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Autore: steffirah    01/04/2020    2 recensioni
A causa del lavoro del padre Sakura verrà ospitata a casa di una sua cugina, in una cittadina dal nome mai sentito prima, nell'estremo nord del Paese. Qui farà nuovi incontri, alcuni dei quali andranno oltre la sua stessa comprensione, mettendo a dura prova le sue più grandi paure. Le affronterà con coraggio o le lascerà vincere?
Una storia d'amore e di sangue, di destino e legami, avvolta nel gelo di un cielo plumbeo, cinta dalle braccia di una foresta, cullata dalla voce di un lupo.
Genere: Angst, Dark, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eriol Hiiragizawa, Sakura, Sakura Kinomoto, Syaoran Li, Tomoyo Daidouji | Coppie: Shaoran/Sakura
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Donandoci noi stessi


 

Al tramonto riprendemmo il bus per tornare a casa e ci salutammo fuori la villa Daidouji.
Me ne rientrai tutta contenta e avendo momentaneamente dimenticato i piani della serata grande fu il mio stupore quando, mettendo piede all’interno, mi ritrovai davanti quasi tutti i membri della famiglia Li ad attendermi. Sorrisi loro raggiante, calciando via le scarpe proprio mentre le quattro sorelle e Meiling-chan mi saltavano addosso, riempiendomi di auguri e bacetti. Ridacchiai troppo contenta, lasciando che mi coccolassero, rivolgendo poi uno sguardo a Syaoran-kun. Mi sorrise dolcemente e, anche da qui, mi parve di sentire i suoi auguri mentre muoveva a malapena le labbra, sillabandone le more. Lo ringraziai con un caloroso sorriso e le ragazze mi porsero gli auguri anche da parte della loro madre, assente poiché impegnata col lavoro.
Mentre mi spingevano a salire le scale affinché potessi cambiarmi mi interessai a riguardo e loro spiegarono che lei sostituiva Sonomi-san come sua vice quando quest’ultima si trovava all’estero. Non ne avevo proprio idea! Per questa ragione doveva intrattenersi spesso con clienti e commercialisti.
Scoprii allora che anche le sorelle maggiori erano dipendenti della sua compagnia, alcune si occupavano della sezione dedicata ai giocattoli e altre a quella dell’elettronica. Naturalmente, la sede principale si trovava in una città vicina, ma vi erano diverse filiali sparse un po’ ovunque, sia dentro che fuori il Giappone. Questo, finalmente, spiegava come facesse mia cugina ad essere così ricca!
Una volta in camera mia lasciarono perdere le questioni lavorative, invitandomi ad indossare l’abito nuovo. Le accontentai senza fare rimostranze e loro si illuminarono tutte, riempiendo di elogi Tomoyo-chan per il suo operato. Meiling-chan si propose di acconciarmi i capelli, arricciandoli e intrecciandoli, mentre Feimei-chan mi truccava e le altre tre sorelle attendevano impazienti che finissero, dando consigli sul cosa fare per rendermi “ancora più spettacolare”.
«Sei un capolavoro!» esclamarono all’unisono una volta che ebbero finito, gongolando.
«Sembri uscita da un dipinto!» piagnucolò felice Shiefa-san.
Arrossii vistosamente, dandomi un’occhiata allo specchio. In effetti, sembravo una di quelle principesse ritratte nei libri di fiabe occidentali. Mi portai una mano sul cuore, chiedendomi cosa ne avrebbe pensato Syaoran-kun vedendomi. Scossi la testa, cancellando quel pensiero sciocco e imbarazzante, notando che le sorelle stavano prendendo qualcosa da una busta che avevano portato con sé. Da questa ne estrassero un pacchetto confezionato e la maggiore me lo porse. Lo scartai cercando di non strapparlo troppo – anche se non era impresa facile, sapendo quanto potevo essere imbranata – e ne rivelai il contenuto, restando a bocca aperta. Era un portagioie in legno su cui erano incisi fiori e caratteri cinesi.
«Che bello…» sussurrai senza fiato, seguendone i disegni con la punta dell’indice.
«Noi lo abbiamo realizzato e nostra madre ha tracciato le poesie» ammiccò Fanren-san.
Aprii le labbra incredula, incapace di esprimermi. Erano state tutte bravissime! Non avrei mai pensato che fosse stato realizzato a mano, ero convinta lo avessero acquistato da qualche parte. Non potevo crederci che si fossero impegnate tanto, dedicandomi tutto quel lavoro e quel tempo, soltanto per il mio compleanno.
«Dentro c’è il regalo da parte mia» mi informò Meiling-chan, in attesa che lo scoprissi.
Appoggiai il cofanetto sul comò, aprendolo con cura. All’interno c’erano diversi scompartimenti con al centro un fermaglio per capelli fatto di pietruzze verdi, su cui erano posate un piccolo paio di ali bianche, che sembravano di madreperla.
«Sono regali bellissimi!» esclamai guardandole tutte, con le lacrime agli occhi. Le abbracciai una per una, ringraziandole, promettendo che ne avrei fatto tesoro per sempre, e mentre Meiling-chan mi appuntava il suo regalo sulla treccia io mettevo la fotografia nella cornice di Natale.
Quando mi girai mi accorsi che tutte la guardavano invidiose, senza che potessi comprenderne la ragione.
Feimei-chan sbuffò facendo alzare alcune ciocche sulla sua fronte, mentre incrociava le braccia.
«Sarebbe bello se avessimo anche noi una foto.»
«Potremmo farla…?» provai a proporre, timidamente.
Le ragazze Li si rivolsero un’occhiata indecisa e Tomoyo-chan sospirò afflitta.
«Non penso sia possibile» si dispiacque Fanren-san, scuotendo il capo.
«Hoe? Perché?»
«Noi non abbiamo mai provato, ma… diciamo che sarebbe un tabù.»
Guardai Shiefa-san disorientata. Addirittura un tabù?
«Si dice che le fotografie possano catturare l’anima delle persone» si intromise Meiling-chan, spiegandomi meglio la questione. Già quelle parole non mi piacevano, avevano un che di inquietante. «A quanto pare nell’Ottocento, quando furono create le prime macchine fotografiche, molti vampiri provarono ad esserne immortalati e…»
Fece una pausa ad effetto, adombrandosi. Trattenni il fiato, tremando. Cosa? Cosa era successo?
«E pare che la loro immagine risultasse… diversa.»
«Diversa…» ripetei, deglutendo a fatica.
Lei annuì, la sua espressione si fece ancora più grave.
«Gli esseri immortalati non avevano lo stesso aspetto che avevano agli occhi degli altri. I tratti erano sfocati e grotteschi, e avevano un che di… demoniaco.» Ci mise un po’ a scegliere la parola giusta, con la quale mi fece rizzare tutti i peli. «La consideravano la nostra vera essenza per cui fu proibito farci fotografie. Così come anche guardarci agli specchi.»
Automaticamente guardai lo specchio che avevo in camera e solo allora mi accorsi che tutte loro si tenevano a distanza dal perimetro del suo riflesso.
Mi avvicinai alla porta, rattristandomi, soprattutto quando Fuutie-san aggiunse: «Abbiamo tutti paura di quel che realmente siamo.»
«Per me, voi siete quel che io vedo» sussurrai, alzando lievemente lo sguardo, rivolgendo loro un piccolo sorriso sincero.
Anche loro ricambiarono debolmente, prima di ridestarsi da quell’umore cupo.
«Ciononostante» riprese Shiefa-san, illuminandosi, «abbiamo la fortuna di essere delle artiste nate.»
«E per questo fate ritratti che pareggiano con le fotografie!» esclamai, ricordando il primo compito che io e Syaoran-kun avevamo dovuto svolgere insieme.
«Precisamente» confermarono allegre le sue sorelle, mentre Meiling-chan sembrava trattenersi dall’aggiungere qualcosa, ridacchiando sotto i baffi.
La guardai interrogativa e mentre le sorelle Li ci anticipavano giù per le scale e anche noi tre ci accingevamo a scendere sussurrò tra sé: «Chissà che Xiaolang non ti “immortali” con questo aspetto?»
Non colsi la sua allusione, solo guardai Tomoyo-chan che sopprimeva a sua volta una risata al di là della sua videocamera e feci notare: «Ma Tomoyo-chan mi sta già registrando.»
Entrambe risero di qualcosa che mi era totalmente ignoto, finché Meiling-chan pure non ci sorpassò per raggiungere prima il pianoterra e Tomoyo-chan mi si accostò, sussurrandomi all’orecchio: «Perché non chiedi a Li-kun di mostrarti i ritratti che fa, qualche volta?»
Mi illuminai come luci di Natale. I suoi ritratti? Quindi era davvero un artista!
Annuii entusiasta, immaginando già che questo ci avrebbe portato inesorabilmente a trascorrere altro tempo insieme. Sarebbe stato bellissimo! E mi avrebbe dato l’opportunità di ritornare in quella casa favolosa!
Giubilai felice, raggiungendo finalmente il fondo delle scale. Trovai in maniera incomprensibile tutte le ragazze Li schierate a mo’ di muro, in fila, bloccando il passaggio verso il salone. Le fissai interrogativa e loro sogghignarono con complicità, prima di scivolare con leggerezza ai lati, quasi fluttuando, come se si stesse aprendo un sipario. Al di là di esse apparve uno Syaoran-kun altrettanto disorientato, il quale non appena posò gli occhi su di me schiuse le labbra, sgranando gli occhi. Sussultai, sentendo il calore invadermi le guance. Pareva che stesse trattenendo il respiro e io mi pietrificai, fissandolo tesa, non battendo ciglio. Cosa pensava? Come mi trovava?
Non avevo idea di quanto tempo fossimo rimasti così, fatto sta che a un certo punto Meiling-chan lo cozzò con un gomito, posandosi le mani sui fianchi.
«Allora?» domandò incalzante.
Lui le rivolse un’occhiataccia, massaggiandosi la zona colpita.
«A-allora, cosa?»
La cugina alzò gli occhi al cielo, le sorelle emisero un sonoro respiro, colpendosi la fronte e scuotendo la testa. Eriol-kun cercava di non ridere per rispetto, ma sembrava tremendamente divertito.
«Allora, non hai nulla da dire?» specificò, indicandomi dalla testa ai piedi.
Lui tornò a guardarmi, sembrando imbarazzato. Spostò gli occhi sul mio vestito e, forse per andargli incontro, mia cugina spiegò: «L’abito gliel’ho confezionato io.»
A questo subito si aggiunse Feimei-chan: «Al trucco ci ho pensato io.»
Meiling-chan mi si avvicinò prendendomi per le spalle, facendomi voltare di schiena.
«E i capelli glieli ho acconciati io» concluse, guardandolo oltre me. Assottigliò gli occhi, sibilando tra sé: «Patetico.»
Piegai la testa su un lato, non capendo, ma lei alzò le mani lasciandomi.
«Basta, ci rinuncio» dichiarò, tornando dalle altre.
Mi rigirai, più confusa che mai.
Ritrovai per un istante lo sguardo di Syaoran-kun, ma lui lo sviò immediatamente, borbottando: «Siete state brave.»
Fu un errore pronunciare quelle parole, perché con esse sembrò far arrivare Meiling-chan sull’orlo di una crisi di nervi. Attaccò quindi a parlare in cinese e sembrava quasi che lo stesse rimproverando. Lui la ascoltò impassibile, per poi sbottare qualcosa di altrettanto incomprensibile. Di conseguenza lo guardai meravigliata: era la prima volta che lo sentivo parlare nella sua lingua madre!
Rimasi ad ascoltarli a bocca aperta, finché non cominciò a vorticarmi la testa per quanto il loro tono fosse alto e le parole veloci.
«Okay, ora piantatela» pose fine al loro battibecco la sorella maggiore, guardandoli male. «Non sta bene parlare in un’altra lingua davanti a chi non vi capisce.»
Entrambi ritrovarono il contegno, scusandosi con noi, e io riacquisii raziocinio, chiedendo: «A casa parlate in cinese?»
«Quello era cantonese» mi corresse Feimei-chan, ammiccando.
«Oh! Ci sono molte differenze?» domandai curiosa, avvicinandomi a lei, entrando in salone.
Confermò con la testa e Shiefa-san sogghignò subdolamente.
«Neh, Xiaolang, perché non le insegni qualcosa?»
«No, no!» rifiutai al posto suo, scuotendo le mani davanti al viso, vergognandomi un tantino nell’ammettere: «Sono negata con le lingue, anche in inglese i miei voti sono a malapena sufficienti.» E non volevo imbrogliarmi il cervello più di così.
«Ara? Xiaolang, dovresti proprio darle delle lezioni» suggerì Fanren-san, guardando il fratello.
Arrossii, scrollando vigorosamente la testa.
«Mi sta già aiutando tantissimo a scuola!» le rassicurai.
Emisero tutte un «Mmh?» prolungato, sorridendo come delle volpi mentre ci accomodavamo a tavola. Syaoran-kun le ignorò bellamente, sedendosi accanto a Eriol-kun che parlottava con lui.
Stavo per sedermi al mio solito posto quando Tomoyo-chan mi accompagnò a mettermi a capotavola, facendo un cenno ad una cameriera.
«Hai mangiato tanto oggi?» si informò di punto in bianco.
«Direi proprio di sì» ridacchiai, ricordando tutto quello che avevano preparato le ragazze.
«Allora questo basterà.»
Sorrise apertamente e, non appena ebbe finito di pronunciare quelle parole, rientrarono diverse cameriere portando carrelli con tazze da tè, due teiere – di cui solo una fumante, che fu posta davanti a me con una tazzina di porcellana su un piattino – e una torta gigantesca a due piani su un vassoio d’argento.
«Ma è meravigliosa!» esclamai con gli occhi luccicanti, battendo le mani per la contentezza, facendo i salti di gioia nella mia mente. Era completamente ricoperta da fiocchi di panna caramellati, macaron rosati, rose rosse vere – che fossero quelle del giardino? – e ciliegi di pasta di zucchero. Già nell’aspetto sembrava deliziosa!
Essa era sormontata da ben diciassette candeline a spirale rosa, tutte già illuminate. Fu spenta la luce e mentre tutti – servitù compresa – mi cantavano la canzoncina di tanti auguri sorrisi dondolando allegramente la testa a tempo, preparandomi ad esprimere un desiderio. Finito il canto chiusi gli occhi, soffiando su quelle piccole fiammelle, riempiendomi di un unico pensiero: “Fa’ che tutto vada bene e possiamo continuare a condividere questa gioia, tutti insieme, per sempre”.
Riaprii gli occhi soddisfatta e sorrisi vittoriosa nello scoprire che ero riuscita a spegnerle con un sol soffio. Si sarebbe risolto tutto, senz’ombra di dubbio. E forse anche io e Syaoran-kun avremmo mantenuto questo nostro rapporto speciale, continuando a coesistere in questo mondo.
Vennero tagliate le fette e stavolta non mi contenni dallo scoppiare in una fragorosa risata, vedendo tutti storcere il naso disgustati nell’assaggiarla. Tranne, naturalmente, Tomoyo-chan. Col loro consenso mi gustai, pertanto, non solo la mia fetta, ma anche la loro. Era a dir poco buonissima, la crema all’interno sapeva di limone e il pan di Spagna era non solo sofficissimo, ma anche leggerissimo.
Il tè che mi era stato preparato, poi, aveva un sapore floreale, per cui chiesi a Tomoyo-chan di cosa si trattasse e al suo posto Eriol-kun rivelò che fosse un tè alle rose importato direttamente dall’Inghilterra. Aveva un gusto tanto sottile e sopraffino!
Sarebbe probabilmente diventato una delle mie tipologie preferite di tè, insieme a quello cinese che assaggiai a casa Li. Chissà che non ne diventassi assuefatta, proprio come lo erano mia cugina e il suo ragazzo del loro tè ai frutti rossi. Sorrisi tra me, prima di formulare un pensiero. Tè ai frutti rossi… Poteva mica essere…?
Alzai lentamente lo sguardo, vedendoli portarsi tutti la tazzina alle labbra con un’eleganza aristocratica da fare invidia. A differenza della mia, le loro tazze erano scure, tendenti al colore della terracotta. Quando la allontanarono, riponendola sul piattino, le loro bocche erano perfettamente immacolate nel loro pallore.
Ciononostante necessitavo togliermi quel dubbio, per cui mi schiarii la gola per attirare la loro attenzione. La voce, tuttavia, mi uscì più sottile ed esitante di quanto desiderassi.
«Per caso quello che voi state bevendo è… sangue…?»
Nessuno si scompose, a parte Syaoran-kun che trasalì, sbiancando più di quanto fosse pallido normalmente. D’accordo, la risposta era chiara. E non dovevo porgerla quella domanda.
«Scusatemi, è solo che… non dovete preoccuparmi per me» farfugliai mortificata, abbassando lo sguardo. «Voglio dire, è quel che vi piace, quindi non dovete vergognarvi o temere che possa apportarmi disgusto.»
Sorprendentemente Meiling-chan scoppiò a ridere, asciugandosi lacrime invisibili agli angoli degli occhi, quasi piegandosi in due mentre si manteneva la pancia. Quando parve calmarsi lasciò il sorriso divertito sopravvivere sul suo viso, mentre offriva invitante: «Vuoi assaggiare?»
Stavolta sussultai lievemente insieme a Syaoran-kun, il quale ringhiò nella sua direzione, avendola di fronte.
«Non si può mai sapere, magari piace anche a lei» fece spallucce lei.
Nessuno commentò, neppure io provai a ribattere, questionandomi se una cosa simile potesse essere possibile; ricordando però l’effetto che mi faceva anche solo guardare la carne cruda in macelleria lo dubitavo enormemente.
Senza aggiungere altro Syaoran-kun si alzò, avvicinandosi a me, e mi porse una mano. Lo guardai confusa e lui sorrise un po’ imbarazzato, chiedendo: «Verresti fuori con me? C’è una cosa che mi piacerebbe mostrarti.»
Mi alzai nell’immediatezza, annuendo con foga. Non vedevo l’ora di stare un po’ con lui! Era come un sogno che si realizzava!
Mi inchinai in fretta davanti a tutti, ringraziandoli ancora una volta, anche per la loro presenza; dopodiché guardai Syaoran-kun col cuore a mille, prendendo la sua mano. Mi scortò all’ingresso e qui mi passò sia il mio che il suo cappotto e le nostre sciarpe, avvolgendomi per bene attorno alla testa queste ultime a mo’ di turbante, assicurandosi che avessi il collo ben coperto. Lo lasciai fare, a metà tra l’essere divertita e confusa. Che intenzioni aveva?
Uscimmo all’esterno dopo aver controllato che fossi completamente coperta e senza fiatare mi condusse verso il retro della casa, in prossimità della montagna. Mi fronteggiò prendendo un respiro, sembrando indugiante.
«Ti… fideresti… di me?»
«Certo» risposi con sicurezza. Non mi fidavo di nessuno come di lui.
«Anche se potrei farti vivere qualcosa di non esattamente… umano?»
Il mio animo si riempì di aspettativa.
«Sì» affermai convinta. «Voglio conoscere tutto il possibile di te.»
Mi rivolse un sorriso timido, prima di alzarmi anche il cappuccio, spiegando: «È per il vento, non voglio tu prenda freddo.»
«Vento?» ripetei smarrita. Ma se non ve n’era neppure una folata?
Lui non spiegò altro, chiedendo invece: «Posso prenderti in braccio?»
Arrossii, col batticuore, permettendoglielo con un cenno. Senza alcuna difficoltà mi prese proprio come una principessa, facendomi salire il sangue al cervello.
“Niente pensieri melensi, Sakura” mi redarguii, concentrandomi sul mio respiro.
«Tieniti forte.»
Seguii il suo consiglio, facendomi più vicina a lui, stringendo le dita sulla stoffa attorno alle sue spalle. Vidi un luccichio speranzoso attraversare le sue iridi prima che guardasse dritto davanti a sé, cominciando a correre. Mi sorpresi della velocità con cui lo fece e, soprattutto, della sua agilità nel saltare sugli alberi, raggiungendo rami sempre più alti, anche a molti metri di distanza l’uno dall’altro. Strabuzzai gli occhi notando che, neppure in un minuto, ci eravamo allontanati talmente tanto da casa di Tomoyo-chan che sembrava soltanto un piccolo quadrato luminoso, uno dei tanti della città. E nel giro di un altro minuto raggiungemmo la sommità della montagna, sulla cui cima mi fece scendere.
Con difficoltà tornai coi piedi sul suolo, appoggiandomi a lui, sentendomi tremare.
«Hai avuto paura?» domandò apprensivo, togliendomi alcuni capelli dal viso.
Probabilmente mi si erano scompigliati tutti con quel vento impossibile, ma piuttosto era stato… era stato…
«Elettrizzante!» esclamai eccitata, ritrovando la forza di saltellare sul posto. «È stata un’esperienza così unica! Quasi come andare sulle montagne russe, ma molto più rassicurante, molto più veloce, molto più emozionante!»
Continuai a blaterare e balzellare gasata, finché non rimasi senza fiato.
Lui mi ascoltò in silenzio, trattenendo il riso.
«Prendi respiri profondi, qui l’aria è più rarefatta.»
Seguii il suo consiglio, inspirando ed espirando seguendo lui. Una volta calma mi abbassai il cappuccio e alzai il viso verso le nuvole, accogliendo un po’ della frescura d’alta quota, nella speranza che mi facesse sbollire.
«Non me l’aspettavo» ridacchiò, sembrando sollevato.
«Io non me l’aspettavo!» replicai affiancandolo, sorridendogli grata. «Mi hai fatto un regalo inestimabile!»
«Ah… no, ehm…» tergiversò, indicando alle mie spalle.
Mi voltai e i miei occhi accolsero tutto: le luci accese nelle cittadine a valle, l’oscurità delle foreste, le maestose cime delle montagne, il biancore bluastro della neve, il cielo perfettamente sgombro di nuvole.
Totalmente ammaliata a malapena mi accorsi che Syaoran-kun si era avvicinato a me, restando alle mie spalle. Posò la mano destra sulla mia, sorprendendomi. Abbassai lo sguardo e, proprio mentre il mio cuore partiva a centomila all’ora, con un tocco leggerissimo la accompagnò nella tasca del suo cappotto, facendomi chiudere le dita attorno a qualcosa.
«Questo è il mio regalo» sussurrò accanto al mio orecchio, con una voce talmente vellutata e delicata da farmi girare la testa.
Tentai di restare coi piedi ben piantati a terra e, non appena si allontanò per mettersi alla mia destra, estrassi il suo regalo. Anche questo era impacchettato, per cui mi sedetti mettendomi comoda, prima di scartarlo con cura e trepidazione. Allora ne estrassi un portachiavi, cui era appeso un piccolo peluche con un lupacchiotto.
«È adorabile!» esclamai, portandomi la mano alla bocca, troppo contenta.
«L’ho fatto affinché tu possa ricordarti di me» mormorò debolmente, accomodandosi al mio fianco. Lo guardai confusa, chiedendomi cosa intendesse, per cui aggiunse, con un velo di tristezza: «Quando tornerai a Tomoeda.»
Mi si formò un groppo in gola. Che fosse con o senza qualcosa di materiale, non sarei mai riuscita a dimenticarlo. Come avrei potuto?
Tuttavia, se ci teneva a lasciarmi davvero quel pezzo di sé, mi dispiaceva non avergli fatto dono di alcun ciliegio.
«Cosa posso darti io?» meditai ad alta voce. Dovevo trovare anche io un ciondolo per lui?
«Niente» rispose con l’ombra di un sorriso sul viso, alzandolo verso la volta celeste. «Ho già le stelle che mi ricordano te.»
Automaticamente puntai il naso all’insù, osservando il cielo piena di stupore. Qui se ne vedevano eccome e la notte sembrava chiarissima. Notai una stella più luminosa delle altre e la indicai, chiedendogli quale fosse.
«Sirio, una stella bianca.»
«A Tomoeda non se ne vedevano molte, ma al tramonto ce n’era sempre una che spiccava con forza, nella sua luce aranciata.»
«Ti deluderà forse sapere che si tratta di un pianeta. È Venere.»
«Ma i pianeti non emettono luce propria» puntualizzai.
«Sakura, queste cose avresti dovuto studiarle alle elementari» mi derise e io non potei che imbronciarmi, incrociando le braccia.
«Lo sai che ho una pessima memoria e sono negata in queste materie. Mi dai delle ripetizioni?» finsi di pregarlo.
Lui parve meditarci su, finché non rise arrendendosi quando lo spinsi per invogliarlo; assentì, cominciando con la sua lezioncina.
«Nel cielo notturno anche i pianeti brillano perché riflettono la luce della stella ad essi più prossima. Proprio come la Luna.»
«Proprio come la Luna» gli feci eco, guardandolo intensamente negli occhi.
«Ma a differenza delle stelle, le lune e i pianeti non lampeggiano. Sono una luce fissa.»
Alzai lo sguardo sul firmamento, oscillando tra baluginii e punti fermi di luce.
«Alla fine non è altro che un’illusione ottica provocata dall’atmosfera.»
«Syaoran-kun, tu sei proprio come la Luna» lo interruppi, dando voce al mio pensiero. Mi guardò spaesato e gli sorrisi, spiegando: «Tu sei convinto di essere spento e pieno di ombre, ma io da qui ti vedo vivo di luce.»
Aprì la bocca incapace di ribattere, per poi guardare a valle imbarazzato, scompigliandosi i capelli.
«Insomma, Sakura» sbuffò. «Sono io che devo fare regali a te oggi, non tu a me.»
Ridacchiai silenziosamente, osando farmi un po’ più vicina, chiedendo timida: «Come ultimo regalo possiamo abbracciarci?»
Non mi negò un piccolo sorriso, sedendosi composto, allargando le braccia per accogliermi. Mi appoggiai a lui con calma, posando la testa sulla sua spalla, sentendomi in pace.
«Sei più caldo del solito» notai stupita.
«Perché l’altro ieri c’è stata la luna piena, sono ancora un po’ sotto la sua influenza.» La indicò e io guardai pensierosa quella sfera quasi completa.
«Mmh, la stavo rimirando dalla finestra» mi feci sfuggire, prima di riuscire a frenare la lingua.
«Oh? Perché?» domandò curioso.
«Un po’ perché mi ha sempre affascinata, ma soprattutto mi chiedevo... mi chiedevo come stessi» rivelai, imbarazzata.
«Quindi pensavi a me?»
«Ogni mese lo faccio.» Per non dire ogni settimana, ogni giorno, ogni ora, ogni minuto, ogni secondo.
Le sue braccia si strinsero lievemente attorno a me, la sua voce si abbassò di un’ottava.
«Grazie.»
«Per?» lo questionai, sorpresa.
«Per avere così tanta premura nei miei confronti. Non so cosa farei senza di te.»
«Sopravvivresti anche senza di me» minimizzai, ritenendo stesse esagerando. Anzi, senza di me sarebbe stato anche meglio, probabilmente. Era vero che le cose stavano andando bene per entrambi, ma quanto sarebbe durato il nostro idillio? Avrebbe resistito fino alla mia partenza?
«Hai detto bene.»
Al suo darmi ragione sorrisi un po’ amaramente. Sapevo di avere ragione.
«Sopravvivrei, ma non vivrei» soggiunse concludendo, guardandomi mestamente negli occhi, lasciandomi senza parole.










 
Angolino autrice:
Buon primo aprile! (Oggi mi sto dando da fare, lo so, ma tra l'hype per il nuovo capitolo e il fatto che, in generale, è il giorno delle CLAMP mi trovo in uno stato di eccitazione a dir poco... disumana)
Prima di tutto, mi scuso per non aver mantenuto la parola: avevo detto "a presto" e, al solito, è passato quasi un mese. Ugh... Mi dispiace, davvero, ma nemmeno a casa l'università mi dà pace. Ciononostante, nei weekend (tra una cosa e l'altra) cercherò di mantenermi un po' più costante con gli aggiornamenti.
In ogni caso, sono contenta di avere la possibilità di parlare del compleanno di Sakura nell'effettivo giorno del suo compleanno. Quindi yay!
E ora passo subito alle spiegazioni:
- "ara" è un "oh/ah", un'interiezione tipicamente femminile (talvolta, come in questo caso, può anche avere una sfumatura allusiva). 
- il titolo fuorviante (ma quanti titoli ambigui sto dando a questi capitoli? x///D) fa riferimento ai regali (lupi e ciliegi sapete, immagino, che equivalgono ai loro nomi).
- la corsa tra gli alberi è un libero richiamo a quella presente in "Twilight" (mai dimenticare che questa storia è nata come una "Twilight AU", sebbene si distacchi parecchio dall'opera della Meyer). 
E detto ciò, spero che stia continuando a piacervi, e che nonostante la mia assenza riesca ancora a mantenere vivo il vostro interesse.
Alla prossima! 
  
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