto fin qui per portarvi dei doni per la vostra ascesa al trono.
L’uomo annuì e rispose con la frase di rito, la sua voce profonda e accogliente.
-Re Nicholas li accoglierà nella sua casa.
 
Note di Elfin
CooOOoooOoosa?! :OOOO E vabbè, mi sta venendo da ridere perché avevo già deciso che ci sarebbe stata questa cosa che il re sarebbe parso essere qualcun altro per poi essere Nicholas. Avevo pensato di mettere entrambe le rivelazioni nello stesso capitolo originariamente, ma voi eravate così assolutamente certe che mi avrebbe divertito troppo separarle ed eccoci qui :3 Ma cosa sarà mai accaduto? Lo scopriremo nel prossimo capitolo ;)
Ah, in questo capitolo fra l’altro do anche proprio un’informazione temporale precisa. Arthur, ovviamente, quando parla di festività per le quali deve organizzare doni, parla di Natale, e, pensando che mancava un mese esatto, automaticamente sottolinea che il momento in cui lui e Nicholas si sono incontrati nuovamente in “vesti ufficiali” è il 25 novembre :)
Ringrazio vivamente chi ha recensito lo scorso capitolo, cioè dreamlikeviewuelafox e lilyy, la quale ha nuovamente deciso di rendermi felicia continuando a commentare anche mie storie molto vecchie :3 Sono stati giorni pieni di amore per voi, insomma <3 <3
A domenica, bellissime persone <3
Kiss

   
 
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