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Autore: ValeKikyo    30/03/2020    1 recensioni
I professori si rendevano sempre disponibili a ricevere gli alunni che avevano bisogno di chiarimenti, anche se Rebekka non si aspetta certo un tale entusiasmo
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Danimarca, Norvegia, Nyotalia
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Ricevimento Scritta per il contest Home sweet Home indetto dalla pagina facebook Axis Powers Hetalia - Italian Fans

Ricevimento


Che le persone di scienza fossero un po’ eccentriche era un fatto risaputo, bastava guardare i grandi scienziati per capire che a volte ad un grande genio corrispondeva anche un atteggiamento assurdo.
Anche se a dirla tutta, Rebekka non era proprio convinta che la professoressa Vestergaard fosse un genio.
Si vedeva che era brava in ciò che spiegava, e ci metteva passione, a volte un po’ troppa.
Si metteva alla lavagna a parlare e scrivere, scrivere e parlare, a volte perdeva il filo del discorso, tornava indietro e si rendeva conto di aver sbagliato un segno, quindi si doveva rifare tutto da capo.
Le facce confuse degli studenti dicevano tutto quello che c’era da sapere.
Aveva letto da qualche parte che tale comportamento caratterizzava chi pensava a più cose contemporaneamente, sovraccaricando il cervello, e che quindi perdersi fosse normale per quelle persone.
Forse per lei poteva essere normale, ma per Rebekka non lo era per niente, lei aveva bisogno di passare quell’esame, ed una professoressa danese eccentrica non poteva certo impedirglielo.
Sospirò prima di bussare alla porta del suo ufficio, aveva seriamente paura di ciò che avrebbe trovato al di là.
-Avanti!-
La ragazza entrò, guardandosi intorno.
C’erano appunti letteralmente ovunque.
Fogli per terra, fogli sulla scrivania, post-it attaccati sul muro, la lavagna piena di formule strane che non aveva mai visto in vita sua.
Se veramente avrebbe dovuto fare certe cose anche lei in futuro, forse iscriversi a Fisica non era stata la scelta migliore che avesse fatto.
La testa della professoressa spuntò dal cumulo di fogli sulla scrivania, aveva i capelli biondi ancora più scompigliati del solito e uno strano ciuffo, nonostante i capelli lunghi, violava ogni legge della gravità e stava alzato rispetto al resto.
-Ah! Tu sei Kristiansen giusto?-
La norvegese sbatté le palpebre, sorpresa.
Non erano in molti a frequentare quel corso, ma si stupì del fatto che lei ricordasse il suo nome.
-Sì, sono io-
Gli occhi blu della donna la scrutavano, vispi e attenti.
-Vieni, siediti!-
Tolse con noncuranza dei fogli dalla sedia davanti alla scrivania e le fece cenno di accomodarsi.
Rebekka si sedette, prendendo il quaderno.
-Dimmi cara, come posso esserti utile?-
-Riguarda l’ultima lezione, c’è una dimostrazione che non ho compreso a pieno-
-Certo, fammi vedere-
Le porse il quaderno e dopo una rapida occhiata la professoressa annuì.
-Capisco perché ti sei confusa, non sei la prima che viene-
La norvegese avrebbe voluto dire “ma chissà perché”, ma si trattenne per il bene della sua carriera universitaria, mantenendo una poker face.
Laerke girò la lavagna per rivelare il lato vuoto e prese un gesso.
-A volte a lezione vado troppo veloce, lo riconosco, cercherò di andare più piano adesso, ok?-
Lei annuì, girando il quaderno ad una pagina vuota.
-Allora…questa è la nostra formula ok?-
E la scrisse alla lavagna.
-Quindi, se prendiamo quest’altra formula, e poi…-
Rebekka osservava con attenzione, guardando bene la mano della professoressa, cercando di seguire il ragionamento.
Stava andando veramente più piano per fortuna, ed era decisamente meglio.
Ogni tanto si interrompeva per chiederle se avesse capito, a risposta affermativa continuava, entusiasta.
In quella seduta solitaria la stava decisamente rivalutando.
Era comunque stupita dalla quantità di disordine presente nel suo ufficio, lei non sarebbe mai riuscita a vivere in tali condizioni, rischiavi di scivolare su un foglio se mettevi il piede nel posto sbagliato, ma la danese sembrava a suo agio.
La lavagna fu riempita di numeri, simboli e lettere, fino a qualche anno prima le sarebbe sembrato elfico, invece adesso con l’aiuto della professoressa, riuscì a comprendere tutto ciò che c’era scritto.
-Ci siamo?-
Aveva gli occhi stanchi e le ci volle qualche secondo per capire che avevano finito.
Gettò un’occhiata al suo quaderno.
-Sì, ci siamo-
-Sicura?-
Si sedette sulla scrivania, facendo cadere altri foglietti, avvicinandosi a lei per guardare il quaderno.
-Sì, direi che ci siamo-
Rebekka aveva il seno della professoressa pericolosamente vicino alla faccia mentre lei si chinava per vedere gli appunti, arrossì e cercò di allontanarsi per quanto possibile, con la scusa di sistemarsi una ciocca di capelli biondissimi che le era finita davanti al viso.
-Sei molto precisa, io non ci sono mai riuscita-
-Bhe…sì…-
Voleva dire “lo avevo notato”, ma non le sembrava il caso, di nuovo, doveva preservare la sua carriera universitaria.
La professoressa le afferrò il mento, facendole alzare lo sguardo, facendola spaventare.
-Hai degli occhi molto particolari…sembrano quasi viola…-
-Ehm…sì…è una caratteristica di famiglia…-
-Affascinante-
Si avvicinò a lei, le loro labbra quasi si toccavano e il cuore di Rebekka batteva all’impazzata, perché la situazione era diventata così intima?
Non si aspettava che la professoressa fosse così invadente, specialmente con una studentessa.
Era illegale o qualcosa del genere no?
Cercava di restare calma, molte volte era stata accusata di essere “più fredda del suo paese natale”, ed in quel momento doveva esserlo più che mai, specialmente con le labbra di una bella donna a pochi centimetri dalle sue.
E soprattutto perché quella bella donna era una professoressa.
Eppure sembrava giovane, forse era veramente un genio ed era riuscita a fare carriera rapidamente.
In fondo l’unica parete ordinata era quella dove erano appesi numerosi attestati, evidentemente volevano dire qualcosa.
-Hai un nome nordico anche tu, da dove vieni?-
-Sono norvegese-
-Ah, Norvegia!-
La professoressa si staccò, sedendosi scompostamente sulla scrivania, facendo volare altri fogli e una penna.
-È veramente bellissima, ho preso uno dei miei dottorati lì, quello-
E senza nemmeno guardarsi alle spalle, come se ne conoscesse l’ubicazione a memoria, le indicò uno dei numerosi attestati, che lei in effetti riconobbe provenire da una delle università più prestigiose della sua madrepatria.
-Sembra che le piaccia studiare-
-Non ho fatto altro da quando ho imparato a leggere praticamente, è stato difficile per me stabilirmi qui ad insegnare, ma penso che istruire giovani menti sia il miglior modo per rimanere attivi, e lavoro comunque nella ricerca, il mio cervello non si ferma mai-
-Sì…lo vedo…-
Lei si mise a ridere, cercando invano di risistemarsi il ciuffo ribelle.
-Sì, non sei la prima che lo dice, ma non posso farne a meno, l’entropia è potente in me-
Rebekka sorrise leggermente, cogliendo la citazione.
-Allora c’è altro di cui volevi parlarmi? Altre formule che non ti tornano?-
-No, credo che sia tutto a posto, posso ricontattarla in caso?-
-Ma certo, io ci sono sempre!-
Sorrise, scendendo della scrivania per stringerle la mano.
-Vieni pura qua se hai bisogno di aiuto, d’accordo?-
Le fece l’occhiolino, facendola arrossire leggermente.
-Certo, la ringrazio-
Si alzò e rivolgendole un cenno di saluto se ne andò, chiudendo bene la porta.
Era una fortuna che non tutte le professoresse fossero giovani e attraenti, o sarebbe stato un bel guaio per lei laurearsi.
Poteva mantenere un’apparenza fredda, ma fino ad un certo punto.

Dopo tanto tempo torno con una breve one-shot!
Non ho mai scritto di Danimarca e Norvegia, quindi non sono sicura di essere riuscita a rispettare i caratteri, spero vogliate darmi qualche consiglio, recensioni e critiche dette in modo civile sono sempre ben accette, alla prossima!

  
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