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Autore: BlackHawk    29/03/2020    2 recensioni
Non fece in tempo a capire cosa stesse succedendo che qualcuno arrivò alle sue spalle, le tappò la bocca con una mano e la spinse contro il muro più vicino.
Caitlin provò a urlare, ma non ci riuscì.
Lo sconosciuto era decisamente più forte di lei e le stava facendo chiaramente segno di stare zitta.
-Non voglio farti del male, Caitlin. –le disse sottovoce l’uomo. –Ma devi stare zitta, altrimenti attirerai la loro attenzione.-
Caitlin sgranò gli occhi, sempre più impaurita. Quel tipo conosceva il suo nome.
-Promettimi che non ti metterai a urlare. – disse poi, allentando la presa su di lei.
Caitlin fece quello che avrebbero fatto tutti. Fissò lo sconosciuto negli occhi e annuì.
Lui la osservò per qualche secondo e poi la lasciò andare.
-Non ti muovere da lì.-
Lo vide sporgersi verso il vicolo in cui qualcuno aveva chiaramente usato una pistola e poi ritornare in fretta nel punto in cui si trovava prima.
-Se ne sono andati. – osservò, passandosi una mano nei capelli.
Scosse la testa e poi posò di nuovo il suo sguardo su di lei, fissandola intensamente. -Si può sapere che diavolo ci fai in giro da sola a quest’ora?-
Genere: Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Caitlin si tirò su di scatto, spaventata.
Che diavolo stava succedendo in casa sua?
Non aveva la più pallida idea di che ore fossero, ma a giudicare dalla luce che filtrava dalle finestre era ancora notte fonda.
Qualcosa aveva interrotto bruscamente il suo sonno, ma lei non aveva ancora capito che cosa.
Rimase in quella posizione a lungo, senza muovere un muscolo, con il cuore che le martellava furiosamente nel petto.
Poi capì. Qualcuno si era introdotto in casa sua e stava rovistando tra le sue cose.
Cercò di ragionare in fretta, come faceva sempre in tutte le situazioni di emergenza.
Poteva accendere la luce e sperare che chiunque stesse rovistando nel suo soggiorno se ne andasse oppure poteva rimanere in camera sua e avvisare la polizia, sperando che arrivasse ben prima che l’intruso la raggiungesse nella sua stanza.
Alla fine optò per una terza scelta.
Recuperò il telefono dal comodino senza fare rumore e scrisse un messaggio al detective Allen, sperando che lui non lo ignorasse.
Chiuse gli occhi, rendendosi conto che alle tre di notte nessuno si sarebbe messo a leggere i messaggi sul telefono.
Ma chiamare la polizia non era un’opzione valida. Avrebbe rivelato la sua presenza e messo in pericolo la sua sicurezza.
Disattivò totalmente la suoneria nell’eventualità che lui le rispondesse e poi per la prima volta in vita sua si mise a pregare.
Intanto, chiunque si fosse introdotto in casa sua, a giudicare dai rumori che provenivano dall’altra stanza, stava continuando a rovistare meticolosamente tra le sue cose.
Che diavolo stava cercando?
Caitlin non poté fare a meno di chiedersi che cosa potesse rubare un ladro in una casa del genere.
Non c’era niente di valore e quei pochi soldi che riusciva a risparmiare non li teneva di certo sotto il materasso, ma al sicuro in un conto corrente acceso presso la banca più vicina a casa sua.
Prese un respiro profondo, sforzandosi di tenere a bada le emozioni.
Si accese un barlume di speranza quando il telefono si illuminò all’improvviso. Era un messaggio del detective Allen.
Non ti muovere. Stiamo arrivando.
Caitlin chiuse gli occhi. Il detective Allen stava arrivando con i rinforzi.
Grazie al cielo.
Poi fece una cosa che non avrebbe mai e poi mai dovuto fare.
Si alzò lentamente da letto e si avvicinò alla porta della sua stanza, attenta a non fare rumore.
Da quella posizione non riusciva a vedere il soggiorno, né tantomeno chiunque si fosse introdotto a casa sua, ma non erano quelle le sue intenzioni.
Voleva solo chiudere la porta a chiave e attendere i soccorsi.
Accostò la porta lentamente e poi fece girare la chiave nel modo meno rumoroso possibile, credendo quel gesto potesse tenere lontano il ladro da lei.
Poi rimase in ascolto diversi secondi.
Iniziò a dubitare che l’intruso fosse ancora a casa sua quando iniziò a non sentire più nessun rumore.
Possibile che se ne fosse andato?
Il rumore di una spinta la fece sobbalzare.
Chiunque si fosse introdotto in casa sua stava cercando in tutti i modi di aprire la porta della sua stanza.
Il suo cuore accelerò repentinamente e il respiro si fece più corto.
Non avrebbe mai e poi dovuto chiudere la porta a chiave.
Quell’imprudenza l’aveva messa in pericolo e ora non aveva la più pallida idea di che cosa potesse fare per impedire al ladro di entrare nella sua stanza.
Lanciò un’occhiata alla sedia dietro alla sua scrivania.
Poteva spostarla e metterla davanti alla porta, nella speranza che il peso impedisse alla porta di aprirsi.
Non ebbe il tempo di farlo però.
I lampeggianti di una volante sotto casa sua illuminarono la stanza.
Chiunque stesse provando a forzare la sua porta smise immediatamente di farlo e scappò via, lasciandola di nuovo sola in casa sua.
A quel punto Caitlin si sedette per terra e scoppiò a piangere, spaventata.
 
Mezz’ora dopo Caitlin sentì il detective Allen ordinare agli agenti che avevano appena perquisito casa sua di tornare in centrale e cominciare a fare dei riscontri su quanto avevano scoperto quella sera.
Chiunque avesse deciso di introdursi a casa sua non aveva minimamente trovato quello che cercava.
Non era stato rubato niente, nemmeno quei pochi soldi che aveva nel portafogli, ma la casa era completamente a soqquadro, e questo era un indice del fatto che l’obiettivo del ladro non fossero i soldi o i beni preziosi, ma qualcos’altro.
Che cosa però?, si chiese Caitlin, sempre più turbata.
Che cosa potevano volere da lei? E soprattutto chi  poteva volere qualcosa da lei?
Osservò il detective Allen accompagnare gli agenti alla porta e poi tornare da lei.
Kane Allen aveva all’incirca l’età che avrebbero avuto i suoi genitori se fossero stati vivi.
In quel momento indossava un paio di jeans e una felpa blu.
Non era molto alto, ma a differenza di quasi tutti i suoi coetanei sessantenni era ancora un tipo atletico e allenato.
Sua moglie Meredith era stata una cara amica della madre di Caitlin e la sera in cui erano stati uccisi i suoi genitori, lei li aveva invitati a cena per trascorrere del tempo tutti insieme.
Peccato che al ritorno da quella cena un tir avesse travolto i suoi genitori senza dargli nemmeno il tempo di capire cosa stesse succedendo.
Se lo ricordava ancora bene il momento in cui il detective aveva bussato alla sua porta e le aveva comunicato la notizia della loro morte.
Caitlin aveva sentito le gambe cedere e aveva dovuto appoggiare una mano al muro per non cadere.
A quel punto il detective era entrato dentro casa e le aveva dato una mano ad affrontare tutto quello che venuto dopo.
-Stai bene?- le chiese a un certo punto lui, guardandola con suoi grandi occhi blu.
Caitlin alzò le spalle. Non lo sapeva nemmeno lei come si sentiva.
-Che cosa volevano secondo te?- gli chiese però, non riuscendo proprio a capirlo.
Kane Allen si passò una mano nei suoi capelli biondi ormai tendenti al bianco.
-Difficile a dirsi.- rispose, sedendosi accanto a lei sul divano. –Non hanno preso niente?-
Caitlin scosse la testa.
Poi le venne un dubbio.
-Credi che c’entri con l’omicidio di Thomas?-
-Potrebbe.- rispose il detective, evitando il suo sguardo. –Ma non credo. Magari era solo un ladro che non ha trovato quello che cercava.-
In quel momento Caitlin pensò che lui le stesse nascondendo qualcosa.
-Avete trovato il suo assassino?- chiese, riferendosi a Thomas.
-Ancora no.- ammise, scuotendo impercettibilmente la testa. –Ci stiamo lavorando.-
-Credi che qualcuno mi abbia visto quella sera?- gli chiese, preoccupata.
Eppure Jake l’aveva tenuta lontana dalla scena del crimine. Chi poteva averla vista a parte lui?
Poi uno strano pensiero cominciò a prendere forma nella sua testa.
E se fosse stato Jake ad uccidere suo zio? In fondo era l’unica persona che lei aveva visto quella sera a pochi metri dal vicolo in cui era stato ucciso Thomas ed era stato anche l’unico a tenerla lontana dal punto in cui si trovava il suo cadavere.
Lei non aveva visto niente e il nipote di Thomas le aveva potuto raccontare qualsiasi cosa avesse voluto farle credere.
Ma perché allora ripetere alla madre che non era arrivato in tempo?
-Non credo.- disse a un certo punto il detective, strappandola ai suoi pensieri. –Tu hai visto qualcuno quella sera?-
Caitlin esitò. Forse era giunto il momento di dirgli di Jake.
-Io..- cominciò a dire, non sapendo bene da che parte cominciare. –Io non ti ho detto una cosa a proposito di quella sera, Kane.-
Gli occhi del detective incrociarono i suoi. –Che cosa, Caitlin?-
-Quella sera non ero sola.-
Vide il detective irrigidirsi. –Che intendi?-
Caitlin scosse la testa. Per quale diavolo di motivo non glielo aveva detto prima?
Aveva sbagliato di grosso e forse quell’errore le sarebbe costato caro.
-C’era anche il nipote di Thomas quando ho sentito lo sparo.- spiegò Cat.
Il detective Allen non reagì in alcun modo a quella notizia.
Probabilmente si stava chiedendo come mai non glielo avesse detto prima, ma per quanto assurdo potesse sembrare lui non disse una parola.
A quel punto Caitlin capì di dovergli dire tutto.
-Mi ha detto di tornare a casa e di non dire nulla a nessuno.- disse, rendendosi conto di quanto fosse stata stupida a tenersi quella cosa per sé. –Ma io ovviamente non gli ho dato retta e il giorno dopo ti ho chiamato.-
Kane Allen annuì. –Non ti devi preoccupare. –la rassicurò. –Jake Turner è apposto.-
Caitlin lo fissò con aria interrogativa. –Che significa?-
-Lui non c’entra niente con l’omicidio di suo zio.-
-Che ne potete sapere?-
Vide il detective scuotere la testa e poi accennare un sorriso. –Fidati di me.-
-Lo avete già interrogato?-
-Certo.- rispose Allen, come se la sua fosse una domanda assurda.
-Sei sicuro che non c’entra niente?- insistette Caitlin, perplessa.
Kane Allen fece uno dei suoi sorrisi rassicuranti. –Puoi starne certa.-
-Però credo che lui sappia chi ha ucciso Thomas.- replicò Cat, ricordandosi della loro conversazione.
Il detective la guardò in modo strano. –Come ti dicevo, Caitlin, ci stiamo lavorando.-
Caitlin annuì, ancora più sicura che lui le stessa nascondendo qualcosa.
-Come mai sei da sola?- le chiese poi il detective, curioso.
Probabilmente si stava chiedendo dove fosse finito suo fratello Matt.
-Matt è andato da Tracie.- spiegò Cat, incapace di trattenere una smorfia.
-Capisco.-  disse il detective. –Perché non vieni stare qualche giorno da noi, Cat? Così non stai da sola.-
Caitlin esitò. Stare qualche giorno dagli Allen l’avrebbe fatta sentire sicuramente più al sicuro, ma abbandonare la sua casa in quel momento non le sembrava una buona idea.
Aveva bisogno di un punto di riferimento e in quel momento aveva solo quelle quattro mura. Non poteva andare via. Non poteva e basta.
-Preferisco stare qui, Kane.- mormorò Cat, declinando la sua offerta.
Poi le venne in mente una cosa.
-Sono al sicuro qui?- chiese, rendendosi conto di non avergli nemmeno chiesto come avesse fatto ad entrare il ladro a casa sua.
Formulò quella domanda a voce alta.
Vide il detective annuire. –È entrato dalla finestra.- le spiegò. –Non è così difficile visto che state al secondo piano.-
Caitlin scosse la testa. –Devo far montare le inferriate, vero?-
-Sì, Cat. Non potete rischiare un’altra volta.-
-Domani chiamo qualcuno allora.-
-Sarebbe meglio.- convenne Kane. –Hai bisogno di qualcosa?-
Caitlin scosse la testa. Non aveva bisogno di niente, a parte un’aspirina e una bella dormita.
In quel momento aveva un filino di mal di testa e la tensione che aveva accumulato prima stava rivenendo fuori tutta insieme.
-Io andrei, allora.- disse il detective, alzandosi. –Sei proprio sicura che non vuoi venire a stare da noi?-
Caitlin annuì. –Mi hai salvato la vita.- disse poi, ringraziandolo.
Kane Allen l’abbracciò e poi la salutò.
-Chiuditi bene dentro e abbassa tutte le serrande.- le disse prima di andare via.
Caitlin lo accompagnò alla porta e poi fece come lui le aveva detto.
Una volta che lui se ne fu andato, si diresse in cucina per prendersi un bicchiere d’acqua.
Recuperò l’aspirina dal mobiletto delle medicine e poi la mandò giù.
Non riusciva ancora a crederci.
Qualcuno era entrato a casa sua per cercare qualcosa, ma lei non aveva ancora capito di che cosa si trattasse.
Non era sicura che l’intrusione di quella notte non fosse collegata all’omicidio di Thomas, ma non aveva la più pallida idea di cosa c’entrasse lei con la sua morte.
Non aveva visto nessuno a parte Jake quella sera ed era abbastanza sicura che nessuno avesse visto lei.
Non poteva negare che per un attimo aveva quasi dubitato di lui, poi però le rassicurazioni del detective Allen l’avevano pian piano calmata.
Qualcosa non quadrava però e lei avrebbe tanto voluto sapere cosa.
Si andò a sedere sul divano, ancora troppo sconvolta da quello che era successo un’ora prima per mettersi a dormire.
Appoggiò la testa allo schienale e chiuse gli occhi.
Si addormentò ancor prima di rendersene conto.
 
Il rumore del campanello della porta di casa interruppe bruscamente il suo sonno.
Aprì gli occhi lentamente, chiedendosi che ore fossero.
Quante ore aveva dormito?
Mise da parte quella domanda e si alzò, dirigendosi alla porta. Chi poteva essere?
Lanciò un’occhiata allo spioncino e sgranò gli occhi, riconoscendo immediatamente il suo visitatore.
Jake stava aspettando fuori dalla porta che lei gli aprisse.
Ma come faceva a sapere in quale appartamento abitava? Poi si diede della stupida, rendendosi conto che lui aveva un appartamento in quel palazzo.
Cercò di darsi una sistemata nel miglior modo possibile e poi aprì.
Jake era vestito in modo sportivo e la stava decisamente fissando.
Caitlin arrossì, rendendosi conto di aver indosso ancora il pigiama, un pigiama che non lasciava molto spazio all’immaginazione.
Aveva aperto la porta con una canottiera semitrasparente e un pantaloncino corto che lasciavano intravedere più di quanto riuscissero a coprire.
Dannazione, pensò.
-Posso?- le chiese Jake, incrociando il suo sguardo.
Caitlin ci rifletté un secondo. Kane Allen le aveva detto che lui era un tipo apposto e lei si fidava ciecamente di lui.
-Ehm... certo, entra.- rispose Cat, spostandosi per farlo entrare.
Jake la osservò mentre lei si richiudeva la porta alle spalle.
-Puoi darmi solo un momento?- gli chiese, imbarazzata. –Siediti pure, intanto.-
Non aspettò che lui le rispondesse.
Si fiondò in camera e si cambiò.
Non poteva intrattenere una conversazione con lui vestita a quel modo.
Quando tornò in soggiorno, vide che Jake che aveva fatto come gli aveva detto lei.
Si era seduto su un’estremità del divano e la stava aspettando.
Quando i loro sguardi si incrociarono di nuovo, lui si irrigidì all’improvviso.
Caitlin si sedette sull’altro divano. –Allora...-
-Che diavolo è successo?- la interruppe, usando un tono secco che lei gli aveva già sentito parecchie volte da quando si erano conosciuti.
-Ehm...- disse Caitlin, non sapendo bene a che cosa lui si riferisse. –A cosa ti...-
-Sono venuti qua dentro, cazzo?- sbottò lui, interrompendola ancora una volta.
Caitlin non disse una parola. Come faceva a sapere che qualcuno si era introdotto a casa sua?
Jake sapeva sempre tutto e questa cosa le metteva ansia.
Lo vide alzarsi e poi passarsi nervosamente una mano nei capelli.
-Ti hanno fatto del male?- le chiese, avvicinandosi a lei.
-Ma tu come fai a saperlo?- rispose lei, rispondendogli con un’altra domanda.
Jake scosse la testa e sospirò. -Non siete al sicuro qui.-
-Ma di che stai parlando?-
-Tu e tuo fratello vi dovete spostare.- le disse, continuando a scuotere la testa. –Adesso sanno che abiti qui.-
-Chi?- chiese Caitlin, incapace di seguire i suoi ragionamenti.
Jake la fissò. –Dov’è tuo fratello?-
-Che cosa c’entra questo?-
-Caitlin.- rispose Jake, in tono duro. –Rispondi alla mia domanda.-
-Da mia zia Tracie, ma questo cosa c’entra con...-
-Può rimanere lì ancora per un po’?-
Caitlin non ci stava capendo nulla. –Sì, ma..-
Jake scosse per l’ennesima volta la testa e poi si sedette accanto a lei.
I suoi occhi scuri la inchiodarono dov’era. –Si stanno avvicinando sempre di più a voi.- le disse, come se per lei avessero un senso quelle parole.
-Chi, Jake?- gli chiese, preoccupata. –Non capisco.-
-Chi ha ucciso mio zio.- rispose, confermando le sue supposizioni iniziali.
-Ma perché?- chiese Cat, confusa. –Io non ho visto niente!-
Vide Jake esitare. Che cosa le stava nascondendo?
-Non lo so.- disse infine, con un tono che non la convinse affatto. –Forse ci hanno sentiti quella sera e in un qualche modo sono risaliti a noi.-
-Ma come è possibile? Tu hai detto che se n’erano andati.-
-Sì, ma a questo punto non ne sono sicuro.-
Caitlin rabbrividì. Era finita nel mirino di un pericolo assassino?
Aveva messo in pericolo la vita di sua fratello senza rendersene conto?
All’improvviso sentì il bisogno irrefrenabile di piangere.
Aveva già perso i suoi genitori. Non poteva perdere anche lui.
-È colpa mia.- iniziò a dire, cominciando a parlare a ruota libera. –Se avessi chiesto a Thomas di fare i turni del pranzo non mi sarei mai ritrovata in questa cavolo di situazione. Io devo pensare anche a Matt. Non posso mettere a repentaglio la sua vita. Che devo fare? Oddio, devo andarmene da qui. Ci dobbiamo trasferire in un altro posto, un posto in cui non ci conosce nessuno. Io devo...-
Smise di parlare nell’istante esatto in cui Jake le afferrò il viso dolcemente e la costrinse a guardarlo.
Caitlin scosse la testa, senza mai incrociare il sguardo.
-Guardami, Caitlin.- le disse. –Guardami, ti prego.-
A quel punto lei lo guardò.
-Non permetterò che ti accada nulla.- le promise. –Quanto è vero che mi chiamo Jake Turner.-
-E come?- sussurrò Caitlin, disperata.
-Fidati di me.-
A quel punto Cat andò su tutte le furie.
-Fidarmi di te?- urlò, alzandosi di scatto dal divano. –Io non so niente di te! So che mi hai tenuta lontana dalla scena del crimine e che mi hai chiesto di non dire niente alla polizia! Questo so! So che hai detto a tua madre che non sei arrivato in tempo la sera in cui è morto tuo zio e so anche che conosci me e mio fratello, ma io non so un bel niente di te!-
Jake si alzò e poi scosse la testa. –Tu non capisci.-
-Io non capisco?- sbottò Caitlin, cominciando a camminare su e giù per la stanza. –Io invece ho capito perfettamente quello che devo fare. Devo chiamare la polizia e poi.. anzi no... devo chiamare il detective Allen e chiedergli di...-
Jake si parò davanti a lei e l’afferrò per le spalle, costringendola a fermarsi. –Caitlin.- disse, guardandola dritto negli occhi. -Sono io la polizia.-
Cat si fermò nell’istante esatto in cui il cervello registrò quell’informazione.
Cosa? Jake era un poliziotto?
-Cosa hai detto?- chiese, senza provare minimamente a liberarsi dalla sua stretta.
Jake allentò la presa e poi sospirò. –Hai capito bene.-
-Ma come è possibile?- si ritrovò a dire, sconvolta.
Jake era un poliziotto. Non era mai stato dalla parte dei cattivi. Era sempre stato dalla parte dei buoni.
La sera in cui era stato ucciso Thomas aveva cercato di proteggerla, non di metterla a tacere.
Come aveva fatto a non capirlo?
-Se ti siedi, ti spiego tutto.- le disse a un certo punto, abbandonando la presa sulle sue spalle.
Questa volta non si sedettero su due divani diversi, ma l’uno accanto all’altra.
-Sto seguendo delle indagini su un omicidio.- iniziò a dire, parlando con tutta la calma possibile in quel momento. –Indagini di cui ovviamente non ti posso parlare.-
Caitlin annuì. Certo che non poteva farlo. Non poteva metterle a repentaglio rivelandole informazioni sensibili.
-Comunque credo che le mie indagini siano collegate all’omicidio di mio zio.-
-Davvero?-
Sentì Jake sospirare. –Purtroppo sì.-
-E che cosa c’entro io?-
Jake esitò. –Non lo so.- disse, evitando il suo sguardo. –Forse è come ti dicevo prima. Forse ci hanno visto o sentito quella sera. Non lo so.-
-E adesso?-
-Adesso devi andartene da questa casa.- le disse, guardandosi intorno.
Uno strano lampo gli balenò negli occhi, ma Caitlin non seppe spiegare il motivo.
-E dove vado?- gli chiese, sconvolta. –Non ho un altro posto in cui stare.-
Jake sospirò. Poteva quasi sentire gli ingranaggi del suo cervello lavorare a tutta forza.
-Puoi stare da me.- le disse infine, riportando il suo sguardo su di lei.
Caitlin si schiarì la voce. -Non credo sia una buona idea.-
In fondo loro due non si conoscevano per niente e trasferirsi a casa sua non le sembrava una buona idea.
Non dopo che lui le aveva detto che stava indagando su un omicidio collegato ad un altro omicidio a causa del quale qualcuno era entrato in casa sua la notte prima.
Era complicato pure da spiegare il casino in cui si era cacciata.
-Posso stare dal detective Allen.- disse, ricordandosi della sua proposta.
Jake la fissò. –Sei più al sicuro con me.-
-Ma non lo conosci nemmeno!- protestò Caitlin, sconvolta dalla sua risposta.
-Io non ho famiglia.- disse.
-E che questo cosa c’entra?-
-Il detective Allen non ha famiglia?-
Caitlin lo fissò. –Sì, ma...-
-Quindi stare da lui significherebbe mettere in pericolo anche tutta la sua famiglia.-
Caitlin non disse nulla.
Il ragionamento di Jake non era del tutto sbagliato.
-Forse ne dovrei prima parlare con lui.- disse poi, rendendosi conto che non poteva fare di testa sua.
-Ci parli dopo.- ribatté Jake, senza darle minimamente ascolto. –Adesso prendi le tue cose e sbrigati così ce andiamo.-
Caitlin alzò gli occhi al cielo. Il suo modo di fare a volte era davvero irritante.
Però stava cominciando a fidarsi di lui e questo la faceva sentire al sicuro.
-Vado.- gli disse, lasciandolo in soggiorno.
Raccolse tutto quello di cui aveva bisogno in pochi minuti e poi preparò in fretta il borsone che si sarebbe portata, infilando anche il libro che le aveva regalato suo padre prima di morire.
Non era ancora convinta che andare da lui fosse una buona idea, ma probabilmente lui sapeva meglio di lei quello che stavano facendo e questo a lei bastava.
Quando tornò in soggiorno Jake stava fissando intensamente una foto che ritraeva lei  e Matt con i loro genitori.
Caitlin deglutì nervosamente.
Ricordava molto bene l’occasione in cui era stata scattata.
I suoi genitori avevano deciso di passare un’intera giornata al mare per festeggiare il compleanno di Matt.
Sua madre aveva preparato qualcosa da mangiare e suo padre aveva caricato la macchina con sdraio e ombrelloni.
Quando erano arrivati in spiaggia avevano deciso di fare una foto tutti insieme prima che la luce cominciasse a peggiorare. Avevano chiesto aiuto ad una mamma che era lì con il figlio e poi avevano sorriso tutti insieme quando lei li aveva avvisati che stava per scattare.
Era stata davvero una bella giornata quella.
Peccato che di lì a un anno, giornate come quelle non le avrebbero mai più potute trascorrere tutti insieme.
Caitlin si asciugò una lacrima che era scesa sul suo volto e poi si schiarì la voce.
Jake si voltò immediatamente verso di lei.
-Sei pronta?- le chiese, senza chiederle nulla di quella foto.
Per un momento le sembrò strano che lui facesse finta di niente, ma poi pensò che forse non voleva riportarle alla mente brutti ricordi.
Caitlin annuì.
-Dov’è casa tua?- gli chiese poi, dando un’ultima controllata alla casa.
-Vicino alla libreria di mamma.- le spiegò.
Caitlin chiuse casa e poi lo seguì per le scale.
 
Un’ora dopo Caitlin era in libreria  a lavorare.
Jake l’aveva portata a casa sua per posare il borsone e poi le aveva chiesto cosa volesse fare.
In quel momento lei era troppo in fibrillazione per stare lì ferma senza far niente, quindi gli aveva chiesto se potesse raggiungere la madre in libreria e lavorare fino a quando lei glielo avesse consentito.
Jake l’aveva accompagnata alla libreria senza entrare e poi l’aveva salutata dicendole che sarebbe venuta a riprenderla alle sei.
Non era riuscita a capire come mai non fosse entrato a salutare sua madre, ma poi si era dimenticata completamente quel particolare e si era messa a lavorare, dopo aver risposto ovviamente alle mille domande di Abigail sul perché fosse arrivata tardi.
Le aveva raccontato quasi tutto, tranne la parte in cui Jake si era presentato a casa sua e le aveva raccontato la verità, invitandola infine a stare da lui.
Non avrebbe saputo spiegare il perché, ma probabilmente avrebbe preferito dirglielo direttamente lui alla madre.
In quel momento stava aiutando una ragazza a scegliere un regalo di compleanno per il suo fidanzato.
Lei gli aveva chiesto che generi gli potessero piacere e poi le aveva suggerito una serie titoli che avrebbero potuto fare al suo caso.
-Credo che prenderò questo.- le disse a un certo punto la ragazza, scartando gli altri titoli che lei le aveva consigliato.
-Ottima scelta.- osservò Cat, sorridendole.
Rimise a posto i libri che lei non avrebbe acquistato e poi la portò in cassa per pagare.
-Grazie mille e arrivederci.- le disse la ragazza dopo aver pagato.
Cat la ringraziò a sua volta e poi mise a posto il resto.
Non lo avrebbe mai detto, ma lavorare in libreria le piaceva.
Le piaceva stare a contatto con clienti educati e ben disposti che le chiedevano consigli sui loro acquisti.
Non era mai stata così soddisfatta del suo lavoro in vita sua.
-Tutto bene, Cat?- le chiese Abigail, strappandola ai suoi pensieri.
Caitlin annuì. –Tu?-
Abigail si appoggiò al bancone della casa. –Un po’ stanca ad essere sinceri.-
-Vuoi che chiudo io?- le chiese. –Se vuoi andare a casa non c’è problema, ci penso io a chiudere.-
Abigail scosse la testa dolcemente. –Non ti preoccupare.-
Poi il suo viso si incupì. –Stavo pensando ad una cosa prima.- le disse, evitando il suo sguardo.
-Che cosa?- le chiese Cat, preoccupata.
-Forse non è il caso che lavori qui.-
Cat la fissò. –Cosa?-
La sorella di Thomas sospirò. –È solo che...ho paura che tu ti metta in pericolo lavorando qui.-
-A me piace questo lavoro.- disse Cat. –Per favore, non mandarmi via.-
-Ma io non ti voglio mandare via, Caitlin. – la corresse Abigail. –È solo che mi preoccupo per te.-
-Lo so, ma ho bisogno di questo lavoro.- insistette Cat. –E poi c’è Jake che si...-
Vide Abigail sussultare. –Cosa?-
-Ehm..-
-Che stavi dicendo?- le chiese Abigail, guardandola negli occhi.
-Niente, lascia perdere.-
Abigail però non mollò. –Che c’entra mio figlio con questa storia?-
-Lui mi ha detto che è un poliziotto.- spiegò Cat, scegliendo le parole con cura. –E che mi proteggerà.-
Abigail scosse la testa. –Non ci posso credere.-
Caitlin non capiva la sua reazione. –Perché dici così? Lui sta cercando di proteggermi. Mi ha anche chiesto di stare da lui, così può farlo meglio.-
La sorella di Thomas sbiancò. –Che cosa ha fatto?-
In quel momento capì di aver fatto un passo falso.
-Ecco...lui...-
-Gli ha dato di volta il cervello?- disse Abigail, sconvolta. –Non può farlo.-
-Ma perché? Mi ha detto che sta facendo delle indagini in qualche modo collegate all’omicidio di tuo fratello e che volente o nolente ci sono finita in mezzo anche io a questa storia.-
-Non avrebbe dovuto farlo.-
Caitlin continuava a non capire. –Ma perché?- ripeté ancora una volta.
-Perché non è giusto. Non deve coinvolgerti e soprattutto deve lasciarti perdere.-
Caitlin sussultò. Non l’aveva mai sentita parlare in quel modo.
Poi sbiancò lei. Non aveva già detto a Jake quelle cose?
Ma lui aveva detto che stavano parlando di Stella. Perché le aveva mentito?
Decise che forse Abigail poteva aiutarla a capire.
-Perché Jake deve starmi lontano?-
Abigail abbassò lo sguardo. –Non deve coinvolgerti in questa storia.-
-Ma io sono già coinvolta!- protestò Cat. –Io c’ero quella sera.-
Vide Abigail sussultare. –Che vuoi dire?-
-Quando hanno ucciso Thomas.-
-Che cosa?-
Caitlin annuì. –Stavo tornando a casa quando gli hanno sparato. Se non fosse stato per Jake probabilmente avrebbero sparato anche a me.-
Abigail si passò una mano sul viso.
-Ti prego, Caitlin.- la supplicò poi, cercando il suo sguardo. –Dammi retta, stagli lontana. Non lasciarlo entrare nella tua vita. Ti farà soffrire.-
Che cosa intendeva Abigail? Perché non doveva lasciarlo entrare nella sua vita? E perché lui l’avrebbe fatta soffrire?
Caitlin non ebbe il tempo di dire nulla.
La porta  della libreria si spalancò all’improvviso.
Si voltarono entrambe verso l’ingresso.
Jake le stava guardando in modo strano.
-Ciao, tesoro.- lo salutò Abigail, accennando un sorriso.
Sorriso che Jake non ricambiò.
-Sei pronta, Caitlin?- disse invece, senza degnare nemmeno di uno sguardo sua madre.
Dannazione, pensò Caitlin.
Era finita tra due fuochi e non se ne era nemmeno accorta.
Si voltò verso Abigail, che in quel momento aveva un’aria afflitta.
-Puoi andare.- le disse lei, senza guardarla in faccia.
Caitlin si schiarì la voce. –Ci vediamo domani allora.-
Recuperò la sua borsa e poi raggiunse Jake, che uscì dalla libreria senza dire nemmeno una parola.
-Stai bene?- le chiese poi, una volta usciti.
-Ehm... credo di sì, ma...-
Il modo in cui la guardò la costrinse a fermarsi.
-Non hai nemmeno salutato tua mamma.-
-Non sono affari tuoi.-
Caitlin si arrabbiò. –Mi ha detto che dovrei starti alla larga e che mi farai soffrire.-
Jake sussultò. –Non sono affari suoi.- disse poi, riprendendo a camminare.
-Perché dice così?-
Jake scrollò le spalle. –Non sa di che parla.-
-Ma ci deve essere un motivo.-
Jake si fermò di nuovo.
La guardò dritto negli occhi e disse:-Caitlin, io non voglio stare con te. Sto solo cercando di proteggerti.-
Caitlin sospirò.
In fondo era quello che le aveva detto anche il giorno prima.
E allora perché continuava a provare quella strana sensazione? Come se stesse facendo la cosa sbagliata?
E poi quale madre avrebbe consigliato ad un’estranea di tenersi alla larga dal figlio?
Sospirò un’altra volta.
Accettare di andare a casa sua era stata una pessima idea.

   
 
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