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Autore: MoeniaDea    30/03/2020    1 recensioni
Francis ed Elliot, due fidanzati americani, si sono trasferiti in Italia e stanno dando il bianco alla loro casa. Ma in quella cornice apparentemente idilliaca, accompagnata dalla vicina e proprietaria di casa, nascerà il dubbio che porterà uno dei due a prendere una decisione sul futuro di quella casa.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nell’aria si spandeva l’odore della vernice: sapeva di colla vinilica, di polvere e di pioggia. All’inizio sembrava secco, ma un attimo dopo seccava la gola come polvere di gesso.
- Mi ricorda le mie scuole elementari.
Le parole di Francis ruppero il silenzio fino ad allora interrotto soltanto dallo stridio dei gabbiani. Posò il rullo nella vaschetta dove aveva versato la vernice e si sedette su uno sgabello al centro della stanza. Prese il pacchetto di sigarette dalla tasca della salopette marrone e ne accese una, aspirando lentamente il fumo, per poi espirarlo nell’aria calda di inizio giugno. Il ragazzo continuò a fumare fissando il suo compagno. Egli era intento a finire di verniciare la sua porzione di parete.
- C’era un bidello, in quella scuola. Il signor John, ma noi tutti lo chiamavamo Veterano. E veterano lo era davvero. Era stato in guerra, ci raccontava tanti episodi, e quando noi avevamo qualche problema o qualche litigio andavamo da lui. Era il custode della pace di quella piccola scuola di periferia, come un soldato solitario, ultimo a custodire chissà quale tesoro. L’ho incontrato prima di partire, quando sono andato a salutare i miei genitori. Mi ha visto e appena mi ha chiesto perché mai stessi partendo per l’Italia sembrò bastargli il mio sguardo come risposta. Mi diede una pacca sulla spalla e mi disse “buona fortuna”. Sembrava in ottima salute, nonostante l’età. Da quando è in pensione, passa giornate intere a dipingere.
Elliot si voltò e lo fissò con aria perplessa. – Ti ricorda tutto questo la puzza di vernice?
- Semmai il profumo.
- Ne abbiamo da discutere a riguardo. – Rispose il ragazzo. Poi si mise a guardare Francis che stava fissando il cielo fuori dalla finestra. Vestiva solo di una camicia a quadri bianchi bordati d’azzurro, e di quella salopette macchiata di vernice che tanto gli piaceva. Sapeva bene che sotto quei vestiti portava solo le mutande, ma si stava trattenendo dall’avere qualunque altro pensiero che l’imbiancare la stanza. Eppure, avrebbe voluto toglierli quei vestiti con la scusa di lavarli pur di poterlo ammirare.
Il campanello interruppe i suoi pensieri lo riportò alla realtà. Francis si alzò e andò ad aprire. Vedendo l’evidente erezione di Elliot, gliela accarezzò ridendo. Dall’altro lato della porta c’era la vicina del piano di sopra, nonché proprietaria della casa.
- Signora Maria, qual buon vento? – Francis non si tratteneva dal mostrare quanto bene stesse imparando l’italiano.
- Oh France’, vi ho portato la merenda. - Ed attraversando l’ingresso entrò nella stanza dove i due ragazzi stavano tinteggiando. Posò sul tavolo un piatto con sopra sei fette di pane condite con un filo d’olio e origano. – Vi servono forze, belli miei. Questo è olio buono, mica come in America.
Francis diede un bacio in guancia alla donna. – Signora Maria, lei è la nostra salvezza.
La donna ridacchio, e rispondendogli non riuscì a celare il suo accento siciliano. – La verità è che mi manca l’olio della terra mia, a bedda Sicilia. Cortesemente, un amico di mio marito ce ne ha portato un poco, quindi tanto vale approfittarne, no?
La signora uscì dall’appartamento, lasciando i due a gustarsi la semplice merenda.
- È davvero più buono dell’olio americano. – Disse Francis.
Elliot si limitò ad annuire.
 
La sera, quando ormai il sole era tramontato, i due ragazzi tornarono nel loro appartamento. La signora Maria e il marito Alberto, nonostante fossero i loro affittuari, ci tenevano ad averli a tavola per compagnia. “Non vi lasceremo mangiare in mezzo alla polvere” aveva detto il signor Alberto.
Seduti intorno alla piccola tavola, coperta da una tovaglia di stoffa e con sopra piatti gustosi, i quattro mangiavano e chiacchieravano, ogni tanto commentando il quiz a premi in TV, eterno sottofondo. Francis aveva studiato l’italiano già dai tempi del liceo, e al college aveva continuato trascinando Elliot, che continuava a inciampare nelle pronunce e le coniugazioni dei verbi. Durante il primo anno, non smise di lagnarsi sui tempi verbi e le irregolarità. “Sono pazzi questi italiani!”.
Dopo cena, caffè e limoncello, i due lasciarono l’anziana coppia a guardare la televisione e fare il giro di telefonate ai parenti. I due americani, non avendo mai visto un tale attaccamento della famiglia così profondo, sulle prime erano rimasti interdetti. Ora invece invidiavano i loro parenti, perché di notizie dalle loro famiglie ne ricevevano poche anche ai tempi dell’università, ed ora che erano oltreoceano ancora meno.
La stanza dove era poggiato il materasso matrimoniale che condividevano aveva ancora le pareti scrostate, la vecchia vernice era segnata dai quadri, accatastati in un angolo.
Sopra un mucchio di libri, c’era una piccola radio a pile. L’antenna era puntata verso la finestra, chiusa solo con le persiane. Sotto alla luce gialla della lampadina scoperta, l’apparecchio venne accesso e dalla cassa uscirono le note di una chitarra e una voce femminile iniziò a ricordare di un’infanzia in montagna.
Francis porse la mano ad Elliot. – Madame, mi offrirebbe questo ballo?
Il ragazzo rispose ridendo, per poi prendergli la mano. – Molto volentieri, monsieur.
I due si misero a ballare in mezzo alla stanza, per poi spostarsi nell’ingresso. La destra di Elliot nella sinistra di Francis, l’altra mano sul fianco. Un passo alla volta, disegnando larghi cerchi, gli occhi dell’uno fissi in quelli dell’altro. Ma dopo trenta secondi, non trattenne le risate. Di fronte a quel sorriso, Francis non si trattenne dal baciare il suo compagno, interrompendo la danza. Continuarono a baciarsi fino a che la canzone finì e l’annunciatore ne rivelò il titolo. – Avete appena ascoltato Montagne Verdi di Marcella, direttamente dalla ventiduesima edizione del Festival di Sanremo, ed ora…
- Un giorno, andrò a vedere Sanremo dal vivo. – disse Francis, mentre un ciuffo biondo gli cadeva davanti agli occhi.
- Ci riuscirai. – Rispose Elliot sistemandogli i capelli. L’altro gli spettinò i riccioli castani.
 
Dopo una settimana, a mezzogiorno, il campanello della casa dei due ragazzi suonò. Elliot, rimasto solo mentre Francis aiutava la signora Maria con la spesa, stava spostando le scatole da quella che sarebbe stata la camera da letto da imbiancare. Andò ad aprire, trovandosi davanti un uomo: era un signore sulla sessantina, dalla barba bianca e i capelli lunghi, anch’essi canuti, legati dietro la nuca. Indossava una camicia beige ed un gilet di pelle pieno di tasche, e i pantaloni erano pieni di minuscoli pezzi di legno.
- Dove sta comare Maria?
- È… a fare la spesa. – Rispose titubante il ragazzo. L’uomo fece spallucce. – Lei è qui per i mobili?
La risposta fu un sì secco come un colpo di accetta che tagliava in due un pezzo di legno.
Il falegname tirò fuori da una delle tante tasche del gilet un orologio da taschino, fissò il quadrante e corrucciò la fronte. – Posso iniziare a prendere le misure? Che si fa tardi.
Elliot lo fece accomodare, e quando passò le sue narici furono invase dall’odore di legno e resina.
L’artigiano posò la sua cassetta di ferro, con la vernice rossa scrostata in più punti, e ne tirò fuori un metro da muratore. Prese le misure delle varie stanze, chiedendo conferme al ragazzo su dove volevano i mobili. Credenze, cucina, tavolo, comodini, letto, cassettiere, armadi. Ogni arredo ebbe presto le sue misure, segnate su dei fogli ingialliti con una matita smangiucchiata.
Mentre l’uomo ultimava le ultime misure in cucina, la porta di casa si aprì ed entrarono Francis e la signora Maria. La donna appena vide l’uomo urlò. – Mo frati!
- Mo soru!
I due si abbracciarono e baciarono sulle guance. Elliot non capiva più cosa stesse succedendo, ed il suo compagno si avvicinò per spiegargli, sussurrando in inglese all’orecchio, che i due erano fratelli. Ma il ragazzo dovette sforzarsi per capire, perché l’improvvisa presenza del fiato caldo di Francis sul suo collo lo inebriò e confuse.
I due fratelli iniziarono a parlare in siciliano stretto, e fu solo dopo che la donna coinvolse i due americani: prese le misure, avevano diritto nella scelta dello stile dei mobili. Dopo svariate opzioni, e confrontando alcune fotografie e disegni che il falegname chiamava “catalogo”, venne scelto di fare l’intero mobilio con una linea semplice, e sui ripiani di tavolo e comodini degli inserti in legno.
- Normalmente costerebbe di più farli, ma mi è arrivato un carico di legno norvegese, e ho anche del pino tirolese in magazzino, per gli inserti. Visto che sei mia sorella e loro i tuoi affittuari, farò uno sconto.
La signora Maria si girò e disse ai ragazzi. – Allora dividiamo le spese, d’accordo?
 
L’ago della bilancia passava rapidamente dallo zero oltre l’uno quando l’ortofrutticolo metteva la merce sul piatto. Così facendo, un gruppo di sacchetti di cartone pieni di verdure e frutta si accumulavano in grandi buste di plastica bianca. Elliot pagò, ed uscì dal negozio sulla strada popolata da vecchie auto e motorini. Il ragazzo la attraversò, per poi camminare in direzione di casa. Quando entrò, posò la spesa nel frigorifero nuovo di zecca posizionato nella cucina appena ridipinta. Poi uscì di nuovo di strada, e passeggiò un po’ per le vie.
In quel momento, Francis e il signor Alberto erano andati a comprare la vernice mancante per dipingere la camera da letto e il bagno. “È questione di un’oretta”, aveva detto.
Arrivato al lungo mare, camminò per un po’, fino a quando arrivò davanti a un bar. Era uno dei tanti locali che davano sulla strada, con l’insegna rovinata dal sole e il dehors davanti con sedie e tavolini di plastica bianca. Si sedette ed ordinò un tè alla pesca freddo. Mentre sorseggiava dalla lattina arancione, una ragazza si avvicinò al suo tavolino. – Posso? Tutti gli altri posti sono occupati, giuro me ne vado tra pochi minuti, ma ho bisogno di sedermi.
Elliot la fissò, poi fece spallucce. – Certo.
La ragazza ordinò un caffè, posò la sua borsa sul tavolino e ne tirò fuori un libro tascabile. Sul fronte c’era scritto il titolo: Delitto e Castigo Dostoevskij. La copertina di carta blu era sottile, presentava solo quella scritta, e il taglio delle pagine conferiva un’aria quasi artigianale ad antiquaria al volume.
Il ragazzo lanciò un fischio. – Bel libro, come fai a leggerlo?
La ragazza lo fissò. – Non sei italiano, vero?
- No, americano.
La risposta fu un altro fischio. – Davvero? Oh che bello, ho sempre sognato andarci. Comunque, mi chiamo Lucia, piacere.
- Piacere mio, sono Elliot.
- Sei qui in vacanza?
- No, mi sto trasferendo qui con il mio… - Cerco in fretta e furia la parola. – Amico.
- Amico?
- Amico.
Il caffè di Lucia arrivò, e lei iniziò a berlo amaro, accarezzando la copertina del libro. – E perché mai avete deciso di venir a vivere qui in Italia?
- È stata un’idea del mio amico, ha studiato per fare il dantista, e pensava di stabilirsi fisso qui. Io l’ho solo seguito.
- Quindi sei qua senza uno scopo?
Elliot sospirò. – Pare proprio così.
Anche Lucia sospirò. – Ma andare a vivere così lontano da casa dovrebbe richiedere maggiori motivazioni del seguire un amico, non puoi farlo come se fosse possibile tornare indietro con poco.
Il ragazzo rimase colpito da quelle parole. – Ma è molto più che…
- Ti stai raccontando una scusa, vero? Tu davvero desideri vivere lontano da casa con quel tuo amico? Per sempre, magari? - Lanciò un’occhiata all’orologio al polso. – Devo già andare, ma se vuoi parlare, ti lascio il mio numero di casa. È più facile trovarmi la sera. – Sempre dalla borsa tirò fuori un pezzo di carta e una penna, scrisse le dieci cifre del suo numero e lo consegnò al ragazzo. – Ciao! – Si alzò e se ne andò.
Il ragazzo ricambiò con un “ciao” impacciato.
 
Tornato a casa, Francis trovò Elliot impegnato nel rovistare tra gli scatoloni. Il ragazzo gli palpò il culo per richiamare la sua attenzione.
- Ti sono mancato?
Elliot sembrava disorientato. – Eh… ah, sì. Sì, mi sei… mancato.
- Tutto bene? Che stai facendo?
- No… niente. Tu? Hai preso quello che serviva?
- Sì, il signor Alberto sta scaricando tutto. Vieni a darmi una mano a portare su?
Elliot rimase a fissare lo scatolone di fronte a sé, lo sguardo perso nel vuoto. – Sì… sì. Tu vai, ti raggiungo.
Francis scese in strada ed iniziò a prendere la vernice, e quando salì con le prime latte, il suo compagno era ancora a fissare il vuoto davanti a sé. Ma non gli parlò.
Dopo cena, Francis era rimasto impegnato dai loro vicini per chiacchierare, mentre Elliot era sceso a casa loro. Quando il ragazzo rientrò, trovò il compagno sdraiato sul divano in mezzo al salotto, col telefono fisso nuovo di pacco poggiato sulla pancia e la cornetta tenuta tra testa e spalle mentre scriveva qualcosa su un quaderno. Francis fece per avvicinarsi, ma Elliot si girò e lo fulminò con uno sguardo, per poi sussurrargli.
– Sono al telefono. Tu non aspettarmi.
Il ragazzo rimase perplesso, perché non gli era mai capitato prima che il suo ragazzo gli rispondesse così. Se ne andò nella stanza che il giorno dopo avrebbe verniciato: le pareti scrostate erano già dipinte di bianco a metà, ma sotto si intravedeva ancora il vecchio colore, un verde pisello sbiadito. In un angolo erano poggiati i secchi con la vernice, chiusi ma sopra era scritto su un pezzo di nastro “fiordaliso”. Il ragazzo si strofinò le mani, e pensò di andare a dormire se non fosse che avevano spostato il materasso in salotto, dove ora c’era Elliot al telefono. Non volendolo disturbare, Francis entrò di soppiatto per prendere il suo cuscino, lo buttò per terra nella futura camera da letto e si addormentò lì per terra.
La mattina dopo, Francis si alzò presto con la schiena indolenzita. Andò in cucina a prepararsi un caffè, e vide che Elliot si era addormentato sul divano. Non lo svegliò, e dopo aver fatto una frugale colazione tornò nella camera da letto, pronto a lavorare.
Mentre stendeva il bianco alle pareti, sentì la porta del bagno chiudersi: Elliot si era alzato. Continuò a lavorare, tenendo accesa la radio su un programma di musica mattutina, e canticchiando. Si alternavano italiani e poche canzoni in inglese, solo quelle più famose.
Aveva appena finito la seconda mano, sulla parete accanto al letto, quando sentì la porta di casa chiudersi. Francis smise di dipingere, si sedette, lasciandosi cadere, sullo sgabello al centro della stanza, col rullo abbandonato tra le mani, e lasciò scorrere il tempo mentre Elliot si allontanava per sempre. Alla radio stava passando Nowhere Man dei Beatles.


Nota dell'autor
buonsalve a tutt*,
allora, iniziamo questo angolo dell'autor con un mega grazie a Frizzina (ancora lei, zanzan). Why? l'immagine iniziale della stanza che veniva verniciata e la bozza dell'idea sono opera della sua testa. ancora, come molte altre volte, arriva e mi dice "ehi, guarda qua" e mi lancia l'idea di turno in mezzo agli occhi.
BTW
il titolo e la canzone sono un caso. mi spiego peggio: stavo finendo la prima stesura dell'ultima parte, ascoltando Rubber Soul dei Beatles, quando è partita proprio Nowhere Man. qualcosa vorrà dire. ho pure fatto sbucare Norwegian Wood (per chi avesse presente la spiegazione del testo) AHAHAH
sooo, grazie per aver letto questi miei deliri scribacchini

- MoeniaDea
   
 
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