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Autore: CatherineC94    30/03/2020    1 recensioni
La mattina si stagliava piano sulla piccola cittadina; tutto era silenzioso, tenue. Le prime luci dell’alba sfioravano le colline color del grano. Le montagne d’altro canto non erano immuni a quella carezza innocente del sole; erano silenti, ma con fare quasi autoritario circondavano le piccole colline. Quella mattina non faceva caldo, ma un vento semplice e senza pretese dava l’idea della caducità della stagione. L’estate era da molti bramata; i poeti la decantavano. Era sempre stata l’apoteosi della libertà, del concetto precario della possibilità. Ma in questa storia non si parlerà di poeti o scrittori; bensì di una giovane donna che negli anni primordiali dell’umanità si trovava a vivere negli angoli più remoti del mondo. Questa è la storia di Marianna Monastrulli, prima figlia dei coniugi Monastrulli, eredi in disgrazia di un’antica casata dei Borboni, che fra investimenti avventati e avi ubriaconi videro tutta la fortuna sfumare davanti ai propri occhi.Quindi, caduti in disgrazia i nonni della giovane protagonista della vicenda dovettero emigrare, spingendosi verso l’interno dove piccoli agglomerati cittadini creavamo piccoli mondi che si estraniavano da tutto e da tutti.
Genere: Romantico, Sentimentale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Il Novecento
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Capitolo 1
Le origini- Agata e Giuliano



 
La mattina si stagliava piano sulla piccola cittadina; tutto era silenzioso, tenue. Le prime luci dell’alba sfioravano le colline color del grano. Le montagne d’altro canto non erano immuni a quella carezza innocente del sole; erano silenti, ma con fare quasi autoritario circondavano le piccole colline. Quella mattina non faceva caldo, ma un vento semplice e senza pretese dava l’idea della caducità della stagione. L’estate era da molti bramata; i poeti la decantavano. Era sempre stata l’apoteosi della libertà, del concetto precario della possibilità. Ma in questa storia non si parlerà di poeti o scrittori; bensì di una giovane donna che negli anni  primordiali dell’umanità si trovava a vivere negli angoli più remoti del mondo. Questa è la storia di Marianna Monastrulli, prima figlia dei coniugi Monastrulli, eredi in disgrazia di un’antica casata dei Borboni, che fra investimenti avventati e avi ubriaconi videro tutta la fortuna sfumare davanti ai propri occhi. Quindi, caduti in disgrazia i nonni della giovane protagonista della vicenda dovettero emigrare, spingendosi verso l’interno dove piccoli agglomerati cittadini creavamo piccoli mondi che si estraniavano da tutto e da tutti. La piccola cittadina scelta fu come la pioggia a maggio, disattesa ma prolifica. I Monastrulli si ritrovarono in un micro cosmo, diffidente all’inizio ma che con il passare degli anni  si spalancò, dando infine una seconda possibilità. Non esistevano strade in pietra o ponti; il piccolo insediamento era tutto in salita e Agata Mafrici, nonna paterna di Marianna pensò che in realtà la salita era una condizione basica della vita degli esseri umani. Non avevano le scarpe o gonne di seta colorate e nemmeno scialle come il suo di  quel color turchese che spesso le ricordava il mare che si affacciava dalla casa paterna. Sospirò triste; quei giorni erano come un’altra vita quasi non la sua. Ricordava ancora sua nonna, che con le sue mani rugose le diceva che sposarsi era un fatto assai importante per una giovinetta; le diceva con la sua voce arrocchita dagli anni che chi si sposa cambia vita completamente e che la casa dei suoi genitori doveva scordarla. Sarebbe diventata madre, ma soprattutto moglie di un uomo che in realtà conosceva così poco e che aveva intravisto solo di sfuggita una volta fra i campi. Era estate, stavano mietendo il grano e ne ricordava le spighe al vento; alzando gli occhi dai cumuli che suo padre stava allestendo lo vedi camminare spavaldo. Giuliano Monastrulli, disse sua mamma quella sera, era un partito assai buono per lei. Non solo era un bell’uomo, ma era di famiglia buona con i ninnoli. Agata ricordava il momento esatto durante la quale aveva guardato sua madre in modo stranito; non ne sapeva niente di uomini e tanto  meno voleva iniziare in quel preciso instante. Si sentiva impreparata, era giovane si e no sedici anni; ancora adorava giocare con il fratellino piccolo Stefano. La sera si dondolava fra le braccia della sua nonnina Antonia e figurarsi se aveva la voglia o il desiderio di essere madre o moglie. Suo padre invece fu inflessibile; un’occasione del genere non poteva essere persa; Agata invece di perso vedeva solo se stessa.
E così si era ritrovata su un letto vestita di bianco senza sapere e senza volere. Il marito Giuliano, l’aveva guardata in un modo strano quella notte; i suoi profondi occhi marroni si disse tra sé e sé Agata, sembrano un fiume in piena. Ricordava a distanza di anni il suo matrimonio come se fosse ieri; a quei tempi le feste erano meno sfarzose.  La sartina del paese aveva cucito un abito bianco, la madre assieme alle zie ed alle sorelle avevano cucinato, e in men che non si dica si era ritrovata con una fede al dito e seduta di lato ad uno sconosciuto che, funzione a parte non aveva spiccicato parola con lei nemmeno una volta. Finita la festa, il cuore sprofondò nella desolazione quando si rese conto che la sua famiglia si stava allontanando per andare via; il piccolo Stefano piangeva, le altre sorelle la guardavano tristi e lei voleva urlare, non andate, non andate! Io non so cosa possa significare essere una  moglie!. Sua madre forse la capì, e avvicinandosi le strinse la mano e le sorrise, quasi come per dirle la vita va così figliola…accettala.
E la notte scese, e con quest’ultima caddero le prime lacrime di Agata; entrò nella piccola casa di due stanze che i suoi suoceri avevano regalato alla coppia e si sentì persa. Non c’era il suo letto, non c’era la sua cucina non c’era forse nemmeno più lei; la piccola Agata era come morta dentro di lei, sopraffatta da un’altra Agata, con un vestito bianco e uno sconosciuto di lato. Giuliano entrò con fare furtivo; lei pensò subito che non era un uomo di tante parole e così fu. La guardò in un modo così strano che quasi lei avvampò; si avvicinò e le disse “Andiamo di là?”.Lei dondolò sul posto e seguendolo  si rese conto che ora davvero iniziavano i problemi; si sentì ancora una volta impotente di fronte alla vita. Mentre si stendeva a letto il marito la guardò ancora e le disse:” Ora sei mia moglie”.
Così iniziò la sua nuova vita, che poco tempo dopo la trascinò in quel posto sperduto fra le colline e le montagne; a niente erano servite le sue parole, Giuliano aveva deciso di cambiare aria e vita. Ricordava ancora i visi tristi dei suoi genitori quando partirono; in qualche modo si erano forse pure pentiti di averla fatta sposare con quell’uomo che in realtà si era dimostrato un povero in disgrazia che la stava trascinando via da loro. Sua madre la guardava addolorata mentre trascinava un grosso sacco con i suoi vestiti e con la mano lisciava il suo ventre; si perché era incinta e i suoi genitori non avrebbero  mai incontrato suo nipote.
Agata ricorda ancora gli sguardi delle persone  mentre camminavano nel centro del paesello; erano timorosi, curiosi e diffidenti. Nessuno aveva le scarpe, erano tutti senza scialle e le donne avevano lunghe gonne con pieghe; i capelli acconciati con delle trecce e trasportavano delle ceste sopra. Giuliano, camminava piano per tenere il passo della moglie; durante il viaggio si era dimostrato molto diverso da quello che aveva pensato la moglie. Agata che in un primo momento l’aveva odiato per averla separata dal suo mondo, scoprì un uomo che amava parlare; era anche divertente e per certi versi premuroso. “Vieni, ci siamo quasi. Vincenzo mi ha detto che si saremmo visti qua davanti alla chiesa” le disse tranquillo. Agata annuì e sospirò. Il piccolo paese aveva sì e no una cinquantina di case piccole, baracche e una piazza dove c’era una chiesa di legno dove si venerava il Santo cugino di Gesù Cristo e un comune; di sopra però le dissero nei giorni successivi c’erano altre case e una residenza nobile. Arrivati davanti alla chiesetta, un uomo basso e tarchiato li aspettava sorridente e alzando la mano  fece capire chiaramente che il Vincenzo di cui parlava Giuliano era proprio costui. Vincenzo Spadafora, da quello che capì Agata, era un omuncolo molto intelligente ed astuto¸ conosceva da anni Giuliano e gli aveva non solo procurato una casa ma un lavoro, come spaccapietre alla montagna assieme agli altri uomini del paese. Agata non riusciva a capire come mai un uomo del genere dovesse fare così tanto; e suo marito quella sera stessa le disse che doveva molto a suo padre e che in certo senso, facendo tutto questo quasi collimava il tutto. Lei era esausta; avevano camminato per tre giorni, ed entrando nella piccola cosa che d’ora in poi sarebbe stata loro le provocò un moto di gratitudine e felicità. La casa era sopra la piazza; costruita su due piani aveva tre stanze; una piccola cucina con un camino una stanza vuota e un’altra dove si trovavano un letto ed un baule. Vincenzo quella sera gli aveva portato del pane e del formaggio, che avidamente mangiarono sul letto scomodo e freddo. Giuliano la guardava come sempre senza dire niente, e Agata si chiese perché mai facesse così. All’improvviso con una mano le accarezzò il volto, lasciandola spaventata ed interdetta; lui invece continuava a guardarla chissà perché. Agata voleva urlare e dirgli parla cavolo, parla!. Ma lui la fece stendere e abbracciandola per la prima volta le disse” Domani mi alzerò presto, starò una settimana in montagna con gli altri uomini”. Ad Agata mancò il respiro, che cosa avrebbe fatto lei,  in quel mondo così  estraneo da sola? Quasi come se Giuliano avesse avvertito la tensione disse ancora:” Stai tranquilla, domani verrà la moglie di Vicé e ti aiuterà un poco. Voglio che ti ci abitui e voglio che mi onori”. Quasi tremante le baciò la testa e il ventre con il rigonfio appena accentuato; ed Agata lo guardò ancora una volta sorpresa; alla fine lui aveva solo diciotto anni e lei sedici. Fece qualcosa che non aveva mai pensato di fare; alzò la mano imbarazzata e la poggiò sulla sua guancia. Giuliano la guardò con occhi sorpresi; Agata non aveva mai fatto qualcosa del genere in quei due mesi di matrimonio, anzi era sicuro che lei lo odiasse. In realtà, Agata aveva ancora nella tasca del suo grembiule una spiga a ricordo del giorno di mietitura, quando lo vide per la prima volta.
 
 
 
Continua…





Buona sera a tutti, sono Caterina.  I primi capitoli sono incentrati su Agata e Giuliano, ma la vera protagonista della storia è Marianna, nipote della donna. Ci troviamo nei primi anni del 1900, nel profondo sud d'Italia. Spero con tutto il cuore che l'idea vi piaccia, fatemi sapere un bacio!
 
 
 
 
   
 
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