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Autore: Satellite_29    30/03/2020    0 recensioni
In un futuro prossimo la Guerra dei Keyblade è terminata, gli eroi che conosciamo hanno finito la loro guardia e i mondi sono nuovamente in pace. Ma dove sono? Perchè si sa così poco sulla Guerra? Cosa è successo in realtà?
Una nuova oscurità avanza inesorabilmente, inghiottendo i mondi nell'abisso.
Tre nuovi eroi iniziano la loro avventura, tra amicizie, liti e amori. Riusciranno a scoprire chi sono davvero e a riportare l'equilibrio tra Luce e Oscurità?
"Ricorda: più ti avvicini alla luce, più la tua ombra crescerà."
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Lemon, OOC, What if? | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nessun gioco
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May your Heart be your guiding key: a Kingdom Hearts Story

Chapter Two

The Key

- Aaaaah! – urlai e mi alzai di soprassalto. Ero di nuovo nel letto dove mi ero addormentata la sera precedente. Indossavo solo la vestaglia, uno dei tanti doni di Damian durante il mio soggiorno. Mi guardai allo specchio, in cerca di un qualsiasi segno che potesse tranquillizzarmi.
- Akane, che succede? – gridò mio padre, spalancando la porta. Era già vestito per il ricevimento, con la giacca rossa tipica degli ufficiali. I capelli castani, che di solito erano spettinati e cadevano sulla fronte, erano pettinati all’indietro. Era dall’ultima festa ufficiale che non lo vedevo così.
- Niente, è stato solo un sogno. – sussurrai, continuando a guardarmi allo specchio. Mio padre guardò lo specchio, cercando di capire cosa stessi fissando.
- Piccola mia, tutto bene? – chiese mia madre, che era corsa nella stanza insieme a mio padre. Vedendo che non parlavo, si sedette sul letto e mi abbracciò forte. Anche lei era già pronta per il matrimonio: i capelli biondi erano raccolti in una lunga treccia e indossava un vestito color ardesia stretto sotto il seno che scendeva morbido per i fianchi.
Più che mia madre, poteva essere mia sorella minore, visto che era molto più minuta rispetto a me. L’unica cosa che ci accomunava, potevano essere i capelli morbidi e sottili. Di mio padre avevo preso l’altezza e alcune spigolosità del viso.
“Credo che tu debba sapere chi siano i tuoi genitori prima di sposarti”, “Quella collana è uno dei legami che hai con la tua vera madre” erano i pensieri che offuscavano la mia mente. Mi resi conto che in realtà stavo fissando la mia pietra nel riflesso nello specchio. Le sfumature sembravano muoversi sulla sua superficie. La strinsi.
- Mamma, papà – dissi, guardando prima una poi l’altro – Ho bisogno di sapere una cosa molto importante.
Loro si guardarono, cercando di parlarsi senza farsi notare dai miei occhi.
- Ho fatto un sogno in cui mi è stato detto che in realtà voi non siete i miei genitori naturali. So che è una sciocchezza, ma ho bisogno che voi mi diciate se è una pazzia o meno.
- Akane! Ti rendi conto di cosa ci accusi? Dovresti vergognarti ..
- No, Daisuke. Non provarci nemmeno. – disse mia madre con la testa bassa, rivolgendosi a mio padre.
- Non vorrai …
- Invece lo farò. Ha tutto il diritto di sapere la verità.
A quelle parole mi si formò un nodo alla gola. L’uomo in nero aveva ragione?
Mio padre sospirò – Hai ragione. – e si sedette anche lui sul letto.
- Quando tua madre era incinta, incontrò una coppia innamorata che fuggiva dal proprio paese. Beh, in realtà non erano proprio di questo mondo. Come avrai studiato, dopo la Seconda Guerra dei Keyblade, i legami tra i mondi erano stati spezzati, ma loro avevano una navicella in grado di attraversare comunque l’universo, grazie alla quale sono sbarcati qui. I due erano inseguiti da una forza oscura, ma lei era incinta e doveva per forza partorire, o avrebbe perso il figlio. O meglio, la figlia. Tua madre li ha aiutati durante la loro permanenza a Cardis e li aveva tenuti nascosti. Quando la ragazza ha partorito, la aiutò a dare alla luce sua figlia, ma non avevano nemmeno finito per coprirla in fasce che una spia colpì tua madre con una magia letale. – disse, con voce sempre più sommessa. Mia madre, capendo che mio padre non aveva più il coraggio di raccontare, prese il suo posto nella storia.
- Ci fu un combattimento tra quelle spie e i nostri uomini. Noi ne uscimmo salve, ma non illese. Io avevo perso il bambino, e se la mia amica non mi avesse curato, avrei perso anche la vita. Dopo quell’episodio, capirono che non era a rischio solo la loro vita, ma anche quella della loro bambina e di chi li avrebbe aiutati durante la loro fuga. Perciò ci chiesero di allevare la loro bambina come se fosse stata nostra e di non cercarli ma più. Sparirono da questo mondo il giorno stesso in cui ci affidarono te.
- Ci chiesero di non dirti mai le tue vere origini, così tu non avresti mai corso nessun pericolo.
Ero al limite. Sentire tutte quelle cose mi aveva mandato in tilt il cervello. Il rosso aveva ragione su tutto. Mi misi le mani nei capelli.
- Per tutto questo tempo, non sapevo che i miei genitori scappavano da chissà cosa mentre io ero al sicuro. Non sapevo che stavo crescendo con dei bugiardi! – urlai. Mia madre mi guardò colpevole, mentre mio padre cercava di tenermi testa con lo sguardo.
- Dannazione, con che coraggio volevate mandarmi all’altare al fianco di uno sconosciuto se non sono nemmeno vostra figlia! Come?! – gridai, e poi scoppiai in un pianto nervoso. Misaki, la donna che da sempre pensavo fosse stata mia madre, mi appoggiò una mano sulla spalla.
- L’ho appena spiegato: ci avevano chiesto di trattarti come se tu fossi nostra figlia. Volevamo solo il meglio per te. Una vita senza pericoli, al fianco di un ragazzo che ti avrebbe protetta, ci sembrava la cosa più giusta … forse tu non provi molto per lui, ma tu non sai quanto quel ragazzo ti ami.
- Damian mi ama? – sussurrai. Avevo gli occhi gonfi di lacrime che non accennavano a smettere di scorrere sulle guance. Misaki annuì – Tu non c’eri, ma avresti dovuto vederlo quando è entrato a casa nostra e ci ha chiesto la tua mano. Non possiamo costringerti a fare nulla, ma se lo sposassi non solo renderesti orgogliosi noi e credo anche i tuoi genitori naturali, ma faresti di Damian l’uomo più felice di Cardis. Sarebbe un buon marito per te.
Ci pensai un po’ e dopo sospirai – Va bene, sposerò Damian.
Misaki sorrise e mi accarezzò una guancia – Brava la mia piccola Akane.
- Lo faccio per i miei genitori. Quelli veri. – dissi velenosa. Il sorriso scomparve dalle labbra della donna, che si alzò.
- Ora dovresti vestirti Akane, ci vediamo dopo nel cortile. – disse Daisuke. Prese Misaki per mano e uscirono fuori dalla stanza.
Guardai l’orologio. Avevo solo un’ora per prepararmi, perciò presi il mio abito dorato e lo indossai.
Mi guardai allo specchio. Un vestito abbastanza semplice: era monospalla, con una cinta d’oro sotto il seno, cadeva morbido fino ai piedi e c’era anche un po’ di strascico. Se i miei genitori volevano una vita normale per me, gliel’avrei data.
 
La cerimonia si sarebbe svolta nel chiostro del giardino del palazzo reale, che era stato decorato d’oro appositamente per le nozze. Inizialmente, doveva essere una cerimonia intima, ma le voci hanno iniziato a girare come sempre, perciò alla fine si è sparsa la notizia per tutta Cardis. Da quel momento, i reali hanno dovuto rivedere la loro lista degli invitati. Non potevano certo non invitare tutti i nobili, i senatori, gli ambasciatori dei paesi alleati.
 
Era giunto il grande momento. Mia madre aveva finito di dipingere i segni rituali sul mio corpo ed ero pronta ad uscire allo scoperto dopo due giorni passati nella mia stanza. O gabbia d’oro, come la chiamavo io. Avevo percorso i corridoi del palazzo, fino ad uscire sulle scalinate che portavano al chiostro, dove si sarebbe tenuto il rituale. Il mio volto era coperto da una maschera che mi copriva gli occhi, come da tradizione: i due sposi possono togliersi le maschere solo alla fine del rituale. In altri paesi, ci si scambia le fedi, degli anelli che simboleggiano il proprio amore; a Cardis le maschere sono l’equivalente delle fedi. Avrei dovuto attendere l’arrivo di Damian, prima di scendere la scalinata di marmo. I miei genitori non erano più dietro le mie spalle. Ero completamente sola, aspettando che il mio destino mi accogliesse a braccia aperte.
- Allora non hai ascoltato proprio nulla di ciò che ti ho detto? – chiese una voce ben troppo nota.
- Ho ascoltato benissimo. Ma ho ascoltato ancor di più la richiesta dei miei genitori. Te lo chiedo per favore, vai via. – sussurrai a bassa voce, in modo da esser udita soltanto dal diretto interessato.
- Per cortesia, girati. – disse l’uomo, sfiorandomi la spalla. Non so dire se fu per la strana gentilezza del suo tono oppure per la mia curiosità, ma feci ciò che mi aveva chiesto. Ritrovai il viso spigoloso della sera prima, ma questa volta era reale. Gli stessi occhi verdi, gli stessi capelli rossi. L’unica differenza era che non aveva più l’aria strafottente.
- I tuoi non avrebbero mai voluto che tu ti sposassi così. Erano dannatamente egoisti, avrebbero voluto passare il resto della loro vita con te, non vederti al fianco di un altro già a quest’età.
- Allora perché mi hanno lasciata? Perché mi hanno affidata a un’altra famiglia? Loro vogliono davvero il mio bene! – la mia voce era sempre più incrinata dalla disperazione.
- Non avrebbero mai voluto farlo. Saresti morta se fossi rimasta con loro.
- Perché dovrei crederti? Chi sei? – quasi urlai. Con la coda dell’occhio intravidi degli uomini muoversi dall’altra parte della scalinata. Damian doveva essere arrivato.
- Vieni con me e te lo dirò. Ti scongiuro, dammi la possibilità di dimostrarti che tutto ciò che ho detto è vero. – disse, supplicante. La sua mano era tesa verso la mia. Morivo dalla voglia di scoprire chi fossero i miei genitori, ma non volevo deludere le persone che mi avevano accolto come se fossi loro figlia.
- Mi dispiace, ora è troppo tardi. Devo andare. – sussurrai, con il volto cupo. Lui mi fissò, cercando di capire il perché del mio gesto.
- E va bene. Ora dovrò inventarmi una scusa da dire alla gente quando i mondi andranno in rovina e l’unica che può salvarli non si presenterà. – annunciò, voltandomi le spalle e aprendo un varco oscuro con la stessa mano che poco prima era tesa verso di me.
- Che intendi dire? – chiesi, allarmata.
- Che tu hai la chiave per salvare i mondi dall’oscurità: il Keyblade. Ma ormai è troppo tardi, no? – disse arrabbiato il rosso, guardandomi con i suoi occhi accesi. Si fiondò nel varco oscuro, senza lasciare traccia. Rimasi shockata: che cosa voleva dire che ero l’unica a poter salvare i mondi?
- Akane, che sta facendo? Devi scendere! – mi disse mia zia, arrivata non so quando vicino a me. Possibile che nessuno avesse visto la scena di prima? Avevo parlato con un fantasma? Guardai davanti a me e vidi che sull’altra scalinata, alla mia stessa altezza, era arrivato un ragazzo. I lunghi capelli castani erano pettinati all’indietro, ma qualche ciocca rimaneva verso l’alto. Anche lui indossava un completo ufficiale, ma a differenza degli altri invitati, il suo era dorato e bianco e alle sue spalle era attaccato un lungo mantello grazie a due grosse fibbie d’oro. Il suo viso era coperto da una maschera identica alla mia. Il mio destino era arrivato. Strinsi forte la mia collana, come per darmi coraggio, feci un cenno al principe per confermargli che ero pronta e, contemporaneamente, scendemmo le scale. Prima di allora non avevo mai sceso quella scalinata, e soprattutto non avevo mai provato a scenderle insieme a Damian. Arrivammo alla fine insieme. Come da programma, mi porse il braccio, in modo che potessimo arrivare al centro del chiostro fianco a fianco. Erano accorsi in molti per partecipare alla cerimonia. Sembrava che a sposarsi non fosse un principe, ma il re stesso. Giunti al centro, ci girammo nuovamente uno di fronte all’altra. A Cardis il matrimonio è svolto direttamente dai due sposi, senza l’aiuto di funzionari o sacerdoti: nel rituale non deve intervenire nessuno, a meno che non sia contrario al matrimonio. Mia madre e tutte le altre ancelle a palazzo mi avevano ripetuto migliaia di volte cosa sarebbe successo: Damian mi avrebbe posato il mantello reale sulle mie spalle, in segno che anche io dal quel momento facevo parte della casata regnante. Mi avrebbe mostrato le rune dorate che gli erano state disegnate sul braccio sinistro, e io avrei mostrato le mie. Mi avrebbe disegnato la runa dell’unione, a forma di nodo e di colore rosso, sul palmo destro, e io avrei fatto altrettanto sul suo. Solo dopo, avrebbe potuto togliere la mia maschera, e io avrei potuto togliere la sua. Tutto ciò sarebbe avvenuto nel silenzio più solenne. E anche più inquietante, aggiungerei io.
Damian iniziò ad armeggiare con le spille per togliersi il mantello, quando notai un’ombra nera muoversi da uno dei porticati del chiostro. “Non è niente” pensai “sarà qualche ritardatario”
Ma nel momento in cui Damian poggiò il mantello sulle mie spalle, notai che i suoi occhi non guardavano me, ma dietro di me. Un urlo. Mi girai, allarmata, e vidi un orribile spettacolo.
L’ombra che avevo visto prima aveva tagliato la gola di una donna e un’altra ancora stava graffiando l’uomo alla sua destra.
- Perdonami, ma devo aiutarli. – dissi, stringendo la pietra di mia madre.
- No, io devo aiutarli. – sussurrò, quasi non volesse farsi sentire. Damian corse verso le ombre, in mano brandiva una spada celeste. Il Keyblade, come se avesse intuito la presenza del pericolo, apparve nella mia mano.
“Beh, a quanto pare quel tizio aveva ragione. Per fortuna, nel mio futuro ancora non è previsto un matrimonio.” Pensai, così mi tolsi il mantello che mi aveva dato Damian e lo affiancai nella battaglia. Vidi tutti gli uomini, compreso Daisuke, prendere le spade e combattere gli Heartless. Purtroppo le loro spade non avevano effetto su di loro, mentre la mia e quella di Damian erano le uniche in grado di farli dissolvere. Stavo per ucciderne uno quando un altro mi saltò sulle spalle. Cercai di scrollarmelo di dosso, ma quello mi graffiò la spalla e non riuscivo a muovere più il braccio che teneva il Keyblade. Sbattei la schiena contro una colonna del porticato, e solo allora l’Heartless mollò la presa e si dissolse. Mi guardai attorno: il chiostro era diventato una gigantesca macchia nera. Nonostante il dolore, impugnai il Keyblade con entrambe le mani, in modo da alleggerire la spalla destra, e mi buttai di nuovo nella mischia. Ormai della cerimonia non importava più, ognuno pensava soltanto a salvarsi la pelle. Il mio vestito era ridotto a una mini gonna, per colpa di tutti i graffi che avevo preso combattendo. Ma tutto sommato non me la cavavo male, uccidevo gli Heartless al primo colpo. “Sono solo degli Shadow, sono deboli per natura” ricordai a me stessa.
Intravidi la regina salire le scalinate insieme ai principini più piccoli, ma un gruppo di Heartless le sbarrò la strada. Damian e il resto della sua famiglia dovevano essere troppo occupati nella battaglia per accorgersene. Ma non c’era tempo di salire tutte quelle scale. Trovai una pila di sedie che dovevano essere utilizzate per il banchetto in bilico. “E’ una pazzia, anche con quelle non riuscirò mai a saltare così in alto” pensai. “Tu dici?” mi disse una voce nella testa. Saltai, arrivando in cima alla pila di sedie, e poi saltai di nuovo. Nel farlo non me ne resi conto ma era un salto disumano, alto più di due metri. Mi aggrappai ad un gradino e poi  mi sollevai sulla scalinata. Un Heartless aveva appena attaccato la regina quando mi rimisi in piedi. Ero furiosa. Quegli Heartless mi avevano sottratto dal matrimonio, ma stavano facendo del male alla mia gente, agli abitanti del mio paese. Un Heartless mi saltò addosso ma parai bene il colpo, in modo da ributtarlo indietro verso i suoi simili. Li colpii col Keyblade e dopo un po’ svanirono come vapore nero.
- Ma tu sei …
- Maestà, salite nei vostri alloggi con i principi. Se volete, posso scortarvi io, anche se non so per quanto ancora riuscirò a combattere. – dissi, con un sorriso amaro. Purtroppo la ferita alla spalla si stava facendo sentire. Non ero mai stata addestrata a combattere, figuriamoci a combattere quando si è feriti!
- Sei una ragazza e sei ferita, non dovresti combattere. E sei la fidanzata di mio figlio, non ti permetterò di stare in quella bolgia. – disse la regina con tono autorevole. Istintivamente scoppiai a ridere.
- Mi scusi, Maestà, ma non credo che in questo momento bisogni tirarsi indietro dai combattimenti. Anche se si è del sesso sbagliato, chiunque può dare una mano. – dissi e saltai giù nel chiostro. La regina mi guardava allibita, lo sapevo, ma non poteva impedirmi di aiutare i soldati. Ma qualcun altro si.
- A quanto pare ci vogliono questi a farti cambiare idea. Vieni, ti porto al sicuro. – esclamò il rosso dietro le mie spalle.
- Tu – urlai, girandomi – Sei stato tu a chiamare questi cosi? – domandai. L’uomo rise.
- Magari avessi tali poteri, non avrei bisogno di tanta fatica per portarti sulla retta via. – disse, con un sorriso stampato in faccia. Un Heartless gli saltò sulla gamba per graffiarlo, ma quello evocò la sua spada rosso fuoco e lo distrusse immediatamente. Osservai meglio l’arma: l’impugnatura era a forma di chakram e la lama sembrava lava appena emersa da un vulcano. Ricordava vagamente il mio Keyblade.
- Non avevi detto che era tardi? – chiesi, uccidendo un Heartless che si era avvicinato a noi. Lui mi guardò negli occhi – I tuoi non mi perdonerebbero mai se ti lasciassi in pericolo in mezzo a tutti questi Heartless.
- Loro sono vivi? – urlai, ma un Heartless mi colse di sorpresa e mi ferì la gamba. Il rosso lo uccise appena se ne accorse.
- Non so dirtelo. – sospirò.
- Allora non mi muoverò da Cardis. – dissi e corsi lontano da lui. L’uomo urlò il mio nome, ma ormai non mi importava più.
Non vedevo più nessuno di quelli che conoscevo: Daisuke, Misaki, Damian, il re, sembravano spariti. Improvvisamente si aprì un varco oscuro, dal quale ne uscì un uomo che indossava lo stesso cappotto dell’uomo dai capelli rossi.
- Eccola, la nostra principessina. – disse, con una voce scura. Io sobbalzai.
- Stai parlando con me? – chiesi. L’uomo si abbassò il cappuccio: era un uomo dai lineamenti duri, gli occhi di colore giallo, i capelli lunghi che richiamavano il cielo notturno e una grossa cicatrice a forma di x che gli copriva la fronte e il naso.
- E vedo anche che c’è il traditore. – disse, senza tanta sorpresa, rivolgendosi al rosso.
- Isa, sai bene come mi chiamo. – urlò, arrabbiato.
- E tu dovresti sapere che ormai Isa non c’è più. – esclamò, evocando la sua arma, un grosso claymore.
- Akane, devi scappare da qui! Muoviti! – urlò il rosso, correndomi affianco.
 - Non posso, la mia famiglia …
- Vai via! – gridò, esasperato. Aprì un varco oscuro - Non ho altra scelta – disse, e mi spinse nelle tenebre. Riuscii ad udire soltanto l’urlo dell’uomo che doveva chiamarsi Isa, poi il varco si chiuse davanti ai miei occhi.
  
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