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Autore: Nadine_Rose    30/03/2020    2 recensioni
Sarah ed Hermann sono rispettivamente due tra le tante vittime e i tanti carnefici nell’ora più buia della storia dell’umanità. Il campo di Fossoli, anticamera dell’inferno nazista, sarà la loro comune e perenne prigione d’amore malato.
Matteo, un giovane pescatore, sarà colui che proverà a sciogliere il cuore di Sarah dalle catene del tenente Hermann, nello speranzoso e disperato scenario del dopoguerra napoletano.
[Capitolo 65: Un amore a Fossoli]
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Genere: Drammatico, Sentimentale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Olocausto, Dopoguerra
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Capitolo 25

 

Nell’abbraccio del nemico

 

Seconda parte

 

- “Io ti proteggerò.” -

 

“Dentro di me ci sono delle stanze piene di buio, e altre inondate di luce, corridoi incerti e finestre piene di stupore, e tu sei la prima persona a cui dono una mappa.”

Fabrizio Caramagna

 


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Immagine dal film “L’amore oltre la guerra”

 

Il tenente era in piedi vicino al mobiletto, con il solito bicchiere di vodka in mano e avvolto nella nube di fumo della sua sigaretta che, ridotta ormai a un mozzicone, spense nel posacenere, mentre lei entrava nella stanza. Della divisa aveva già tolto il cappello, i guanti e la giacca, segno di una consuetudine interrotta e, nell’aria, la fragranza del suo profumo orientale sembrava sovrastare l’odore di nicotina, come se ne avesse spruzzato da poco altro. Il primo stupito “perché” si fece strada tra i pensieri di Sarah. Conscia di essere osservata, pativa quegli sguardi, pur non scorgendone l’espressione – giacché teneva la testa china –, mentre il sottofondo del silenzio era ulteriore fonte di imbarazzo e umiliazione. Lo intravide avvicinarsi lentamente e allentare il colletto della camicia e ne imitò il gesto, iniziando a sbottonarsi la camicetta, prima che fosse lui a strappargliela di dosso.

Poi, d’improvviso, sentì una voce morbida, quasi un sussurro, e due mani raccogliere delicatamente le sue. “Aspetta”, le aveva detto il tenente e le sue labbra un po’ screpolate dal freddo – sofferto al mattino, durante l’interminabile lettura dell’elenco – si erano schiuse in un’espressione di stupore. “Vieni qui”, la invitò, conducendola a sedersi con lui sul bordo del letto e si portò le sue gelide mani alla bocca, riscaldandogliele col fiato. Strano e intenso fu per Sarah il tocco di quelle labbra vellutate che sfioravano i suoi palmi.

E, in una lenta discesa, il tenente le guidò le mani sul proprio corpo, una sulla coscia, l’altra sul torace. Il cuore gli batteva forte e Sarah si stupì che anche un ufficiale delle SS, macchina da guerra finalizzata alla morte, potesse averne uno di carne; poi sollevò lo sguardo e, oltre la valle verde dei suoi occhi, riuscì a scorgerne addirittura un’anima.

Hermann le lasciò una mano per accarezzarle la guancia sinistra, quella più livida, promettendosi che non le avrebbe mai più fatto del male, ma lei si ritrasse leggermente e chiuse gli occhi, strizzandoli e contraendo il viso in una smorfia di paura, aspettandosi forse uno schiaffo.

“No, non avere paura”, le disse, massaggiandole con il pollice lo zigomo violaceo, “non voglio farti del male, Sarah.”

All’udire il proprio nome pronunciato dal tenente per la prima volta, gli occhi della ragazza si aprirono, emanando un luccichio di stupore. Ed Hermann lo riconobbe: era lo stesso sguardo che gli aveva rivolto, quando le loro strade si erano incrociate per la prima volta, quello stesso sguardo che lo aveva subito inebetito, sedotto e avvinto.

“Fidati di me”, proseguì, assumendo un tono ancor più rassicurante e, dalla guancia, la mano passò lentamente dietro la nuca. “Ti do la mia parola che non ti accadrà nulla di male. Hai visto stamattina?”

“Sì, signore”, rispose Sarah, ma non c’era tremore nella sua flebile voce.

“Hermann”, la corresse prontamente, “quando siamo da soli, puoi chiamarmi per nome e dare del tu. Accorciamo le distanze.” E, sulle ultime parole, le prese la mano – che lei gli teneva ancora appoggiata sulla coscia – e la condusse alla sua virilità.

Sarah sussultò d’imbarazzo e, con occhi sgranati e labbra socchiuse, mostrò in viso un’aria d’innocente pudore; ma nessun cenno di paura, neanche quando una mano fu sotto la sua gonna per ricercare, in un lento viaggio scandito da carezze gentili, la sua intimità. Dal basso ventre, una scossa di calore si propagò per tutto il corpo e la spinse ad aprirgli la sua porta, mentre la mano dietro la nuca, con massaggi concentrici, affondava sempre più nei suoi capelli fino a scioglierli, fino a sciogliere i nodi della sua resistenza. Chiuse gli occhi e si abbandonò sul letto. Poi lei non fu più lei e non vide più un nemico davanti a sé. Si finse in un’altra vita, lontana da Fossoli, dalla guerra e tra le braccia di un vero amore, mentre lui si preparava a cogliere il suo fiore come fosse il primo amore.

“Non avere paura, Sarah. Io ti proteggerò”, ribadì Hermann e la tenerezza nelle sue parole e la sensuale delicatezza delle sue dita che le percorrevano un lato del corpo, scendendo lungo la curva del fianco e risalendo verso la collina del seno e ripetendo più volte questo lento cammino, facilitava la sua immaginazione. “Vieni con me”, aggiunse e un sussurrato “portami via” fuggì dalle labbra di Sarah che si aggrappò alla sua camicia, scostandone i lembi e affondando i polpastrelli nella sua pelle tonica di muscoli definiti.

Sfumature di piacere si dipinsero sul viso della ragazza, mentre essere da lui spogliata non generava più uno strappo all’anima; poi, a sua volta, lo aiutò a liberarsi di ciò che rimaneva dell’uniforme ed Hermann la vide arrossire sotto i lividi. Lo accolse dentro di sé e, stavolta, per l’acerrimo comandante del campo, non fu un possesso per la sola soddisfazione del proprio desiderio ma un concedersi a lei per donarle il piacere di sensazioni mai provate prima. E furono lontani da Fossoli, dalla guerra, dalle sofferenze subite e inferte, dalle differenze ideologiche che li dividevano, dalle loro stesse vite fuori di lì e Sarah volle fingersi da lui amata. Al culmine della passione, un gemito uscì dalle loro gole quasi simultaneamente e la ragazza lo soffocò, premendo con forza le labbra sulla spalla del suo amante. Il piacere sembrò mozzarle il respiro e fu come morire e rinascere e morire ancora. Trattene lacrime che non riuscì a comprendere, mentre Hermann sollevò la coperta per coprire entrambi e stringerla in un abbraccio da nascondere alla propria coscienza nazista.

 

è la notte dei pensieri e degli amori.

Questa notte io ti prendo come fossi un fiore.

È la mano nella mano che conosco.

Per la vita e per amore io ti prendo adesso.”

 

Michele Zarrillo, La notte dei pensieri

 

 

 

 

   
 
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